Ciao a tutti
ho scoperto questo sito e vorrei tanto condividere con voi il mio problema.
Ho 30 anni e vivo con i miei genitori; con noi c’è mio fratello maggiore (42 anni) a cui tempo fa è stata diagnosticata una psicosi schizofrenica.
Ora… non saprei da cosa cominciare… dirvi che mio fratello è pazzo, sarebbe troppo… ma sicuramente alterna periodi di “normalità” a momenti di totale “assenza”… conditi con scatti di ira, qualche volta di violenza, soprattutto verso mio padre!
Sono quasi 20 anni che noi tutti viviamo in questa condizione. Lui è costantemente in cura farmacologica, lavora con mio padre e perciò quando ha i suoi momenti… sta a casa… in uno stato, che… vi lascio immaginare, è davvero angosciante per tutti.
Ecco… questo il mio problema…. posso dire di non aver mai vissuto con serenità… in casa ho sempre respirato dolore, tensione e paura!
Ogni tanto scopro mia madre, piangere in un angolo e mi sento impotente; a volte mi ritrovo a pensare come sarebbe stata la mia vita, la nostra vita, senza di lui! Ma vi pare giusto considerare il proprio fratello un PROBLEMA???
E qui tutti i miei dubbi e tutti i miei SENSI DI COLPA….
Ho provato ad allontanarmi per lavoro ed ho vissuto 4 anni “migliori”, ma il mio pensiero era costantemente a loro, e soprattutto a mia madre, nei confronti della quale il senso di colpa per averla lasciata “sola” in questa situazione, era fortissima!
Il risultato è che da quando sono tornata a casa, con l’illusione di poter almeno stemperare quella coltre di tristezza che regna nella nostra casa, io sto peggio di prima e… ad ogni stranezza di mio fratello, crollo irrimediabilmente e ricasco nel circolo vizioso della paura e dell’angoscia per il nostro futuro, il suo… quello dei miei genitori, ormai non più giovanissimi.
Cosa dovrei fare? Dove trovare la forza per essere una ragazza di 30 anni spensierata e soprattutto ottimista verso il futuro? Vi lascio immaginare come anche la mia vita sentimentale risenta e abbia risentito di tale situazione… non è questa la sede per raccontarvi di come ho allontanato da me l’unica persona che abbia realmente amato!
Voi al mio posto cosa fareste? Sarebbe giusto fuggire il problema, andandomene via nuovamente? Sono abbastanza disperata, anche se dalle parole potrebbe trasparire una certa freddezza…. ma capite… sono 20 anni che ci convivo…
grazie a tutti coloro che mi risponderanno.
Ciao
Vivere con la schizofrenia
di
ciampa99
Lettera pubblicata il 22 Maggio 2007. L'autore, ciampa99, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
La lettera ha ricevuto finora 189 commenti
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Cara Ciampa, non è facile dare suggerimenti per situazioni come la tua.
Prima di tutto: dici che tuo fratello si è ammalato a circa 22 anni, 20 anni fa.
Di solito le psicosi schizofreniche si manifestano in personalità autistiche che già dall’infanzia hanno problemi. Avete provato più specialisti, e tutti hanno fatto la medesima diagnosi e suggerito le medesime terapie? O invece c’è stato disaccordo tra i medici?
Dal momento che purtroppo in Italia le persone gravemente squilibrate, violente e pericolose per sè e per altri non possono (tranne che per brevi periodi di trattamento obbligatorio) venire mantenute in strutture di cura (sicuramente i vecchi manicomi facevano schifo ed erano dei veri lager, però non è un motivo valido per scaricare solo sulle famiglie il peso di un malato di mente grave), le alternative possono essere, a mio avviso, solo due:
a) trovare una comunità nella quale possano accogliere tuo fratello e valorizzarne le capacità lavorative, togliendolo dalla famiglia nella quale non guarirà, nè migliorerà mai, e nella quale farà soffrire gli altri. Dal momento che tuo fratello ha solo saltuariamente crisi, e non è affetto da vizio totale di mente, mi sembra una soluzione praticabile. Di solito quando si è riusciti a togliere persone come tuo fratello dalla famiglia per inserirle in comunità anche la loro malattia è molto migliorata.
