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Lettera pubblicata il 3 Agosto 2011. L'autore ha condiviso 3 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Stregatto88.
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tutto pienamente condivisibile, Luna.
il mio punto di vista di fondo resta comunque che i legami di sangue sono gli unici a resistere all’usura del tempo e degli eventi e che pertanto è preferibile non lasciarseli mai alle spalle del tutto, nei limiti del possibile e dell’umanamente accettabile. non per ragioni di eredità ma per affetto, che pure deve esistere anche se alquanto malsano.
tenderei piuttosto a lottare sul campo e ad andarmene al più presto, in modo non troppo violento. sempre se e quando si può…
ciao stregatto
Beh e ci si ritrova anche qui… è sorprendente come persone con storie simili si ritrovino tra se.
Ho seguito il tuo post pensando di risponderti un pò di volte, ma poi c’era sempre un commento più comprensivo e diplomatico del mio e lasciavo perdere.
Su tante cose potrei risponderti a partire dal paesino, realtà troppo spesso stretta e soffocante, fino ad arrivare ai rapporti familiari con persone che ti fanno più male che bene.
A differenza tua e fortunatamente, io ho avuto dei grandi problemi solo con mio padre e la sua famiglia, mia madre ha sempre cercato di aiutarmi per come poteva.
Volevo solo dirti che mio padre è riuscito a farmi sentire la donna più sporca e meno desiderata per tutta la mia infanzia, adolescenza e pure dopo; porto dentro di me questa ferita sapendo che non potrà mai guarire.
Ogni mio gesto nella vita, sia nella sfera privata, sia in quella pubblica, sia nel lavoro, è governato da questa mancanza ed ogni sforzo è sempre teso, anche non volendo, ad ottenere fuori quello che mio padre non mi ha saputo dare; qualcuno una volta mi ha detto che dovrei far pace con la bambina che è rimasta piangente dentro di me ed io a volte la sento, a volte non la voglio ascoltare.
Per me non c’è mai stato modo di recuperare il rapporto, perché mio padre, una decina di anni fa, è morto e ironia della sorte, ha avuto me vicino, l’unica che non ha mai capito e non ha mai saputo amare.
Per me è stata ed è, una gravissima perdita, in fin dei conti non l’ho mai odiato, ho solo mendicato amore e considerazione.
Tutto questo per dirti che purtroppo i legami con la famiglia sono difficili da spezzare e non ci sarà posto abbastanza lontano, che ti possa mettere a riparo dall’amarezza e rabbia che puoi provare.
Renditi indipendente, questo sì, perché in tal modo riuscirai almeno a porre una barriera tra te e loro; trova il tuo posto dove vivere con le tue regole ed i tuoi valori, ma, per come la vedo io, dovrai sempre fare i conti con i tuoi genitori; loro invecchieranno ed avranno bisogno di te, sono una parte di te e tu, con tutto il tuo bagaglio, sei, in parte, il risultato delle loro azioni.
Ti capisco quando dici che ti senti frustrata dagli atteggiamenti dei tuoi
Rossana: @non per ragioni di eredità ma per affetto, che pure deve esistere anche se alquanto malsano.
Rossana, io ho il “culto” della famiglia, mi è stato trasmesso al punto che mi sembra di conoscere anche le persone che di fatto non ho mai incontrato per ragioni anagrafiche, e arrivo ai trisavoli. Non mi sono mai annoiata ad ascoltare le storie di famiglia, anzi le ho sempre considerate un patrimonio prezioso. E le mie battaglie interiori non sono mai state contro, ma pro il riuscire a trovare un equilibrio per mantenere quegli affetti e cercare punti di incontro. Quindi partiamo dal presupposto che sono perfettamente d’accordo con te. Però non è vero che DOBBIAMO provare affetto anche se alquanto malsano. Nonostante anch’io creda che lo strappo con la famiglia d’origine sia un grande dolore e meriti sempre cercare di fare il possibile per ricomporre i conflitti e venirsi incontro, non credo che nessuno, figlio, padre, madre, nipote, fratello o nonno abbia il dovere di provare un affetto anche se alquanto malsano. Perché è anche in seno alle famiglie purtroppo che esistono violenze morali e psicologiche, anche molto acute.E per questo, nonostante io, ti ripeto, creda fortissimamente nel valore della famiglia, non giudico (non l’hai fatto neanche tu, eh, lo so!) chi dice di non provarlo più quel doveroso affetto, che sia per un periodo o per tutta la vita.
