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Lettera pubblicata il 23 Novembre 2008. L'autore, vitty79, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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emisquiz:
NESSUNA delle persone a cui mi riferivo ha preso psicofarmaci.
Semmai qualcuna non ha evitato di prenderli, avendo modo di comprendere che il problema non erano la depressione o l’ansia, ma il disagio derivato, naturalmente, da situazioni!
E tutte hanno tratto giovamento dall’affrontare il problema di dipendenza affettiva, chiedendo aiuto.
E nessuna di loro ha fatto terapie decennali.
@Il vero mistero della psiche femminile è il fatto che le donne continuano a farsi curare per i problemi mentali di altri. Chi subisce violenza non è un malato. Perciò non ha nessun bisogno dello psicologo. Chi ha veramente bisogno dello psicologo è chi la violenza la pratica ogni giorno, sotto qualsiasi forma.
non ho voglia di arrabbiarmi per la leggerezza con cui tu affronti un tema molto molto molto serio.
non ho voglia di arrabbiarmi anche se lo farei non contro di te, ma per rispetto verso le persone che si sono trovate in un problema serio, come la violenza, fisica e/o psicologica, di cui tu parli per luoghi comuni, senza sapere. Tu che stai dicendo, a chi magari non ha il coraggio di chiedere aiuto, che è chiedere aiuto che può portare alla morte, e non il contrario!!!
Purtroppo sono questi i concetti che, molto spesso, fanno sì che persone che, in situazione di debolezza, continuano a vergognarsi di chiedere aiuto (o dicono: se chiedo aiuto vuol dire che non ce la faccio da solo, e quindi sono un debole… ha ragione lui, che me lo dice ogni giorno… ha ragione lui, che dice che la squilibrata sono io…) rimangano travolte da situazioni dolorose dalle quali potrebbero uscire.
Io credo che se la violenza può proliferare sia anche a causa di questi luoghi comuni, di cui tu, pensando di difendere le vittime, ti fai portatore.
E’ chiaro che è chi picchia, molesta psicologicamente ecc che ha bisogno di essere curato. E nella stragrandemaggioranza dei casi non lo fa. Gli viene chiesto più volte di farlo, anche tra le lacrime, per il benessere comune, ma spesso la risposta è ancora più violenta.
Ed è chiaro che chi si trova a subire determinate dinamiche non è colpevole. Ma tu ignori completamente, mi pare, quanto queste dinamiche siano complesse e perverse.
Quanto vi sia un’interdipendenza in queste dinamiche, che non vuol dire colpa. Quali possano essere le conseguenze, a volte anche a lungo termine. Io non ho detto che V. ha bisogno di uno psicologo, io ho detto che se il suo disagio è forte, se vede che non ce la fa da sola, se comunque questa relazione le ha messo in testa una percezione di sè che le causa disagio e tortura mentale, parlarne con qualcuno CHE CONOSCE il problema (ripeto, che lo conosce, e non ne parla per luoghi comuni) potrebbe allegerire di tanto il suo carico. Perché potrebbe capire cosa succede SUL SERIO in queste dinamiche.
Fare del terrorismo psicologico sulle possibilità di farsi aiutare a me sembra molto grave!!!
E’ giusto che una persona sappia che ci sono varie cose che potrebbe fare per uscire dal suo malessere, e poi scegl
E pure se può contare su dei buoni amici la chiave di svolta è stata quando è andata a parlarne con una persone esterna. Per fortuna lei è andata a cercare una terapia di coppia (dalla quale ovviamente lui è sgusciato subito via come un’anguilla), che è diventata per lei un’occasione di parlare, con una persona esperta, del suo problema. di cui ovviamente lei, pur avendo la percezione di un forte disagio, non era in grado di decodificare nè le dinamiche, nè la portata. Dopotutto erano anni che si sentiva dire che tutto era colpa della sua inadeguatezza (per inciso è una donna molto intelligente e tutto fuorché inadeguata…), delle sue paranoie, della sua incapacità di dare felicità agli altri, del suo egoismo, eccetera eccetera, se un uomo la metteva sotto esame ogni santo giorno, facendosi forte della sua debolezza… andando a sparare sui punti deboli di lei, con tanta precisione, ma tanta precisione, da riuscire a stravolgere quasi completamente la sua percezione di sè. da scavare dei veri e propri tunnel, non cose che si lavano via con un bucato, purtroppo. (ti consiglio di leggere “Molestie morali”, un libro che forse potrà illuminarti un po’ sul tema). Solo per fare un esempio, lui lei diceva ogni giorno che come compagna era uno zero, e la salvezza di lei era il lavoro, ma naturalmente, pagava caro il fatto di riuscire nel lavoro, perché ciò non faceva che aumentare l’inadeguatezza di lui, che diventava violenza.
