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Lettera pubblicata il 17 Luglio 2014. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore eglevittoria.
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M.,
“Se mettiamo sul piatto della bilancia diritti assoluti altrui e volontà propria, dobbiamo vedere la bilancia pendere di più per questi ultimi.”
In linea di principio hai ragione ma la vita reale di rado ha la possibilità di basarsi sulla teoria. Nel controllo delle nascite vanno sprecati elementi vitali ai quali non si concede la stessa dignità di un embrione per il solo fatto che viene loro negata, a priori, la possibilità di unirsi per dare origine a un essere umano in formazione. Per me anche questo è mettere in atto la propria volontà a scapito del diritto alla vita altrui. Le scelte di principio dovrebbero essere lineari.
Se, poi, in questo controllo qualcosa va storto, potendolo ora evitare, non mi sembra giusto che si debba essere costretti, contro la propria volontà, a sconvolgere in molti casi aspettative di vita oppure equilibri di coppia per sottoporsi a leggi di natura e salvaguardare un diritto assoluto “in divenire” a scapito di chi già è pienamente soggetto di diritti. Quando la vita di un altro mette in serio e quasi certo pericolo la nostra, soprattutto in termini emotivi, non è giustificabile l’autodifesa?
Da una brevissima escursione in rete ho appreso che si parla di diritti NATURALI dell’uomo fin dal 2050 a.C. (re di Ur). Ho preso in considerazione dalla Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (1948) soltanto i quattro principali non-derogabili, che sono: il diritto alla vita, il diritto alla libertà dalla schiavitù, il diritto alla libertà dalla tortura e il diritto all’impossibilità della retroattività dell’azione penale.
A distanza di circa quattro millenni il genere umano, che affronta viaggi spaziali sempre più impegnativi, ancora non è stato in grado di garantirli tutti e quattro a gran parte degli abitanti della terra. Se questo non è stato possibile a stati e comunità, che si sono avvalsi talvolta anche della pena di morte, nell’intento di farli rispettare il più possibile, è difficile che si possa pretendere qualcosa di affine dal singolo, nell’ambito della sua ben più complessa sfera privata. O, forse, proprio da questa incapacità individuale, basata su istanze più o meno condivisibili di autodeterminazione, le varie falle EGOISTICHE s’estendono a macchia di leopardo all’intera umanità…
segue post per M.
A mio avviso, se ci si forma un’opinione, il più delle volte lo si fa non in base al ragionare ma al sentire, che si avvale di esperienze, consce o inconsce, molto più che di astrazioni mentali. A parte i coinvolgimenti religiosi, spesso superficiali, ognuno è un mondo a sé, più o meno consapevole delle proprie capacità e possibilità, che si deve destreggiare con le condizioni esistenziali in cui si trova o si è venuto a trovare. Ci sono donne che hanno avuto la vita rovinata dalla nascita di un figlio, da crescersi sia da sole che in coppia, e donne che hanno rimpianto tutta la vita un aborto, attuato a seguito di pressioni contrarie al loro volere. A seguito di separazioni, per l’uomo è di solito abbastanza facile “rifarsi una vita di coppia” mentre questo è parecchio più difficile per una donna con figli al seguito.
In passato, nei primi 15/20 anni di fertilità, schiave o regine raramente potevano evitare di mettere al mondo una media di 7-8 figli, per poi morire, ancora giovani, di parto o sfiancate dalle troppe gravidanze. Anche oggi il peso materiale della gestazione, del parto e della crescita di un figlio per un tempo minimo di una quindicina d‘anni gravano spesso quasi esclusivamente sulla donna. In queste condizioni di fatto, mi sembra che chi è coinvolto in prima persona debba valutare, più e meglio di altri, sia la sua coscienza che, come affermava Pavese, “la portata del [proprio] ponte” (se si ritiene possa consentire il transito di dieci quintali, si avranno tutti motivi per ritenere che difficilmente potrà reggerne una trentina senza crollare). Facile ragionare, al riparo da quasi tutto quello che può interessare la formazione e la nascita di un figlio!
Personalmente non sono né pro né contro l’aborto: la decisione finale deve ter conto di tutti gli elementi al contorno ma soprattutto della volontà e capacità d’amare di almeno uno dei genitori, attitudini secondo me INDISPENSABILI per lo meno nei primi 3-5 anni di vita di un figlio. Se si è in grado di offrirgli amore vero e profondo, niente d’importante gli mancherà. In assenza di questo, invece, ritengo che il più delle volte sarebbe preferibile non nascere affatto.
buona serata!
Ciao MG. La consapevolezza. Farà sognare meno ma serve a NON PRENDERSI IN GIRO.
Un salutone.
