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Lettera pubblicata il 20 Agosto 2018. L'autore ha condiviso 6 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Esther.
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Golem, Dio è Amore, comunque Lo chiami, e infatti, tutti verremo giudicati sull’amore, anche gli atei e coloro che non hanno conosciuto il Signore! È la disposizione del cuore che conta: questa attrazione verso il bene, nonostante i sensi che ci atterrano, ce l’abbiamo tutti per natura! Dio è Amore, indipendentemente da come Lo si chiami: la conferma ce la dà il fatto che la vita senza l’Amore è morte! Amore deriva da “morte” : l’Amore è la Vita ovvero l’esclusione della morte (alfa privativo)!
@Candy, ti sei dimenticata la paga! Mi piacerebbe tantissimo svolgere dei lavori di Medicina online, per non buttare i miei trascorsi, ma non ne trovo di remunerativi!
Attimo,
grazie di aver chiarito. Anche per me è una parola orribile, infatti l’ho usata in maniera ironica (purtroppo sullo scritto è difficile rendere il tono che avrei a voce). Per me è una parola proprio senza senso.
Ti vorrei far riflettere solo su una cosa: le donne che piacciono a te termineranno per sempre quando si occidentalizzeranno. Allora vedrai pure loro tatuate con piercing al naso che sputano per terra e dicono parolacce. Così come finiranno gli uomini che piacciono a me e al loro posto ci saranno tanti “galubòj” con sciarpina al collo e modi da femminuccia. Quindi preghiamo che quella società duri il più a lungo possibile.
Solnze,
Secondo te perché non voglio avere figli?
Io la vedo in questo modo: il destino mi ha ferito profondamente, dandomi ciò che cercavo ma lordato per sempre dal marchio infamante dell’impudicizia.
Ora io ho accettato questo destino, anziché rifiutarlo, perché ho capito che il destino è come il mare, che prima ti manda un’onda di 5 metri che ti fa male. Se la rifiuti te ne manda una di 10 metri. Alla terza volta ti manda uno zunami che ti distrugge.
Quindi io ho raccolto ciò che mi è stato dato, ma come in matrix Neo blocca il signor Smith, io ho bloccato il destino a me. Infatti non concederò al destino di procreare bimbi che non avranno un sano modello materno e altrettanto vivranno male visto come finirà questo cesso di mondo.
Quindi “alzo i tacchi”. Se sarò da solo soffrirò. Ma ogni vita ha un termine, così come la sofferenza.
@Attimo e @Solnze. Dipende da come educate i vostri figli: loro non sono i vostri amici e voi non siete i loro compagnoni, ma i loro EDUCATORI! Dipende dal vostro lavoro con loro!
“Amore deriva da “morte”: l’Amore è la Vita ovvero l’esclusione della morte (alfa privativo)!”
“A mors?” Ne ero convinto anch’io, quando un giorno il Professor Yog mi ha ripreso su questa interpretazione.
Ti auguro che tu abbia ragione. Io non mi aspetto niente per il dopo. Niente di più del “prima”.
In effetti, per chi mastica un po’ di linguistica, “A mors” è una identificazione etimologica violentemente lassativa e, nel contempo, blandamente emetica.
Il Dottore ben ricorda e non dimentica.
La dottoressa Esther, di recente – con mia opposizione purtroppo non abbastanza ferma – grandiosamente e gloriosamente inquadrata come miserrimo assistente nel reparto maniaci religiosi incalliti, potrà confermare.
Golem, noi siamo creature e non siamo il Creatore ed Autore della Vita, il Quale non ha un prima nè un dopo e quindi non ha una fine perché è appunto l’Eterno e Creatore ed Autore della Vita. Noi siamo creature create da Dio, Unico Autore della Vita, e quindi abbiamo un inizio, pur essendo noi sin dall’eternità amati e già presenti nella Sua Mente cioè nella mente di Dio, ed abbiamo una fine, noi creature, che in Dio travalica nella Vita Eterna. Se ci fosse un prima in noi, un prima inalienabile dal trauma dell’inizio, e dalla discontinuità della fine, la quale irrompe in noi conducendoci nell’Eternità, saremmo noi stessi gli autori della Vita, ma invece noi la possediamo soltanto, potendone essere con il beneplacito di Dio: coAutori! Noi la Vita La possediamo soltanto: come DONO di Dio!
@Yog, ogni tentativo di sminuire il mio credere si converte, per tuo contrappasso, nella mia gloria in Dio, presente e futura, in qualsiasi ruolo io abbia. Ho scelto la mia vera vocazione, non ho sminuito la mia professione che cerco di recuperare come posso, in base alle occasioni compatibili con il mio stato. Conta sempre l’Essenza, che trasfigura qualsiasi apparenza.
Per approfondire l’interscambio, puoi scrivermi a : seiunmito@daricovero.it
Che sia un dono è sicuro. È chi questo dono lo avrebbe fatto è perchè che non mi convince. Ripeto, io non mi aspetto nulla “dopo”. Non capisco perchè dovrebbe esserci un dopo tra l’altro. È una nostra comprensibile speranza, specie per chi ha fatto una vita di merda. Però sai che palla un’eterna beatitudine? Eterna. Tutti i giorni: ” ‘A Romolè, come stai oggi?”; ” E come sto, come ieri, ‘na meraviglia. E so’ dumila anni che non c’è ‘na novità. Du’ palle. Sto a fa er filo a Beatrice visto che Dante sta sempre impegnato sempre a parlà de sta “Commedia”, ma niente, dice che sta bene cossì. Non ce uno che cià un desiderio. Tutti beati come se se fossero fatti. Li mortacci loro.”
Vien voglia di spararsi. Ma non si può. Da morti non si muore più.
Auguri Esther.
Golem, ma perché Beatrice c’avea un amante che se chiamava Romolo (de Roma, fratello de Remolo)?