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21 anni: voglia di vivere almeno per una volta nella vita

di piccolotom

Salve a tutti. Scrivo questa lettera, perché all’età di 21 anni, non ho più la forza di continuare a sperare un futuro migliore e la forza di lottare contro tutto quello che si presenterà ancora nella mia vita. Non è mai facile scrivere la propria storia, e soprattutto parlare con gli altri dei propri problemi, ma quando trovi il coraggio di farlo, trovi sempre quella persona sbagliata, che ti deride e ti fa sentire ulteriormente inferiore di ciò di quanto pensi che tu sia. Sono deluso, da tutto. Vorrei che la mia vita iniziasse da zero, per non poter commettere gli stessi errori. Ogni giorno, provo e riprovo, cerco di stimolarmi e darmi degli obiettivi ma non ci riesco. Non ho un punto cardinale. Mi sento depresso e perso. Non so più chi sono. Non so come spiegarlo, ma quando avevo l’età da potersi definire “bambino”, mi sentivo già dire dagli altri, (anche dalle maestre alle elementari) di essere nato già maturo. In poche parole è come se non avessi mai vissuto la mia infanzia, adolescenza ed ora gioventù. E per questo, a volte quando ci penso, ne soffro. Provengo da una famiglia, composta da 4 persone: io, i miei genitori e mia sorella. Abito in un paese di provincia della Sud Italia, che vive di sole apparenze ed i suoi abitanti sono immersi nella completa ignoranza: ogni atto che viene compiuto, ogni scelta che viene effettuata, ogni cosa venga detta… è nella bocca di tutti. Me ne vergogno, perché ne faccio parte; ma mi definisco diverso da tutti loro. Solo per questo motivo, avrei tanto voglia di andarmene via e non ritornarci mai più. Ebbene la mia famiglia è patriarcale nel senso stretto della parola. Ma a sua volta, mio padre è stato sempre nell’ombra di quella che sarebbe “mia nonna”, ovvero sua madre (la cito in questo modo, perché biologicamente lo è, ma non lo è stata mai nei fatti). Mia madre, quando si è sposata, in giovane età, era già orfana di suo padre. Una volta unitisi in matrimonio, nasce mia sorella. Ma nel periodo in cui lei è bambina, mia madre soffre di una grave depressione. Solo con la mia nascita riuscirà a riprendersi, ma non del tutto. I gravi problemi che fanno parte dei membri della famiglia di provenienza di mio padre, entrano in casa mia. Atteggiamenti, violenze verbali e non, saranno i regali verso me, mia madre e mia sorella. Saremo le vittime succulente di cui cibarsi. Mio padre, si è sempre fatto carico dei problemi altrui, ovvero di madre, padre, fratello e sorelle, ma mai di quelli della famiglia che si è creato. Tutto ciò che andava male agli altri (dipendenza da droga e da alcool, malattie psichiatriche…), veniva poi fatto pagare a noi. Non posso raccontare tutto. Tuttavia sono sempre cresciuto in casa, e nella sempre totale paura di poter agire. Fin da bambino non ho mai avuto degli amici, giocavo sempre da solo in un piccolo spazio in casa. Sempre fermo lì immobile e per dirla tutta, non avendo dei giochi a disposizione, li creavo da solo. Confezionavo i miei giocattoli. Ma non mi importava, finchè vivevo quegli attimi in cui a casa c’era la pace. Avevo il terrore, che lui rientrasse perché ogni volta scatenasse la guerra. Ma se adesso ci penso, ciò che mi fa stare più male è sempre stato il fatto, del dover accettare dagli altri e dai suoi parenti, insulti senza alcuna ragione e parole blasfeme. Mia madre è stata sempre di carattere docile e mansueto, quindi veniva sempre attaccata ed inoltre era malata. Io e mia sorella eravamo piccoli e non c’era nessuno che potesse proteggerci, togliendo mia madre in quelle precarie situazioni. Tornando a me, non ho mai potuto coltivare mai qualche passione. Ad esempio avrei voluto andare a giocare in una squadra locale di pallavolo, ma non ne ho mai avuto l’occasione, perché quando chiesi a mio padre di portarmici tutte le volte che c’erano incontri e allenamenti si rifiutava. Non avevo più nessun altro a cui chiedere. Mia madre non era automunita e io da solo non potevo andarci. Non mi iscrissi neanche. Qualsiasi cosa cui volessi parlare venivo ostacolato, interrotto, non ascoltato, capito. Lo stesso valeva anche per mia sorella. In poche parole, tutto questo si traduceva non avevo alcuna vita sociale, se non nelle poche ore quando andavo a scuola. Immaginate un bambino che si dispiace ed è triste mentre ascolta i suoi compagni di classe raccontare questo e quello… venire escluso da un ipotetico gruppo scout o gruppi musicali e quant’altro… Inoltre non aver niente da raccontare, neanche una semplice scampagnata fuori porta. In conclusione, morivo dentro, fin da quell’età. Mentre sono alle medie, il discorso non cambia, allora mi applico maggiormente nello studio e concentro li tutto il mio impegno, ottenendo degli ottimi risultati in tutte le materie. La scuola, tanto odiata dagli altri, diventa il mio rifugio, la mia isola felice, perché altro non potevo avere. Trascorrono velocemente anche