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Lettera pubblicata il 8 Settembre 2007. L'autore, drugo, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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che velocità!:)
ciao alessandro,
mi piacerebbe sapere in cosa consiste la psicopatologia fenomenologica-esistenziale?
e poi un’altra cosa: hai scelto tu di fare anche il corso in psicoterapia? in sostanza esiste una psichiatria che non bombarda solo di farmaci i pazienti ma unisce farmaci e psicoterapia?
Esistono cliniche psichiatriche con questo approccio?Perchè io so solo come lavorano nella mia Università!
Io sono al v anno di medicina e devo decidere che specialità scegliere!
Grazie mille…
Ciao Alice, effettivamente uno psichiatra dopo aver conseguito la specializzazione acquisisce di ‘diritto’ la qualifica di psicoterapeuta senza bisogno di fare nessun corso specifico. Questo crea il ‘risentimento’ degli psicologi, giustificato a mio avviso, i quali dopo la laurea devono fare obbligatoriamente un corso di 4 anni prima di potersi fregiare del titolo di psicoterapeuta.
Tuttavia il singolo medico psichiatra può decidere di fare dei corsi specifici, ed io li ho fatti proprio perchè rinunciando alla somministrazione scriteriata dei farmaci ma guardando anche oltre, è bene possedere gli strumenti che ti consentano di farlo in modo opportuno e di non lasciare nulla al caso e all’improvvisazione.
Quindi esiste una psichiatria non appiattita sui farmaci e sull’organicismo, una psichiatria che rifiuta questa sentenza spietata: ‘le malattie mentali sono malattie del cervello’, di epoca positivista, quindi è l’organo che si guasta e su quello bisogna agire , magari con farmaci ad alte dosi, con elettroshock ad alto voltaggio, con insulinoterapia e via con simili bestialità, praticate ancora oggi, e basta andare a Pisa, da quella bestia di Giovan Battista Cassano per rendersene conto. La psichiatria fenomenologico – esistenziale non ha posizioni preconcette e pregiudiziali verso i farmaci, ma non li ritiene il solo mezzo, e spesso nemmeno il più idoneo, terapeutico per i disagi mentali. E’ la relazione l’aspetto fondamentale, in considerazione del fatto che la nostra psiche può sviluppare disagio soprattutto in conseguenza di tre fattori fondamentali: quello biologico, cioè una predisposizione di base, e questo non va negato, ma soprattutto l’ambiente in cui una persona vive e le esperienze di vita che matura negli anni. sono soprattutto questi due ultimi fattori che influiscono maggiormente nello sviluppo di un disagio psichico, andando proprio a modificare il cervello, che ha la caratteristica di presentare zone dette ‘plastiche’ e che altro non sono che quelle parti che gli antichi anatomici, come sai, chiamavano le ‘zone mute’, non rispondenti agli stimoli esterni. Oggi si sa che non è così, e per questo ha assunto notevole importanza la parola, il dialogo, il colloquio, che può realmente modificare il cervello appunto.
La fenomenologia psichiatrica incentra il suo agire pratico nella relazione, che è dedicata a comprendere il mondo del sofferente e un ‘andare verso’ l’altro, a farsene parte, ad esserne partecipe. Non è la condizione oggettivante, che mira a spiegare, ad analizzare dal di fuori, dall’esterno, con sguardo lucido e freddo, che tiene lontano l’oggetto (il paziente nel nostro caso) per osservarlo con la massima obiettività nelle sue caratteristiche e funzioni, secondo un atteggiamento più tipico dei fisici che degli psichiatri, i quali dovrebbero appunto entrare in relazione diretta col sofferente. Ma purtroppo questo è proprio l’atteggiamento della psichiatria organicistica, che cerca solo nel soma le cause del disagio.
E quindi come soluzione psicofarmaci e solo quelli. I fenomenologi invece sentono il bisogno di definire la loro azione come un essere qui e ora che si incontra con quest’altra persona qui e ora, e in questo comune ‘esserci’, in questo incontro avviene qualche cosa, si verifica un cambiamento. un cambiamento terapeutico per il paziente, ma anche per il medico. Il ruolo di terapeuta e paziente non sono mai rigidamente fissati: non c’è mai un risultato prevedibile e certo della relazione. L’aspetto terapeutico diventa così qualcosa di ‘ineffabile’, il significato dell’incontro dipende da come sono io quel giorno, in quel momento, e da come la persona che ho davanti e cui mi accosto, in quello stesso momento mi sente, mi percepisce. Viene dato così un profondo contenuto alla relazione che è, prima di tutto, una relazione umana. Il concetto di ‘terapeutico’ diviene secondario, nella terminologia fenomenologica è indicato come ‘definito convenzionale’, in quanto stabilire che quello in camice è un operatore e quello che attende un paziente è pura convenzione: quel ‘paziente’ potrebbe oggi sentirsi meglio di quanto non si senta il ‘terapeuta’. Ciascuno porta all’incontro se stesso, inverandosi storicamente, storicizzandosi in quel momento preciso.
