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Lettera pubblicata il 6 Dicembre 2010. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore uqbardeva.
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Maria Grazia. non é che necessariamente si deve far sesso giocando a biliardo. Ma non puoi pretendere che un uomo non mostri un minimo di gelosia nell’immaginare la propria donna da senza di lui insieme a degli uomini in una sala da giochi. Perdonami ma una donna al contrario farebbe lo stesso. E non mi meraviglierei.
Guarda che le donne violente non sono casi isolati. Sono molto di più di quelle che la tv e internet ci fa vedere. Guarda che di bambini abbandonati, violenze sugli stessi, aborto, e bambinicidi da parte di donne ce ne sono stati e ce ne sono veramente tanti. Non sono casi isolati.
“Guarda che di bambini abbandonati, violenze sugli stessi, aborto, e bambinicidi da parte di donne ce ne sono stati e ce ne sono veramente tanti. Non sono casi isolati.”
giampaolo, sarà anche così. ma non puoi venirmi a dire che la violenza è, in generale, una prerogativa femminile ! dai lo sai benissimo anche tu che è una cazzata !! la maggior parte dei crimini, degli omicidi, delle violenze domestiche, dei maltrattamente e abusi sui minori sono commessi dagli uomini, non dalle donne. e questo è un dato di fatto che nessuno può contestare !
sulla storia del biliardo e delle amicizie maschili ribadisco che un uomo di mente aperta e al passo con i tempi non si crea dei problemi in merito. e nemmeno, viceversa, lo fa una donna nei confronti di un uomo avvezzo alle uscite serali con amici e amiche. se in una coppia non c’è la libertà di poter avere i propri spazi, allora VUOL DIRE CHE C’E’ UN PROBLEMA.
Ciao Rossana. Vorrei rassicurarti che non mi hai mai fatto male. Nessuno me lo ha fatto qui, e in ogni caso ho una certa esperienza di rapporti umani… So che ci si può far male anche senza volere, e stai sicura che ho affrontato mali di ben altra consistenza. So che sono apparsa qui estremamente fragile, perché non l’ho nascosto ed è stato, ed è, così, ora. Ma penso di essere stata una persona molto forte. Anzi credo che uno dei miei problemi, nella vita, sia stato che dal momento che io ero “intelligente e forte”, allora… Sostienimi tu, aiutami tu, comprendimi tu, ecc. ecc. Ed è da tanto… Tanto, ma tanto… Che sono STUFA, di questa assurda pretesa, implicita e categorica: tu sei intelligente, sensibile, forte, quindi devi capire, aspettare, comprendere. Sono stanca. Stanca di chi si approfitta, Rossana. E sia chiaro che è sicuro che ho sbagliato anche io, dico in generale. Solo che è un po’ difficile, mantenere le distanze, quando le persone stanno veramente male. Io non le abbandono, non ce la faccio, non è da me. Il problema è che quelle stesse persone, poco dopo, si dimostrano ingrate, mi trattano con distacco, e io me ne infischio del loro “ricambiare” (che ora so che non può esistere), Rossana, è solo che resto basita…
A parte tutto ciò… Su quale penso avrò ancora da lavorare, pure finalmente avendo iniziato a chiudere con… Persone che mi hanno veramente stancato, e ti parlo di legami di sangue. Ma ora basta. Basta veramente.
Riguardo la mia storia, ho fatto cose in questo periodo, come ti accennavo. Essendo sola ho dovuto fare un lavoro enorme da me, finché non è arrivata – nella disperazione – una “intuizione”: forse avevo un trauma ed ero rimasta bloccata. Ho giocato questa carta e ho affrontato cose dolorose, con coraggio. Ecco, mi sono sbloccata… E’ uscito tanto, tanto dolore, ma forse il trauma è superato, o comunque finalmente ho iniziato il processo di elaborazione. Necessarissimo per me, in quanto non ho mai vissuto portandomi dietro, e dentro, “fantasmi”, di chicchessia e su qualunque cosa. Se qualcuno pensava, siccome vive appunto con “fantasmi”, che sarebbe con piacere rimasto il suo fantasma in me, si sbagliava… Non vivo coi fantasmi, io. E se mi accorgo che qualcuno lo può diventare, allora vado lì e lo affronto. Ci parlo. Poi, Rossana, se lui non vuole parlare con me guardandomi negli occhi, perché ha bisogno di fantasmi… Problemi SUOI.
