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Lettera pubblicata il 24 Aprile 2017. L'autore, Senzalae..., ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Senzalae, dato che sappiamo entrambi di cosa parliamo, se – e solo se – me lo chiederai interrogherò il Libro e ti indicherò l’esagramma che risulterà dall’achilleomanzia.
Senzalae,
scrivi molto bene, e questo dimostra che ogni storia ha il sapore di chi la descrive, o meglio di chi sa come meglio descriverla. altri possono provare le stesse sensazioni, che, se espresse in modo diverso, spesso suscitano reazioni d’indifferenza o di spregio…
quanto al mettere in accordo il libero arbitrio con il destino, ho apprezzato il punto di vista di una specie di strega africana, anche se ovviamente si tratta di una visione non esaustiva.
secondo lei, quando ci si trova soli al centro della foresta della vita, si apre davanti a noi un ventaglio di strade/possibilità, e si è indotti a privilegiare la direzione che ci sembra più allettante o più promettente, senza conoscerne i dettagli che la caratterizzano.
sul cammino prescelto si può incappare in una serie di alberi ricchi di maturi frutti succosi oppure sia nell’arsura della sete che nell’imboscata di una fiera che mutila o divora. ogni percorso già prevedeva, prima della scelta, quanto si sarebbe poi incontrato, così come tutto già era previsto nelle deviazioni successivamente messe in atto con l’intento di cambiare orientamento: in tal modo si è e non si è artefici del proprio futuro. non resta che la differenza con cui, via via, ne gustiamo le vittorie o ne assorbiamo le sconfitte.
nonostante tutto quello che può venire a gravare sulle nostre spalle o nel nostro cuore, le risorse per continuare o insistere di solito tornano, magari in forma altalenante, in gioventù o finché prevale il desiderio di vita, mentre purtroppo quasi sempre si esauriscono inesorabilmente in vecchiaia, quando i giorni e le forze tendono a diminuire, come le speranze.
mi ha fatto piacere la tua capacità di comprendere anche chi raramente beneficia di questo importante riconoscimento, pur continuando a sforzarsi di offrire il meglio di sé.
in bocca al lupo!
Benvenuta a bordo, senzalae, i tuoi sembrano ragionamenti usciti dalla mia testa. A volte mi consolo nel sapere che non sono così diverso da altre persone con le mie stesse problematiche, altre volte vorrei che questa mia difficoltà nel sopporttare certi pesi fosse dovuto alla mia natura eccezionale (nel senso di eccezione) così da potermi rassegnare e basta.
Ciao, molto bella la tua lettera e come hanno gia´ detto altri, invidiabile la tua capacita´ di dare immagine ai tuoi sentimenti.
Ho letto il tuo commento alla lettera di Clabr7 “…Però ad un certo punto lei mette una certa distanza e tu scopri di bramare di passione per questa donna. Nei conti qualcosa non mi torna. Ammettiamo pure che tu abbia capito di non volerla perdere, ma tra il non voler perdere qualcuno ed amarlo c’è una bella differenza, lo sai vero?”.
Trovo molto realistico e utile il tuo consiglio, sebbene l’autore della lettera non l’abbia colto purtroppo, e vorrei rimandarlo a te.
A volte non e` tanto una persona cio` che non riusciamo a lasciar andare, ma piuttosto cio`che una persona ha rappresentato o AVREBBE POTUTO rappresentare per noi, sia in positivo che in negativo. Per esempio, nel tuo caso, proprio il sentire di non essere riuscita ad abbattere quelle mura che la persona ha elevato, e che avrebbe significato arrivare ad avere la relazione vera e profonda che tu ti sei immaginata di avere con lui, potrebbe essere cio` che ancora inconsciamente non riesci ad accettare.
Ma la realta` e`un’altra, perché a certe cose ci si arriva in due, e se l’altra persona non e` disposta a venirci incontro, ad abbattere quelle mura, ad annullare la distanza, ad entrare nel profondo.. allora la persona non l’abbiamo mai “avuta” davvero.
Non so se mi sono spiegata come avrei voluto, ma spero di aver trasmesso il concetto.
Un abbraccio
Grazie, Yog, penserò accuratamente alla domanda.