Io proverei a sentire i vari don Mazzi, don Gelmini, ecc., per sentire cosa potrebbero fare.
b) altrimenti dovresti trovare il modo di andartene tu, al limite cercate una persona esperta in questo tipo di assistenza che possa subentrare in famiglia al posto tuo (magari con la scusa di assistere i tuoi genitori a livello di badante) e tenga sotto controllo le crisi di tuo fratello, e tuteli l’incolumità dei tuoi genitori.
Altre soluzioni proprio non le vedo.
Quello che però mi pare certo è che tu non puoi, a soli 30 anni, e dopo aver già sacrificato gli anni più belli, accettare di sacrificare la tua intera vita in una situazione simile.
Non è questione di egoismo.
Mi sembra che tu abbia già pagato fin troppo! Ora basta.
Certo sono decisioni difficili da prendere…ma se dovessi trovarmici in questa situazione seguire sicuramente l’esempio di persone che ho vicine e che stimo molto e che vivono una situazione simile alla tua.
La loro scelta e stata quella di uscire di casa e farsi una vita propria..lo hanno fatto pero senza abbandonare la famiglia e i problemi correlati..hanno trovato casa in paese cosi per qualunque evenienza sono presenti..finito lavoro la sera passano a vedere se hanno boisogno di aiuto..
Vedrai che i tuoi non si sentiranno abbandonati..puoi stargli vicino ma in maniera diversa..
E giusto che tu pensi un po a te stessa non devi sentirti in colpa e normale sentire il bisogno di una vita tua spensierata e serena…
Ciao Ciampa, leggendo il tuo post mi è venuto in mente un caso simile successo ad una mia compagna delle superiori. Lei aveva una sorella con vari disturbi, appena nata si sono accorti che le mancava la tiroide, hanno iniziato a “bombarla” di farmaci fino a che a 16 anni le hanno diagnosticato una forma di schizofrenia (del tipo una volta l’hanno trovata alle 2 di notte in un bar mezza nuda) accompagnata da manie di persecuzione. In pratica in lei convivono 2 persone diverse (ti ricordi quel film con Russel Crowe in cui lui era un genio matematico?Ecco, una cosa del genere). A 18 anni, visto che la malattia era degenerativa ed andava peggiorando (però anche questo è relativo perchè molto spesso queste persone hanno degli alti e bassi), oltre alla cura farmacologica hanno pensato di mandarla in una sorta di comunità. I familiari hanno usato molto tatto nel convincerla, alla fine è entrata in comunità ed è migliorata. Sono passati alcuni anni da allora ed ho ho perso i contatti con quella mia amica però ricordo che le cose erano migliorate.
Potresti valutare questo con i tuoi familiari.
Di certo non puoi pensare che la tua vita sia “a metà” (anche se mi rendo conto che è difficile) a causa del problema di tuo fratello.
Non sono un medico però ti posso dire che la schizofrenia è una malattia degenerativa per cui una soluzione va trovata ed è bene che se ne parli in famiglia.
Ciao Ciampa, buongiorno a tutti!
Carissima Ciampa, provo a dirti la mia opinione, derivante da 43 anni di vita al fianco di mia sorella, nata con grave deficit mentale.
MI riaggancio, intanto, a quanto detto da albert qui sopra, che in linea di massima offre un’analisi seria dei limiti oggettivi e insanabili che derivano e deriveranno sempre dalla permanenza di tuo fratello “in familgia”. Se ciò è verissimo, non posso essere d’accordo sull’affiancamento di una persona (per di più non professionista) al fianco deri tuoi genitori, con lo scopo “anche” di controllare tuo fratello. Posto che le cosiddette “badanti” sono le persone meno indicate a contenere un problema come il vostro, ritengo impraticabile, a tutt’oggi, qualsiasi forma di affiancamento “personale” per tuo fratello per i seguenti ovvi ed “umani” motivi: non esiste persona al mondo che, seppur retribuita, accetti di stare al fianco di tuo fratello 8-10 ore al giorno perchè l’impegno emotivo e spicofisico, ancorchè possibile, sarebbe spopositato in rapporto a qualsiasi forma di assistenza. Si aggiunga che, dato che il peso economico in scelte come queste pesa moltissimo, dovreste accollarvi una spesa di 3.000 – 4.000 euro al mese senza grandi risultati in termini di “quiete” ed invece con un esborso economico che non credo sia sooportabile (ma anche lo fosse resterebbe l’enorme difficoltà nell’individuare una persona adatta e preparata allo scopo)!
