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Lettera pubblicata il 10 Gennaio 2023. L'autore ha condiviso 18 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore white knight.
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Trader,
in Italia il lavoro ci sarebbe a palate. Già se si chiamasse la gente a RDC a tagliare le erbacce ai bordi delle strade (che fanno ca.... peggio di quelle bulgare) si darebbe uno stipendio a migliaia di persone. La formazione (gratuita) per riqualificare le persone dov’è? Dove sono i corsi da fresatore e carpentiere che mancano sempre? Gli asili aperti fino alle 18:00? La Meloni vi ha infinocchiati per bene ahahah.
Solnze, hai ragione. Putroppo si investe poco nella formazione di figure richieste dal mercato del lavoro. È pur vero che c’è poca voglia di lavorare, soprattutto di fare lavori manuali, che invece sono molto richiesti dal mercato del lavoro e garantiscono uno stipendio discreto. Gli operai che stanno montando il cappotto al mio condominio sono tutti stranieri, molti sono di colore. Nessun operaio è italiano, gli unici dipendenti italiani sono il geometra e le altre figure responsabili, ma nessun italiano si sporca le mani. Non fanno un lavoro estremamente qualificato, per cui è richiesto una grande formazione. È possibile che le ditte abbiano tanta difficoltà a trovare lavoratori e noi abbiamo tanta difficoltà a trovare lavoro?
Ciao Trader. A proposito delle tue ultime osservazioni: Anzitutto bisogna vedere, a questi operai tanto richiesti, quali condizioni di lavoro vengono proposte, quali stipendi, quali orari, quali sicurezze ecc. Perché lavoro deve voler dire, sì, impegno e assiduità, ma non sfruttamento. Inoltre dobbiamo deciderci su cosa ci aspettiamo dalla nostra gioventù. Perché prima vogliamo che tutti si laureino e magari facciano pure i master, poi ci lamentiamo se non si prestano a lavori umili. Il fatto è che non c’è niente di male nello sperare di trovare un lavoro che almeno vagamente si avvicini a un percorso di studi portato avanti con fatiche personali e della propria famiglia. Inoltre un lavoro nettamente inferiore al percorso di studi seguito, costituisce anche uno spreco sia della cultura e delle capacità acquisite grazie a tali studi, sia delle risorse economiche profuse dalle famiglie e dallo Stato per garantire questa preparazione.
Certo, da che mondo è mondo i laureati baristi o commessi di supermercato son sempre esistiti. Il problema sorge quando queste situazioni non si presentano come transitorie, come avveniva un tempo, ma si permanentizzano. Pensare di prendere i propri studi e il proprio titolo e buttarli giù per il water credo sia frustrante per chiunque. E infine: può aver senso proporre a un giovanottone sano e robusto di andare a fare il muratore anche se laureato, ma come la mettiamo con le ragazze, o con le persone – davvero tante – afflitte da una qualche forma di disabilità? Per tutti costoro, un mestiere più tranquillo è pressoché d’obbligo. Così come per coloro che si trovano a perdere il proprio impiego a un’età piuttosto avanzata, che magari nonh consente loro di andare in pensione ma che per contro, li rende inidonei allo svolgimento di numerose professioni più adatte ai “giovincelli”.
Ottime osservazioni!
@ Nikolas: sei stato preciso e spietato come un cecchino (e il concetto che hai espresso ha la potenza di un Barrett M82 cal.50)!
@Trader: concordo e mi piace il tuo pragmatismo calvinista!
@Max: concordo anche con te, e la tua socio-psicologia invece la trovo molto acuta e chirurgica.
Ci tengo comunque a precisare che il fulcro della mia critica non è “i giovani che non hanno voglia di lavorare” sul quale si potrebbe aprire un ulteriore topic, quanto la mancanza di reale sostenibilità economica delle scelte importanti di vita (tipo convivenza, matrimonio, figli) da loro effettuate… cosa succederà quando i loro vecchi verranno a mancare se nel mentre non si sono costruiti una fonte di introiti stabile (o il più possibile stabile)?
Ah e sia chiaro che non critico un legittimo e fisiologico aiutino da parte dei genitori, quello ci sta, ma la totale dipendenza da questi anche in età avanzata e con convivenza, matrimonio, figli ecc.
Ciao Max!
