Oggi per lavoro sono capitato in un piccolo e tipico negozio di artigianato, un negozietto vecchio stile cosparso di piccoli oggettini in legno, di quelli che entrando senti quella sensazione di essere approdato in un luogo magico che più di un negozio sembra un museo o la stanza privata di un collezionista. Cosparso di oggetti lavorati a mano, e devo dire che sono veramente fatti bene, subito penso alle ore che l’artigiano deve aver consumato per fare tutte quelle cose, alla meticolosità che serve per creare oggetti di simile fattura e particolari di tale bellezza. Appena entrato mi accoglie un’anziana signora, il passo lento di chi di passi ne ha fatti veramente tanti nella vita, un lieve sorriso accogliente che infonde tenerezza, i modi gentili, con un filo di voce mi saluta e mi invita ad accomodarmi, nessuna smania tipica della commessa che vuol venderti qualcosa per forza o magari di quella che non vede l’ora che tu te ne vada, mi sento a mio agio, stranamente sereno, lontano da qualsiasi frenesia, caratteristica sempre più frequente delle attuali città. Chiedo gentilmente di parlare con il titolare e lei col suo solito fil di voce chiama per nome qualcuno nel retrobottega, dopo alcuni minuti appare dalla porta dietro al bancone un uomo anziano, è il marito e titolare del piccolo negozio, anche lui cammina lento per via degli anni che si porta appresso ma conserva come la moglie il sorriso di chi ti accoglie con gentilezza perché così ha sempre fatto e forse perché così si dovrebbe. Mi stringe la mano e al tatto sento nitidamente i calli tipici di chi ha lavorato una vita intera, capisco che è lui l’artefice di tutto ciò che ci circonda, quella è la mano che ha levigato, tagliato, martellato creando un piccolo squisito museo di meravigliosi oggettini di legno. Mi presento e inizio a parlargli di lavoro ma in men che non si dica ci ritroviamo a parlare di un po di tutto, parliamo del suo negozio e da quanto tempo esiste, parliamo della nostra città, delle vie più belle, dei negozi intorno, sto bene, per certi versi mi sento a casa, mi ricorda mio nonno anche se mio nonno lavorava il ferro e non il legno, la conversazione scorre semplicemente ed è piacevole, i due si alternano nel racconto di simpatici aneddoti sul loro lavoro e sulla loro clientela, ridiamo insieme, fino a che non tocco il tasto dolente, il lato oscuro della conversazione e forse il lato oscuro di molte vite di questi tempi, “il lato economico”. Non l’ho fatto apposta, non avrei voluto vedere i suoi occhi azzurri prendere l’espressione turbata di qualcuno che sente un disagio vero, un peso insostenibile, gli ho solo detto: ”Quanti oggetti qua dentro, e come sono belli, deve sicuramente fare una fortuna con le vendite, andranno a ruba…”. Mi spiega che la crisi ha colpito anche il loro settore, che negli ultimi anni il loro guadagno è molto diminuito e non sanno più come andare avanti, mi spiega che devono pagare l’affitto del negozio e l’affitto di casa e proprio non ci riescono, ultimamente causa troppi anni sulle spalle stanno pensando di chiudere ma mi dicono che se lo facessero, percependo delle pensioni minime, non saprebbero proprio come tirare avanti. Mi spiegano che hanno tentato anche di vendere l’attività per cercare di racimolare qualche soldino in più, per campare mica per fare la bella vita, ma nessuno di questi tempi comprerebbe un’attività artigianale, figuriamoci che loro sarebbero anche disposti ad insegnare il mestiere. Cerco in qualche modo di risollevare il morale, cerco di ritornare a parlare di altri argomenti, non voglio esprimere il mio parere sull’attuale crisi, anche perché non credo di poter dire niente di positivo, proprio non mi ci vedo a dire come Monti: “stiamo uscendo dalla crisi…” quando in realtà ci siamo dentro pienamente e secondo molti è solo l’inizio. Alla fine ci scambiamo gentilmente i saluti e torno a camminare fuori, ho una sensazione di fastidio, mi dispiace molto per questa squisita coppia di vecchini che hanno lavorato una vita per avere una misera pensione, mi chiedo davvero come possano andare avanti nei prossimi tempi, se uno dei due dovesse sentirsi male, e a quell’età spesso gli acciacchi si fanno sentire, come potrebbero campare o prendersi cura l’uno dell’altra senza una pensione che gli consenta quantomeno di sopravvivere? Torno in ufficio con in testa questi pensieri, si è fatto tardi e tra poco chiudo e me ne torno a casa, prima però come faccio sempre mi leggo due o tre notizie su internet, tanto per ammazzare il tempo. E che articoli ti trovo sul Web? L’Italia spenderà la bellezza di 12 miliardi di euro per comprare 90 caccia F-35. Si scopre che Renzi, che sembrava il prossimo futuro dell’Italia, quando era presidente della provincia già si riempisse le tasche. Tasse sempre più alte nel 2013. La TAV si farà comunque, anche se nessuno sa cosa cavolo ci andrà su quella maledetta ferrovia dato che le merci sono in costante calo da anni e esiste già un’altra tratta che viene sfruttata solo per il 30%. E altre notiziuole su sprechi più o meno grandi dei nostri governanti, che loro di calli sulle mani non ne hanno, che lavorare probabilmente non sanno neanche cosa significhi, che la pensione ce l’hanno dopo 2 o 3 anni di dolce far niente, che non fanno altro che demonizzarci e dirci che siamo parassiti perché facciamo il nero, tralasciando il fatto che molta gente lo deve fare altrimenti non campa, che non hanno la minima idea di cosa significhi aver lavorato una vita e non potersi godere neanche quei pochi anni che ti rimangono di vita, che poi gran bella vita non è vista l’età e gli acciacchi che naturalmente si presentano. Spengo la luce, il computer, chiudo la porta e spero nel futuro, che vada sempre peggio e alla svelta, perché almeno quando toccheremo il fondo saremo costretti a risalire, a cambiare le cose… in positivo spero…
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Categorie: - Riflessioni
Bellissimo il modo in cui hai raccontato, giustissimo quello che hai scritto.
Complimenti, mi piace.