Ogni volta che si sottraeva all’attacco, veniva colpita sui sensi di colpa.
Solo quando qualcuno, esterno (e non un amico) le ha permesso di uscire dal circolo vizioso mentale ed emotivo in cui lei era entrata, di ammettere che, a quel punto, era lei a stare male, anche lei, all’ennesima accusa violenta lei è riuscita ad andarsene.
Lavorando sul suo problema (e non sui traumi infantili) lei è riuscita ad uscirne. Anche perché lui l’aveva convinta che senza di lui, inadeguata, incapace di dare e ricevere amore com’era, uscita da lì sarebbe praticamente morta. Cosa che ovviamente non è avvenuta. Anche se lui è riuscito in tutti i modi, anche fosse solo recuperare delle cose sue a casa, a creare problemi e angoscia. In questa prima fase, più che mai, gli amici sono importantissimi. perché riescono ad aiutare nel filtrare parole come: “io ora sto bene senza di te, tu invece, purtroppo, per quello che sei, sarai infelice per sempre” (cosa che può far sorridere, come modalità, chi queste cose le vede da fuori, tanto è chiaro che lui sia str…, ma sono autentiche bombe per chi ci sta dentro). Gli amici possono essere presenti, rassicuranti, aiutare a trovare una nuova casa, essere uno specchio affettivo finalmente non distorto. Rileggere insieme fatti avvenuti. Possono fare molto.
Ma la vera chiave di volta per lei è stata andare da una psicologa a raccontare quello che stava accadendo, e avere un punto di vista diverso, diverso da quello di lui che era diventato il “padrone” anche dei suoi pensieri.
Perché tu forse non lo sai, ma molto spe
Si, ho letto “Molestie morali”, come tanti altri libri.
Però non intravedo nel racconto di Vitty qualche forma di violenza fisica. Per quello che ho potuto leggere si tratta di due ragazzi che non sono nemmeno sposati perciò basta allontanarsi e il gioco è fatto.
In questa storia ci vedo solo le dinamiche di due giovani che provano ad amarsi e non ci riescono perchè uno dei due è troppo immaturo e viziato.
Gli amici possono aiutare nella misura in cui guardano una situazione dall’esterno, esattamente come farebbe uno psicologo. Non sono solo gli psicofarmaci a far male ma anche trattamenti psicoterapeutici inutili e dannosi.
Mi sembra che tu ti rifaccia ad altre storie ma in questo caso non vedo alcuna necessità di trattamenti. Si tratta solo di allontanarsi da una persona immatura, cosa che richiede una scelta consapevole che nessuno psicologo può fare per lei. E poi non credere, la gente che si suicida per amore statisticamente è di molto inferiore (quasi nulla) rispetto alle persone che traggono danni dall’opera di psicologi/psicoterapeuti/psichiatri.
La probabilità di suicidio come conseguenza di una rottura amorosa o della depressione è ampiamente sopravvalutato. Fa notizia ma è rarissimo. E non credo che Vitty porrà fine alla sua vita per un babbeo che in testa ha solamente i pesi della palestra e la pastasciutta della mamma.
incazzati contro chi picchia le donne, nn con me che sono l’opposto.
si dice che uno merita quello che ha, quindi mi dispiace, ma chi sta con uno che la picchia ecc, lo sapeva anche prima, ergo se ne assuma le responsabilità
Si è perso un pezzo di commento…
(mi sa che mi sono incasinata io) Il secondo post si riferisce al fatto che in questo periodo come amici, io e altre persone, stiamo vicine ad una persona che è riuscita, finalmente, a uscire da una situazione pazzesca.
