Trovi il testo della lettera a pagina 1.
Lettera pubblicata il 17 Luglio 2014. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore eglevittoria.
Pagine: « Prec. 1 … 72 73 74 75 76 … 107 Succ. »
Pagine: « Prec. 1 … 72 73 74 75 76 … 107 Succ. »
Max 2 commenti per lettera alla volta. Max 3 links per commento.
Se non vedi i tuoi ultimi commenti leggi qui.
M.,
“i dati sono questi, riferiti al 2011:
Numero di aborti: 111.415
Numero aborti con RU486: 11.268
Numero nascite: 556.000 circa
Quindi, abbiamo avuto 122.683 aborti e 556.000 nascite.”
Grazie per questo approfondimento d’indagine, che stavo cercando di appurare in rete, non avendo più seguito da decenni, se non a grandi linee, gli argomenti relativi a concepimenti e affini. La percentuale macro di 5 donne di buona volontà contro 1 neghittosa mi fa piacere ma non cambia la mia visione d’insieme.
Temo che ti si potrebbe scrivere QUALSIASI ragionamento, dal più dotto al più superficiale, senza spostare la tua sensibilità, che apprezzo ma non condivido del tutto, di una infinitesima unità di pensiero.
Secondo me, la possibilità d’abortire entro i 90 giorni nei modi, relativamente facili, previsti da una legge, deriva da una richiesta di massa di dare alle donne una possibilità di fare quanto comunque farebbero ugualmente in modo meno pericoloso per la loro salute quando non per la loro stessa vita, mentre il divieto di abortire dal 91 giorno in avanti dà ragione al principio, sacrosanto, di non fare del male a un insieme di cellule che già hanno dato origine a una creatura maggiormente strutturata che può patire, più di prima, dolore fisico e/o psichico. Non so e non m’interessa d’indagare a che punto è arrivata e quanto è affidabile la scienza medica nell’ipotizzare il momento in cui l’embrione, che mi sembra cosa diversa dal feto, acquisisce quel tipo di sensibilizzazione.
Credo che l’aborto, come la prostituzione, non piaccia a nessuno ma temo, anche, che, come la seconda, sia sempre esistito, per lo meno nei casi in cui le donne sono state in grado di accedervi e hanno avuto il CORAGGIO della DISPERAZIONE di sottoporvicisi, nelle condizioni in cui l’hanno fatto in passato. Questa constatazione dovrebbe darti un’idea della difficoltà con cui esse sono state in grado di esprimere la loro volontà sulla loro vita e su quella che immaginavano possibile per un loro nascituro.
Sono esistite donne che hanno superato l’oscurantismo storico degli uomini per mettere in luce le loro intuizioni o costruzioni filosofiche ma non sono ritenute abbastanza importanti perché citarne il nome possa essere di un qualche rilievo. Mi sa la gran massa di esse non è stata fino a qualche tempo fa molto versata in pensieri quanto piuttosto trascinata da millenni a elemosinare le attenzioni di un maschio per poter sopravvivere e far sopravvivere i suoi cuccioli. …
… Se ti sconcerta il potere di una donna, che, non accettando PIU’ di essere soltanto femmina, ha acquisito il parziale diritto di disporre di sè, spero sia stato altrettanto sconcertato dalle leggi a cui è stata sottoposta per l’intera esistenza della civilissima Roma antica, quando, moglie, concubina o schiava, era tenuta a deporre il/la NEONATO/A “ai piedi” dell’uomo che l’aveva ingravidata per avere il SUO responso di vita o di morte, variabile per sesso.
Anche se non lo ritieni pertinente, gli uomini non uccidono più con la clava per un nonnulla ma si minacciano a vicenda con la bomba atomica. Non vivono più di soli istinti ma continuano a esercitare i peggiori (dal 1820 al 1945, 59 milioni di uomini sono stati uccisi in guerre e altri conflitti mortali – J.D. Carty e F.J. Ebling “The natural history of aggression. Prologue and epilogue”). Il « progresso » non si può fermare, in nessun senso. Se disponessimo dei dati sugli aborti clandestini potremmo vedere nello stesso periodo di tempo, chi ha ucciso di più, con ragioni maggiormente condivisibili e chi lo ha fatto su esseri più “affamati” di vita di altri. Un’idea più ampia si potrebbe avere con qualche dato sulla mortalità infantile in India e in Africa ma non mi sembra il caso, visto che è sul principio, e sull’invitare le donne a rispettarlo, che sembri fondare il tuo sentire.