Giampaolo,
anche l’argomento che vorrei puntualizzare con te è spinoso… Provo a spiegare come sono pervenuta a capire quando l’istinto si può domare e quando no.
Finchè sono stata psichicamente forte, in particolare in aspetti che non coinvolgevano i sentimenti, non ho sentito il bisogno di misurarmi con chi non godeva della mia considerazione, lasciando cadere soprusi, cattiverie, ingiustizie. Non che l’instinto di ribellione non si facesse sentire: semplicemente mi riusciva di metterlo a tacere senza il minimo sforzo.
Di recente, invece, indebolita dalle scarse condizioni di salute, non ho potuto fare a meno di reagire seguendo l’impulso della rivalsa, nei confronti di un uomo che mi aveva trattata con arroganza in quanto donna, non protetta dall’ombra di un uomo (cosa che un tempo sapevo frenare fin da subito; ora molto meno), arrecandomi un notevole danno economico. Razionalmente mi rendevo conto di andare “in cerca di guai” di tipo sociale, come di fatto è avvenuto, ma il mio equilibrio interiore non poteva fare a meno di quel gesto vendicativo, che non approvavo nemmeno dal punto di vista etico. L’alternativa era: rispondere all’attacco, oppure mettermi il cuore in pace e ritenermi “finita”.
La libertà da impegni e il relativo isolamento mi hanno permesso di osservare, impotente, il conflitto tra istinto e ragione e di analizzarne successivamente i motivi, al termine di un’estate tormentata. Il gesto mi è costato caro, sia in termini economici che emotivi. Tuttavia, continuo a pensare che in quella circostanza e nelle condizioni psichiche del momento, già provate da precedenti eventi infausti di analoga natura, non mi era proprio possibile fare altrimenti.
Una paternità non si può imporre, se non in termini sociali (riconoscimento del figlio) e in termini economici (contributo al suo mantenimento). Se avessi compreso a tempo debito che il mio ex marito proprio non era portato a fare il padre, avrei fatto certamente di più per non trovarmi a dover scegliere davvero tra lui e nostro figlio. Cionostante, mi sembra di poter capire tua moglie, nella sua impossibilità di non seguire il suo improvviso istinto di maternità, anche contravvenendo ai vostri accordi iniziali.
L’unione di coppia è una scommessa, che si vince raramente, soprattutto perché purtroppo spesso si cambia, nonostante la propria volontà, e ci si viene a volte a trovare nelle condizioni di tradire se stessi o il proprio partner. […]
A quel punto, io ho fatto TUTTO quanto potevo: per me, per lui, e per il nostro amore. E a quel punto, poi, capisco tante cose… E questo sì, anche se molto doloroso, mi consente di iniziare una VERA elaborazione.
Rispondo sulla “completezza”. Che non significa qualcosa come: avere pretese irrealizzabili e astratte. La completezza cui mi riferivo, e mi sono sempre riferita, in vita mia, è questa: ogni persona – per me – dovrebbe avere il compito di cercare una completezza, in sé, come persona. Se non la cerca, non cresce, quindi pochissimo potrà dare a un’altra persona (magari più “compiuta”), e tenderà soprattutto a “parassitare”, ciò che non ha nemmeno cercato dentro di sé, PRETENDENDO, implicitamente, che gli cada dall’alto, dall’altro… Chiamando poi ciò “amore”. (E resta per me che ognuno è libero di concepire amore come crede, o di costruire la sua vita come crede, o distruggerla come crede…).
All’interno della relazione, poi, intendo per “completezza”, la capacità (non caduta dal cielo…) di stare nel PRESENTE, nel qui e nell’ora, pienamente, dunque conoscendo la “leggerezza”, e al contempo sapere che cosa significa, a parole ma soprattutto a fatti, l’IMPEGNO. Come dire: quando c’è da godere si gode, e quando c’è da lottare si lotta.