La mia amica ha molte persone attorno, intelligenti, sensibili, capaci di ascoltare, anche per 25 ore di fila, di dare consigli eccetera eccetera, anche di offrire un letto dove dormire, e di impegnarsi per trovare insieme soluzioni pratiche. Lei, peraltro, è certo una che non si perde in un bicchier d’acqua.
Ma la sua “fuga dall’inferno” è nata dalla sinergia tra amici-la sua forza (che in parte, “grazie” a lui aveva dimenticato di avere) e i colloqui con la psicologa, che comunque aiutandola ad essere più consapevole di sè, a dipanare la matassa di assurdi sensi di colpa, di sfida, e creati da un’empatia esagerata e distorta, a sua volta, nei confronti di lui, eccetera eccetera, hanno fatto sicuramente la differenza.
Guerriero: in realtà ci sono anche dei post in questo sito che ci dimostrano che anche diversi uomini subiscono delle “dittature” psicologiche da parte di alcune donne.
Certo, è più difficile che una donna riesca a chiudere un uomo in casa, o che lo picchi, ma ci sono dittature psicologiche più sottili. Come il senso di inadeguatezza o di colpa. La molestia psicologica si basa di solito sul ruolo, anche. In tal caso il maschile e il femminile vengono colpiti in maniera diversa.
Dicevo che la molestia morale non è così facilmente dimostrabile (se non raggiunge un livello così conclamato da essere evidente) perché è chiaro che se sono un marito che dice alla moglie che lavora troppo e non mi cag… non è che sto facendo una molestia, le sto facendo osservare una cosa che sento e che magari è vera. Ma se uso la questione dei ruoli per darle addosso ogni momento, se la faccio sentire una nullità perché non riesce a fare tutto al 3000 per cento, perché se non lavora dico che è una mangiapane a tradimento e se lavora dico che è una str… che se ne frega della casa e della famiglia allora il discorso è ben diverso. Un esempio, così. Ma non è così semplice alle volte… è per quello che dico che purtroppo non è solo una questione di cuore e di testa, è una questione più complessa, molto spesso. Se uno mi tira uno schiaffone so riconoscere che mi tira uno schiaffone, ma ci sono dinamiche molto più sotterranee, perverse, che si insinuano nelle relazioni e nelle persone, tipo la goccia che tortura, facendo il solco a lungo andare.
Non è questione di seghe mentali, se si riuscisse ad ascoltare l’istinto da queste situazioni sarebbe facile uscire al primo cenno di malessere. Ma non è così semplice. Ed è per questo che dico che anche se parlassi per 35 post non riuscirei a spiegare. E’ per questo che è più semplice dire: se stai male vuol dire che qualcosa non va. Se ti chiedi cento volte al giorno: sono sbagliata io, è sbagliato lui, o è sbagliata la relazione? sei in un bel casino, perché rischi di entrare in un circolo vizioso mentale.
emisquiz: forse dovresti rileggere “Molestie morali”, libro che non è centrato sulla violenza fisica, e del quale, mi pare, non ha colto il senso. La violenza fisica è spesso l’ultimo e più grave gradino della violenza morale. Quando non vanno a braccetto.
E spesso se chiedi a una donna: ti aveva mai picchiato prima? Ti risponde di no, convinta che sia no. Poi viene fuori quella volta in cui lui le aveva lanciato addosso degli oggetti, o l’aveva spintonata eccetera. Cose che non lasciano lividi (fuori). Persi i parametri e difficile persino capire quanto grave sia il dolore che ci viene dato. Per sopportarlo si riesce ad assuefarsi al dolore.
Non ho paragonato, tipo specchietto, la storia a cui ho fatto riferimento con quella di Vitty, l’ho tirata fuori quando tu hai minimizzato, in generale, dei problemi relazionali e quindi, giocoforza, personali, banalizzando delle questioni oltremodo serie e complesse. Ripeto: secondo me tu non hai la più pallida idea di cosa stai parlando.