Ho un’amica il cui padre è scappato non solo da sua madre, come un ladro, e nel vero senso della parola. E’ scappato da figli, nipoti, e pure rubando, di fatto, dei soldi prestati ai suoi figli e non lasciandoli ma mettendoli in difficoltà, sapendo che ne avevano già. In sintesi li ha proprio fottuti, nel cuore e materialmente. Certo che so che per la mia amica dire che odia suo padre è durissimo, perché in quell’odio c’è l’altra faccia del grande amore e della stima che lei ha sempre provato per lui. Da due anni lei vive il dramma di doverlo odiare e di non poter aver un confronto. Chi deve perdonare lei? La bambina che ha dentro di sè o lui? Lui. L’incapacità di amare di lui. La vigliaccheria di lui. L’egoismo di lui. Il suo dare per scontato che tanto gli altri se la sarebbero cavata. Ci riuscirà? Lei intanto porta la sua croce. Ma, soprattutto, lui cosa sta facendo per favorire quel perdono, quell’incontro? Niente. Si strugge lì dov’è mentre lei sta così? Si strugge per quella nipotina che ha dimenticato la sua faccia? Non ci è dato sapere. La vigliaccheria comunque è più forte se così è. Ci è dato sapere però che, quando se n’è andato, ha fatto la vittima con mezzo parentado e, ti assicuro, con ben poca grazia e civiltà. Se un giorno lui busserà alla sua porta e faranno pace è chiaro che io ne sarò contenta. Lei forse potrà risolvere un conflitto enorme dentro di sè.
Ma lei sta combattendo da sola una guerra che lui, con il proprio egoismo, le ha dichiarato. La battaglia per dirsi: mio padre è così, non era l’uomo che avevo anche idealizzato. Mio padre ha questi limiti, veramente. Ed è così che si è mostrato a me, non permettendomi neanche di fargli degli sconti. E dio sa se vorrei.
E’ difficile riconoscere i limiti dei propri genitori, tanto più quanto sono fatti di egoismo e di violenza, violenza vera e propria. Tutti, credo, crescendo passano dall’idealizzazione dei propri genitori come esseri infallibili e perfetti e invulnerabili lì per accudirti a vederli come esseri umani. Anche vedere i propri genitori invecchiare, diventare fragili, passare a prendersi cura di chi un tempo, per lungo tempo, si è preso cura di te. Vederli ammalarsi ancora in giovane età poi, se capita, è devastante. Tanto è stato seminato il buono tanto quel passaggio da idelizzazione a umanità non è traumatico. Ma per alcune persone quella idealizzazione è tanto mentale, vagheggiata ma dolorosa, proprio per quanto si scontra invece con una realtà durissima, in certi casi veramente violenta, per alcuni già in giovanissima età. Papà e mamma dovrebbero essere questo per me, e invece sono altro… io dovrei essere per loro, e invece sono. La famiglia del mulino bianco non esiste, ma esistono conflitti e conflitti, di varia entità. Esistono piccole incompresioni o vere e proprie grandi violenze. Cercare il compromesso con questo amore frustrato per alcuni diventa il lavoro di una vita. Alcuni lo trovano anche perché dall’altra parte esiste una certa risposta di intelligenza emotiva. Altri in altro modo, lavorando duramente su se stessi. Ma se dall’altra parte non c’è? Ho un amico che per non essere veramente divorato, sputato da sua madre sono 30anni che è via di casa. Se n’è andato a 18 anni, per poter vivere. Torna periodicamente a casa, perché comunque ama sua madre. E’ grazie alla distanza fisica che lui ha potuto tenere vivo quell’amore senza che fosse malsano. Quando si vedono possono darsi il meglio e lui riesce a reggere il peggio. Lui ha passato comunque questi 30 anni a lavorare su di sè per risolvere i conflitti interiori che lei gli ha scaricato addosso, perché qualcun altro aveva scaricato addosso a lei e chissà prima ancora. Anche perché i conflitti non gli rovinassero anche la sua di lui capacità di interagire con l’altro sesso. Lei questo lavoro non lo ha mai fatto. Lei è nel giusto e basta. Ma per fortuna ha colto, senza dirlo, l’importanza di questi giochi di equilibri che lui ha saputo mantenere attraverso la distanza.
