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Lettera pubblicata il 5 Giugno 2007. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore uomotriste.
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credimi, non parte assolutamente da un presupposto per cui la asessualità non possa esistere o che debba per forza essere (passami la parola) “corretta”.
La mia domanda deriva dal fatto che ho conosciuto persone che pensavano di essere asessuali e non lo erano. La loro asessualità non era una condizione permanente, ma una fase della vita.
Al contempo penso che ogni individuo ha la sua storia, la sua emotività e quindi non esiste una defizione, seppure ci siano dei “sottoinsiemi” che possono aiutare il dialogo, il confronto, la riflessione.
Cioé esiste la GR e possiamo parlarne, esiste il disinteresse per il sesso e possiamo parlarne, e via dicendo, ma al di là delle analogie in quell’1% a cui tu fai riferimento davvero tutti (ignoranza mia, eh! non lo so) hanno le stesse ragioni, sensazioni, intenzioni?
Non provi desiderio, davvero, dentro di te, o vivi in un certo modo la sfera del desiderio quando implica un contatto più ravvicinato con un’altra persona, per esempio?
Comunque sia il GR di per sè, a quanto ho capito, ha delle sue proiezioni che gli causano malessere rispetto alla relazione con l’altro (e con se stesso, in primis).
E’ ovvio però, sono d’accordo con te, che se io mi relaziono con una persona che in continuazione fa dei paragoni, per esempio (e c’è chi per un SUO modo di essere, anche una SUA insicurezza, lo fa), la mia GR potrà pure rendermi più sensibile a ciò, ma di fatto anche una persona non GR potrebbe provare fastidio, frustrazione e pensare che quella non sia la persona adatta a lui/lei.
D’altra parte se una persona soffre di GR è chiaro che sta meglio se il partner non va a girare il coltello nella piaga, ma poiché tanto più è radicata la GR tanto più è facilissimo che ciò avvenga, anche senza far niente, in modo retroattivo, immagino che la soluzione, pur cercando un partner possibilmente compatibile in generale (cosa che accomuna TUTTI, non solo i GR) la soluzione, come dicevo sopra, non sta nel non vivere una storia o vivere una storia che ruota attorno alla GR di uno dei due partner, ma nel fatto che lo stesso GR faccia ciò che può per rendersi libero, lui stesso, il più possibile dall’incubo di questo malessere, liberando così la sua possibilità e anche quella del partner di vivere una relazione più serena, avendo molte più energie a disposizione per vivere altro oltre al controllo della GR.
Mi spiego? forse no.
Ma diciamo che se tutti abbiamo delle nevrosi nel momento in cui una nevrosi invade troppo la nostra vita, le nostre energie, la nostra visione del mondo, noi stessi e dei rapporti con gli altri forse merita, invece di farla diventare la nostra “padrona”, attraverso l’evitamento, la rinuncia, l’adattamento, una gestione che ci sfianca, tentare invece altre strade costruttive per riportarci in equilibrio. Come dice BLU non è che la sua GR è scomparsa, ma non comanda più lei. Penso ci sia un’enorme differenza. Che non ha a che fare con il valore di una persona, ma del suo maggiore benessere. E libertà.
