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Lettera pubblicata il 27 Dicembre 2020. L'autore, stukas, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Acqua,
concordo sulla “capacità di accettare l’altro nella sua complessità emotiva e “storica”.
atteggiamento che viene a ledere l’intima identità, perché l’altro vorrebbe si fosse diversi da come ci si sente o si vorrebbe essere. più simili a lui (problematica secondo me più sentita al maschile, per il maggior timore nel genere di possibili residui coinvolgimenti sensuali).
la misura e la modalità di mantenere rapporti (soprattutto se nel reale e in totale trasparenza) dovrebbe consentire di trovare nel tempo il giusto equilibrio, come per i padri che mantengono rapporti con le ex per la crescita dei figli.
entrano in gioco molte sfumature: si era a conoscenza del forte legame affettivo all’inizio della relazione o si è scoperto in seguito? chi è stato a lasciare: l’ex oppure il soggetto che continua l’intensa frequentazione? il terzo incomodo è vivo, morto o solo immaginario? com’è l’attuale rapporto e quali sono le aspettative in esso riposte? si è disposti a mediare o si vuole convincere l’altro di dover cambiare, nell’intimo o nel reale?
Sottoscrivo appieno il commento di Acqua, che come sempre sa esprimersi in modo più pacato di me. Aggiungo che difficilmente le emozioni sono leggibili in modo cosí univoco, più spesso rappresentano un groviglio di aspetti diversi e anche contrastanti di ogni personalità. Sicuramente possono essercene alcuni derivanti da problematiche non del tutto risolte, come sensi di colpa o delusioni non sufficientemente metabolizzate, che il diretto interessato dovrebbe cercare di sviscerare e scandagliare. Detto ciò, può esserci anche un semplice e naturale affetto per una persona con cui si sono condivisi momenti importanti.
Golem, ovviamente gli ex rappresentano dei rompimenti di scatole, cosí come lo sono tanti ingombri psicologici che ciascuno di noi si porta appresso. Comprendo perfettamente che si possa essere infastiditi e in un certo senso feriti dalla presenza emotivamente ingombrante di un precedente partner e trovo lecita ugualmente la decisione di non accettare questa presenza.
Quello che penso, però, è che si potranno condizionare i comportamenti manifesti, convincendo magari la compagna dell’inadeguatezza degli stessi, o comunque facendo leva sulla sofferenza provocata alla coppia, ma non si potrà mai incidere sull’intimità altrui. I pensieri e i sentimenti rimarranno tali, con o senza approvazione esterna. Essendo il mio un discorso più di principio che di pratica, mi domando quanto si possa essere soddisfatti di sentirsi al centro della realtà altrui ma non dei suoi pensieri e/o sentimenti. Per questo ritengo che si debba lavorare più per rafforzare il legame, affinché esso divenga sufficentemente indispensabile da non temere nessun’altra presenza, né in carne ed ossa, né tantomeno ipotetica.
“…concordo sulla “capacità di accettare l’altro nella sua complessità emotiva e “storica”. Occhei,
Quindi in parole povere, e per la proprietà transitiva, accettereste che il vostro partner frequentasse, in vostra assenza, una partner che come voi tiene tanto a lui, immaginando un rapporto che non escluda affettuosità che potrebbero sfociare anche in un rapporto sessuale…di puro affetto. Ma anche no, anche solo “fermandosi” a manifestazioni del genere descritte da Beetle. Bè, io non ci credo neanche un po’ che la vostra teoria all’atto pratico possa diventare biunivoca. Il fatto è che, come ho detto in precedenza, un’esigenza come quella di cui si parla dice solo che la storia non è finita, e se non è finita quella in corso non è mai cominciata. Poi c’è chi è capace di farsi le ragioni (retoriche) più incredibili, e proprio qui ne abbiano un esempio magistrale di tutto e il contrario di tutto splendidamente giustificate. Ma vorrei che qualcunA mi rispondesse onestamente sull’ipotesi che ho proposto. A voi andrebbe bene?
Suzy, quello che è capitato nella mia coppia, a Acqua, leggo da te e dai commenti a te favorevoli, dimostra quanto sia diffusa al femminile questa “tendenza” di cui parliamo. Che sia palese o celata come nel caso di Sally, una cosa è certa: se fa “bene” alla protagonista NON fa bene alla coppia. Al di là delle teorizzazioni intellettualoidi da “manuale delle vecchie marmotte” che leggo anche in questa uscita, all’atto pratico non ci sarà mai una coppia che viva bene quella situazione, mai. Per questo parlavo di esperienza, che io ho vissuto, Beetle pure, tu stai vivendo e altri immaginano, mentre discettano di arie fritte mai vissute. Detto questo, Sally ha cambiato idea spontaneamente nel momento in cui ha capito che quello a cui pensava era l’immagine idealizzata di un soggetto e NON la sua vera natura. Il tutto perchè quella scelta DOVEVA corrispondere a tutti i costi all’idea che si era fatta del “primo ammore”. Capito questo tutto è è stato ridimensionato. Ecco come si è rafforzato il rapporto. E noi “funzioniamo” bene finalmente. Questa è la VITA VISSUTA.