In una causa LEGALE spesso la spunta il più intelligente, più preparato e dialetticamente più bravo. In questo caso la legge è chiara. E con la mia scarsa formazione scolastica non provo nemmeno a metterla in discussione con te, anche perché continuo a ritenere che nel tuo inconscio persista l’idea di un Dio. Scusa se non demordo da questa supposizione.
Mi limito a citarti Gesù, quando ha affermato che l’uomo non è stato fatto per il sabato ma il sabato per l’uomo, a cui Kant ha fatto eco ribadendo che l’uomo non è stato fatto per la morale ma la morale per l’uomo. Da parte mia, poi, credo fermamente che in ognuno di noi esista una capacità di distinguere il bene dal male in base alla propria coscienza, che ha visioni soggettive in relazione a personali conoscenze ed esperienze. Per alcune donne un aborto può diventare devastante, se indotto da terzi oppure se così giudicato dalla religione in cui credono con fede. Può lasciare invece altre abbastanza tranquille, pur essendo negazione di vita, se messo in atto di propria scelta, in base a propri ponderati convincimenti.
risposta esaustiva sul tema, spero… ciao!
Buongiorno a tutti. Eccomi M.
Ti riporto questa dichiarazione di Elvira Bonetti del 1971, anni di fuoco per il
dibattito sull’aborto e per le rivendicazioni femministe in Italia, edito da De Donato (Bari) dal titolo La sfida femminile – maternità e aborto:
“E’ importante notare come, indipendentemente dalle strutture sociali,
dai modi culturali e dalle tradizioni etico religiose nelle quali la donna si è svolta anche nel corso dei secoli, l’aborto è sempre stata l’unica soluzione che ha permesso alla donna di rifiutare a posteriori
una maternità non voluta. Ciò dimostra in un certo senso che l’aborto è altrettanto naturale quanto la stessa maternità, giacché esso ne è un aspetto complementare. Si tratta di vedere l’aborto non più come qualcosa di paragonabile all’omicidio premeditato e quindi vietabile, punibile e peccaminoso, ma come un fenomeno che deve essere istituzionalizzato perchè diventi uno strumento di diritto concreto della donna. Il divieto d’aborto è l’ultimo anello della sottomissione giuridico-politica della donna in quelle società che assegnano all’universo femminile una sola funzione: quella della procreazione.”
La posizione chiaramente abortista, quindi opinabile, comunica però un dettaglio che sembra essere stato frainteso, quello che l’aborto è una pratica più antica e consolitata di quello che si poteva pensare. Naturalmente con i mezzi e le tecniche che i tempi consentivano.
Il dibattito tra le due “fazioni” è pressochè inconciliabile M, poichè non intravede una soluzione che “accontenti”, seppure parzialmente, entrambe le ideologie. I novanta giorni sono una soluzione cerchiobottistica che ha cercato di dare una risposta a quelle istanze che ormai non potevano più essere ignorate, e con le quali, come sostenevo quando a suo tempo parlavo della “donna nuova”, bisognerà fare i conti.
I tre punti che citi sono valutati e valutabili solo dalla donna, la quale ha la prerogativa di possedere la prelazione sul valore che quella maternità porta con sè, in quanto protagonista diretta, essendo la parte maschile protagonista indiretto dello “sviluppo” di quell’embrione. Per assurdo oggi sappiamo che una femmina attraverso la manipolazione genetica potrebbe persino autofecondarsi per partenogenesi, cosa che in natura già accade, mentre è impossibile a livello maschile, ovviamente. I suoi giudizi su questo valore sono quindi “cassazione” dal punto di vista della natura, molto meno dal punto di vista sociale, e in questo senso non possiamo non>
>>> tenere presente il ruolo gregario che la figura femminile ha svolto sino a pochi anni fa, e quanto questa sua mancanza di “autorità” nel merito indirizzi le ideologie (non le filosofie ) nella direzione di un controllo dell’identità di un soggetto “sociale”, in funzione della “salvaguardia” di una società eminentemente patriarcale come la nostra.