Il tema della vita di coppia come obbligo sociale ha sempre racchiuso un grande interesse per me. Restare soli tutta la vita è certamente una opzione riservata a persone molto particolari (né migliori né peggiori) solo emotivamente autonome. Tra le più eccelse menti della storia spiccano gli asessuati e quelli disinteressati alla vita di coppia: Alessandro Magno, Pico della Mirandola, Torquato Tasso, Michelangelo, Milton, Locke, Newton, Kant, Tesla, per citarne solo alcuni. Qualcuno forse si sposava solo per obblighi sociali, come Dante Alighieri, che in tutta la vita non dedicò neanche un misero verso alla moglie, segno evidente che forse “sopportava” la vita coniugale. Dico questo perché se contempliamo questa eventualità (quella di vivere soli ma appagati) immediatamente riscopriamo una dimensione di forza e di autonomia. Accettare l’idea che siamo “unici e noi stessi” soli o accompagnati, ci permette di vivere senza proiettare sul partner inutili aspettative. Leggo negli interventi che chi si muove nella direzione della riscoperta dell’autonomia emotiva (Bluvito) sta procedendo bene. Il geloso retroattivo non può vivere in simbiosi con il/la partner, deve radicarsi in altre strategie di convivenza emozionale, la simbiosi come scambio equilibrato di due organismi affettivi su questo terreno non è praticabile. Il geloso retroattivo ha bisogno di respirare maggiormente fuori dalla coppia che nella coppia; di camminare di più da solo che a braccetto; deve cercare più spazi personali e meno spazi condivisi. La coppia per lui/lei sarà un rifugio e mai un eden; laddove cercasse il paradiso nel rapporto di coppia non lo troverà, per lo meno non nei termini illusori edificati dall’inganno contemporaneo, che spaccia la coppia per un “luogo di massima realizzazione individuale”. Più autonomia emotiva = più serenità.
Tolteca ha sottolineato perfettamente la condizione in cui attualmente mi trovo e che mi sta portando,seppure lentamente,alla scoperta di una serenità e una consapevolezza che prima non c’era, anche prima dell’esordio della GR: la mia autonomia emotiva.
Non è paradossale se dico che la “visuale” che oggi ho della mia compagna è assolutamente più appagante di quanto non fosse prima, in quanto semplicemente più “vera” rispetto a quelle che potevano essere le mie proiezioni “ideali” su di lei, provenienti forse dalla educazione e da retaggi culturali.
Amando profondamente la mia donna, non sarebbe stata una soluzione l’abbandono, ma solo una dichiarazione di sconfitta, che inoltre non avrebbe mai risolto la mia GR. Era necessario lavorare “dentro” di me
Come ho già avuto modo di dire ho dovuto riconoscere in me stesso una quota di orgoglio “male indirizzata”, sicuramente derivante da una cultura “maschilista” dove i pesi e le misure non sono mai identici nei due generi maschili e femminili; disequità spesso accettata e “incoraggiata” dalle stesse donne cresciute IN quella cultura.
Leggevo oggi una frase che mi ha colpito: “essere uomini non significa andare a letto con le donne”. Credo di ritrovarmi in questa definizione, che spesso ha caratterizzato un mio modus vivendi; non necessariamente legato “all’esercizio” di cui sopra, quanto alla prevalenza di una certa “machità” rispetto a quelle che dovrebbero essere le peculiarità di un uomo maturo, che sa accettare gli altri mantenendo la propria individualità.
Quando ho compreso che dipendevo troppo dall’immagine “idealizzata” di mia moglie, e che questa era solo il frutto di una forma immatura, ancorchè in buona fede, di amore, ho intravisto il famoso “sentiero” di cui ho accennato in precedenza,che ripeto: HO VOLUTO imboccare, e che mi sta portando verso quell’autonomia emotiva di cui parla Tolteca, con il risultato dell’equazione: autonomia emotiva=serenità.
Quando di recente sostenevo che la mia lei NON è più al centro della mia vita, a qualcuno può suonare come una forma di rivincita egoistica. Si sbaglierebbe: è esattamente il contrario. Mi accorgo ora di quanto egoista lo fossi prima; di quanto quella forma di possesso e gelosia non fosse amore vero, seppure in buona fede, ma un “surrogato” non criticabile” del tipo: “come si fa a dire che non la ama se ci tiene così tanto?”. Ammettiamolo invece: la gelosia è una forma di egoismo, anche se può apparire lusingante. Portata agli estremi che i GR provano, è distruttiva, e io non volevo distruggermi nè distruggere una donna che mi ha dedicato la vita, che stimo fortemente e che non lascerei mai.Quindi non c’era scampo, o “suicidarmi” sentimentalmente o cominciare una nuova “way of life”. Ho scelto la seconda, e ogni giorno migliora il mio stato d’animo e la mia autonomia.