Fatta questa lunghissima premessa vengo alle considerazioni sulle quali tu, Ciampa, chiedi un suggerimento.
Nascere e vivere in una famiglia dov’è presente una persona mentalmente “sofferente” è di per sè una cosa che inevitabilmente “segna” tutta la quoitidianità di quella famiglia, e dunque anche la crescita degli eventuali fratelli presenti, com’è nel tuo caso (e nel mio, in qualità di sesto ed ultimo figlio all’interno di una famiglia dove mia sorella, terzogenita,. è malata dalla nascita).
Ora, col senno di poi posso dirti che si aspetta sempre troppo nel prendere di petto unaq situazione del genere, posto erò che vi sia la volontà di riconoscere un “problema” all’interno della propria famiglia.
Spesso una certa vergogna mista alla testardaggine nell credere che i genitori siano comunque i “migliori” tutori per un figlio malato di mente porta i genitori stessi a costruire la classica “gabbia dorata” attorno alla persona malata, facendo mancare al malato stesso la possibilità di provare a confrontarsi col mondo esterno ricevendone input che almeno lo abiuterebbero a situazionii per forza… nuove, una volta che i genitori vengano a mancare. Si aggiunga che oltre a tutto sono inevitabili i grandissimi disagi che con ciò si provocano nei confronti dei figli “sani” presenti in famiglia che subiscono un ambiente “distorto” con tutte le problematiche che poi, una volta adulti, tu stessa cara Ciompa esponi e denunci:
E’ vero, non vi sono in Italia ancora delle precise volontà e linee di condotta nel farsi carico di questi familiari ma…
… ma, dicevo, è altrattanto vero che esistono centinaia di strutture, più o meno organizzate e più o meno “capaci” di contenere e persino di far “evolvere” situazioni di disagio psichico come quello di tuo fratello!
Nel mio caso, cara Ciampa, essendo io il più piccolo della famiglia, ho visto “fuggire” da casa, prima di me, 4 fratelli maggiori, e se ciò ti conferma nel fatto che è “umano” e per molti versi giusto cercare di uscire da un ambiente sofferente e “pesante”, dall’altro aprirebbe un discorso lungissimo sulle scelte sentimentali e non solo che i miei fratelli hanno “dovuto” intraprendere per riuscire ad uscire da casa.
Resta il fatto che tu hai il sacrosanto diritto di cercare serenità e pace.
Resta il fatto che devi metter nel conto che anche le tue scelte di vita emotiva, e persino sentimentale (come tu stessa, mi pare, hai evidenziato) saranno sempre dipendenti e almeno in parte condizionate dalla tua condizione familiare. Questo è un fatto al quale non puoi sottrarti e nemmeno la fuga “fisica” dalla famiglia ti aiuterebbe molto perchè comunque, come tu stessa noti, il fardello emotivo ti sarebbe sempre al fianco.
Quello che posso provare a… consigliarti, alla fine, e di far prestente con fermezza e con un po’ di polso ai tuoi genitori che il “problema” andrebbe affrontato mentre ancora tutti siete “presenti” e che sta a loro, per primi, di mettersi nell’ordine di idee che il loro figlio malato “deve” essere aiutato a relazionarsi con strutture più o meno protette che possano servire almeno per sollevare anche fisicamente, per qualche ora al giorno, i tuoi genitori da una presenza che necessita, lo so bene, di un controllo continuo e allo stesso tempo servirebbero tantissimo, anche in una visione futura, a tuo fratello malato che si abituerebbe, con i dovuti tempi, ad interagire con strutture, operatori e suoi “compagni” di sventura che si riveleranno utilissimi per aiutarlo ad uscire dalla “gabbia dorata” e allo stesso tempo consentiranno a voi familiari di prendere “coscienza” e contatto con strutture e opzioni con le quali prima o poi dovrete necessariamente confrontarvi.
Lo so, ho parlato forse un po “contorto”, am non tutto si può spiegare con facilità e con semplicità”!
Cara Ciampa, ti saluto col cuore!
I tuoi problemi, per quanto poco ciò ti possa servire, sono stati e sono anche i miei, e sono partecipe in pieno del tuo disappunto e del tuo dolore.
per quanto riguarda la “tua” vita posso solo consigliarti di non prendere decisioni “affrettatee”, soprattutto in campo sentimentale, che ti servirebbero solo per aiutarti a “fuggire” da un peso in familgia troppo pesante ma che, alla lunga, ti condannerebbero all’infelicità anche in amore.