Hai ragione, infatti bisogna lottare affinché gli operai abbiano condizioni lavorative dignitose e una retribuzione adeguata. Ma molte attività manuali hanno retribuzioni superiori ad attività impiegatizie, proprio perché mancano tecnici e operai qualificati, ma tutti inseguono un lavoro dietro ad una scrivania seppur precario.
La cultura e lo studio sono attività sempre utili per migliorare l’individuo. Ben venga se una persona voglia accrescere il proprio intelletto studiando qualunque disciplina, ne giova come uomo. La cultura e la conoscenza sono sempre utili, migliorano il ragionamento e quindi si fanno scelte migliori. Ma non bisogna pensare che conseguire una laurea comporti di diritto una professione intellettuale. Io stesso ho fatto molti lavori umili e manuali, mentre studiavo e non l’ho vissuta come un’ingiustizia.
Sacrosanto il diritto di tutelare i disabili.
Beh ragazzi, i genitori italiani sono una zavorra mentale per i figli. Il discorso “hai studiato e quindi devi cercare qualcosa di rapportato ai tuoi studi” lo fanno loro e lo inculcano loro si figli. Di base, sennò, gli italiani erano e sono ancora adattabili. Basta vedere cosa fanno gli italiani all’estero: pare che all’estero si adattano a fare anche i lavapiatti o a fare 2 lavori. Pare che siano in grado di tirare fuori le palle. Cosa cambia in Italia? Che qui hanno i genitori zavorra che, piuttosto che mandarli a fare i camerieri, passano loro la paghetta a 40’anni. Per me questi sono genitori malati di mente e che non amano realmente i figli, probabilmente percepiscono i figli come una propagazione del loro status, quindi se il figlio/a studiato/a fa un lavoro che non porta status ai genitori, diventa la vergogna della famiglia.
Ditemi se sbaglio.
Ben vengano gli stranieri a questo punto.
Solnze, con questo tuo commento “al sale” hai sostanzialmente ragione. I genitori italiani, nei confronti dei figli, sono generalmente ambiziosi e protettivi fino all’eccesso. Li vogliono laureati a tutti i costi e con impieghi ad alto livello a tutti i costi. Come ho scritto poco sopra, non c’è niente di male nel fatto che un giovane studente o laureato svolga professioni umili, piuttosto che pesare sulla famiglia o sulla collettività e io stesso, come genitore, esorterò le mie figlie, in mancanza d’altro, a fare le commesse o le baby-sitter. Ma una società che non sa valorizzare la preparazione che le persone hanno acquisito ha, secondo me, qualcosa di sbagliato, tant’è che molti nostri “cervelli” vengono assorbiti con profitto da Stati esteri.
Affinché, con le tesi appena esposte, io non appaia un intellettuale snob, mi permetto di dire due parole sulla mia biografia di studio e di lavoro. Io ho frequentato il Liceo Classico e poi mi son laureato in Filosofia. Ovviamente, stante la mia condizione di persona cieca, non avrei potuto fare il muratore o il cameriere. Ho trovato lavoro presso la nostra Biblioteca, facendo il correttore di bozze e redigendo le riviste che pubblichiamo e inviamo ai nostri utilizzatori: mansioni, queste, che hanno, in qualche modo, a che fare con il mio percorso di formazione. Purtuttavia, non ho avuto problemi anche a prestarmi a funzioni più umili come, ad esempio, gestire le punzonatrici che producevano le lastre necessarie per la stampa ad alta tiratura. Ero ben consapevole che il titolo da me acquisito non era fra i più quotati, per cui son stato contento dei risultati che ho raggiunto: un buon compromesso fra realismo e legittime aspirazioni.
Ho sempre visto (soprattutto sul lavoro) che quelli che più si lamentano del fatto che i giovani “non vogliono più fare certi lavori” (lavori manuali si intende, ndr), poi sono i primi che quando tocca ai loro figli li iscrivono alle scuole alte. Leggittimo e giusto, soprattutto perchè i LORO figli saranno senz’altro dei Leonardo da Vinci, mentre quelli degli ALTRI sono tutte delle braccia rubate all’agricoltura! Come no! Come al solito si evince l’italianissima tendenza a fare i fr*ci col cu*o degli altri.
Invece sul fatto che i giovani si adattino a fare certi lavori all’estero piuttosto che in Italia lì secondo me è una stortura culturale dei giovani stessi: dire “faccio il barista in un pub a Londra” o “il cameriere a Barcellona” fa più figo di dire “faccio l’operaio nella ditta del paesello della Bassa Padana”.