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Due tipi di Invidia

di Marquito

Comincio prendendo spunto da due vicende a cui ho assistito personalmente. La prima riguarda un impiegato di banca dotato di notevole intelligenza, che stenta dannatamente ad affermarsi dal punto di vista professionale. Quest’uomo nutre una profonda invidia nei confronti di suo cugino, che pur essendo più giovane di lui è già riuscito a diventare direttore. Lo spirito di emulazione, la convinzione di valere più del suo collega, lo spingono a fare degli enormi sacrifici ed a moltiplicare gli sforzi per raggiungere una qualifica adeguata alle sue capacità. Va a lavorare in una piccola filiale della provincia di Grosseto e con ammirevole tenacia riesce a conciliare le esigenze professionali con quelle familiari. Alla fine i suoi sforzi vengono premiati e riesce a diventare direttore di banca come suo cugino.
La seconda storia riguarda un mio coetaneo, che ha collezionato una serie impressionante di delusioni sentimentali. Quest’uomo nutre un’invidia devastante nei confronti di tutte le persone che sono riuscite a formare una famiglia felice. A un certo punto decide di reagire “razionalizzando” la sua invidia. Si atteggia a cinico e a misogino, elabora un’ ideologia perversa secondo cui l’amore è soltanto un’illusione e rompe i ponti con tutti quegli amici che sono riusciti a realizzarsi dal punto di vista sentimentale. Vive costantemente nell’odio e nel rancore; sfoga la sua rabbia diffamando le persone felici e tentando di seminare zizzania all’interno delle coppie.
Queste storie dimostrano che esistono due tipi di invidia ben distinti. La prima rappresenta un’energia potentissima, che ci spinge costantemente a combattere e a lottare per migliorare la nostra condizione. La seconda (assolutamente patologica) serve soltanto e unicamente ad avvelenarci il fegato.
Nessuno di noi può dirsi completamente immune dall’invidia. Chi afferma di non avere mai provato invidia dimostra soltanto di essere un ipocrita, oppure (nella migliore delle ipotesi) di avere una scarsissima conoscenza di sé. L’invidia, come la rabbia, deve essere riconosciuta per quello che é: un sentimento naturale potenzialmente distruttivo, che può essere canalizzato nel modo giusto e utilizzato per conseguire degli scopi positivi.

Lettera pubblicata il 4 Ottobre 2011. L'autore ha condiviso 4 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 16 commenti

Pagine: 1 2

  1. 1
    Kid -

    Ed a volte per taluni , l’invidia è un sentimento completamente
    sconosciuto.
    Il senso di giustezza ,etica , lealtà civile , muove le loro azioni ,senza che gli immeritati o meritati vantaggi di altri , costituiscano alcuna forma di invidia o delusione personale .
    Semmai prendono atto che vengono diffusi modelli sbagliati e che azioni riprovevoli sono diffusamente giustificate in quanto , di fatto , non portano ,quasi mai, ad isolarne l’autore, nè hanno alcun motivo per curarsi della vita , ancorchè felice ,degli altri o individuare modelli materialistici ,artefatti ed artificiali da emulare .
    Essi , vivono di cose semplici , offrono semplicità e purezza di intenti e la loro forza interiore è data dal sentirsi in armonia con se stessi , per avere fatto o cercato di fare , anche nell’inevitabile ledere l’altrui sfera , la cosa giusta nella maniera giusta , sempre e per sempre a viso aperto.
    Quasi mai o raramente, verranno ripagate allo stesso modo, nel corso della loro vita .Spesso , non avranno neppure la stima altrui , perchè
    contrarie alla logica della furbizia , dell’opportunismo , del vantaggio fine a se stesso.
    La dignità è cosa rara oggi e non ha, del resto ,piu’ alcun valore sociale. Conta il successo di facciata , piu’ spesso.

    Pertanto , nutro profonda stima , per chi si è sempre offerto in maniera corretta e capace,in qualunque campo , e ha , malgrado tutto , collezionato insuccessi. Se questo avesse cambiato il suo modo di vedere le cose , non posso fargliene una colpa . E’ solo un bagaglio della sua esperienza e non si dovrebbe giudicare una persona, come giusta o sbagliata , a causa delle sue ,incolpevoli,sofferenze e delusioni.
    Del resto , rinunciare costa molto e maggiormente vivere andando contro se stessi e le proprie naturali aspirazioni.
    Preferisco condannare i modelli sbagliati e le persone che li condividono come perbenisti di facciata e squali veri sotto la pelle .
    Perchè chi soffre per una qualsiasi e vera ingiustizia e da questo nascono le sue frustrazioni e rinunce ,è di fondo una persona per bene, che ,probabilmente ,mai avrebbe messo in atto , cio’ che ,invece , ripetutamente puo’ aver subito.