Io non faccio teorizzazioni intellettualoidi, ma mi baso su me stessa e sul mio vissuto, che è completamente diverso da quello di tua moglie, ad esempio. Poi, le donne non sono lobotomizzate e non vivono tutte su una nuvoletta rosa, se finiscono a letto con qualcuno è perché l’hanno scelto. Per rispondere alla tua domanda dovrei avere delineato un quadro un tantino più dettagliato, altrimenti si ragiona per slogan e posizioni approssimative. In linea generale, sono certa che mi preoccuperebbe di più una new entry piuttosto di una ex che, in quanto tale, dovrebbe aver cambiato ruolo.
Se stai tredici anni con una persona non credo tu possa idealizzarla cosí tanto; avrai scandagliato tutti i suoi difetti, le sue debolezze e nevrosi. Poi per mia disposizione non ho mai idealizzato nemmeno Gesú Cristo, quindi figuriamoci. Le storie che ho vissuto invece le ho sicuramente in parte idealizzate, ma sono state cosí belle entrambe che mi piace ricordarle nella loro purezza e spero sarà cosí…
“io non ci credo neanche un po’ che la vostra teoria all’atto pratico possa diventare biunivoca” Nemmeno io, forse a livello teorico, ma non nei fatti, non sulla lunga distanza. Davvero vi andrebbe bene che il vostro partner frequentasse in modo esclusivo, per anni, una che è più di un’amica e meno di una ex, facesse cene a lume di candela, teneri abbracci ecc?
Concordo su un altro aspetto fondamentale, la coercizione è reciproca. Anche imporre un ex diventa un atto coercitivo. Si parla di “rafforzare il legame”, ma come lo rafforzi se la tua compagna ti dice: posso capire il tuo disagio ma è così o si chiude?
Inoltre che significato ha restare fedeli a se stessi? Se inizi una storia a 20 anni e a 30 lasci il partner anche se tutto è rimasto uguale, sei tu per prima ad essere diversa da quella 20 enne. Quel tipo di fedeltà, non significa essere dei monoliti, ma avere rispetto per ciò che si è vissuto, accettando che noi, gli altri, sono cambiati, così come la situazione.
Gli stessi processi valgono per ogni cosa, a 15 anni vai a scuola, in discoteca, a 40 vuoi altro e lavori come fa la maggioranza. Davvero andreste dal datore di lavoro dicendo: “oggi non vengo perché a 20anni mi ero ripromessa che non avrei mai lavorato il mercoledì”?
Mi domando infine quale sia allora il limite. Se un compagno avesse un legame esclusivamente sessuale con un’altra andrebbe bene? Credo di no. E perché un legame esclusivamente intimo ed emotivo con un ex dovrebbe essere addirittura ben accetto?
La soluzione è trovare persone affini, ma non è neanche detto quello, perché accettiamo molto più volentieri le nostre libertà piuttosto che le altrui. Molte persone lottano per la libertà, la loro però.
Se nella coppia uno dei due è ancora in qualche modo legato a un ex, anche solo amichevolmente, è perchè nel rapporto attuale qualcosa non funziona. Questa è la semplice e cruda realtà. Poi si possono fare tutte le teorie che volete ma i fatti non cambiano.
Suzy, non eri tu “l’intellettualoide”. Lo sai che non sopporto chi fa le ipotesi sull’Equatore avendo sempre abitato al Polo.
Certo che il tuo vissuto è diverso da quello di mia moglie, ma è la gestione tecnica di quei vissuti che é la stessa. É la tendenza a vivere dei fantasmi e delle illusioni di qualcosa che non esiste più (o addirittura non è mai esistita) che stiamo parlando.
Suzy, ti ho già detto che 13 anni vissuti immagino tra la fine dell’adolescenza e la prima maturità, sono una vita, ma quei vissuti sono stati appunto “vissuti”, e poi, come tutte le cose che hanno vissuto, sono scomparse. Il massimo che si può fare, è ricordarle se sono state “buone” o cancellarle per ragioni opposte. Quello che si crede di mantenere fisicamente è solo un “cadavere”, un simulacro di quella storia. Per questo ho fatto l’esempio del cucciolo morto.
Quanto alla donna lobotomizzata, mai avrei scelto di vivere con una persona in quello stato. È esattamente il contrario: avete troppa “creatività” emotiva. Quello è il guaio.