Mi fermo qua Alice, se vorrai possiamo continuare a parlarne, e per quanto riguarda esperienze pratiche di tutto quello che ho detto, più che riportare mie testimonianze, ma una potresti leggerla qui ad esempio: http://www.letterealdirettore.it/mi-vien-piangere/ e precisamente ai post n°° 12 e 13, ti consiglierei di leggere qualche libro dello psichiatra Eugenio Borgna, che mi onoro di aver conosciuto, uno dei principali esponenti viventi della psichiatria fenomenologica italiana. Potresti leggere il suo Malinconia, un libro sulla depressione, molto bello davvero, per poi, se ne avrai piacere, proseguire con altri. Non perderai nè tempo nè soldi, posso assicurartelo.
Ti saluto per ora, se vuoi io sono qui…ciao.
Alessandro non ho davvero parole per ringraziarti!
Sei davvero chiarissimo nelle tue spiegazioni e ti ammiro molto per quello che fai.
Per fortuna esistono persone “rivoluzionarie”,come te,che spesso sono la salvezza dei pazienti.
Grazie a te ho scoperto un mondo della psichiatria che non sapevo esistesse anche perchè la psichiatria qui a Brescia è una mera somministrazione di farmaci fatta a tavolino prima del giro visite.
Pazienti obbligati dai medici a prendere i farmaci anche se li fanno stare peggio di prima.Senza un colloquio uno sguardo negli occhi, niente…freddezza e indifferenza.
Io amo studiare medicina, ma vedendo queste cose, anche in altri reparti, dentro di me sorgeva la domanda “vuoi davvero fare il medico?”
Tu credi sia possibile una medicina diversa?Io sono entrata a medicina con l’idea di fare oncologia pediatrica, ora non so se è questa la mia strada anche perchè la psichiatria mi affascina molto.Però non la prendevo in considerazione proprio perchè non condividevo il modo di agire degli psichiatri che vedevo qui: antidepressivi per gli attacchi di panico, ricoveri di pazienti disperati per la morte di un loro caro, che poi ovviamente hanno chiesto di andarsene dopo 2 ore dal ricovero.Nessun colloquio tra medico e paziente, nessuna stretta di mano…non so se voglio fare parte di questo mondo.
Esiste in Italia una scuola di psichiatria più “umana”(scusa per i termini non molto professionali), una scuola che insegna ad ascoltare il malato psichiatrico prima di somministrargli i farmaci?
(per inciso non sono assolutamente contraria all’utilizzo di farmaci se effettuato in modo assennato)
E poi un’altra domanda…conosci qualcuno che dopo la laurea invece che entrare in specialità si è iscritto ad una scuola di psicoterapia di quelle riconosciute dal miur?non ho capito bene come funziona la cosa…dopo che hai finito queste scuole private sei medico, sei psicologo,che tipo di lavori puoi fare a livello pratico?solo privato o anche in ospedale?
So che ti sembrerò una voce fuori dal coro ma ho bisogno di capire se c’è qualcun’altro che la pensa come me, a volte mi sento così diversa quando vedo i miei compagni seguire come cagnolini i medici senza nemmeno salutare il paziente quando entrano nella stanza!fare il medico non vuol dire solo essere freddi e distaccati!!!cosa ne pensi?
un saluto
Alice
Ciao Alice, per prima cosa ti chiedo scusa se ti rispondo con ritardo ma sono giorni un pò complicati.
