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Un dolore inconsolabile

di una figlia

Mia madre soffre da anni di disturbo bipolare. Avevo 15 anni quando la malattia si è manifestata, mio padre lavorava e i miei fratelli erano troppo piccoli, così mi sono trovata da sola a combattere con lei che per mesi piangeva dalla mattina alla sera, senza mai alzarsi dal letto, per poi improvvisamente rimettersi a nuovo e diventare iperattiva, logorroica, agitata, con vere e proprie manie (si lavava e profumava talmente tanto che ancora oggi non sopporto i profumi da donna).
Poi mi sposo, e lei magicamente guarisce. Ero al settimo cielo, anche se i commenti della gente a volte mi infastidivano (“hai visto, dopo che sei andata via non aveva più qualcuno cui appoggiarsi”, come se io fossi stata la causa). Ho passato quasi 8 anni meravigliosi, anche se spesso mi risvegliavo in preda agli incubi perché sognavo che mia madre si ammalava di nuovo. Poi è successo: improvvisamente ha iniziato a svegliarsi sempre più tardi… Stavolta però a casa c’era solo mio padre, io ho la mia famiglia (un marito e un figlio piccolo), il lavoro e un corso da frequentare per guadagnarmi la possibilità di un lavoro migliore, i miei fratelli lavorano anche loro.
Mio padre, 70 anni, la cura con amore per più di un anno, la porta ai controlli, le dà le medicine, ma lei non riesce ad uscirne.
Piange da mattina a sera e anche quando io la vado a trovare ripete ossessivamente la stessa litania: “Non sto bene, non sto bene… ” I dottori le cambiano spesso la cura, lei non migliora, la incitano a reagire e io faccio lo stesso, prima con calma, poi mi arrabbio, le urlo contro che io non farei mai soffrire in quel modo mio figlio, che se non reagisce è perché è egoista. Vedo mio padre soffrire e cambiare profondamente: ad un certo punto diviene aggressivo nei suoi confronti, arriva a picchiarla davanti a me. Ma poi ogni volta si calma, e lo sento ancora che mi manda via dicendo: “Vai da tuo figlio, tanto con me dopo si calma”. Intanto lui abbandona tutti i suoi hobby, i fiori che con tanto amore curava appassiscono perché mio padre non li innaffia più. Ad un certo punto mi dice che ha poca voglia di mangiare, poi un’altra volta che dorme di meno. Io cerco di spronarlo e gli dico di pensare di più a se stesso. Poi, senza che io me ne accorga, lui non mi parla più. Quando passo a trovarli, si siede e mi ascolta, ma rimane in silenzio. Continua a curare mia madre, fa la spesa tutti i giorni, ma non mi parla più di sè. Quando sono sola, penso a lui e mi fa una gran pena, e piango per il dolore che sono sicura che prova. Mia sorella mi dice che papà sta male, e io le dico che non appena mia madre sarebbe stata meglio l’avrei portato da uno psicologo. Un mese dopo, mentre sono al lavoro, ricevo una telefonata: “Papà si è impiccato”.
Il mondo mi crolla addosso, non c’è più tempo, non si può più rimediare.
Lascia una lettera, in cui si dà la colpa di tutto, della malattia di mia madre e degli errori legati alla sua cura. Dice: “non odiate vostra madre” e “non chiedo perdono, questo è il mio destino”.
Mi sento profondamente in colpa, mia madre si è risvegliata dal suo torpore e paradossalmente ora sta meglio di prima, ma io piango sempre e non so se mai riuscirò a perdonarmi. Mio padre era un uomo buono, io invece sono stata una cattiva figlia e non l’ho saputo curare.

Lettera pubblicata il 20 Febbraio 2009. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Famiglia - Me stesso - Salute

La lettera ha ricevuto finora 4 commenti

  1. 1
    Soleta -

    La tua storia è veramente triste, e mi dispiace moltissimo!
    Tu non sei colpevole di niente!!!!Tu sei sua figlia però tu non puoi essere 24h su 24h attenta a tutto perchè anche tu come hai detto, hai una famiglia.
    Neanche tuo padre è stato colpevole di niente, deve essere molto difficile passare per quella situazione..
    L´unica cosa che ti posso dire è di essere forte, le cose non sono andate bene, però devi stare bene per tuo figlio e tuo marito, devi essere forte.
    In quanto a tua madre, parlate con i medici/psicologi per cercare una soluzione adeguata!!