E lottare non deve significare che quando io devo lottare insieme a te, per problemi TUOI, allora si lotta e ci si ama alla follia… E quando invece tu devi lottare insieme a me per problemi MIEI (che possono essere di salute di miei famigliari), allora non si lotta… E ti viene sbattuto in faccia, che quelli… Quelli guarda… Sono problemi tutti tuoi…
Perché non funziona così. Né nella vita, né in “amore”. E se qualcuno, che sa benissimo “come funziona”, siccome ti deve conquistare… Si mostra “completo” e poi invece “cambia”, io posso provare tutto il dolore del mondo… Ma alla fine ne prendo atto: che sono problemi tutti suoi, non miei. I miei problemi, come accennato, sono (erano) altri. Avrei vissuto molto meglio NON amando. Prendendo un po’ qui e un po’ lì, come fanno (quasi) tutti, facendo i “calcoli”, del dare avere di superficie. Ma bisogna conoscersi e accettarsi: e io un poco mi conosco e mi accetto. Altri… Recitano… Quindi ti fregano. E per la mia esperienza: inevitabilmente. E sono qui, ancora oggi, a sperare per lui: che non abbia recitato. Con lui stesso.
[…] Ciò non toglie che bisognerebbe, in questi casi più che mai, sforzarsi di comprendersi a vicenda, continuando, se possibile, a rispettarsi e anche ad amarsi, almeno un po’. Immagino che la tua ex moglie abbia patito, come me, la pressione sociale e familiare, che ancora fa sentire non donna (una nullità) la femmina che non mette al mondo almeno un figlio. Avrà forse mandato giù per parecchio tempo, senza darlo a vedere, l’umiliazione indiretta derivante dal successo in tal senso di amiche e conoscenti. Può aver svalutato il valore del suo lavoro e ipervalutato quello della maternità… Non conosco i dettagli del vostro tsunami, che, come tutte le tempeste che coinvolgono i sentimenti, annulla quasi del tutto il raziocinio, ma non è detto che la tua ex moglie, passato il suo stravolgimento mentale e ormonale, non torni anche lei a provare un residuo d’amore nei tuoi confronti, oppure che non si renda conto, prima o poi, di quanto ha calpestato, magari senza ammetterlo. una più o meno ponderata scelta non esime, però, dall’attuarla in modo onesto e non aggressivo, riconoscendo i propri limiti.
A mio avviso, gli istinti sono come le onde di un mare interiore su cui siamo spesso in precario equilibrio, normalmente navigabili oppure alte e furiose da incutere terrore. Noi non siamo che barchette, a volte in grado di muoverci a nostro agio o di tirarci a riva in tempo utile; altre in balia dei marosi, incapaci di mantenere la rotta, badando soltanto a non sfracellarci sugli scogli… Non ci sono vere e proprie scelte: ci orientiamo spesso su quello che per noi, al momento, è il male minore, quello che ci permette di mantenere a galla la nostra personale identità.
Quanto alle scelte da applicarsi ai giochi crudeli che già ho sperimentato due o tre volte nella realtà, in ogni diverso momento forse si finirebbe con il buttar giù dalla torre persone diverse, in base a quanto da loro si può avere oppure, anche, in base al peso del grado di responsabilità che grava su di noi, come nel caso dei figli o dei genitori. Siamo tutti mondi diversi, che in momenti diversi non possono che attuare scelte diverse, a cui, però, sarebbe di gran lunga preferibile non essere mai costretti.
PS: E’ vero che non tutte le donne hanno istinto materno (icona coercitiva religiosa, pregnante soprattutto in Italia), così come è vero che le donne sono spesso sopra o sotto le righe, mentre l’uomo ha di solito atteggiamenti più lineari: anche questo fa parte delle differenze di genere.
Più si avanza con l ‘età e più facilmente si controllano gli istinti. Ma questo dipende soprattutto dalla diminuzione dei livelli ormonali, che sono quelli che li innescano inizialmente. La ragione, che realizza lo scopo richiesto dalla ” natura”, e’ tanto più “condizionabile” quanto potente e’ la spinta istintuale.
Maria Grazia, mi pare ci siano stati numerosi casi di bambinicidi compiuti da donne. Così come
violenze compiute sempre da donne su bambini. Poi cosa vuoi che le donne abusino sessualmente di minori ? Credo che anche volendo non ci sia la possibilità “materiale” e “naturale” di farlo. Su chi altri le donne potrebbero usare violenza? Sugli uomini? Dai su Maria Grazia, un po’ di logica, la forza fisica é un po’ diversa. L’aggressivita’ fisica maschile é un po’ diversa. Così come la natura stessa. Vedrai sempre uomini fare a pugni, mai donne.
Comunque sono un uomo anch’io e violenze su bambini e donne non le ho mai fatte.
