Salta i links e vai al contenuto

Voi sapete il senso della vita? Ho perso il filo della mia

di poet88
Trovi il testo della lettera a pagina 1.
Lettera pubblicata il 26 Marzo 2011. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
Condividi su facebook: Voi sapete il senso della vita? Ho perso il filo della mia

La lettera ha ricevuto finora 26 commenti

Pagine: 1 2 3

  1. 21
    EHHH -

    “Devo stare qui a dirti del tumore che mi sta divorando, di una cicatrice da oltre 100 punti di sutura per un taglio in verticale di netto sull’addome? Della chemioterapia che affronto? Della nausea, dei vomiti, dei valori ematici allarmanti? Delle sudate per ogni minimo sforzo che faccio, dello sfiancamento che ne ricavo? E che ne sai delle devastanti ricadute psicologiche che tutto questo, a nemmeno trentanni, ha?”.
    Insomma….non ne vuoi parlare ma, intanto, ne parli!
    Non sei una vittima ma ti atteggi bene!
    Non spari sentenze ma usi toni lapidari.
    Mi spiace per te e per la tua salute malmessa, amico, ma sei il solito che quando sta male fisicamente ha la pretesa che chi sta o è stato male “solo” psicologicamente chini la testa e si senta una merdaccia al tuo cospetto.
    “Per far piacere a te, per permettere a te di dire sempre ‘io la depressione’, ‘io qua e io là’ devo venire qui sopra e dire che ‘non ce la faccio più’, che ‘voglio morire’ ecc…? Devo fare questo?”.
    A me pare l’esatto contrario. A me pare che si debba affermare “sto benissimo” anche se si sta male di testa per evitare l’ira funesta di Vento libero malato nel fisico.

  2. 22
    Aria85 -

    @ventolibero

    non so se ricordi vecchie discussioni e disappunti tra me e te in altri post,tempo fa…
    Ho sempre pensato tu fossi testardo e un po’ presuntuoso,che ti mettessi sempre un po’ in cattedra,che pur se dotato di grandi valori umani,il tuo continuo contatto con persone fortemente disagiate,con un ambiente torbido come quello della psichiatria (preso in senso lato,come tu lo descrivi)ti portasse,seppur in maniera determinata,a combattere una sorta di battaglia morale,con te stesso e con gli altri.
    Ho comunque sempre apprezzato la determinazione che traspariva dai tuoi scritti,e dal racconto che hai fatto più volte della tua storia.
    Bene.
    Leggere questo tuo post mi ha provocato dispiacere…ma sono convinta che questa tua caparbietà,il tuo carattere forte,ti aiuteranno a saltare anche questo ostacolo.
    Coraggio Ale! Continua a farti portare dal tuo vento libero!
    Per quel che vale,ti stringo forte!Non mollare!

  3. 23
    ventolibero -

    Tralascio di esprimermi sulle solite boiate di chi apre la bocca a sproposito solo per sproloquiare, ringrazio Aria85 per le sue parole, e vengo nel merito di quanto affermato da Marquito.
    Anch’io, come te, spero che non ci siano più incomprensioni, e con rispetto e pacatezza cerco di esporti il mio punto di vista.
    A dire il vero penso di averlo già fatto proprio pochi minuti fa sulla lettera ‘Il suicidio’, dove sei intervenuto anche tu, in risposta agli ultimi due post di Eme, ma cerco di essere ancora più chiaro.
    Io non sottovaluto il disagio che traspare, che emerge con forza e prepotenza da parole che dicono ‘mi ammazzo’, seppure scritte su internet. E’ chiaro che chi le dice, le scrive, le esterna in qualche modo, in ogni possibile modo, sta male, soffre, chiede aiuto.
    Tu dici: “Chi si vuol suicidare non ne parla”. Ma chi l’ha stabilito ? L’esperienza dimostra esattamente il contrario: la maggior parte delle persone che decidono di suicidarsi lancia tutta una serie di avvertimenti e di segnali, e siamo noi che dobbiamo saperli cogliere.
    Io non affermo assolutamente che colui che ha intenzioni suicide non lascia trasparire, non esprime in qualche modo, ci mancherebbe altro.
    Tuttavia, per quella che è la mia modesta e limitata esperienza professionale, ho potuto constatare che è un linguaggio che rarissimamente si esprime con le parole, ma davvero di rado.
    Quando vedi una persona impietrita, e ne conosci la storia di vita e le difficoltà, ecco quello è un linguaggio ed un segnale, è un campanello dall’arme.
    Certo, esistono le eccezioni, ma per ora per me tali sono: appunto delle eccezioni !
    Las verità è che si parla con troppa, ma davvero troppa facilità di depressione, sembra quasi che stia diventato più un titolo onorifico che non un connotato patologico.
    Oggi domina l’esaltazione della depressione, tutti vogliamo essere almeno un po’ depressi: è un ‘sintomo’ di ‘interiorità ‘. La depressione, oggi, ha acquistato il ruolo che aveva l’ ansia somatizzata (il bruciore di stomaco, la testa pesante, le gambe stanche) degli anni Ottanta, quando un uomo impegnato (e allora la figura era quella del manager), di fronte alla domanda “come stai?’, doveva rispondere ‘bene’, ma subito aggiungeva la precisazione: ‘ho un po’ di bruciore, sai un po’ di stanchezza…”. Era questa la forma colloquiale per affermare “sono molto impegnato, ho grandi irresponsabilità , di conseguenza soffro di un po’ d’ ansia somatizzata”. Questo rito è completamente scomparso, ed è subentrata la depressione. Di conseguenza alla consueta domanda “come stai?”, la risposta dotta è ‘bene, ma sono un po’ depresso, ho momenti di calo d’ umore’. E di solito l’interrogato aggiunge e specifica: ‘ho poca voglia di fare l’amore, le occasioni non mancherebbero, sai, però avverto un certo disinteresse’. Si sa che il termometro della depressione è sempre l’ energia libidica. Tutto ciò non mi preoccupa affatto: si tratta di una moda, in fondo.