  2. 2
    Mariù -

    L’invidia non farebbe parte dei sette peccati capitali se non fosse una cosa negativa. Vivere all’ombra di un altro non piace a nessuno,ma non tutti decidono di lottare per raggiungere quell’altro e non per sé stessi. L’invidia è un peccato e un sentimento negativo: tutti dovremmo cercare di eliminarla,e non di “canalizzarla nel modo giusto”.

  3. 3
    Marquito -

    Ognuno è libero di credersi un santo e di auto-incensarsi pubblicamente, soprattutto se questo fatto contribuisce a incrementare la sua traballante autostima. L’autocoscienza, d’altro canto, è un traguardo che comporta tantissimi sforzi e molti sacrifici.
    Di fronte ai sentimenti negativi e potenzialmente distruttivi come l’invidia, possimo reagire in due modi completamente diversi. Possiamo praticare l’autosuggestione, convincerci di esserne completamente immuni e di essere immensamente, sommamente virtusosi … Oppure possiamo prendere atto che l’invidia esiste, che fa parte della natura umana e che anche a noi può capitare di provarla, e cercare di sfruttarla come carburante per accrescere le nostre potenzialità. Questo era il senso del mio ragionamento, condiviso da migliaia di psichiatri e di psicoterapeuti. Buona serata a tutti.

  4. 4
    L'ottavo peccato capitale -

    Perchè tirare in mezzo i peccati capitali….perchè infilare la religione in una lettera che parla di uno dei sentimenti più umani, naturali, normali e non necessariamente negativi della Terra?
    Anche la gola è un “peccato capitale”.
    Allora condanniamo le persone cicciotte che al ristorante, in casa propria, in mensa fanno il bis se non il ter e (a detta di tutti) danno tanta allegria (le note contraddizioni del sistema)?
    Anche l’ira è un peccato capitale. Allora condanniamo il poveraccio che, di fronte ad un’ingiustizia, sbraita e reagisce anzichè allontanarsi a testa bassa massaggiandosi le chiappe doloranti?
    Per me, molto semplicemente, l’invidia è uno stato d’animo in grado di assumere connotazioni positive o negative a seconda di come la si indirizza:
    -a vantaggio di sè: autospronandosi.
    -contro di sè: macerarandosi.
    L’invidia può portare ad un miglioramento a cui la semplice ammirazione può non portare. L’ammirazione è statica, è contemplativa. L’invidia è dinamica.
    Invidiare e combattere per portare sè stessi verso un traguardo che si sente proprio ma da cui si è lontani non significa necessariamente calpestare tutti per raggiungere quel traguardo e dare uno spintone all’invidiato per fottergli il posto.
    Saper condividere il traguardo per cui si lotta è la miglior prova della propria capacità di stimare (nel senso di valutare) sè stessi e le proprie capacità, della propria capacità di non dover calpestare i “concorrenti” per primeggiare potendo essere primi in mezzo ad altri primi.
    Poi c’è chi invidia con rancore e parte ribaldamente alla conquista di ciò che non può che essere suo suo suo e solo suo perchè teme la concorrenza di chiunque e travolgerebbe persino un neonato nella carrozzina pur di arrivare primo.
    Poi c’è chi invidia, non fa un tubo per spostarsi dalla situazione in cui vegeta, e si limita a mandare accidenti ed invettive ad un presunto destino avverso e ad un gruppo indistinto di furbi e volponi.
    L’invidia può dare ottimi risultati a sè stessi e a chi ci circonda se gestita in modo sano ed equilibrato.
    (E basta con ‘ste infiltrazioni di Catechismo su……).