Il ragionamento che proponi circa il parallelismo tra amore e vita è filologicamente inattaccabile. Ma la filologia è una pratica teorica che cozza (sempre) contro la “pragma”, che non è altro che l’applicazione delle teorie alla pratica. E questa purtroppo è quella con cui in realtà ci confrontiamo, e che è condizionata non già dalle alate parole dei filosofi, ma dalla tangibile necessità di vivere “fisicamente” prima che ideologicamente.
Se il tema dell’aborto porta con sè il peso del valore della vita “in nuce”, considerando che questa è tale per l’uomo solo quando è cosciente, potremmo riconoscere nella diminuzione esponenziale delle nascite in proporzione alla ricchezza economica, degli “aborti virtuali”. Anche se non è frutto di una riflesssione come quella che stiamo conducendo sul forum, il motivo per il quale i miei nonni hanno fatto sei figli, i miei genitoi due e io una, sono legati a due fattori principali: gli anticoncezionali e l’economia. Contrariamente a quello che si pensa, le famiglie patriarcali e rurali dell’Italia prebellica, (la maggioranza della popolazione) vedevano nel numero dei figli un patrimonio di forza lavoro, e non una semplice benedizione del cielo. Le condizioni nelle quali queste creature avrebbero vissuto erano irrilevanti, e la morte di uno o più bambini era accettata come un evento probabile. Tanto che molti padri si “sforzavano” di non affezionarsi per evitare continui dolori in quel senso.
Come possiamo osservare la discussione su questo delicato tema spesso non tiene conto che una madre, che per qualche motivo si trova intrappolata in una gravidanza “non desiderata”, non può dimenticare le condizioni con le quali dovrà confrontarsi quel figlio, e non posso escludere che il gesto di non farlo nascere non si possa assimilare ad una atto d’amore, anche se non filologicamente ortodosso. Una vita è soprattutto un progetto di vita che qualcuno deve fare al posto del nascituro. Con tutti i limiti che l’animo umano possiede.
Un’ultima cosa. Questo è un dibattito che dovrebbe essere condotto solo dalle donne, perchè “un’eschimese non può sapere come si deve vivere all’equatore”.
Nell’ultimo post per M. non sono riuscita a includere questa “coda”, di scarso rilievo in linea generale ma, a mio avviso, necessaria per completare il puzzle dal mio punto di vista.
Fino alla metà del ‘900, era bene (e talvolta inevitabile) mettere al mondo molti figli perché una buona parte finiva con il perdersi per strada a tutte le età; perché c’era bisogno di braccia-lavoro nei campi e nell’industria per poter trarre il minimo sostentamento in famiglia ma soprattutto, forse, perchè era sentita la necessità che qualcuno dei figli potesse restare a prendersi cura dei genitori anziani o che portasse avanti un casato. Oggi la situazione si presenta quasi all’opposto…
Mi sorprende che, avendo dimostrato una particolare sensibilità per l’anima, lo spirito, la psiche che dir si voglia (radici cristiane pure le mie in tal senso), tu sia più coinvolto dalla vita materiale che da quella emotiva. Ho in casa un libro sulla storia della felicità, che non ho mai avuto voglia di leggere più di tanto, essendo tendenzialmente infelice, ma mi sa che prima o poi lo dovrò fare, almeno per comprendere la cronistoria dell’aspirazione nei tempi al benessere e alla serenità…
Anche a me piace discutere a ruota persa, magari arrampicandomi sugli specchi nell’intento di convincere qualche giovane mente, ma poi, a un certo punto, è quasi inevitabile ricadere sul 1+1 che fa 2, e non 3!
