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Lettera pubblicata il 1 Settembre 2014. L'autore ha condiviso 9 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Esse.
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Rossana,
tu hai fatto riferimento al caso in relazione alla comparsa di una persona che ti ha dato una mano, e ad uno stato di necessità nel quale versavi.
Ammettiamo che davvero sia stato il caso a farti incontrare quella persona, però non è stato tutto il risultato del caso quello che hai fatto successivamente.
Tu hai SCELTO di intraprendere un percorso. Ti sei messa in gioco ed hai tentato nuove vie.
E poi non sempre la necessità spinge a fare qualcosa.
Ci sono tante persone che, pur avendo bisogno di una mano, la rifiutano. Per esempio un tossicodipendente, un alcolizzato eccetera.
Tu hai deciso di raccogliere una realtà nuova e sconosciuta che casualmente ti si parava davanti, ma non c’è solo caso in questo.
Tu, in prima persona, hai scelto di cambiare.
Se così non fosse avresti potuto benissimo rifiutate.
Esse,
mi astengo anche soltanto dal pensare chi fra te e M. abbia più ragione o più torto. ho già provato, a modo mio, a mediare… certo è che hai carattere e che hai ben chiari i tuoi obiettivi di comunicazione!
secondo la mia esperienza, anche a seguito di segnalazione, non ci saranno interventi da parte degli amministratori del sito, che ha la sua originalità proprio nel fatto di essere raramente moderato. in ogni caso, se ci vuoi provare, in calce a ogni pagina c’è l’opzione “contattaci”.
dal mio punto di vista, però, sarebbe preferibile che entrambi vi fermaste qui!
M.,
con un figlio da crescere, se hai un MINIMO di responsabilità, NON c’è scelta: ti devi imporre di andare avanti, per lui, in qualsiasi modo possibile. questo dovresti poterlo capire (non mi aspetto che tu comprenda cosa significa sia per un uomo che per una donna crescere un figlio da soli). e… se non avessi trovato chi ha voluto e saputo aiutarmi, non ho idea di come saremmo finiti entrambi. se non fosse stato per lui, mi sarei di certo lasciata andare, rifiutando, come altri, l’aiuto.
se non si è pronti ad assumersi determinati carichi, non c’è santo che te ne possa dare la forza. ricordi Don Abbondio? affermava, più o meno, che il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare… e mi sa che aveva ragione. nemmeno le forze, se non ci sono più, si possono riacquistare con la volontà.
il mio punto di vista, che già ho cercato di esprimere, è che, se Esse fosse stata spinta da vera necessità, anche soltanto di mettere qualcosa sotto i denti, si sarebbe, gioco forza, dovuta adattare di più. non che questo sia un bene in assoluto ma poteva venirsi a trovare in una situazione diversa. forse le sarebbe bastato incontrare per caso qualcuno che le prestasse un’attenzione umana (come un paio di volte è successo a me) per veder cambiare i propri orizzonti mentali. NON sono tutti tutti brutti e cattivi: nella massa qualcuno migliore di altri a volte compare, se non ti isoli.
la sensazione di non farcela l’ho avuta in modo più che marcato per almeno due o tre anni di fila; in seguito, poi, non è che sia mai scomparsa del tutto. la riacquistata sicurezza economica non è sufficiente a superare sensazioni di inadeguatezza emotiva.
Vorrei proprio sapere cosa dirà M a sua figlia quando a questa degli esseri spregevoli consiglieranno il big bamboo.
Ah ma questa parla pure di demoni…mi sa che una bigotta baciapile che va pure in chiesa la domenica….
Confermo. Gli amministratori non intervengono in seguito ad una segnalazione.
Molto tempo fa segnalai uno scritto di una persona che aveva scritto di voler “inculare tuo nonno (mio) con una pala” e anche lui, come anonimo veneziano, aveva tirato in ballo presunti abusi sessuali perpetrati con violenza dai mie nonni su di me, bambino.
Quindi per alcuni io avrei subito violenze sessuali dai anonimi, mentre per altri geni, dai genitori.
Mancano cugini, zii e fratelli e poi chiudiamo il cerchio.
Evidentemente sesso violento e bambini è un connubio che piace.
Non a me, lo trovo ributtante, soprattutto se usato come arma spuntata.
Per questo non considererò più gli scritti di anonimo che, in piena coerenza con il suo nickname, merita l’anonimato.
