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Lettera pubblicata il 7 Maggio 2010. L'autore ha condiviso 5 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore JE86.
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…consentendoci di ritrovarci ogni volta senza dare per scontato che
“tu sei così ed io sono colà”.
Una vita insieme comporta sforzi, sacrifici da entrambe le parti, bisogna avere l’umiltà di dare e ricevere a fasi alterne, se non addirittura contemporaneamente.
Poi la volontà è quella che subentra quando un rapporto è in crisi, credo che tutti noi conosciamo l’ingrediente per tirare avanti la baracca ma non sempre ne abbiamo la volontà.
@ david1971
[…]
Se la donna ricopre dei ruoli e l’uomo ne ricopre degli altri non si creano conflitti. In caso contrario ci saranno delle lacune su alcune cose e su altre si scontreranno opinioni contrastanti. Quindi tempo ed energie perse per decidere chi ha ragione e poi alla fine ci sarà sempre un malcontento generale per la discussione avvenuta. Questa lotta sarà superata ma la ferita resterà. Ovvio è che dopo tante ferite non vuoi più avere a che fare con colui che te le ha provocate…
[…]
sai che hai scritto brevemente quel che intendo pure io? Ruoli, che nn significa “donna! cucina!”, “uomo! vai a caccia!”.ci saranno delle predisposizioni naturali delle persone no?
voglio restare sempre sul concetto di “persona” e dico: oggi molti uomini e donne sono allergici a priori a certe “posizioni di vita”, che potremmo chiamare anche ruoli. “il marito”, “la moglie”, “il padre di famiglia”, “la madre amorevole”, come se fosse nei ruoli il problema, piuttosto che nel nostro porci nei confronti di essi. Tra l’altro, alcuni ruoli nella vita diventano inevitabili, e l’unica possibilità è adattare la ns. interpretazione di essi.
Che poi… capisco certe posizioni di chiusura in partenza, ma che non me le si venda come “naturali” perchè non lo sono. o vogliamo rinnegare una storia umana di secoli? è quasi che nel “rinnegare” ci sia già una passo verso un nuovo e migliore, che manco sappiamo dove sta di casa, ma che intanto si ha l’illusione d’intravvedere al solo nominarlo o paventarlo.
se poi vogliamo che gli uomini partoriscano e le donne si facciano la barba allora andiamo avanti così. L’esempio che ha iniziato la lettera per me è sottoscrivibile, uscendo dagli eccessi della provocazione, perchè mostra uno spaccato, una teoria che andrebbe applicata con buon senso, piuttosto che una ricetta da seguire pedissequamente.
Senza saperlo ho già risposto al tuo post, david71.
Concordo sul fatto che uomini e donne ricoprano necessariamente ruoli diversi sia all’interno della società che della coppia.
Mi stanno strette le costrizioni, non so se mi spiego. Il ribaltamento dei ruoli, per come lo intendo io, talvolta serve a ristabilire quegli equilibri propri della diversità. Senza il ribaltamento, all’occorrenza, daremmo le cose per scontate, non ci sarebbe consentito vedere l’altro.
La lacuna è stata, pertanto, sanata. Ovviamente quella è la mia di esperienza ma se dovessero chiedermi il “trend” generale di molti fallimenti in questa società, mi verrebbe da rispondere: le coppie scoppiano per mancanza di spirito di sacrificio/rinuncia.
M’inserisco anch’io in questo contesto generale per non essere tacciata di presunzione, ritenendo che gli sforzi fatti non siano stati sufficienti, appunto per mancanza di volontà, quando si è arrivati alla resa dei conti,
benchè sia un’analisi un pò sommaria e volta soprattutto a prendermi delle corresponsabilità piuttosto che di realtà oggettiva.
Non mi quadra tanto però la similitudine con la multinazionale, sono dell’opinione che nel seno di un’impresa sia necessaria una gerarchia,
non una distinzione di ruoli o compiti, cosa invece indispensabile all’interno di una coppia.
La piramide gerarchica in una famiglia è applicabile solo nel rapporto genitori/figli, ma all’interno di un rapporto a 2 mi sempra
un paragone un pò grossolano ed azzardato. La diversità uomo donna è palese, giusta e necessaria, credo che comprenderne a fondo la natura sia il primo passo per capirsi.
Io, da donna, già lo dissi, non mi metterei mai nei panni di un uomo, anche in qualità di padri, gli uomini hanno delle doti con i figli che noi donne non possiamo vantare di avere e viceversa.
Ma se mi parli di multinazionale allora io intendo chi detiene il comando.
Mi piacerebbe che ti sforzassi di cercare un’altra metafora e poi potremo continuare a parlarne.
@ Spectre:
sapevo che avresti capito quello che intendevo…
@ Key:
Il raffronto con la multinazionale era solo per far capire quello che intendevo all’interno dei vari reparti… Comunque rimane giusto anche a tutti i livelli… La coppia, quando ha figli, diventa come il consiglio di amministrazione. I figli devono ascoltare quello che viene deciso ed ubbidire. Almeno finchè non avranno una loro azienda da mandare avanti… I genitori dovranno riunirsi e scegliere insieme le giuste strade da seguire e difronte ai figli dovranno essere un’unica unità. Potranno esserlo solo se avranno già chiarito a priori in modo da aver già armoniato le proprie idee.