Se lo sai, spero che la vita non debba mai dimostrarti (e il mio augurio è sincero) i limiti di questa tua convinzione.
La storia di Vitty può essere tranquillamente quello che dici, e, passato
Probabilmente sei solo una persona che ha bisogno di credere che mai nella sua vita avrà bisogno di un aiuto di un certo tipo, o che ha avuto una brutta esperienza in tal senso. (Ma mi pare tu abbia già ammesso di parlare in astratto).
E forse anche di non leggere veramente quello che sta scritto.
Sono andata a rivedere cosa c’era scritto nei commenti, prima che io menzionassi lo psicologo. Non sono una che parla di psicologo a vuoto. E comunque se ne parlo non dico: tu hai bisogno dello psicologooooooo!!!
Sono andata a rivedere come mai, una storia di due ragazzi che litigano, come ce ne sono milioni, roba da buffetto sulla guancia secondo te, mi aveva fatto venire il mente la molestia morale…
Forse perché, a differenza di te, quando leggo frasi come queste:
@quel poco per me era il mondo….stai attenta tu non farti calpestare e non permettergli di distruggere la tua personalità…a me ci è riuscito ed è per questo che sto malissimo
@Mi spaice tanto per tutte le altre donne e anche ragazzi che come me hanno vissuto o vivono questo amore che giorno dopo giorno ti distrugge la personalità…ecco io ero una ragazza solare fino a 5 anni fà,amavo ridere, uscire e stare insieme agli altri…oggi mi sento una fallita e una nullità….non sbagliate come me, chiunque viva questo genere di rapporto, si finisce per non essere più niente
@dany: Mi hanno dato otttocentomilioni di consigli , non ne’ ho sentito nemmeno uno.
ecco, quando leggo queste cose io rimango colpita. E allora non grido alla tragedia o allo scandalo, ma neanche fingo di non leggere e non vedere.
Vitty, mi dispiace per tutte queste filippiche sotto la tua lettera, spero proprio che delle cose emerse qui, dai dialoghi tra me e Es., tu non abbia mai bisogno e che tu non debba mai riconoscerti nella storia che ho raccontato.
Se così fosse sì, se ne esce, stai tranquilla.
La mia amica ne sta uscendo 🙂
Se invece la tua storia non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con le molestie morali, tanto meglio, cara, tanto meglio 🙂
Ma, qualsiasi sia il tuo caso, scegli tu il modo per volerti bene, basta che sia nel nome del tuo benessere, del tuo equilibrio e del tuo sorriso 🙂
Guerriero: dicevi a me?
@si dice che uno merita quello che ha, quindi mi dispiace, ma chi sta con uno che la picchia ecc, lo sapeva anche prima, ergo se ne assuma le responsabilità
magari fosse vero che ciascuno merita quello che ha. Non è proprio così. Al resto della tua frase rispondo: la maggior parte delle persone che subiscono violenza hanno un concetto distorto del “prendersi le proprie responsabilità” che è proprio il loro tallone di achille.
Si prendono così tanto la responsabilità dal non riuscire ad uscirne. Si sentono in colpa, e non fanno che tentare di riparare, riparare, riparare. Riparano così tanto da dimenticarsi di se stesse.
Anche, spesso, purtroppo, per quel concetto detto da te:
ognuno merita quel che ha.
che nella testa di chi subisce, molto spesso, è:
“se mi picchia – mi insulta – mi ferisce è perché sono io ad essere sbagliata… evidentemente me lo merito”
“un’altra non la picchierebbe, picchia me, perché io sono una persona che ispira questo, non amore”.
a questo aggiungi altre cose, tra cui il concetto di:
insieme nella buona e nella cattiva sorte
tanto reiterato (giustamente) in chiave positiva in questo sito, ma che nelle relazioni malate è completamente nocivo e sbilanciato.
Perché la cattiva sorte è uno dei due 🙁
e… varie ed eventuali.