E poi piantatela di occuparvi dei bambini degli altri. Fateli, e occupatevi voi dei vostri figli, e solo dei vostri.
Rossana,
io ho capito il tuo discorso.
Necessità (vera e nera) come motore che ti spinge inevitabilmente verso la sopravvivenza, al tentare di percorrere tutte quelle strade che, casualmente o no, ti si presentano davanti e ti permettono di cambiare.
In bene o in male, questo non si può stabilirlo a priori.
Sì, è vero ciò che dici, però io resto fermo su un punto, e cioè che la differenza la fa sempre l’uomo, con la propria volontà.
Nella mia città, tempo fa viveva un barbone.
Un ex geometra con figli che, ad un certo punto, per vari motivi si è ritrovato a vivere in mezzo ad una strada.
Varie associazioni, e la città in generale, si era adoperata per dargli un tetto sulla testa, un piccolo lavoretto, e vari aiuti, ma lui ha sempre scelto di non risalire.
Eppure di mani tese ne ha avute, anche da parte di noi ragazzi c’era un occhio di riguardo verso questa persona.
Quando lo si trovava fuori dal bar, lo si invitava a fare colazione con noi che, anziché stare sui banchi di scuola, facevamo la classica bigiata.
La sua vita è finita anni fa per colpa di i proiettile che gli ha perforato la schiena, e lesionato il cuore.
L’omicida non fu mai trovato, ma molto probabilmente era un’altra persona che faceva parte del suo mondo.
Così come ci sono realtà che io ho visto con i miei occhi, fatta con un uomo, rimasto vedevo molto giovane, con 6 figli da tirare su, di cui 2 malati gravemente.
Di soldi ce n’erano pochi, e comunque soddisfare 7 bocche e garantire il minimo indispensabile a 7 persone, non è mai facile, eppure questa persona aveva sempre il sorriso sulle labbra, sempre una buona parola per tutti…
Non si è mai mai pianto addosso, anche perché, come hai detto tu, con i morsi della fame, e con la necessità vera, tempo e forze da dedicare alle lamentele, non ce n’era.
A me piace credere che, in tutti gli ambiti, anche i più brutti, sia sempre l’uomo a fare la differenza. Questa cosa mi dà la forza, quando manca, ma se così non fosse, se fosse tutto rilegato al caso, al caos, alla volontà degli altri, senza nessuna possibilità di fare la differenza, allora lamentarsi ha ancora meno senso, perché tanto così è.
Rossana io ho segnalato a chi di dovere…poi se nessuno farà nulla Amen.
tanto gli stolti e gli irrecuperabili restano tali. Ma almeno io ci ho provato.
Vedi Rossana, io nella vita ho sempre provato, rinunciare non fa parte della mia indole. A me non serve o serviva la soluzione per trovare ciò che penso di non avere o meritare, sono del parere, che provare non vuol dire sempre riuscire. Se hai fatto tutto quel che potevi, se non sei passato sopra a nessuno, se hai dato te stessa/o e messo in campo le risorse, sarai soddisfatto di questo ma cmq potresti non raggiungere l’obiettivo iniziale. Si dice che a volte guardiamo ciò che non abbiamo senza vedere quel che si ha e forse è vero, ma quando lo hai fatto e senti che potresti, vorresti, meriteresti qualcosa in più, è li che ci stai male. Perche dici grazie a qualcuno in alto o chi per lui, di quello che hai, del resto il peggio non finisce mai, ma nessuno può levarti il diritto di guardare anche quel che è meglio ed è oggettivo che ci sta chi lo ha. Ti faccio l’esempio di mia cugina, che mi fa pensare molto, lei ha avuto un lutto anni fa, a seguito di ciò ha perso molti capelli e li aveva bellissimi. Non si da pace, lotta, va da quel medico o da un altro, ha speso soldi che poteva usare per una vacanza in piu, e ha optato per una cura. Beh prendi questo esempio, lei lotta, fa quel che può, guarda chi ha dovuto mettere la parrucca, lei almeno ancora non deve, li porta su sempre, un giorno piange, uno non ci pensa e va avanti. Lo so io del suo problema e i suoi. Forse un paio di amiche..Ora se ad es una come lei si lamenta dell’ingiustizia, che non prende tutte quelle che hanno un lutto, se si arrabbia perche non vorrebbe la luna, ma solo i suoi capelli che non riescono a ricrescere, io le dico che ha ragione a lamentarsi e soffrirne. Non chiede la luna ma solo qualcosa che ha suo, oltre il lutto si deve beccare pure la sofferenza e non deve se vuole pure disperarsi, al di la che non le risolve il problema?