Non voglio assolutamente offenderti, ma cerca di seguirmi per un attimo su quello che sto per dirti: rileggi il tuo scritto e prova a farlo con una mente più aperta. Prova per un attimo a vedere se puoi trovarci questo: “…hai ragione su tutto quello che dici, ma se mi provi a parlare di potere e chi deve comandare allora ti dico che lo faccio io…”. Ti ripeto non voglio offendere, ma questo è quello che vedo spesso nei comportamenti delle donne. Avete paura di essere sottomesse ed allora tirate fuori le unghie anche quando non ce ne è bisogno… come ti ho spiegato sopra intendevo dire una cosa diversa, ma il tuo timore è stato allertato ed io sono dovuto correre a spiegarti quello che intendevo veramente.
Non riesci a vedere quello che ci ho visto io?
@ key
leggo
“Mi stanno strette le costrizioni”
e poco dopo
“le coppie scoppiano per mancanza di spirito di sacrificio/rinuncia”.
Non ti pare un paradosso?
È come “accusare” la società odierna di qualcosa, finendo però per fare lo stesso appena tocca a noi. In questo caso ci si ritrae irrigidendosi.
Cioè… vorrei capire se male interpreto.
uso le tue parole pensando ad alcune donne che ho conosciuto che dicono all’incirca le stesse cose eh, tu sei solo l’aggancio.
Non so se è un paradosso, mi stanno strette le costrizioni vuol dire che il mio ruolo all’interno della coppia forse è saltato proprio perchè non mi stava bene averne uno preconfezionato su misura dell’altro.
O forse l’incapacità di rimescolare le parti in un momento cruciale sarebbe servito, forse, ad alimentare il desiderio di guardare avanti insieme,
lì la volontà ha preso il sopravvento, inserendomi nel contesto generale di tutti gli altri membri di questa società i quali, per mancanza di spirito di scacrificio/rinuncia scrivono la parola fine e voltano pagina.
Poi sarebbe il caso di comprendere fino a che punto ci si possa sacrificare, quali sono le rinunce richieste, se comprendono l’abbandono di se stessi per inseguire il sogno della coppia solida e duratura allora, sì, sono come gli altri.
O come le altre, in questo caso, donne che hanno visto negli occhi delle loro madri la rassegnazione di non potersi ribellare alla loro infelicità, perchè la famiglia va tutelata, perchè i figli devono crescere con due genitori, magari ascoltando le lacrime notturne soffocate.
Oggi noi donne diciamo basta.
Basta frustrazioni, basta violenza, basta accondiscendenza. Se diamo qualcosa pretendiamo qualcosa in cambio, altrimenti le briciole le date ai vostri cani.
Non è il caso di specificare, ancora una volta, che il mio è un discorso molto personale e non è teso ad offendere nessuno.
@ Key:
mi sembra che tu abbia risposto anche a quello che avevo scritto io.
Temo che tu possa rientrare nella generalità in quanto le tue affermazioni sottoscrivono i comportamenti anche di altre.
Vorrei chiederti (preferirei estendere questa richiesta a molte altre) di rivedere i tuoi comportamenti e le tue convinzioni in maniera non esclusivista ed egoistica. Ti ripeto che non ho intenzione di offendere in nessun modo ma trarrei piacere nel far capire anche il mio punto di vista.
Torno a ripeterti che denoto alcuni fattori portanti nei tuoi scritti che enumerano preconcetti di base senza averne tracciato un reale pericolo.
Quello che mi sembra è che l’attuale propensione sia di difendere a spada tratta un ideale di sottomissione.
Quando il maschio commette errori allora volete punirlo per dimostrare la sua errata considerazione, quando sono le donne a commettere un errore allora scatta il meccanismo di volersi difendere per paura di dimostrarsi deboli e di poter essere considerata vulnerabile…
Adesso incominci a capirmi?
Alla base si trova sempre e comunque la necessità di porre il singolo bisogno davanti a tutto. Vedi che le vostre madri se erano davvero (e sottolineo questo fatto) stanche di questi comportamenti avrebbero potuto fare tutto quello che volevano…
Non mi fraintendere, ma a molte persone piace trovarsi in quello che potrebbe essere definito il “gioco del miserabile”. Anzi, ti dirò di più, se non ci si trovano dentro stanno peggio.
Anche mia madre è così. Per tre volte, quando io ero piccolo, si è separata da mio padre. Ho scritto separata e non divorziata per il semplice motivo che piangeva, si lamentava, si staccava da lui per anni maledicendo il giorno che lo aveva incontrato. Poi veniva da me e mi informava che era tornata con lui.