E’ per questo che citavo la frase di Samuel Bellamy, non certo per aspirazioni belliche, ma perchè non mi spaventa più niente, perchè ora sono padrone di me stesso.
Blu
BLUVITO e TOLTECA: per alcune persone, non necessariamente GR, l’idea di un’autonomia cozza talmente con l’idea di coppia da vivere in due estremi opposti: rifuggire totalmente da ogni relazione, temendo di venire fagocitati, soffocati, impediti, lesi, sentendo un cappio al collo solo all’idea di, oppure il sentirsi in colpa, traditori di un ideale, quasi di perdere la propria stessa idea di amore, anche ad andare a bere un caffé con un’amica o un amico, di avere un passatempo, di non vivere totalmente in funzione di.
Nessuno dei due opposti è sinonimo di libertà, per quanto i fuggitivi del primo tipo (parlo appunto di estremi, per semplificare) si possano fare portatori del loro vivere liberi (ma rinunciare per “terrore” è identico a dire di no con consapevole e reale serenità?), anche adducendo motivazioni come “gli uomini sono tutti prepotenti/le donne sono tutte castranti” ecc, e per quanto i secondi spesso dicano di essere felici di un loro “sacrificio estremo” (non necessario) e possano anche guardare storto coloro che, serenamente, riescono a non sentirsi in colpa, nè vengono fatti sentire in colpa, se fanno un corso di taglio e cucito o vanno a vedere una partita allo stadio e non vivono queste cose come scollamento dalla coppia, e non dimenticano la persona che amano certamente.
Il problema di idealizzare qualcuno, BLUVITO, o l’idea della coppia e dell’amore è che spesso impedisce di conoscere veramente chi abbiamo davanti, ma anche di evolvere nella propria educazione sentimentale e relazionale.
Fermo restando che ciascuno di noi ha una sua idea dell’amore e della coppia, che gli deriva non solo dal carattere, dalla personalità ma anche da ciò che ha visto in famiglia e che in qualche modo tende a “ripetere”, o considerare come modello naturale o come modello invece da cui discostarsi e non ripetere, permettendoci di conoscere noi stessi e l’altro nella vita reale, e non solo attraverso i nostri ideali e modelli, penso ci facciamo un favore, di espansione, e lo facciamo anche a chi condivide la vita con noi.
Quindi non stento a credere che BLUVITO si senta molto più libero oggi, e nel senso che intendo io, e niente affatto meno innamorato, di quando era prigioniero di ideali, ma anche di schemi lesivi.
Personalmente ho sempre dato importanza al sentimento, agli affetti in genere, alle relazioni umane. Ho gli stessi amici da trent’anni, avendo coltivato i rapporti con chi lo ha reciprocamente fatto con me, ma mi piace accogliere anche nuove, positive, amicizie nella mia vita.
Le relazioni di sesso non hanno mai suscitato il mio interesse, e le relazioni d’amore sono sempre serie, quotidiane, connotate da una forte condivisione che non ho mai vissuto però come una reciproca “fagocitosi”. Per me la libertà è importante, lo è sempre stata fin da quando ero bambina. Ma non ho mai visto la libertà come un qualcosa in antitesi con l’amore. Anche perché per me la libertà non è
una “libertà sessuale”, o il fatto di prendere decisioni fregandomene dell’altro o cose del genere.
Ci sono degli interessi che sono nati in me quando ero piccolissima e che ho sempre portato avanti nella vita.
Fanno parte della mia personalità e sono interessi che fanno parte anche del mio equilibrio.
Il fatto di averli, e di viverli in autonomia, cioè di non avere bisogno dell’amore per viverli e coltivarli, non fa di essi qualcosa che toglie qualcosa al mio amore per una persona nè fa di essi qualcosa che voglio vivere al di fuori della vita di coppia.