  5. 5
    Kid -

    …Tralasciando il superfluo , per rimanere in argomento , vorrei aggiungere che esiste , tuttavia, un equilibrio personale in cui l’esplicazione della propria autostima non è subordinata al raggiungimento di un risultato ed in cui si vive per se stessi e non per “essere come” o “non essere come” qualcun altro.
    Pertanto , cade il presupposto dell’invidia , e cioè il paragone tra se stessi e un terzo soggetto.
    Se il soggetto del primo esempio , avesse raggiunto quel risultato , non solo sapendo di meritarlo oggettivamente ma considerando che ogni tassello aggiunto per il raggiungimento dell’obiettivo , era frutto esclusivo della sua capacità , non avrebbe avuto nulla da invidiare ad un immeritevole di pari livello. Infatti saprà ,con certezza ,di saper fare bene il proprio lavoro , per meriti personali.
    Avrebbe spostato l’attenzione dal “Io voglio essere come lui perchè lo merito piu’ di lui ” al “So’ che esiste , in ogni campo , chi ha la strada spianata ma al sottoscritto interessa essere stimato per quanto vale. Prima o poi i risultati arriveranno per mio esclusivo merito e competenza”.
    In questo caso , proprio dalla consapevolezza che , sempre e comunque , ed in qualunque campo , ci sarà sempre qualcuno che brucerà immeritatamente o anche meritatamente , perchè piu’ capace , le tappe , nasce una spinta positiva in se stessi , volta a voler valorizzare le proprie ed esclusive capacità senza termini di paragone prettamente soggettivi e la frustrazione conseguente.
    Con la differenza che l’invidioso che raggiunge il risultato , domani
    invidierà qualcosa e qualcun’altro. Chi lo farà con quella consapevolezza , non avrà niente da invidiare a nessuno.
    Diverso è il secondo caso , per me neppure paragonabile al primo , in quanto legato a variabili e circostanze che dipendendo fortemente dall’altrui “volontà “, prescindendo anche dai propri meriti ed impegno personali.
    In questo caso la frustrazione puo’ , indubbiamente , essere maggiore
    ma ,in nessun caso , la negazione della propria felicità puo’ essere vinta dalla propria spinta personale se non è , contemporaneamente , supportata da un evento , assolutamente casuale , che funga da collante tra la propria delusione e la propria rinascita .
    E l’evento è un incontro con qualcuno che , finalmente , colmi quel vuoto. Eventuali ,altre vie , anche il “canalizzare” sono solo un palliativo.
    Viene spesso suggerito di pensare piu’ a se stessi , in una fase di lutto-emotivo dovuta agli strascichi di una storia finita.
    Indubbiamente , questo è un passaggio utile , per non abbandonarsi al proprio dolore e rinchiudersi in se stessi ma è solo un passaggio e la conseguente apertura verso l’esterno non è sufficiente ed appagante se non si concretizzerà nella soddisfazione,attraverso un nuovo incontro ,dei propri bisogni , che tuttavia potrebbero ben essere piu’ realistici e meno idealizzati. Soprattutto in questo caso l’invidia è totalmente inutile, perchè in nessuna relazione esiste la garanzia del lieto fine.

  6. 6
    Marquito -

    @ Ottavo Peccato:
    Ti sono infinitamente grato per avere compreso il senso della mia lettera. Ovviamente il problema che ponevo era un problema di consapevolezza. Gli invidiosi peggiori sono quelli che negano di esserlo e che non hanno il minimo sentore della loro invidia (è a questa categoria di persone che mi riferivo con il mio secondo esempio).
    Ho conosciuto persone la cui invidia era chiaramente percepibile da tutti tranne che da loro stessi. I “negazionisti” possono adottare due tattiche ben diverse. La prima consiste nel rimuovere i sentimenti negativi, convincendosi di essere buoni, onesti e virtuosi. La seconda (ancora più insidiosa) consiste nel razionalizzare la loro invidia, convincendosi di disprezzare l’oggetto del desiderio (l’eterna storia della volpe e l’uva).
    Chi è consapevole della propria invidia ha maggiori possibilità di addomesticarla e di tenerla a freno, ma soprattutto ha maggiori possibilità di veicolarla in una direzione positiva. Il mio primo esempio (si tratta di un mio parente) dimostra che l’invidia può essere impiegata in modo costruttivo e che può contribuire al miglioramento delle proprie condizioni morali e materiali.
    Quello che è certo è che l’invidia rimane ancora oggi un pericoloso tabù ed i motivi sono facilmente comprensibili. Chi ammette di essere invidioso ammette di trovarsi in una posizione di inferiorità rispetto allla persona invidiata. Non tutti hanno l’onestà intellettuale necessaria per farlo.

  7. 7
    cuoreeanima -

    Beata me che non invidio nessuno….. Hehehehhe
    Bhè magari in questo periodo un pochino si …quelli che sono pieni di soldi e non si devono chiedere se l’azienda ce la fara’ in questo periodo di crisi…ma questo pensiero non è esclusivamente egoistico …a volte mi capita di pensarci anche perche mi peserebbe lasciare molta gente senza un lavoro.
    Per me la gente invidiosa sta male e basta.
    Ho un’amica che ha tutto, un bel ragazzo, una bella casa, tanti soldi, lei è molto bella (solo fisicamente perchè il carattere…mio dio…) Eppure… Si capisce benissimo che è una persona molto invidiosa…e io dico che non è felice.
    Poi non è l’invidia che ti spinge a migliorare la tua posizione o riuscire nel lavoro…quello secondo me si chiama orgoglio…