Rossana, mia moglie mi ha sposato dicendomi che figli non ne voleva. Così come io. Ciò non toglie che é legittimo cambiare idea almeno su una cosa importante come questa. Ma non é detto che l’altro riesca a cambiare di pari passo. Anzi, forse può anche essere destabilizzato, impaurito, non pronto. Non é detto che si é pronti a cambiare vita solo perché in quel momento uno dei due ha cambiato obiettivi. E cmq se non puoi fare a meno di effettuare certi cambiamenti parli chiaro. Durante i primi tempi di richieste feci delle domande chiare a mia moglie sul perché desiderasse un figlio. Mi son sentito rispondere frasi del tipo “ho paura di pentirmi”. Non funziona così. Non si desidera fortemente una cosa per paura di potersi pentire. Nonostante ciò io viste le sue richieste stavo cercando di adattarmi all’idea di un cambiamento di vita. Ma mentre lavoravo per noi, lei lavorava per un altro, continuando a dirmi “ti amo”. Perdonami Rossana ma queste io le chiamo falsità. Non é una colpa non desiderare una cosa. Ed é invece segno d’amore il cercare comunque
di venire incontro all’altro. Ben sapendo che non si gioca con la vita è i sentimenti degli altri. Ma io questo lo sapevo. Sia nei confronti suoi sia bei confronti di un bambino che ancora doveva essere concepito.
Golem,
sai che capisco molto a fondo tutto quello che hai esposto nel post 1095.
potrei ribadire ancora una volta che tendi eccessivamente alla perfezione (impossibile su questa terra) o dilungarmi su altre supposizioni nei tuoi riguardi. potrei tacciare tua moglie di leggerezza e di superficialità (per non aver buttato nella spazzatura tutto quanto ha vissuto prima d’incontrarti), di carenza di consapevolezza nei tuoi confronti, di eccessivo romanticismo, di presunzione nel credere che le fosse possibile riuscire in qualsiasi impresa, anche la più disperata, ma anche lei, come me e come te, è un essere umano, con pregi e difetti, che sarebbe ingiusto andare a scovare con il lanternino. per di più, sono convinta che non servirebbe a niente: non sarebbero che ipotesi, come quelle che fai, accostando il suo caso ad altri che, pur essendo simili, non potranno mai darti una chiave di lettura sicura e condivisa da esperti ma solo una falsariga incerta e incostante, a meno che tu non voglia trarre da essi la sintesi che meglio ti soddisfa, in rapporto al TUO sentire.
alcuni dolori d’amore difficilmente possono essere leniti. provi sofferenza in un dettaglio perchè ami molto, e amare, poco o tanto che sia, ha sempre, prima o poi, il suo prezzo. ho conosciuto un uomo che non è riuscito a farsi dire una sola volta “ti amo” dalla donna con cui ha trascorso quasi 50 anni di vita, nemmeno pochi giorni prima di morire. è stato quasi certamente punito, a mio avviso in eccesso, per un errore di gioventù, che la sua partner non ha saputo (o non ha voluto) superare. non è una seria discrepanza anche questa? non è stato quell’irrigidimento un assurdo muro tra loro, che pur si sono amati, e non poco? ci sono poi, come ben sai, dolori molto più grandi, ai quali, come al tuo, non si possono porre che blandi e temporanei rimedi.
tu, diversamente da altri, puoi scegliere: preferisci lasciar patire un poco il tuo amor proprio (molto meno di chi non è riuscito a concretizzare un’unione lunga e serena come la tua) oppure vorresti strappare a forza a tua moglie il suo quasi certo bisogno assoluto d’identità, per renderla più debole, come una farfalla a cui si strappano le ali? se l’ami, amala senza riserve, con le sue ali e tutti i suoi sogni, di ogni tipo e di ogni stagione, inclusi quelli che si è lasciata alle spalle per vivere con te. se puoi, sforzati di concentrati soltanto su di lei, lasciando tutto il resto all’oblio del tempo.
ricambio l’augurio di buon fine settimana
Golem,
“Più si avanza con l ‘età e più facilmente si controllano gli istinti.” – questo è quanto ho sempre ritenuto anch’io (concetto, tra l’altro, supportato da esperti autorevoli) ma l’evento recente che ho raccontato tende a non confermare del tutto la tesi, orientandomi per esperienza personale su orizzonti meno definiti, che possono essere, anche se solo saltuariamente, legati ai propri equilibri interiori, visti come necessità sine qua non per la sopravvivenza psichica, e non soltanto come impulsi alla riproduzione o all’autoconservazione fisica.