Prova ne sia che non ho mai cercato qualcuno che avesse gli stessi miei identici interessi o facesse il mio lavoro, non è mai stato un discriminante, ma al contempo mi sono sempre innamorata di persone che rispettavano quei miei interessi “nati con me” come parte della mia personalità e anche del mio equilibrio.
Se domani mi innamorassi di un medico, che sin da bambino ha saputo che avrebbe voluto curare le persone e salvare delle vite umane e fossi gelosa del fatto che lui ama la sua professione rovinerei la mia vita e la sua. Se mi innamorassi di un medico e fossi gelosa del fatto che si chiude negli sgabuzzini con le infermiere durante i turni di notte (se fosse vero, intendo) sarebbe una cosa totalmente diversa.
Se io avessi una mia autonomia emotiva, pur amando e considerando comunque un tesoro prezioso la mia relazione, e vivessi una relazione con una persona che vive allo stesso modo, probabilmente riuscirei ad incontrarmi con questa persona sia sul piano del sostegno anche quando uno dei due, indifferente se uomo o donna, deve correre di più e l’altro, che arriva prima a casa, mette a cucinare la cena o porta i figli all’asilo, sia sul fatto di organizzarsi per trovare quel prezioso tempo, appena possibile, per vivere uno spazio di coppia di reale importanza e qualità.
Le coppie che hanno un certo margine di autonomia emotiva non sono meno unite di quelle che non ne hanno. Sono invece spesso coppie in cui gli individui hanno la sensazione di poter evolvere e di evolvere al contempo insieme alla coppia.
E non credo che questo sia un ideale, perché conosco coppie così. Ed è anche la dimensione di coppia che io ho vissuto (e che ha vissuto anche chi stava con me) finché qualcosa è scattato nell’altra persona. Una forma di gelosia non retroattiva, ma comunque una forma di gelosia per cui anche il fatto che io stessi preparando una tesi di laurea era considerato “un tradimento”.
Quasi che io amassi di più i libri (che pure mi appassionavano, e meno male, perché altrimenti alla fatica e l’impegno si sarebbe aggiunto un senso di frustrazione che avrei portato anche nella coppia) della persona che invece amavo. Ma fu una sua insicurezza, perché sino a quel momento aveva vissuto serenamente il mio, nostro modo di essere.
ho letto tutti i vostri interventi…
quello che dice tolteca
“Il geloso retroattivo ha bisogno di respirare maggiormente fuori dalla coppia che nella coppia; di camminare di più da solo che a braccetto; deve cercare più spazi personali e meno spazi condivisi. La coppia per lui/lei sarà un rifugio e mai un eden; laddove cercasse il paradiso nel rapporto di coppia non lo troverà, per lo meno non nei termini illusori edificati dall’inganno contemporaneo, che spaccia la coppia per un luogo di massima realizzazione individuale”
rispecchia esattamente quello che sto cercando di fare io… ma sto fallendo miseramente. Nonostante l’impegno i risultati non si vedono e continuo ad altalenare tra momenti bruttissimi e momenti di vuoto.
Forse lasciare il mio ragazzo non è la scelta giusta per la mia crescita psicologica, ma sottopormi a questa sofferenza rischiando di mandare a monte gli studi (perchè non mi concentro più) è molto peggio per la mia realizzazione professionale. Se devo mettere me al centro del mio universo non vedo altra soluzione che lasciarlo. Scegliendo di stare con lui scelgo anche di sacrificare parte dei miei sogni… per ora lo sto facendo… continuo a pensare che potrei trovare un altro ragazzo con i requisiti tali da non farmi avere paranoie così eccessive!! esisterà al mondo un ragazzo carino e simpatico che ha evitato di portarsi a letto qualsiasi ragazza gli capitasse sotto mano?