Molto migliore, se già ti sei costruita una tua “posizione” sarebbe la scelta di approfittare di occasioni lavorative che ti coinvolgano e ti tengano necessariamente “fuori” da un continuo coinvolgimento emotivo familiare.
E ricordati, non sei colpevole di nulla, anzi.
Con affetto
Ciao Albert
Innanzitutto ti ringrazio per l’attenzione mostrata; quanto agli specialisti, sai è una storia molto lunga, inizialmente ( 20 anni fa appunto) si parlò di depressione, poi lo portammo in una casa di cura neuropsichiatrica, dove per 1 settimana lo riempirono delle peggiori cose e (i miei raccontano…)mio fratello, piangendo chiese di tornare subito a casa, proseguì con una cura neurologica, durante la quale, io ricordo, dormiva in continuazione e iniziò a manifestare strane manie e gesti ripetitivi…insomma era davvero “fuori”. In ogni caso ha alternato periodi in cui chiedeva aiuto e si mostrava disposto a vedere medici, a periodi in cui non voleva neanche sentirne parlare e mia madre era costretta a somministrargli di nascosto i farmaci.
Nei primi anni 90 so che sono stati da uno specialista a Roma (noi siamo pugliesi), non so chi perchè a quei tempi io ero un’adolescente e cercavano di tenermi fuori da certe cose (…peccato che c’ero dentro più di ogni altro!!! vabè), questo “luminare” disse a mia madre che mio fratello era solo estremamente VIZIATO, che dunque a suo avviso non aveva nulla!
Ti lascio immaginare la reazione in famiglia, i soldi spesi e quant’altro per sentirsi dire tutto ciò. Fatto sta che fino al ’97 mio fratello è peggiorato giungendo a scaricare tutta la sua rabbia distruttiva, un paio di volte distruggendo casa e poi su mio padre (uomo estremamente autoritario, poco affettuoso con tutti noi, ma mai violento o cattivo…solo un gran lavoratore di campagna che doveva far “campare” la famiglia).
Dal 97 è in cura da uno specialista di Bari che gli ha diagnosticato la psicosi schizofrenica.
Quindi sono daccordo quando dici che allontanarsi dalla famiglia potrebbe rappresentare un miglioramento; i rapporti con nostro padre non sono facili, ma neanchè impossibili: ha le sue idee, è molto forte, nonostante l’età, magari vorrebbe che noi tutti ragionassimo come lui, ma basta parlargli e fargli capire le cose…e le accetta. Con mio fratello invece forse ha avuto modi di imporsi troppo, e alla fine lo ha sopraffatto!
Ma puoi immaginare che sia impossibile convincerlo a considerare l’ipotesi della comunità, primo perchè lo vivrebbe come un abbandono e poi perchè, con noi ha instaurato una relazione di dipendenza e rifiuto allo stesso tempo. Io l’ho proposto già un pò di volte, col risultato di sentirmi dare dell’EGOISTA e IMMATURA.
Ti aggiungo che in casa vive anche un altro fratello, qusi quarantenne che ha chiesto un trasferimento (è un militare) per stare con noi e aiutarci. Pare che non sia fidanzato (è una persona discreta) e si rende estremamente disponibile…questo ti fa capire come tutti noi alla fine, abbiamo sacrificato la nostra vita…
Vedi…Albert, c’è solo da sperare che non peggiori, e noi alla fine invecchieremo con lui, stando attenti a non rivolgergli uno sguardo strano o a parlargli con toni accesi.
Io continuo a vivere un dissidio tra senso di colpa e consapevolezza di andarmene x salvarmi.
Ciao a tutti
sento il bisogno di ringraziarvi per aver risposto alla mia lettera.
Ringrazio tutti davvero…di cuore, per i consigli e le parole di conforto!
Ringrazio “Paolo cogitoergosum” per aver condiviso con me la sua storia, sento che comprendi a fondo il mio malessere, la sofferenza di essere figlia minore, in una famiglia dove il problema, si cerca di affrontarlo “alla giornata”, il che esclude una presa di coscienza reale e quella forza reattiva necessaria per pensare al futuro.