Intendo dire che una regola non c’è, perché i rapporti si fanno in due, e dipende da che risposta troviamo dentro di noi e anche nell’altro. Purtroppo è vero che i rapporti famigliari che non funzionano sono un dolore da affrontare e da gestire, sopratutto quanto portano a dover lavorare anche sul disamore per sè e sensi di colpa o inadeguatezza lancinanti. Lavorare proprio su quel “malsano”.
Luna,
è sempre difficile comprendersi per iscritto e lo è ancora di più quando si affrontano argomenti così complessi avendo punti di vista non distanti fra loro ma con diverse sfumature.
credo di essermi espressa male con la frase che ha suscitato la tua reazione. intendevo suggerire che bisogna sempre fare di tutto per non rompere definitivamente i rapporti con la famiglia d’origine, non per assicurarsi un’eredità ma per l’affetto che i genitori portano ai figli, anche se questo affetto è malsano.
lungi da me nemmeno il supporre che i sentimenti esistano o debbano esistere per DOVERE. se c’è qualcosa in cui la ragione non ha giurisdizione alcuna sono proprio i sentimenti. purtroppo, però, quando i rapporti non sono scelti ma derivano dall’essere nati e dall’essere stati cresciuti da qualcuno, l’affetto dei figli per chi si è preso cura di loro nell’infanzia è di solito molto radicato, come tu stessa riconosci.
in base alla mia esperienza, nell’adolescenza si finisce con il criticare aspramente i genitori (passaggio quasi obbligato per potersi staccare dalla famiglia). nella maturità si è convinti di poter fare a meno di loro, specialmente se i rapporti non sono stati ottimali, e comunque di poter essere più bravi di loro nell’allevare i propri figli. soltanto quando questi sono cresciuti abbastanza da poterne delineare la personalità e si vedono i risultati delle proprie capacità educative e di relazione ci si rende conto di quanto sia difficile essere dei buoni genitori (sempre comunque imperfetti).
l’ultima fase, la più dolorosa, a cui forse non tutti pervengono in tempo utile, è quella di COMPRENDERE i genitori nella finitezza dei loro limiti di esseri umani e di poter riconoscere quanto di positivo è stato da loro dato ai figli, secondo le loro reali possibilità.
poi, ovviamente, ognuno è un mondo e ci sono vari gradi di negatività in qualsiasi tipo di rapporto, per cui ognuno, secondo il proprio temperamento e le proprie possibilità relazionali, cerca e trova il suo equilibrio, in casi estremi anche decidendo di allontanarsi per sempre da uno o da entrambi i genitori.
come in tutte le persone e/o situazioni, la dove c’è una grande potenzialità di bene eiste anche la controfaccia di una enorme possibilità di male. non per niente si ritiene che il peggior male che possa derivare a un essere umano deriva di solito dai genitori!
tornando a Stregatto, pur essendo consapevole che le parole possono essere più pesanti delle botte, sta a lei valutare il tipo di danno che sta subendo e il tipo di equilibrio che desidera raggiungere.
credo le possa essere stato utile sentire tutti i pareri che le abbiamo espresso, in modo da essere facilitata nel prendere le sue decisioni. mi rendo conto di averla forse sopravvalutata nelle capacità che le derivano dal carattere che si è formata e dall’intelligenza che ho percepito in lei. se l’ho fatto è soltanto per stima e simpatia.