Sono d’accordo sull’autonomia dei partner, i rapporti di simbiosi non sono mai sani… ma non vi sembra assurdo star bene solo quando sono sentimentalmente più distaccata da lui? sono arrivata a convincermi che lui non sarà l’uomo della mia vita ma solo un “momento da godermi” e solo così riesco a non avere le paranoie…
se lo considero solo come un “momento” riesco ad evitare di pretendere che lui abbia i requisiti morali che non ha.
LUNA: non vorrei essere invadente ma vorrei capire in che modo tu sei entrata in contatto col la GR… non mi ricordo la tua storia…
WIND: no, non mi sembra assurdo, anche se ovviamente la sensazione è destabilizzante, nel senso che, per esempio, esiste anche la paura dell’intimità, non intesa come intimità sessuale, ma in senso più ampio. Ovviamente non sto dicendo che sia il tuo caso. Ma se per esempio lui fosse in realtà l’uomo con cui l’intimità, in senso più ampio, rischia di essere più “vicina” proprio perché il sentimento che provi per lui e l’interesse che provi per lui sono più forti che in passato e quindi più “incontrollabili” per esempio potrebbe accadere.
Non sei invadente, Wind, il fatto che ho difficoltà a spiegare, ma ci provo. E’ stato praticamente in modo casuale che sono capitata su questa lettera, tuttavia mi ha fatto molto riflettere e mi ha anche permesso di “entrare” meglio in certi meccanismi che mi erano sempre parsi più “incomprensibili” pur avendo io sempre riflettuto (non voglio dire “indagato”, suona male, anche se così è, ma nel senso che avrei voluto comprendere per poter sostenere e “incontrare” maggiormente il mio compagno, riuscendo insieme a sciogliere dei nodi. Anche miei ovviamente) riguardo dei meccanismi riguardanti la mia relazione e in particolare la persona che ho molto amato. In realtà le dinamiche erano più complesse, però a questo punto, leggendo le vostre testimonianze, mi trovo a domandarmi se in effetti uno dei problemi (non so se quello centrale) del mio ex possa essere stato anche una gelosia retroattiva. Sicuramente la gelosia, e anche un atteggiamento insieme di avvicinamento e di “fuga”, che voi stessi testimoniate in molti casi, comunque ascribile a dei traumi riguardanti l’idea (falsa idea) negativa sulle relazioni, dovuti a delle esperienze viste e vissute nella sua famiglia di origine (una serie di paure gestite, ma mai superate, e ad un certo punto esplose). Sarebbe un discorso complesso, ed io in particolare mi sono trovata ad “occuparmi” della molestia morale, anche come reazione ad uno stato di sofferenza interiore, incapacità di gestire i propri conflitti e i conflitti esterni ecc ecc.
Ma, per farla breve, e tornare a bolla con la domanda che mi hai fatto: non so dirti se il mio compagno abbia effettivamente sofferto proprio di gelosia retroattiva, bisognerebbe domandarlo a lui, e lui schiverebbe una domanda di questo tipo, perché ha vissuto il suo malessere in modo molto “chiuso” e in realtà non ha mai avuto il coraggio di affrontarlo realmente, forse per timore di perdere i suoi “puntelli”, per quanto molto più faticosi e lesivi, anche per lui stesso, del fatto di affrontare realmente i suoi problemi. Non so dirtelo perché per dieci anni non ne ha dato assolutamente segnali, e appunto la nostra relazione è stata basata su un rapporto vicinissimo, molto complice, quotidiano, condiviso, ma non “simbiotico” nel senso fagocitante del termine.