Questo non accadeva solo quando io ero piccolo, ma anche dopo che me ne sono andato a vivere per conto mio e che non aveva più il dovere di stare con lui per via del figlio. Non l’ho mai giudicata per questo…
… nè mai lo farò. Capisco quello che avrai provato nel veder star male tua madre e nel sentire le sue parole. Posso anche capire quali sentimenti ti abbiano spinto a non volere che questa stessa cosa capitasse a te. Ma permettimi di dirti anche un altra cosa: Sei sicura che in fondo alla sua anima quello non fosse ciò che tua madre volesse veramente? Non sai quante sono le persone che adorano autopunirsi o essere sottomessi!!!
Poi devi aggiungerci anche che anche il tuo comportamento ti provoca dolori, star male e pianti. Non mi raccontare che non hai mai pianto per aver chiuso una storia perchè non ti crederò mai. Ti prego anche di non tirare fuori la storia del meglio star male per un pochino piuttosto che dover continuare a soffrire… Sono convinto (e le tue parole lo confermano) che ancora oggi porti i rancori di tutte le tue chiusure precedenti e che vanno a comporre parte del tuo essere di oggi. E non credere che il suo soffrire fosse tanto diverso dal tuo…
Quando ero ragazzo anche io credevo che mia madre stesse soffrendo troppo e che mio padre fosse da uccidere, ma un giorno a mia madre scappò una frase che mi cadde addosso come una doccia gelata: “Tutte si lamentano, lo faccio anche io, ma non devi pensare che tuo padre sbagli. È la natura della donna lamentarsi e se non lo può fare allora vuol dire che non sta bene con se stessa o con chi ha accanto.”
Studi di introspezione analitica mi fecero capire che mi aveva detto una verità assoluta che nessun altra persona avrebbe mai ammesso pubblicamente e direttamente.
Le successive generazioni sono nate con l’idea di voler modificare tutti i mali di questo mondo, ma nel farlo non hanno cercato di capire se questi mali erano necessari oppure no.
Lo so, ti sembrerà strano.
Non è in discussione quello che è strano, ma quello che è meglio. Cerca di capire quello che intendo dire.
@ key
[…] O come le altre, in questo caso, donne che hanno visto negli occhi delle loro madri la rassegnazione di non potersi ribellare alla loro infelicità, perchè la famiglia va tutelata, perchè i figli devono crescere con due genitori, magari ascoltando le lacrime notturne soffocate.
Oggi noi donne diciamo basta. Basta frustrazioni, basta violenza, basta accondiscendenza. Se diamo qualcosa pretendiamo qualcosa in cambio, altrimenti le briciole le date ai vostri cani. […]
sinceramente mi spiace per lo slogan da “girl power” che mi fa scadere un po’ delle cose dette. Non sono riuscito a trattenermi. ho dovuto dirtelo.
Cmq concordo sul concetto “madri”, anche se penso che molte persone potrebbero dirti: “sai una cosa? Si chiama matrimonio, il confine lo fa l’amore, il senso di responsabilità ecc…”. se vuoi, posso dirti che in casa mia è l’opposto, in quanto mio padre accetta quel che tu scrivi. una cosa che condivido è che debba passare un concetto al giorno d’oggi, giusto per un senso si equità: i sacrifici sono da ambo le parti, e non deve essere la donna che per automatismo atavico (si può dire?) accetta, e l’uomo se ne sbatte.
Purtroppo vedo che però molte donne, un po’ come si potrebbe forse leggere nelle tue parole, e un po’ come buttava lì anche david1971, appena hanno la benchè minima avvisaglia, tirano fuori le unghie istantaneamente, anche quando non necessario.
Non vorrei passare per un saggio, infatti poi bisogna trovarsi sul pratico per capire e capirsi all’interno di certe situazioni, ma vedo che per molte donne (ancora una volta), c’è un altro meccanismo legato al dialogo (come lo chiamano alcune…): “parliamo, confrontiamoci da persone adulte (anche perchè se non lo fai – uomo – ti bollo istantaneamente come “senza palle”), però sappi che (implicitamente) ho ragione io, perchè sono una donna diversa da mia madre, non accetto di sottomettermi, non faccio sotterfugi come faceva lei per arrivare lo stesso alle cose. io mi metto di traverso subito, ecc…”. ottenendo, spesso, di essere TOTALMENTE non predisposte a scendere a compromessi. Da un opposto all’altro insomma. Se questo è evoluzione…
Di contro ci sono vari uomini che non accettano lo scambio, perchè hanno imparato dai padri “come si fa con le donne”. Mah…
Allora forse si arriva un po’ dove penso ci troviamo noi ora: siamo a cavallo di due epoche e ne stiamo subendo i contraccolpi. Da un lato vecchi schemi riferiti a “famiglia”, “società”, “posizione uomo/donna” (uff…) , dall’altro individui diversi dal passato, meno schematizzati, che tentano di ambire ad “altro”, ma si devono per forza confrontare con altri che questo “altro” non lo desiderano, perchè la loro educazione prima, il loro percorso di crescita personale poi, li ha indotti ad accettare che l’unica quadratura del cerchio fosse quella di un tempo.
L’unica fortuna è riuscire a trovare persone affini a noi per tipo di cammino personale, sia che si voglia fare la vecchia famiglia “patriarcale”, sia che si voglia essere più “moderni”. Il dramma è parlare una lingua diversa da quella dell’altro che hai di fronte.