Sinceramente come ho già scritto sono scettica sulle possibilità di convincere mio fratello (e la famiglia) a frequentare strutture deputate, bisognerebbe verificare, inoltre, che ce ne siano di efficenti dalle mie parti.
Tuttavia con i vostri messaggi, avete contribuito a darmi un’iniezione di fiducia e ce la metterò tutta…perciò ancora grazie e spero di poter contare sempre su di voi e su tutti coloro che vorranno intervenire.
Ciao
Carissima Ciampa,
grazie a Te per aver avuto la dignità e la volon tà per rendere “pubblico” un problema che ancora troppo spesso si tende a tenere “in famiglia”!
Solo tu sai quanta forza hai denteo di te per cercare di modificare la tua situazione familiare. Io, pur essendo l’ultimo della famiglia, ad un certo momento ero talmente “sclerato” che ho preso la situazione di petto con atti “intimidatori” nei confronti dei genitori e dei fratelli che si ostinavano a non voler capire! Anche per questo, pago ogni giorno le mie scelte e le mie prese di posizione ma ne vado fortemente fiero!
Molti esseri umani hanno bisogno di vivere in “simbiosi” tra loro, siano essi un uomo ed uina donna che si fanno chiamara “coppia”, un padre ed una figlia, una madre e dei figli, e ancora più spesso dei genitori con un figlio “problematico” che traggono dalla loro “lotta” quotidiana il senso della loro esistenza e la linfa per sentirsi “vivi” ed utili. Non vi è peggior sordo di chi non vuol sentire e non si può fare nulla contro la volontà di chi crede di sapere sempre cosa si deve fare! Tranne in alcuni casi e quando si ha la convinzione che serva “rompere” un equilibrio “malsano” per il bene di tutti e epr riportare un po’ di serenità!
Credo che anche nel tuo caso, cara Ciampa, pensare al futuro e alla serenità di tuo fratello malato sia sia la cosa principale! Subito dopo, però, viene il diritto/dovere dei tuoi genitori di poter programmarsi una vecchiaia più “vivibile”. Ma, ti ripeto, i meccanismi che stanno dietro a queste “simbiosi” familiari perverse e dolorose li conosco benissimo e so quanto sia difficile riuscire a cambiare un andamento ormai “cancrenizzato”!
Per ciò che posso, cara Ciampa, resto a tua disposizione, se credi ti possa essere utile scambiare altre opinioni e punti di vista, lasciandoti la mia mail che è idrante2001@libero.it .
Per il resto, cerca di riservarti qualche momento di serenità nell’arco della giornata o della settimana, e non cadere nel vortice “colpevolizzante” che ti fa sentire sempre in obbligo verso i genitori, per la loro sofferenza e le loro fatiche!
I tuoi genitori possono essere “incolpevoli” per essersi ritrovati con un figlio “psicolabile” ma sono assolutamente responsabili di uno stato di cose teso ed agitato, soprattutto se persone come te li mettono seriamente al corrente delle alternative e di alcune strade percorribili per ricondurre la loro quotidianità ad uno stato sopportabile e rispettoso di loro stessi e anche del figlio malato.
Abbi cura di Te, e cerca comunque di trovare un “senso”, “anche se quasta vita, un senso non ce l’ha”……! 🙂
ciao!
Ciao a tutti,
leggendo le vostre lettere riafforano i ricordi di una vita passata tra ansie e angoscie per la malattia di mio fratello(schizofrenia).
Per fortuna un giorno (all’età di 18 anni) ho deciso di fuggire da quella situazione terrificante per provare a creare una vita mia, per fortuna ci sono riuscita. Purtroppo però la preoccupazione per i miei genitori è sempre nella mia mente come un orologio a cucù: non smette mai di picchiettare e di ricordarmi il senso di colpa per essermene andata.
E vi confermo che la mia vita sentimentale è tuttora un disatro perchè mi innamoro sempre di persone sbagliate, che mi aiutino a dimenticare; ma poi di fatto così non è……e quando decido di lasciare la persona che per tempo ha solo riempito un vuoto lasciato dal fatto che la mia famiglia non è presente nella mia vita per ovvi problemi, sento un vuoto incolmabile e mi cade il mondo addosso…
Cinzia
Spero tu abbia risolto il tuo problema, hai provato questa soluzione?
http://www.sipintegrazioni.it/
Il lavoro qui, è uno staff di persone che si occupano della cura della pscicosi.
Ciao
Francesco