  2. 2
    Stefano614 -

    Cara amica

    Ho vissuto una vicenda analoga per certi aspetti, mia madre per fortuna sta bene. Mio padre ha sofferto molto tempo di depressione bipolare e dopo molti anni, molte cure, molti ricoveri ha compiuto l’insano gesto. So bene come ci si sente, io ho preso atto della mia limitatezza. Non puoi proteggere chi ami, puoi solo pregare Dio o la Provvidenza se ci credi che abbiano cura di loro. Quali colpe puoi addebitarti ? , hai fatto del tuo meglio ne sono sicuro. Il suicida vorrebbe spegnere “solo” il proprio dolore, quasi inconsapevole che cosi facendo farà soffrire molto i suoi cari. Il tempo aiuta, ma non smettere di amarlo mai, chi arriva a quel punto non è pienamente in possesso della lucidità necessaria per stabilire i valori e le prospettive che una persona che non soffre di questa terribile malattia può esprimere.

    Ti abbraccio forte.

    stefano614@yahoo.it

  3. 3
    VeramenteDisperatissima -

    Ciao
    ti darò il mio punto di vista
    anche se non servirà a molto…
    ma ti prego, ascoltami.

    Io sono stata molto vicina a un tentativa di suicidio
    riuscito, come tante altre persone che ho avuto la ventura di conoscere nel mio percorso accidentato.
    Io però l’avevo annunciato e riannunciato,
    minacciavo e davo in escandescenza…sopratutto
    assillavo chiunque e mi piangevo addosso in continuazione.
    Tuo padre no.

    A che pro dico questo?
    Dico questo per porre una premessa:
    chi è veramente convinto del suo gesto,
    quali che siano le motivazioni, non strilla,
    non urla… ma agisce di conseguenza
    (è terribile scrivere queste cose).

    Questo è per farti capire che la sua è
    stata una risoluzione indipendente dal contesto
    in cui agivi tu, e dove quindi parlare
    di responsabilità non ha senso…
    non sei stata tu o qualcuno in particolare a ‘spingerlo’
    a tanto… bensì fattori inconoscibili,
    fattori oscuri che probabilmente non avresti conosciuto
    neanche se avessi “portato” tuo padre da uno psicologo.

    La sua probabilmente è stata una fede inversa,
    un abbandono meditato e cosciente.

    Sì, il tuo dolore non sarà mai colmabile del tutto forse…
    ma tutto questo è frutto di una precisa “scelta”
    che ti dovrebbe suggerire una cosa chiara e semplice,
    ma fondamentale : non è dipeso da te,
    almeno non nel senso che comunemente si intende.

    Tuo padre ti ha scritto la lettera dove lui stesso
    chiede a voi perdono. Cosa significa?
    Che vi amava tantissimo… e se quello che ha fatto non
    è riparabile resta questo, come azione concreta e
    incancellabile.

    Custodisci questo pensiero e in qualche modo
    riannoda i fili spezzati.

    Scusami se forse non ho avuto tatto a scriverti queste
    cose, ma non conosco altre parole. Coraggio. Ti sono vicina.

  4. 4
    Alberto -

    Non sei stata affatto una cattiva figlia.
    Tuo padre ha scelto da sè il suo destino, o meglio ha scelto il Destino per lui.
    Ora sta bene e vi aspetta e un giorno, lontano, vi rincontrete per non lasciarvi mai più, in un mondo di pace, gioia e felicità.
    Io ho 27 anni e soffro di depressione. Sono solo e sto morendo e forse, un giorno, la corda si spezzerà. I suicidi vogliono uscire dal dolore, niente altro. Tu non hai cople, credimi.
    Ti auguro una vita felice,

    Alberto

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