Gentile giornalista,
apprendiamo trasecolati e del tutto impreparati, che in Afghanistan le donne dovranno obbligatoriamente portare il burqa; che in alcuni Stati USA, come già in Polonia, per legge le donne non possono più decidere liberamente di abortire; che i soldati russi, frustrati per ‘mancata invincibilità, hanno stuprato,vilmente ed in grande numero, donne ucraine con il tacito consenso dei loro superiori di grado militare. Del resto, questi fenomeni regressivi di matrice patriarcale hanno presumibilmente portata globale se anche nelle nostre case/comunità le discriminazioni, le violenze ed i femminicidi non sono in diminuzione e risultano essere trasversali a tutte le fasce sociali. Nella generalità geografico/temporale, immani devono essere le sofferenze indotte dalla componente maschile sulla femminile e perciò non mi stupisce l’interrogativo, sollevato da una tredicenne alle prese con il Male e con il Bene, che mi chiedeva se l’umano biologico sia da intendersi come una o come due distinte entità di specie. Una maschile, primitiva, segnata dalla forza/prepotenza ed una femminile, debole/ remissiva, tutta dedita alla generazione ed alla cura. Devo dire che ho molto faticato a convincerla che il concetto scientifico di specie è comprensivo sia dei caratteri sessuali maschili sia di quelli femminili; che l’aborto non è mai una scelta facile o scontata per una donna o coppia; che il concetto di forza è ambiguo, che l’affettività non è operazione/bene di consumo,ecc… Ho cercato di trovare tutte le ragioni del lontano matriarcato e del più recente patriarcato; ho disquisito saccentemente sulla nozione yin yang; sul creazionismo e sull’evoluzionismo. Ho cercato di precisare che l’idea o la relazione vitale di sopravvivenza in termini di umanità richiede grande equilibrio perché segnata da una complessità, culturale e pragmatica, tanto indicibile quanto sensata e ‘non impossibile’. Non ho citato San Paolo, ma devo dire che un po’ l’ho rassicurata e forse anche convinta. Senza darlo a vedere, il più sospeso, sulla soglia dell’umano/non umano, ero comunque io solo.
Oggi, quando penso alla mia mamma che per tanti motivi mi ha cresciuto con premure e tanti pregiudizi, provo un senso di indulgente smarrimento. Permane in me una conflittuale ma grande voglia di ribadire che liberarsi da questo pervasivo insulto culturale è doveroso, necessario e talvolta, anche possibile. L’utopia non spesa, resta una verità mancata.
Grazie per l’attenzione. Angelo Botturi Verona 8 maggio 2022
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Categorie: - Riflessioni
La questione culturale della parità di genere è indubbiamente importante, ed ho l’impressione che sia stata fatta di tutta l’erba un fascio, quando dice che in alcuni stati USA non vi sia la legge sull’aborto, ma la questione non si riduce a questo secondo me. Per mia esperienza, posso dire che negli Stati Uniti, in California, certi comportamenti sono ritenuti assolutamente deplorevoli, ma non in un ottica di prevaricazione di un genere sull’altro, ma come discriminazione. Il concetto di discriminazione è molto radicato, non come da noi, in Italia dove che tu sia una donna, un uomo, un ragazzo, una ragazza un disabile o una disabile un anziana o un anziano, ti devi sostanzialmente arraggiare, nessuno scende a manifestare se un cieco si vede multare, perché sprovvisto di biglietto, sprovvisto di una qualche stampigliatura in caratteri Braille. Ho fatto un esempio di questo tipo, tanto per evitare di parlare sempre di un’unica questione, quella fra genere, che secondo me è un…
…un punto di vista ridotto, quello che conta davvero è la discriminazione, nel quale è ricompresa anche la questione di genere.
Se si parliamo di discriminazione, allora tutti possiamo subire discriminazioni, ed allora si avrà anche più sensibilizzazione anche sulla questione di genere.
Esistono diversi tipi di discriminazioni, che vanno indagati e compresi seguendone la storia evolutiva come fenomeno sociale. Raggruppare tutte le discriminazioni sotto un unicuum definibile “deplorevole” significa semplicemente banalizzare le sfumature di problematiche troppo diverse per essere buttate nello stesso calderone. Le modifiche sulla legge per l’aborto in Polonia e in alcuni Stati americani piú conservatori sono segnali inquietanti di una sempre minore libertà della donna sul proprio corpo, oltre che su molti altri aspetti della propria vita. Ciò che maggiormente mi fa inorridire è però il generale disinteresse proprio da parte del genere femminile, che molto spesso risulta essere per assurdo piú incline ad accettare come “normali” certe derive sociali e culturali. Credo che questo sia il piú grande scoglio ad una vera parità di genere.