Sulla specializzazione c’è da dire una cosa importante: è vero, esistono scuole riconosciute dal Ministero, tipo il CIPA (Centro italiano di psicologia analitica), ma ai loro corsi si accede dopo aver conseguito la laurea, un attestato rilasciato da loro senza che si abbia una laurea in Psicologia ad esempio non ti autorizzerebbe di certo all’esercizio della psicoterapia. Mentre per gli psichiatri il discorso è più semplice: come già detto, dopo la specializzazione il medico basta che ne faccia richiesta e subito ottiene la qualifica di psicoterapeuta, e difatti tutti gli psichiatri ufficialmente lo sono, ma per il solo fatto che nessuno rinuncia ad aggiungere titoli sul suo bigliettino da visita (io non ce l’ho né voglio averlo), e tanto più quando, di fatto, questi titoli sono regalati. Purtroppo l’andazzo è questo!
Poi c’è anche da dire questo: un medico, anche senza la specializzazione in psichiatria, può frequentare corsi che lo abilitino all’esercizio della psicanalisi.
In Italia esiste una ‘scuola’ psichiatrica più umana certo, basti pensare appunto alla psichiatria fenomenologica o anche all’indirizzo psicodinamico, ma purtroppo la fenomenologia psichiatrica non è insegnata ufficialmente in nessun corso di specializzazione, è il singolo specializzando che deve premurarsi di approfondire. Certo, ci sono i Borgna (in pensione), i Callieri (in pensione), i Stanghellini (insegna a Chieti), i Gaston e pochi altri, tutti psichiatri e psicopatologi di orientamento fenomenologico, ma di fatto a loro non è stato permesso nè tuttora gli viene consentito di tenere corsi specifici su questi indirizzi psichiatrici, e sai perchè? Senza tanti giri di parole: perchè con la psichiatria fenomenologica le farmaceutiche produttrici di psicofarmaci devono, e di molto, ridimensionare il loro business. Non c’è bisogno che ti dica, Alice, tutto il pazzesco giro d’affari che lega a doppio filo, un filo nero più che rosso, perchè sa di morte e tragedia, la psichiatria e la farmacologia, nonché le Università, i centri di ricerca e di specializzazione e la pratica medica sul campo. Come tu stessa hai detto, lì a Brescia vedi una psichiatria, organicistica, che è mera imposizione, e dico imposizione, di farmaci spesso inopportuni e sempre devastanti. Io ho studiato, mi sono formato e lavorato (per brevissimo tempo) invece in ambienti e con persone che hanno ben introiettato la differenza fra mente e cervello, ma ho dovuto farlo di mio, cercare in autonomia i professori sensibili a certi temi, che usavano agire in un certo modo, vivere un rapporto umano col paziente. Ma ho avuto anche esperienze terrificanti, accusato di idealismo assurdo, ostacolato in ogni scelta e in ogni mio agire. Non me ne sono fatto un problema, ho continuato ad agire coerentemente con quello in cui credevo e credo, non ho mai piegato la testa.
Non ho mai ceduto dinanzi alle prepotenze di chi poteva fare la voce grossa, e la faceva a scapito e danno del sofferente, beninteso.
Questo per dire, Alice, che è possibile una Medicina, ed in particolare una psichiatria diversa, a patto che lo si voglia, a patto di non sacrificare mai la sofferenza dell’uomo sull’altare del dio denaro, a patto di crederci e crederci davvero. Certo, tutto sarà più difficile, ma come sai il supremo principio della Medicina dice: PRIMO NON NUOCERE. E nel Giuramento d’Ippocrate è detto: ‘non prescriverò mai farmaci che possano essere nocivi, nemmeno se richiesto’. Ecco, a me bastano davvero queste sole parole per darmi la forza non per fare rivoluzioni, ma per essere un medico, il medico che voglio essere e devo essere, un medico che aiuta, che cerca di farlo almeno, che si impegna per lenire la sofferenza non certo per aggravarla.
La pratica psichiatria che tu vedi a Brescia esiste dappertutto Alice, e poche sono le voci che osano levare un grido di denuncia. Se hai letto l’episodio che mi ha visto protagonista con quel ragazzo, ti dico anche questo: l’indomani sono venuti a stringermi la mano complimentandosi per quanto fatto, quegli stessi infermieri, medici e operatori vari che spesso mi hanno accusato di idealismo, di essere un sognatore, che spesso hanno avuto da ridire, schernendo, su quella ‘pietà della tenerezza’ che ogni psichiatra dovrebbe assumere come sua legge suprema. Come non mi sono mai dato pensiero davanti alle accuse e agli ostacoli, allo stesso modo non ho preso in considerazione quelle strette di mano e quegli apprezzamenti. So solo che era la giusta cosa da fare, so solo di aver avuto, non dico il coraggio, ma almeno la lucidità e la consapevolezza per farla e questo mi basta.