Si, so che “Molestie morali” parla soprattutto di violenza psicologica. E quando parlavo di violenza fisica mi riferivo ai tuoi discorsi, che secondo me hanno poco a che fare con la storia di Vitty.
Le frasi che menzioni le ho lette anch’io. Ma non farei facili allarmismi. La “psicologia spicciola” del giorno d’oggi tende a non rispettare una grande verità: che il dolore fa parte della vita, che ci rende diversi delle amebe e che spesso ci arricchisce. Insomma, la gente sorridente e felice sta solo nelle sit-com americane… E non basta una prolungata tristezza per diagnosticare una depressione.
Credo che nell’anonimato Vitty non abbia l’interesse a nascondere nulla. Quindi non penso alle storie che tu immagini.
[La mia amica ha molte persone attorno, intelligenti, sensibili, capaci di ascoltare, anche per 25 ore di fila, di dare consigli eccetera eccetera, anche di offrire un letto dove dormire, e di impegnarsi per trovare insieme soluzioni pratiche. Lei, peraltro, è certo una che non si perde in un bicchier d’acqua.]
Cosa ti fa pensare che la tua amica, con tutte queste persone intorno, sia guarita per l’incontro settimanale con la psicologa?
Vitty, tranquilla, ce la farai da sola, anche se adesso ti sembra impossibile. Ci vorrà del tempo ma lo dimenticherai, come si dimenticano tutti gli amori. E ricordati che i tempi del cuore non sono stati scritti su nessun libro.
Avevo deciso di concludere i miei interventi, mi sembrava che non ci fosse proprio altro da dire.
Ma tu, a mio avviso, continui a parlare in modo talmente superficiale, e generalizzato di un problema serio (non il tuo Vitty, il discorso che si sta facendo sulla violenza morale! non faccio allarmismi e non immagino nulla, il discorso si è semplicemente allargato su un tema) che se posso dire che ovviamente puoi pensare quello che vuoi, il fatto che queste parole siano visibili da tutti, anche da chi magari veramente vive delle situazioni molto dolorose, e ci sta intrappolato dentro, mi spinge a ribadire dei concetti.
Perché quando ti sento dire certe cose non soffro perché non sei d’accordo con me (chissenefrega) ma pensando al dolore che ho visto nella gente. A quanto farebbe male a una persona che veramente sta in trappola sentirsi precludere delle possibilità, che invece ha il diritto di scegliere, o sentire minimizzare il proprio dolore.
Forse tu non vivi in mezzo alla gente, io sì.
Io non ho fatto allarmismi.
Io ho detto che se si sta male è giusto pensare al proprio benessere. Mi sembra la cosa più naturale del mondo.
E ho sottolineato soltanto che in un rapporto equilibrato si può anche discutere per ore, litigare, non trovarsi d’accordo, ma non c’è uno che prevarica l’altro, non c’è uno che abbia la sensazione che la sua personalità gli stia stata succhiata via.
sai, alla fine, se io davvero non conosco un problema, ad un certo punto ammetto la mia ignoranza in materia. Ma a te interessa più portare avanti la tua tesi, anti-psicologia che pensare che in questa tesi stai parlando di persone.
Io dico che ci sono mille strade che una persona con problemi di questo tipo può scegliere per stare meglio, non dico che ce ne sia una sola. A me interessa comunicare il fatto che da queste situazioni si può uscire. Che uno/una ne esca andando in chiesa tutti i giorni, coltivando fiori, leggendo libri, parlando con gli amici, facendo teatro, andando dallo psicologo, facendo yoga, cambiando lavoro, città o pettinatura, per me è uguale.
E, ripeto, non mi riferisco a Vitty, ma al problema della violenza psicologica,a più livelli, che alla fine è emerso dai nostri interventi.
@La “psicologia spicciola” del giorno d’oggi tende a non rispettare una grande verità: che il dolore fa parte della vita, che ci rende diversi delle amebe e che spesso ci arricchisce. Insomma, la gente sorridente e felice sta solo nelle sit-com americane…
assolutamente vero che la gente bidimensionale sta solo nelle peggiori sit-com.