“In passato, nei primi 15/20 anni di fertilità, schiave o regine raramente potevano evitare di mettere al mondo una media di 7-8 figli, per poi morire, ancora giovani, di parto o sfiancate dalle troppe gravidanze. Anche oggi il peso materiale della gestazione, del parto e della crescita di un figlio per un tempo minimo di una quindicina d‘anni gravano spesso quasi esclusivamente sulla donna. In queste condizioni di fatto, mi sembra che chi è coinvolto in prima persona debba valutare, più e meglio di altri, sia la sua coscienza che, come affermava Pavese, “la portata del [proprio] ponte” (se si ritiene possa consentire il transito di dieci quintali, si avranno tutti motivi per ritenere che difficilmente potrà reggerne una trentina senza crollare). Facile ragionare, al riparo da quasi tutto quello che può interessare la formazione e la nascita di un figlio!”
ottime considerazioni rossana ! non resta molto altro da aggiungere.
Due anni fa sono stato in Kenya.
Sapevo di non andare nel paese più ricco del mondo, ma non mi sarei mai immaginato di vedere bambini vivere nudi ed avere come riparo, non in una capanna, ma dentro buche scavate nella terra.
Quando sono andato a trovarli non avevo vestiti, penne e quaderni con me, ma soltanto delle caramelle, per me, nei pantaloni.
Ebbene, ci sono tre cose che non dimenticherò mai:
1. la povertà di quelle persone
2. gli occhi pieni di meraviglia ed incredulità della bambina alla quale ho dato le mie caramelle
3. Il sorriso gigantesco di quei bambini quando correvano dietro al nostro pulmino per salutarci.
Povertà assoluta e sorrisi mai visti stampati sui volti di bambini nati in una situazione “tranquilla”.
Era meglio non farli nascere perché poveri tra i poveri?
Ci sono stati e ci sono persone gigantesche che operano in contesti dove ci sono bambini orfani, abbandonati e poveri.
Questi bambini non hanno nulla rispetto a quello che hanno i nostri figli. Non dovevano nascere?
“la decisione finale deve ter conto di tutti gli elementi al contorno ma soprattutto della volontà e capacità d’amare di almeno uno dei genitori”, quindi volontà e capacità per piegare il diritto alla vita.
Volevo sapere questo. Disponibilità, in base alla propria volontà, di diritti che dovrebbero essere indisponibili, ma che non è più così.
Infatti non mi sorprende quello che sta succedendo con le eterologhe; questo gioco a fare Madre Natura.
E un feto portatore di qualche malattia, ha diritto a nascere?
I malati hanno diritto a nascere? O spetta solo ai sani?
Il grandissimo Giovanni Reale parla della necessità assoluta di recuperare il valore della morte per ridare alla vita il significato che le spetta.
Non ha torto, perché se utilizziamo la VOLONTÀ personale come criterio decisionale, allora non ci saranno più paletti etici, morali, naturali.
Una cosa così non sarà a costo zero, ma a questo arriveremo. Nietzsche parlava della Morte di Dio.
Un uomo può procedere senza DIO (non necessariamente quello religioso, ma inteso come paletti insuperabili), ma bisogna essere eccellenti navigatori per andare in mare aperto. Bisogna essere SUPERUOMINI. Avrai già sentito questo termini e che cosa ha comportato.
“Facile ragionare, al riparo da quasi tutto quello che può interessare la formazione e la nascita di un figlio!”
Io non sono a riparo né dalla responsabilità che deriva dalla nascita di mia figlia, né dalla responsabilità della sua formazione.
Se ammettiamo che la condizione economica e personale possano essere delle giustificazioni a far soccombere una vita, perché non inseriamo altri criteri?
Perché non ammettiamo che anche la malattia può essere motivo sufficiente per l’aborto?
Perché non lasciamo andare tutti quei futuri bambini portatori di malattie pesanti e dispendiose per tutta la sanità nazionale?
Oppure perché non scegliamo una tipologia fisica, un gusto estetico, e facciamo nascere i bambini che rispettano certi canoni estetici?
Perché alcune volontà devono essere seguite ad altre no?
Perché la volontà di chi non vuole diventare genitore deve essere rispettata e la volontà di chi vuole un figlio “su misura” no?
Se è la volontà personale la chiave di tutto, se non ci sono cose davanti alla quale facciamo un passo indietro, allora tutte le volontà meritano di essere rispettate.
O no?
“E un feto portatore di qualche malattia, ha diritto a nascere?
I malati hanno diritto a nascere? O spetta solo ai sani?”
domanda interessante quanto “difficile”. ma io ti risponderò M. senza tirarmi indietro. Ebbene, la mia risposta E’ NO. è preferibile che i feti portatori di malattie e di malformazioni vengano eliminati, perchè ne nascerebbero bambini condannati a un’ esistenza infelice. farli nascere sarebbe un atto sconsiderato, direi CRIMINALE, nei loro confronti. ogni bambino ha il diritto di sentirsi COME GLI ALTRI, e di crescere facendo una vita normale. La vedo così.