Comunque, a parte tutto il resto, sempre al singolo miro e credo, se in purezza di cuore! Gli errori restano errori ma andrebbero prevenuti, cosa che non sempre è umanamente possibile… E’ bello avere principi saldi e sarebbe ancora più bello poterli conservare intatti fino alla fine del proprio percorso esistenziale!
Cordialità.
PS: incoraggiata dalla chiosa di Golem, che ho appena letto, oso anch’io: “Se gli uomini restassero incinti, potresti avere un aborto anche dal barbiere” (Daniele Luttazzi) – pensiero-freddura rilevato da una rapida scorsa in rete…
“Questo è un dibattito che dovrebbe essere condotto solo dalle donne, perchè “un’eschimese non può sapere come si deve vivere all’equatore”.”
@M.
Concludendo il suo bellissimo post con questa massima, golem ha mantenuto sino alla fine uno stile impeccabile, consono alla sua personalità e alla sua scrittura. io esprimerò lo stesso concetto, in maniera però molto meno elegante: NON SI PUO’ FARE I FROCI COL CULO DEGLI ALTRI !
Hahahahaha. M.G. sei fantastica! Io ho scritto due pagine e tu in due righe una sintesi straordinariamente efficace, che mi alleggerisce almeno un pò lo spirito dal peso del delicato tema che stiamo discutendo.
In questo senso inviterei tutti ad essere meno permalosi, anche in presenza di stili non ritenuti adeguati, ai quali, se si desidera, si può replicare con il proprio, ottenendo gli stessi risultati del primo. In fondo quello che conta sono gli argomenti, a prescindere da come questi vengono espressi. E mi permetto di dire anche che questo forum, non mancando di ottime intelligenze, è ricco di “vita” proprio per le esperienze e le idee che vi leggiamo e anche, perchè no, per come vengono raccontate. Per questo penso che nessuno vorrebbe farlo “abortire” per un semplice… vaffanculo. “Invito” ormai sdoganato anche dall’Accademia della Crusca a tutti i livelli espressivi e culturali. Da decenni.
Un saluto a tutti.
P.S. Io non ho ancora posto domande sull’argomento, ma ne avrei una, per tutti, già immaginando qual’è la posizione femminile, che però vorrei sentire in maniera articolata. La domanda è questa: Qual’è la vostra posizione di fronte ad una gravidanza dovuta ad uno “stupro pilotato”?. Diciamo che una specie di amico/collega che, con l’inganno e sfruttando la sua presunta posizione di fiducia, approfitta di una donna dopo averla ammorbidita con l’alcol e la “violenta”, mettendola incinta? Uomini e donne, come vedete questa situazione?
Ciao Golem
Si sono fermamente convinto che se anche a tua moglie capitasse di innamorarsi di un altro ti accuserebbe di mille difetti. Che tu ignori o meno non è importante. Ti ingigantirebbe quelli che hai e ne inventerebbe altri, che magari fino a qualche tempo prima venivano considerati come tuoi pregi.
Che tu faccia un consuntivo cosa cambia ?
Sapessi in quante situazioni mi sono adattato con mia moglie. Eppure è andata come è andata.
Resto un po’ allibito (ma non troppo) quando ti leggo sostenere che se a tua moglie dovesse accadere una cosa del genere, la colpa sarebbe tua ma non sua.
E questo perché pensi che quando le donne mollano il colpo è perché non ce la fanno più.
Quindi se una donna “non ce la fa più”, a tuo parere, è automaticamente colpa del proprio compagno.
Hai una “venerazione” estrema delle donne. Ti invidio credimi !
Quasi fossero delle Dee. Il “Dio Donna” !!!!
A questo punto sono quasi certo che tua moglie, o una qualsiasi altra donna che ti fosse accanto, non ti abbandonerà mai.
Perché, da quello che scrivi sei incredibilmente adattabile al mondo femminile. Tanto da non calcolare nemmeno la probabilità che in una eventuale situazione di abbandono da parte di tua moglie (o di un’altra donna) la colpa non possa essere la sua.