questi altri tre anni. Arrivano le superiori, spero in un leggero cambiamento. Riuscire a sbloccarmi da quella assurda situazione, poter essere me stesso con gli altri miei coetanei, riuscire a non rinunciare per la prima volta… Lo so, tutto questo sembra assurdo, da sfigati. Anche qui, mi impegno costantemente nello studio e aiuto sempre i miei compagni di classe. Forse riesco a vedere uno spiraglio di luce, perché per la prima volta vedo che qualcuno riesce ad apprezzarmi. Non ho mai avuto fiducia e stima in me stesso. Sono stato sempre timido. Ma non so se questa parola sia giusta, più che altro non mi sono mai esercitato a parlare con gli altri e quindi esprimermi e farmi comprendere in pieno. Far capire agli altri le mie emozioni e sentimenti più profondi. Ad esempio come il fatto di avere una ragazza. Avevo una compagna di classe, ci aiutavamo a vicenda nei compiti, e ogni giorno cercavo di comunicarle cosa provavo, ma forse sarà stata la mia incapacità o il suo troppo essere al top e snob (cosa che ho capito dopo) e quindi non essere al mio livello che non mi ha mai permesso di avvicinarmi. Non sono di brutto aspetto e non sono stato mai un nerd o secchione. Semplicemente come vi ho detto mi impegnavo a scuola perché era la mia sola ancora di salvezza. Facevo solo quello che c’era da fare niente di più, niente di meno. Ma non ho mai capito il perché nessuno si avvicinasse mai a me, nonostante tutto a scuola mi mostrassi diverso con gli altri e non facessi mai trasparire le mie situazioni personali. Ritornando al fatto di avere una ragazza, ha segnato anche la mia sfera sessuale. Incapace di rendermi conto, i compagni maschi mi prendevano in giro perché non ne avessi mai avuta una, mentre loro vantavano le loro esperienze. Mi prendevano in giro facendo allusioni all’omosessualità. E sono arrivato addirittura a dubitarne. Mi hanno danneggiato, sono stato male, mi sono odiato, ho pianto negli angoli più bui per l’imbarazzo e sono rimasto confuso. Poi arriva la fine della scuola, e molte persone che credevo fossero in un modo, mi hanno voltato le spalle, ho capito che si erano servite semplicemente di me, e addirittura quando mi incontrano per strada non mi salutano, non mi degnano di uno sguardo o addirittura cambiano strada! Mentre in questi anni accade tutto questo, mia sorella si sposa anche lei giovane, perché scappa dalla situazione in cui versa anche lei, e va a vivere lontano. Ma anche lei ha dei problemi molto grossi, tra la vita e la morte, che non sto qui a raccontare. Mentre a casa mia, mio padre perde il lavoro a causa della crisi, cade anche lui in depressione e io mi ritrovo da solo su ogni fronte economicamente e socialmente. Vivo questi anni, ancora maggiormente nelle ristrettezze economiche e nell’incertezza del domani. Anche i parenti se ne lavano le mani. Mai una telefonata, una parola di conforto o un semplice abbraccio. E lo stesso vale anche per le persone estranee. Il tunnel diventa ancora più nero, quando mia madre deve operarsi, e rimane danneggiata dall’operazione che ha subito. La mia vita si sgretola ancora di più. Tutti i miei piccoli progetti vengono travolti da un mare. Tutte queste situazioni non mi permettono di pensare a me stesso e dell’opportunità di andare all’università più vicina casa. Resto a casa per un anno, e la situazione si fa sempre più grave. L’anno scorso tento il test di ammissione in una facoltà a numero chiuso e non passo. Lo studio, l’unica cosa che mi rimaneva, mi viene tolta questa volta dallo Stato. Mi sento ancora più perso. Non trovo neanche un lavoro. E il più delle volte ho avuto pensieri che inducano a farmi del male. Ho perso circa 20 chili. Insomma sono stato sfortunato su tutti i fronti. Ho perso la voglia di continuare a combattere, perché già so che da questo coma non riuscirò mai a svegliarmi. Vorrei tanto almeno per un solo minuto o al massimo ora della mia esistenza, dire di aver vissuto.

Lettera pubblicata il 20 Agosto 2012. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    Mimmo21 -

    Leggere queste poche righe è come leggere la storia della mia vita, accomunati dallo stesso sport sia per passione e sia per aver rinunciato ad iscriverci, sia perché anch’io vengo da una città del sud, beh un pò per tutto. Ti capisco su ogni punto di vista. Mi piacerebbe scambiare due chiacchiere con te!Per quanto riguarda la situazione familiare un pò diversa dalla tua, ma in mezzo c’è sempre la madre del padre che rompe. A presto, ciao!

  2. 2
    Stella -

    Ciao,
    ho vissuto molte delle cose che hai vissuto tu.
    Se vuoi lasciare un tuo contatto, senza impegno, possiamo scambiare qualche parola.

  3. 3
    unocomete22 -

    Vorrei tanto parlare con te. Io come te e Mimmo sono del sud e ho avuto alcune esperienze molto simili alle tue. Io dopo anni di malessere sono forse giunto a dare a tutto un nome e quindi a poter superare tutto. Scrivi qui sotto se vuoi discuterne.

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