Peraltro lui non ho mai pensato neanche che fosse un uomo particolarmente geloso, non ne ho mai avuta la sensazione. Con un uomo patologicamente geloso, dico la verità,
io non avrei resistito. Ma non per un fatto di libertà di fare la “scema in giro” ovviamente. Ma perché sono sempre stata abituata a vivere serenamente certi aspetti dell’esistenza, perché sono una che parla con le persone, che siano bambini, vecchietti, maschi, femmine, ho anche un lato introverso, ma mi piace stare tra la gente. Lo faccio senza malizia, non vado a cercarmela perché non ho sicuramente questo tipo di insicurezza che potrebbe portarmi a cercare una mia “seduzione” in giro, anzi i mosconi mi hanno sempre infastidito e ho sempre stroncato chi si allarga troppo, posso avere le mie ingenuità, certamente, ma proprio perché sono sempre stata in mezzo alla gente e ho sempre avuto anche amici maschi (veri amici) non sono neanche una “gonza”. Il mio compagno è sempre parso vivere serenamente il mio modo di essere, ma ad un certo punto è successo qualcosa. Ed io non ho neanche potuto capire cosa stesse succedendo DAVVERO. Perché lui non è diventato più geloso in modo chiaro, se questo era il problema, ma mi ha fatto una strana guerra, come se la sua insicurezza fosse diventata improvvisamente un contorto atteggiamento lesivo nei miei confronti. Qualcosa tipo una mia colpa da espiare che io non sapevo manco cosa fosse. Come se io avessi un’intenzione di ferirlo, imbrogliarlo, che io certamente non avevo. E delle idee tipo: lei sta con me a comodo, che non solo non appartiene alla mia natura, ma che non aveva neanche senso perché, per gli atteggiamenti che aveva nei miei confronti, certamente comodo amare lui non era!
(scusate il terzo commento, ma non sono riuscita a completare il discorso prima che il secondo venisse pubblicato). Sarebbe veramente complicato spiegarti una dinamica veramente contorta, però posso dirti che neppure dopo lui è diventato palesemente geloso. Non so, tipo: dove vai, cosa fai, come ti vesti. Anzi! Però ce l’aveva con me, sempre, e parlava di me come se non fossi io…
Cioè mi attribuiva una serie di pensieri, atteggiamenti, intenzioni che io davvero non avevo.
Ma da un lato si anche autotorturava in una rabbiosa e fastidiosa e critica indifferenza, portandoci anche ad una separazione in casa (identica a quella dei suoi, da tutta la vita, ndr) ma al contempo (e l’ho scoperto solo dopo): controllava la posta, i messaggi, i tabulati, giungeva ad inseguirmi per cercare le prove di quanto io, che dicevo di amarlo (ed era evidente e verissimo) mentre lui mi diceva di no (salvo poi stare 3mila volte peggio quando me ne andavo davvero) fossi bugiarda. Qualcosa tipo: è matematico, lei mi tradirà, lei mi preferirà un altro.
Va detto che per 7 anni si è messo da solo nella condizione non di farsi tradire (diceva tra l’alro che non eravamo insieme) ma sicuramente di far sembrare chiunque più gentile di lui. Si è messo nelle condizioni che semplicemente io potessi ragionevolmente incontrare qualcuno altro.
Cosa che, comunque, lo faceva stare MALISSIMO.
Da notare però che io non avevo di fronte (lo ricostruisco anche a posteriori, sia chiaro, perché il marasma era enorme) una persona che non era attratta da me, che non sentiva una naturale complicità con me, che non nutriva realmente stima per me o che aveva il problema tipo “la solita minestra” e la caducità della passione… macché… avevo di fronte una persona che sembrava vivere un ragionamento del tipo: “sì, sono innamorato di lei, ma non devo/no, non riesco a stare lontano da lei, ma la mando via”.