  4. 24
    ventolibero -

    Tralascio di esprrimermi sulle solite boiate di chi apre la bocca a sproposito solo per sproloquiare, ringrazio Aria85 e dico poche parole in risposta a Marquito.
    Tu dici:’Chi si vuol suicidare non ne parla”. Ma chi l’ha stabilito ? L’esperienza dimostra esattamente il contrario: la maggior parte delle persone che decidono di suicidarsi lancia tutta una serie di avvertimenti e di segnali, e siamo noi che dobbiamo saperli cogliere’.
    Ma io non penso assolutamente il contrario se ci riferiamo a delle sofferenze in generale, tuttavia, per quella che è la mia modesta e limitata esperienza professionale, ho visto che certi segnali vengono espressi attraverso un lingiaggio fatto non di parole ma di corpi impietriti.
    Il resto sono malesseri da cogliere, ma da qui a parlare di depressione…
    Oggi ogni abbattimento, ogni disagio, ogni malessere è depressione, ma non me ne cruccio più di tanto, è soltanto una moda in fondo.
    Ma entro in crisi proprio quando tutto questo si riflette sulla mia professione. Perché , infatti, si rischia di essere svalorizzati se non si fa diagnosi di depressione.
    E pensare che il termine che ha dominato a lungo questo disturbo è stato ‘melancolia’: espressione della concezione ippocratica secondo cui l’umore nero era dato dall’accumulo nel cervello di atra bile, di provenienza dal fegato. Un cervello colorato, o meglio sporcato di nero, insomma. Ha dominato per molti secoli e ancora nel Cinquecento il volto della depressione era ben rappresentato da Melancolia I e Melancolia II di Albrecht Durer: occhi spenti, i capelli disordinati, il corpo emaciato, una maschera che anticipa la morte. Quando con la nascita della clinica, se ne cominciano ad occupare gli psichiatri, alla fine del Settecento, si parla di psicosi depressiva indicando con quel ‘osi’ una sorta di deformazione e/o degenerazione della psiche, sinonimo della follia maggiore, di quella che ha bisogno di essere rinchiusa nei serragli che prenderanno il nome di manicomi. La psicosi depressiva ha rappresentato il 30/35 % della popolazione della città dei folli, spesso rinchiusa per tutta la vita. Insomma la cornice entro cui si è posta la depressione è stata piuttosto impietosa. Tant’ è che nasce il termine nevrosi, per una serie di disturbi psichiatrici più lievi: una follia minor da cui viene esclusa la depressione. Nella seconda metà del Novecento comincia il cambiamento: si parla dapprima di sindromi depressive, poi di disturbi dell’ umore uni o bipolari, e persino il melanconico assume connotati esistenzialistico decadenti, propri più della filosofia che non del manicomio. Fino ai giorni nostri, quando essere depresso è un titolo più onorifico che patologico perchè ti fa apparire come persona sensibile ecc…
    Ti chiedo scusa per questa sorta di ‘excursus’ nella storia di un termine e di una patologia, ma è solo per dire né più né meno di ciò che ho sempre detto e sostenuto: si abusa troppo di questo termine e spesso non se ne coglie nemmeno l’essenza più basilare.

  5. 25
    ventolibero -

    Purtroppo, scrivendo il primo commento, n° 23, è successo qualcosa che mi ha fatto pensare che fosse andato perso, quindi ora se il tutto appare un pò confuso è perchè nel successivo, n° 24, ho cercato di fare una sorta di ‘riassunto’ del primo ‘incastonandolo’ in quello che ne era il seguito.
    La ‘confusione’ è dovuta solo a questo!

  6. 26
    PAT -

    Ciao a tutti

    Mi dispiace di aver alzato un polverone simile, è inutile fare finta di niente, via internete si possono dare mille consigli ma di certo non aiutiamo questa ragazza e tanti altri come lei a uscirne dal loro malessere! Quello che mi ha dato fastidio che ha scritto che pensa al suicidio !è inaccettabile quando ci sono persone che ogni giorno lottano con la morte…! Se di depressione si tratta, allora si deve far aiutare da persone competenti, ma il solo fatto che parla di suicidio è un grido di aiuto, lei è consapevole di quello che scrive perciò questo va affrontato e non stroncato con la vita.

Pagine: 1 2 3

Lascia un commento

Max 2 commenti per lettera alla volta. Max 3 links per commento.

Se non vedi i tuoi ultimi commenti leggi qui.


▸ Mostra regolamento
I commenti vengono pubblicati alle ore 10, 14, 18 e 22.
Leggi l'informativa sulla privacy. Usa toni moderati e non inserire testi offensivi, futili, di propaganda (religiosa, politica ...) o eccessivamente ripetitivi nel contenuto. Non riportare articoli presi da altri siti e testi di canzoni o poesie. Usa un solo nome e non andare "Fuori Tema", per temi non specifici utilizza la Chat.
Puoi inserire fino a 2 commenti "in attesa di pubblicazione" per lettera.
La modifica di un commento è possibile solo prima della pubblicazione e solo dallo stesso browser (da qualsiasi browser e dispositivo se hai fatto il Login).

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 caratteri disponibili