Mi fa piacere scoprire persone con interessi simili ai miei…
@ Rossana
Molto interessante il punto di vista della “strega africana”. In particolar modo mi incuriosisce la parte in cui si fa riferimento ai tentativi messi in moto per “sabotare” quello che viene sentito come una sorta di destino ineluttabile. Così che, alla fine, il proprio destino inevitabilmente si compie. Mi fa pensare molto al Macbeth. Grazie per il tuo commento. Ho molto apprezzato…
@vinile
Non sei solo… 🙂
@Michelle
Hai perfettamente ragione, la parte più difficile non è tanto lasciar andare le persone, quanto piuttosto il ricordo di quello che avevamo immaginato dentro di noi. Per il resto non si possiede mai nessuno. L’amore è semplicemente un dono, non lo si può esigere in nessuna maniera. Davanti a certi muri ci si deve fermare, necessariamente, e possibilmente cambiare strada. Complicato è poi trovare un equilibrio tra cuore e ragione per procedere, nella nuova direzione, con la giusta serenità d’animo. Sfortunatamente sono convinta che nulla accada mai per caso e a caso. Per questo cerco sempre risposte che siano veramente tali per me e mi aiutino ad accettare il senso di quello che incontro e che accade nella mia vita. Spero di non essere stata troppo confusa e arzigogolata nell’esprimermi… 🙂
sensalee
Non sempre i muri si possono superare,
però si può provare ad aggirarli.
Senzalae, con tutto il rispetto, se la storia dell’uomo fosse stata condizionata dagli eventi, o dal destino, come mi pare di capire pensi tu, oggi vivremmo come 100 mila anni fa. Saremmo ancora dei primati vestiti di peli insomma.
È ineluttabile per l’uomo lottare contro gli eventi, e superarli, il mito di Prometeo ne è una metafora efficace di quella storia umana.
Credo che quello di rivolgersi al destino come causa di certi insuccessi, in senso lato, sia uno dei tanti escamotage che troviamo per consolarci. Una specie di capro espiatorio sul quale far ricadere le nostre umane incapacità. Ma questo è un aiuto per sopravvivere, vivere invece significa capire perché un “muro è insuperabile”, e sono certo che se si crede in sè stessi si troverà una scala per superarlo.
Per quanto mi riguarda, poi, non credo che l’amore sia un dono. Questa è una convinzione per cuori romantici alla Peynet. Al contrario, l’amore è una conquista, diuturna, faticosa e gioiosa allo stesso tempo con chi è “fisicamente” presente accanto a noi, un “lavoro” che si fa in due e che richiede tempo, a volte molto tempo, ma i frutti sono “reali” non come quelli suggestivi della strega africana. L’amore si “fa” nella realtá, e non immaginando quello che poteva essere e non fu. Quelle ipotesi le lasciamo ai poeti come Guido Gozzano che non amava che la rosa che non colse, quello che poteva essere e non fu, appunto.
Struggersi per il passato è una dolce violenza che sfiora un masochismo sin troppo conosciuto, forse persino vittimismo, e spesso questo è appannaggio del genere femminile, ma personalmente trovo un esercizio sterile rimuginare sul passato, e non solo nella maturità quando i ricordi sono più delle speranze.
Siamo quello che siamo oggi e con quello dobbiamo trarre le conclusioni, non con quello che NON È STATO E MAI SARÀ.
Ho perso un’amore di 25 anni altrettanti anni fa, e ho potuto superare quel dramma straziante solo a quella mia filosofia.
Ciao
@ Golem
Ciao, Golem, piacere di conoscerti. Ti dirò, mi piaci! Desidero risponderti perché il tuo punto di vista mi stimola. Però vorrei prima chiarire un punto molto importante. Io non ho mai scritto di aver affidato al destino i miei insuccessi. Anzi, per dirla tutta e senza entrare troppo nel personale, tutto quello che ho ottenuto nella mia vita l’ho ottenuto a caro prezzo e a costo di grandi sacrifici. Niente ci piove dall’alto senza che, da parte nostra, ci sia uno sforzo per ottenerlo. Però, per natura, io gli eventi li osservo anche da un’altra prospettiva. Sono curiosa e mi piace farmi delle domande. Ci sono stati dei momenti nella mia esistenza in cui ho fatto tutto ciò che era umanamente possibile fare per seguire un particolare percorso. Ma nonostante la tenacia e la volontà mi sono ritrovata su sentieri completamente diversi. Col senno di poi, se così non fosse stato, molte esperienze importanti della mia vita io le avrei certamente mancate. Alcune belle, altre molto meno. Come tutti, al netto delle favole. Non so se è capitato anche a te, ma mi sembri proprio un uomo onesto con se stesso che di sconti magari è abituato a farsene pochi. Orbene, ti sarà capitato di trovarti di fronte ad eventi che sfuggono al tuo personale controllo, no? Poi concordo con te che ciò che ci qualifica, in qualche misura, è la capacità di far fronte a determinate circostanze riuscendo ad attingere alle proprie risorse interiori. I crolli più devastanti li ho osservati in soggetti estremamente rigidi, poco inclini a scoprirsi fragili. E la fragilità è cosa umana. Un terremoto, uno tsunami possono cancellare e spazzare in un sol colpo tante vite. Se non è imponderabile questo, allora cosa lo è? Quanto conta nascere in un luogo piuttosto che in un altro del mondo? Siamo sinceri. Questo non significa che non ci si possa salvare o riscattare in qualche modo, per carità. Lungi da me affermare una cosa come questa.