Esse,
espressa nei termini dell’ultimo post, la questione acquista quello che negli intenti iniziali era forse il giusto contenuto. in poche righe, scritte magari in un momento di rabbia e di sconforto, avevo percepito più rifiuto sociale che delusione personale. è possibile che ci fossero entrambi ma ognuno traduce mentalmente secondo la sua sensibilizzazione. difficile immedesimarsi in una persona da come si presenta.
su LaD c’è spesso molta aggressività: ci si sfoga con lamenti ma anche con reazioni violente indirette a quanto in passato si è, più o meno giustamente, subito. bisognerebbe essere capaci di fermarsi nell’interazione dopo le prime 2 o 3 battute in forte contrasto. solo così si può trarre il meglio da questo strumento mediatico.
l’esempio di tua cugina è per me un invito a nozze. guardando all’indietro alla mia vita, non posso fare a meno d’individuare un “libero arbitrio” limitato alle frange di un’ipotetica coperta, o tutt’al più al colore da dare alla stessa, essendo state le svolte più importanti, quelle che hanno fatto la differenza, determinate da eventi che non erano sotto il mio controllo.
nel colore intendo la possibilità di adattarsi di BUON grado a quanto ci succede, tenendo conto, però, che molto dipende dalla volontà e dalla capacità di mediazione fra aspirazioni e realtà, che traggono origine dal carattere, sul quale non è che si possa far molto.
non apprezzo chi vince e non disprezzo chi perde (cosa, poi?): sono tutti esseri umani destinati a un’esistenza breve, tutti in cerca di una felicità che, alla fin fine, è concessa a pochissimi, come l’amore.
fra le linee guida della mia vita c’è la solitudine. in altre, ci potrebbero essere costanti diverse, che s’individuano spesso solo a fine corsa. dopo aver fatto tutto quanto era possibile per trovare il tuo bene, cerca di metterti il cuore in pace e, se puoi, di non perdere la fiducia nel prossimo. continuare ad amare, nonostante tutto, è per me la più grande vittoria!
M.,
concordo su: “la differenza la fa sempre l’uomo, con la propria volontà.”, con il distinguo che già ho cercato di esprimere: la volontà e la capacità di adattarsi all’ambiente/epoca in cui si è immersi e alle persone che ci circondano dipende dal carattere, sul quale NON si può agire più di tanto.
esperienze fortemente negative sono vissute in modo diverso da persona a persona, anche in conseguenza dell’età in cui si è portati a subirle. perdere la madre a 6 anni, non è come perderla a 18. essere sverginate con uno stupro, non è come fare l’amore per la prima volta con un uomo che ti ama. partorire un figlio desiderato da entrambi i partner, non è come mettere al mondo una creatura che nessuno vuole.
alcuni reggono i primi affronti della sorte, altri vi soccombono, magari dopo che si sono ripetuti più volte, in tempi ravvicinati. a mio avviso, NON c’è merito nel saper reagire più o meno bene. la differenza consiste soltanto nell’indole del soggetto: c’è chi, dopo eventi di portata apparentemente leggera s’incattivisce e chi, invece, superata la fase negativa, metabolizza l’evento e lo ritiene prezioso per l’esperienza che gli ha permesso di acquisire. e c’è anche chi, passando attraverso la sofferenza, apprende a comprendere meglio quella altrui, diventando più buono.
mi è molto piaciuto l’esempio del barbone, che non faceva altro che esercitare la sua lucida volontà. in un certo qual senso, più limitato, fa così anche chi si ritrae in parte dalla società, avendone sperimentato tutti i lati fatui e negativi.
quanto al padre, capace di badare a 7 figli con amore e dedizione, non si può certo escludere che vi siano persone capaci di sublimare la cattiva sorte. spesso sono sorrette da forti principi primari ma anche da un’indole adatta a individuarli. nessuno sa, però, cosa provino queste persone quando sono sole con loro stesse e quando, a fine percorso, guardano a ritroso la loro vita, che raramente li compensa di quanto hanno dato.