Però, mi spiace, la gente sorridente non sta solo nelle sit-com.
E io credo che tutti, ma proprio tutti, abbiano il diritto di vivere meglio che possono, pur accettando il fatto che la vita è fatta anche di frustrazione.
Tu parli del malessere come se fosse quello della signora che va a comprare una borsa che le piaceva, ma scopre che l’hanno già venduta.
la tua è psicologia spicciola, non la mia.
Anzi, la mia non è neppure psicologia. Io ti parlo di esperienze e di fatti, non di teorie.
Io ti parlo di realtà.
Ci sono sofferenze che non si possono evitare, ma altre si possono evitare.
@Cosa ti fa pensare che la tua amica, con tutte queste persone intorno, sia guarita per l’incontro settimanale con la psicologa?
Guarda, neanche ti rispondo. Non è “cosa” mi fa pensare. Lei per me non è un elemento di un’indagine di preferenza di consumo. Ti ripeto, non sono teorie, è vita. E’ un’esperienza, come ce ne sono miliardi. Per me lei non rappresenta l’efficacia della teoria che gli psicologi sono universalmente utili o inutili.
Il mio pensiero è: è giusto che ogni persona possa vivere nella vera autostima, che non è sentirsi bella, brava, fotomodella, ma stare bene con se stessa.
Io quando vedo lei più serena sono felice per lei, perché l’ho vista intrappolata.
Non c’è una ricetta per tutti, e vedi è questa la differenza tra me e te: tu dici che bisogna cavarsela da soli, io non escludo la possibilità che invece si possa anche chiedere un aiuto esterno. Se una persona se la sente.
Io parlo di libertà di scelta.
Io ti dico che per gli amici ci sarò sempre (come loro ci sono per me) ma che quando mi rendo conto, ovviamente, di non avere tutte le risposte, e che la teoria non basta, che nemmeno l’empatia è sufficiente, io so fare un passo indietro, perché non ho la pretesa di risolvere tutto, di sapere tutto. Io penso che ognuno da la sua parte, ma credo nel rispetto dell’individualità.E anche nell’ignoranza, che tutti abbiamo.
Mi tocca ribadire un’altra volta che io non ho fatto allarmismi:
non ho detto: questa è la situazione di Vitty.
E non le ho detto: oh, mio dio, tu da sola non ce la farai mai!!! è terribile!!! Non ho detto nemmeno che abbia bisogno dello psicologo. Ho detto che esiste anche quello. Non ho detto vai a farti fare un esorcismo perché sei posseduta, uuuuuuuuuuuhhhhh, brrrrrrrr
Anzi, io penso che lei farà il suo percorso – qualunque sia – e supererà questo d’animo.
A parte che (e qua si vede che parli in astratto) chi va dallo psicologo non va a delegare la risoluzione dei propri problemi a un’altra persona.Continua a risolvere i propri problemi in prima persona. Anzi, a volte ancora di più in prima persona rispetto a prima, semmai con più strumenti (che sono poi quelli che ha sempre avuto dentro di sè, ma magari ha dimenticato).
Il che non esclude che possa farlo comunque, anche senza psicologo.
Ma quando tu hai detto che “l’amore non è una malattia” ho precisato che certe relazioni, invece, possono essere anche delle malattie. Che provocano malessere, sintomi, che tu evidentemente non conosci. E’ questo il punto. Io e te in fondo pensiamo la stessa cosa: che le persone abbiano dentro di sè enormi risorse, che abbiano una capacità di recupero eccezionale, anche dopo le tragedie, che esiste un equilibrio interno che si assesta anche dopo i peggiori terremoti. Siamo fatti tutti di gioia e di dolore, di battaglie vinte e perse, siamo le nostre ferite e le nostre “vittorie”, e anche i giorni in cui non succede nulla, nè in un verso nè nell’altro. Ma se uno ti randella, ti aggredisce, ti prevarica e ti senti indifesa, non ti aiuta a essere migliore. Mai. E’ là che rischi di diventare un’ameba.