  8. 8
    rossana -

    Marquito,
    rispetto al tema proposto, la mia posizione è simile a quella di Kid.

    credo non sia questione di negazionismo, di veicolazione o di razionalizzazione ma di rapporto fra sè e il mondo. una persona centrata più su di sè che sul confronto è meno portata di altre a nutrire invidia.

    di certo gioca anche l’autostima, che a volte può essere del tutto indipendente dai risultati raggiunti. a qualcuno può bastare la convinzione di aver fatto del proprio meglio, pur essendo consapevole di essere incappato anche in errori difficili da evitare…

    perchè, poi, invidiare gli altri, se si è consapevoli che dietro ogni persona apparentemente felice e realizzata coesistono quasi sempre problemi di varia natura che non è dato conoscere. nessuno al mondo ha tutto quello che desidera: esiste sempre una falla, un ricordo doloroso o anche soltanto una semplice frustrazione per qualcosa o qualcuno che viene a mancare…

  9. 9
    Ottavo peccato capitale (per concludere) -

    Comunque, ignorando il superfluo, credo che ci siano situazioni in cui l’autostima, la conoscenza delle proprie capacità e della propria competenza non siano atte a frenare l’invidia.
    Esempi? A iosa. Ad esempio l’invidia verso chi abita in Paesi in cui il clima è mite e nessuno è terrorizzato dalla presenza della bolletta del gas nella cassetta della posta, dell’invidia verso chi abita in Paesi in cui i proventi di tasse e imposte sono effettivamente reinvestiti in servizi pubblici, dell’invidia verso chi abita in Paesi in cui le persone che vanno in pensione riescono a “godersi” almeno un terzo di quanto gli è stato letteralmente estorto durante la carriera lavorativa e non sono trattate come mendicanti mantenuti dai giovani, dell’invidia verso chi abita in Paesi in cui il carico impositivo e contributivo non oscilla tra il 70/80% di quanto viene parcellato .
    O siamo tutti proseliti del fu Padoa Schioppa e sventoliamo lo striscione “le tasse sono bellissime !!!!”?
    Potrei andare avanti all’infinito. Ma ogni singolo punto verrebbe sistematicamente demolito perché lo scopo del forum sembra essere passato dal confronto allo scontro a tutti i costi. Atteggiamento ridicolo ma evidente.
    E’ veramente difficile essere immuni dall’invidia. Pare, però, che sia ancora più difficile ammettere di non esserne totalmente immuni.
    Una fitta allo stomaco scappa a chiunque…..negarlo equivale all’asserire “intanto volevo scendere” affermato da chi cade da cavallo.
    Io non vedo nulla di strano né di negativo nel provare invidia nel momento in cui questa non porta a calpestare gli altri e a rubare ciò che, probabilmente, spetterebbe di diritto se le proprie capacità venissero apprezzate anche dagli altri oltre che da sé stessi. Oppure a calpestare sé stessi arenandosi in un mare li livore, rancore in cui, pur nuotando, non si arriva da nessuna parte.

  10. 10
    rossana -

    Marquito,
    concordo con te che soprattutto in questa epoca ci siano molte persone malate d’invidia, che può essere canalizzata in positivo o volgersi al distruttivo.

    di recente, grazie a confronti su questo sito, sono quasi arrivata a comprendere perchè non mi riesce di provare odio, cosa abnorme secondo la mia psicanalista d’un tempo, di cui nemmeno lei era riuscita ad approfondire la ragione e di cui mi era rimasta curiosità.

    ho accennato a questo argomento fuori tema, per insistere sul punto di vista che possono esserci persone non dico immuni dall’invidia ma poco inclini ad essa, forse anche per inconscio autocontrollo, come hai precisato tu.

    nel mio caso (sai che amo discutere ma che rispetto qualsiasi punto di vista a condizione che sia espresso in modo pacato) il tuo post mi ha indotta a riflettere e mi sono ricordata di due momenti in cui ho provato invidia.

    una prima volta è stata quando mio marito, in gran parte per merito mio, ha avuto successo in una mostra d’arte senza riconoscermi il contributo che vi avevo apportato; l’altra, più penosa, quando il mio amante ha portato con sè la moglie in Giappone lasciando a me il compito di organizzare il loro viaggio…

    sofferenza in entrambi i casi, con la spiacevole sensazione di non essere apprezzata quanto secondo me avrei meritato.

    ci saranno stati, forse, anche altri momenti che non ricordo, di certo meno significativi e quindi maggiormente destinati all’oblio. ti assicuro, comunque, che non devono essere stati per niente numerosi…

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