Il mondo della Medicina e quello della psichiatria più ancora è davvero orrendo Alice, questo lo sai, ma mi permetto di dirti di non mollare, di non assoggettarti, di credere sempre in ciò che credi e di andare avanti con fierezza e dignità e coerenza, di onorare già da adesso quel camice bianco che indossi e che sarà il tuo destino, perchè la Medicina, se intesa, vissuta e praticata in un certo modo si fa davvero destino della persona che l’ha scelta.
Quanto ai farmaci, il tuo esempio è azzeccatissimo: gli attacchi di panico nulla hanno a che vedere con la depressione, ma dato che gli antidepressivi alleviano quella sintomatologia allora via col diluvio di queste prescrizioni. Prendi poi il DOC, disturbo ossessivo – compulsivo, è una deviazione comportamentale, ma nei quadri nosologici è inserito nei disturbi d’ansia per il solo fatto che gli ansiolitici hanno azione deprimente sui suoi sintomi. Così siamo all’assurdo che è l’efficacia del farmaco a stabilire la diagnosi precisa, e ovviamente nessuno si premura di guardare in profondità, di far prendere consapevolezza, al paziente, che è assurdo pensare di essere invaso dai germi e di lavarsi migliaia di volte le mani al giorno. E quindi uno psicofarmaco come destino.
Ciao Alessandro mi complimento con te, abbiamo in comune Bologna ( il famoso “Ottonello”) mi sono laureata nel 2005 novembre attualmente faccio medicina generale ma il mio sogno e’ riuscire ad entrare in Psichiatria.. Spero che un giorno quanto prima si possa avverare!!andrei ovunque km qlcsiasi parte del mondo pur di far la psichiatra :-)) aspetto tuoi consigli son disperatissima xke quello che faccio non mi piace x nulla:-(( bacioni
ciao alessandro,
quello che hai scritto mi ha colpito molto anche perchè questo anno mi sono diplomata e devo scegliere quale strada intraprendere. io volevo sapere prima di tutto se con la laurea in psichiatria posso fare la psicoterapeuta oppure se c’è una specializzazione che si avvicina si più alla psicoanalisi. ho letto il tuo commento sul ragazzo di 26 che dice di sentirsi solo e ho visto anche il video anche il video sul servizio di un “manicomio” del quale tu hai messo il link e mi sono resa conto che mi sento più portata ad aiutare il ragazzo che si sente solo che quelle persone in quell’ospedale. per questo mi chiedevo se ci fosse qualche specializzazione che mi indirizza di più verso psicoteria che psichiatria. lo so che tu pensi allora fai psicologia ma non so perchè mi sembra una facoltà che prendono quelli che non vogliono fare niente e che mi darà un’istruzione incompleta. potresti aiutarmi e chiarire i miei dubbi? lo so che sono un pò inopportuna soprattutto perchè ho letto che hai problemi di salute ( e che le cosa ti vadano meglio ora e che tu non sia da solo ad affrontare tutto) ma se potessi aiutarmi te ne sarei grata.
Ciao Alessandro,
sono una ragazza prossima alla tesi in medicina a Pisa e vorrei fare la psichiatra.
Naturalmente sto facendo la tesi qui e adesso scrivo sotto falso nome…. non si sa mai….
Conosco bene la clinica e il modo di operare…..non lo condivido ma lo rispetto. Io semplicemente come te vorrei imparare a fare anche una psicoterapia e non credo che si possa curare solo con i farmaci.
Vorrei sapere se qualcuno conosce delle valide scuole di specializzazione in psichiatria dove sia possibile entrare anche senza il 110 e lode e in cui venga usato un approccio multidisciplinare….
Conosco molti psichiatri ormai di una certa età con cui ho parlato e mi hanno consigliato di farla a pisa e parallelamente fare una scuola di psicoterapia familiare…
Non sapete però quanto mi spaventi l’idea di passare 5 anni in una clinica in cui non condivido l’operato….
non so cosa fare….
sono molto inquieta a riguardo
grazie mille
Ciao a tutti. Sono una neolaureata in odontoiatria e vorrei fare specialita’ in Canada. Da dove devo cominciare e sopratutto cosa devo fare per trovare fundings? Qualsiasi suggerimento e’ aporezzato. Ciao…