“se utilizziamo la VOLONTÀ personale come criterio decisionale, allora non ci saranno più paletti etici, morali, naturali.
Una cosa così non sarà a costo zero, ma a questo arriveremo. Nietzsche parlava della Morte di Dio.
Un uomo può procedere senza DIO (non necessariamente quello religioso, ma inteso come paletti insuperabili), ma bisogna essere eccellenti navigatori per andare in mare aperto. Bisogna essere SUPERUOMINI. Avrai già sentito questo termini e che cosa ha comportato.”
si certo ! vai a raccontare tutte queste belle cose a un bambino nato con la faccia da elefante, o da mostro. e che per questo è condannato a un’ esistenza atroce !
“Io non sono a riparo né dalla responsabilità che deriva dalla nascita di mia figlia, né dalla responsabilità della sua formazione.”
non vuol dir niente ! tu M. NON SEI UNA DONNA ! non devi portare tuo figlio in grembo per nove mesi prima che nasca, non devi sostenere il travaglio del parto, non devi allattare, non devi assentarti dal lavoro per dedicarti al nascituro, non devi superare la depressione post parto, non devi far uscire qualcosa grande come un cocomero da una “fessurina”. TU NON PUOI CAPIRE COSA PROVA UNA DONNA INCINTA ( O MESTRUATA ), COSI’ COME NOI DONNE NON POTREMO MAI CAPIRE – PER ESEMPIO – IL BISOGNO COSI’ FREQUENTE DEGLI UOMINI DI COPULARE. non puoi fare un paragone equo tra la situazione di un padre e quella di una madre !
“Oppure perché non scegliamo una tipologia fisica, un gusto estetico, e facciamo nascere i bambini che rispettano certi canoni estetici?”
ETICAMENTE questo sarebbe sbagliato. MA A LIVELLO PRATICO, far nascere solo figli fisicamente belli eviterebbe ai nascituri tante future quanto inutili sofferenze. la società premia i belli e punisce i brutti, come se essere belli fossero un merito ed essere brutti una colpa. e tante persone intelligenti e sensibili vengono trattate ingiustamente solo perchè non belle, magari arrivando addirittura a suicidarsi per le rinunce subìte in campo sociale o affettivo.
“TU NON PUOI CAPIRE COSA PROVA UNA DONNA INCINTA…” nemmeno tu puoi capire non avendolo provato, ma sta di fatto che una volta nato, il figlio sia di tutti e due i genitori, e certo che posso capire cosa significa essere genitori. E comunque non è l’uomo che ha stabilito chi deve partorire, e se il problema è il dolore, esistono rimedi.
Quindi, i malati ed i brutti, fuori dalle balle.
Allora, se tanto mi dà tanto, i malati di sindrome di down, sindrome che non permette di vivere una vita uguale a chi quella sindrome non ce l’ha, non meriterebbero di vivere. Meglio che non vengano al mondo, e non importa se non esiste nessun diritto a non nascere se non sani .
Poi…i brutti.
Che tipo di “razza bella” vogliamo creare per capire chi merita di vivere e chi può essere lasciato perdere?
Riproponiamo gli alti biondi ed occhi azzurri, oppure, visto che siamo mediterranei, li facciamo mori con gli occhi verdi? E visto che l’altezza è mezza bellezza a che livello arriviamo? Per esempio, possiamo stabilire che tutti quelli inferiori a 180 cm possono benissimo morire.
Facciamo un gioco: stabiliamo dei criteri precisi, visto che l’aborto è una tecnica scientifica, e le tecniche scientifiche operano con regole rigidissime e precise.
Visto che la volontà personale può predominare il diritto alla vita, è visto che di fronte ad una volontà senza paletti, l’etica non esiste più perché non avrebbe senso, costruiamo una società modellata sulla volontà.
Iniziamo a stabilire che cosa è bello e che cosa no, tenendo con che A LIVELLO PRATICO, per esempio, una persona con un brutto naso rischia di suicidarsi perché il suo compagno di banco lo ha chiamato nasone.
Riporto qui due pensieri di due uomini differenti, anzi, opposti per credenze religiose. Sono l’uno un cattolico e l’altro un laico.
Norberto Bobbio:
Dice Stuart Mill: “Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano”. Adesso le femministe dicono: “Il corpo è mio e lo gestisco io”. Sembrerebbe una perfetta applicazione di questo principio. Io, invece, dico che è aberrante farvi rientrare l’aborto. L’individuo è uno, singolo. Nel caso dell’aborto c’è un “altro” nel corpo della donna. Il suicidio dispone della sua singola vita. Con l’aborto dispone di una vita altrui. Quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido, in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”? E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere”.
Papa Francesco:
“non per un discorso di fede – no, no – ma di ragione, per un discorso di scienza! Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non esiste una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra. La credibilità di un sistema sanitario non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita sempre è sacra e inviolabile»