Dopo 5 anni 5 ho saputo quale era stato l’episodio scatenante su cui lui si era costruito non dei film… dei KOLOSSAL. Da lui definito “un trauma”. Un episodio che avremmo potuto risolvere in due minuti e mezzo se me ne avesse parlato. Ma non lo fece. E anzi da quell’episodio (ricostruisco oggi) si aprì anche una sorta di gelosia retroattiva, fatta anche di “revisionismo storico”, un mix micidiale tra insicurezza, gelosia retroattiva (non tanto per i miei ex, ma su come io mi sarei rapportata con le mie storie passate) e gelosia, paura dell’abbandono, paura di essere fregato come se io fossi una specie di faccino d’angelo con la coda da diavolo, paura di soffrire a causa delle relazioni, paura della frustrazione…
Mi sono sempre resa conto che era incastrato in qualcosa, non è che ci volesse molto a capirlo, ma quanto possa essere potente la dinamica per cui si può restare incastrati in una visione dell’altro che fa soffrire, anche se l’altro ci ama, e tra il nostro amare ma vederlo cagione di sofferenza, indipendentemente che l’altro voglia farci del male o no, l’ho capito meglio qui.
Ciao a tutti,mentre leggo gli ultimi due post di Wind e Luna, che con i loro interventi hanno creato una situazione paradigmatica: quella di chi soffre e di chi subisce gli effetti della GR.
Non so se sia chiaro, ma in entrambe le descrizioni appare evidente la presenza della INSICUREZZA della parte attiva (il GR) nella crisi di coppia, a prescindere dalle cause scatenanti la sindrome.
Non è un caso che il partner di Luna sia diventato geloso senza aver mai dimostrato tale tendenza in precedenza. Il “trauma”, come dice Luna, ha cambiato la prospettiva con la quale vedeva la sua compagna, ponendola, evidentemente, su un piano di valori differente rispetto al giudizio che si era fatto al riguardo. Ma soprattutto è intervenuto probabilmente uno sbilanciamento nei termini della propria dipendenza emozionale. Lui, forse, sentiva lei serena ed appagata dal modello di vita che questa viveva; mentre, non sentendosi sicuro, in senso lato, di se’ e delle proprie scelte, e NON volendolo riconoscere, spostava la causa di questo disagio su di lei; perchè è DIFFICILE, durante una crisi di identità, mettersi di fronte allo specchio e interrogarsi sul perchè SEMBRA CHE IL MONDO CE L’ABBIA CON NOI, quando siamo noi che non riusciamo a rapportarci con la vita, a volte. In questi casi succede che ce la prendiamo con la persona che ci è più vicina,che ci vuole bene, quella che si sà, è più disposta ad accettare le nostre lamantele, a sopportarci; lamentele che il GR sa essere intimamente puerili, ma proprio per questo non facili da riconoscere, nè da ammettere.
Non mi sorprende che il compagno di Luna stesse male quando lei si allontanava. In quel gioco sadico-masochistico, dove lui era spesso anche entrambe le parti, non poteva fare a meno della parte soccombente, da cui traeva la “falsa” sicurezza delle proprie ragioni e di cui aveva bisogno per sentirsi comunque “qualcuno”. Ma poteva farlo solo con chi era disposto ad ascoltarle “quelle ragioni”, che, ripeto, intimamente lui sentiva essere assurde e puerili, e se non le trovava le “costruiva”.
Morale, a mio avviso: o si era stancato di Luna, ma non aveva il coraggio di ammetterlo,e girava la frittata per far sì che fosse lei a prendere la decisione, uscendone come “vittima”, per non colpevolizzare ulteriormente un’identità di uomo già poco sicura; oppure semplicemente non si sentiva “all’altezza” della sua compagna, per mille motivi da indagare, e tirava fuori “l’orgoglio maschio” come arma di difesa, non accettando il “confronto” con una femmina che forse cominciava a sentire migliore di lui. Chissà. Comunque in entrambi i casi compare sempre l’insicurezza dei propri mezzi,e la mancanza di un equilibrio emotivo.
Il guaio dei GR è quello di voler vedere negli altri la causa del proprio problema, e finchè sarà così non lo affronteranno mai come si deve. Dobbiamo riconciliarci con noi stessi; e per farlo bisogna “ACCETTARSI” per ciò che siamo, riconoscendo anche le proprie debolezze: senza severità.