Quasi mezzo secolo di vita ed è la prima volta che mi capita di sentire un uomo ragionare in questo modo.
D’altra parte sei l’unico che non ha avuto mai a che ridire con Maria Grazia. Perché tu non dai mai colpe al genere femminile.
Non sono accuse ben inteso Golem. Ma pensieri che vengono automatici leggendo ciò che scrivi.
Mi pare, d’altronde, di non essere l’unico che, nel tempo, da questo forum, ti ha fatto notare cose simili a quelle che ti sto dicendo.
M., sono invece totalmente d’accordo con quanto scrivi nel tuo post n. 724. C’è poco da dire su quanto esponi
E anche se amaramente, devo dar ragione anche a Rossana, in merito a quanto scrive nel suo post n. 729.
Mi chiedo solo come si può apprezzare il benessere e la serenità che ho avuto. Quale benessere e quale serenità Rossana se con certi comportamenti queste cose sono state totalmente spazzate via ?
Golem,
“Un’ultima cosa. Questo è un dibattito che dovrebbe essere condotto solo dalle donne, perchè “un’eschimese non può sapere come si deve vivere all’equatore”.
Io credo che rilegare il tema nascite-aborto solo alle donne, escludendo l’uomo, solo perché è la donna che partorirà, lo trovo un po’ uno scarica barile.
Sia che si proceda per una via che per un’altra, l’uomo è chiamato dalla propria moglie o compagna a costruire la strada che prenderà il bambino. A volte influenza la donna in senso negativo e a volte positivo.
Quindi non è mai una questione solo femminile, anche perché se tu escludi l’intera categoria dell’uomo perché non è toccato dal parto, allora dobbiamo escludere anche la categoria di donne che non hanno mai concepito, ma occuparci SOLO delle mamme, anche se a tempo.
Invece vedi bene che a questo dibattito tocca uomini, donne, padri, madri e chi non è né padre né madre.
Se non sbaglio tu hai una figlia. Credo che tua moglie, ai tempi, ti abbia reso partecipe nell’assunzione di una decisione, proprio perché tua figlia, anche quando era solo un embrione, era metà di te, uomo.
Quindi rilegare la questione aborto solo alle mamma (e non tutte le donne) non è corretto, anche perché l’uomo condividerà tutto ciò che deriverà da una scelta. Anche su di lui peserà il sì o il no.
Tutti noi, nel momento i cui siamo stati concepiti, ci siamo trovati nel limbo, questo proprio perché l’aborto ha alle spalle una storia millenaria.
Per questi motivi io non considero l’aborto una questione solo femminile. Tutti noi partecipiamo. Partecipiamo da mariti, compagni, fratelli, soccorritori, psicologi, anche solo da semplici cittadini che pagano le tasse del SSN nelle cui spese rientrano anche quelle dell’aborto.
Quindi, in un modo o nell’altro, tocca tutti.
Che la filologia sia lontana dalla pragmatica, è vero, ma fino ad un certo punto.
Per definizione non esiste cosa più pragmatica del pragmatica stessa. La filologia è la spiegazione degli eventi. La filologia risponde alla domanda PERCHE’, mentre la filosofia ti dice il PERCHE’ DI QUEL PERCHE’ e non un altro.
Se noi immaginiamo una retta, avremo da una parte la FILOSOFIA, dall’altra avremo la PRATICITA’ (e non pragmatismo, perché il pragmatismo è una corrente filosofica, e quindi ci ricondurrebbe al punto di partenza), al centro sta la FILOLOGIA che, a questo punto, sta più vicino alla praticità, di quanto non lo sia la filosofia.
Per quanto riguarda la condizione dei…
maria grazia
“se il nascere presuppone un’ esistenza fatta solo di sofferenze e di privazioni, a quel punto colui che “ti sopprime” ti sta offrendo UN ATTO D’ AMORE, e non il contrario !”
Sopprimere una persona che è ancora nel ventre della madre sarebbe un atto d’amore e sopprimerla quando ne è uscita sarebbe un omicidio? Ma che ragionamento è?
Allora anche uccidere un barbone sarebbe un atto d’amore.