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Lettera pubblicata il 17 Luglio 2014. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore eglevittoria.
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M.,
tornando a quello che, in base alle mie attuali conoscenze, ritengo il miglior esempio di società antica, ampia e consolidata, per equilibrio e rispetto della donna, confermato dalla stabilità di una durata di oltre 30 secoli, il testo su cui baso la mia convinzione, “Le donne dei faraoni – il mondo femminile dell’antico Egitto” (C. Jacq, saggio di più di 300 pagine) non si limita a rilevare la condizione delle “Donne al potere” ma analizza anche “Innamorate, spose e madri”, “Donne al lavoro”, “Iniziate e sacerdotesse”. particolarmente importanti queste ultime per il loro accesso alla sacralità, tuttora negato dalla religione maggiormente diffusa nel mondo e da molte altre di minor rilevanza.
esistevano sì schiavi nell’antico Egitto, ma si trattava quasi sempre di stranieri (come in quasi tutti gli altri agglomerati umani dell’epoca, persino presso i pii ebrei,; e hanno purtroppo continuato a esistere in seguito, per tantissimi secoli ancora, in società per altri versi molto più civilizzate). in ogni caso le condizioni che li riguardavano erano, se non proprio uguali, abbastanza simili sia per gli uomini che per le donne. non sull’eccezione ma sulla generalità si fonda il criterio di valutare il grado di civiltà di un popolo dai trattamenti riservati alle donne in generale, ai vecchi, ai prigionieri e ai bambini, all’interno di un’organizzazione sociale. la condizione della donna non era perfettamente paritaria nemmeno nell’antico Egitto, pur restando avanzatissima, non soltanto per l’epoca; è per lo meno confermata da fonti scritte originali e non soltanto ipotizzata come quella di una ancestrale civiltà matriarcale (quasi sempre negata dai principali antropologi). nell’antichità qualcosa di simile dev’essere esistito a Creta, su cui si hanno dettagli quasi soltanto visivi, e forse, se mai un giorno si riuscisse a decifrare per intero la scrittura etrusca, potrebbe prendere corpo anche nella nostra Italia pre-romana, preannunciato, anche in questo caso, da affreschi e opere scultoree…
sulle quote rosa sono spesso in conflitto. da una parte le ritengo persino offensive ma nella visione opposta mi sembrano quasi giustificabili. non ho letto tutte le brevi biografie delle italiane che si sono distinte in vari campi riportate sui tre volumetti “Italiane”, editi dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2004 (a cura di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffa), che spaziano dagli inizi dell’Ottocento a…
… a fine Novecento, ma ho rilevato, fin dalle prime letture, come, ad eccezione di affermazioni in campo artistico (premio Nobel a Grazia Deledda nel 1926, in un momento storico in cui la femminiltà era ridotta a puro utero dal regime fascista), il resto delle donne che hanno potuto esprimere i loro talenti sono state quasi sempre favorite o da un ambito familiare particolarmente colto e ricco oppure, anche più spesso, direttamente o indirettamente, dall’ombra protettiva di qualche maschio potente, padre, fratello, amico, collega, amante o coniuge che fosse.
Rita Levi Montalcini, secondo e ultimo Nobel assegnato a una italiana nel corso del Novecento, proveniva da una famiglia agiata e aveva studiato medicina a Torino con altri due futuri premi Nobel italiani, Renato Dulbecco e Salvatore Luria, nel 1930, quando la maggior parte delle sue coetanee ancora risentiva di larghe sacche d’analfabetismo. senza nulla togliere al suo impegno e alle sue capacità, che ammiro, la scoperta che le è valso il Nobel nel 1986 è stata raggiunta insieme a Stanley Cohen. sfavorita, (alla luce dei risultati forse nemmeno del tutto) dalle leggi razziali, che l’hanno spinta a operare all’estero, è stata comunque favorita da tre importanti fattori di base: la cultura e la sicurezza della famiglia borghese d’origine, la possibilità di frequentare l’università quando ancora questa era più che formativa e la vicinanza, più o meno fecondatrice o stimolante, di elementi maschili, con i quali misurarsi.
escludendo, come già accennato, l’ambito artistico, che per sue intrinseche valenze opera quasi sempre in modo, almeno inizialmente, scollegato dal sistema di potere preponderante, mi sa che non è per niente facile penetrarvi senza poter contare di qualche appoggio, che per ora continua a essere elargito, al di là dei reali meriti, preferibilmente ai maschi.
ho molto apprezzato l’osservazione che hai fatto sulla connotazione negativa delle parole femminismo e femminicidio. sono davvero poche, ormai, le persone che prestano tanta attenzione ai contenuti del linguaggio… anche quando non siamo allineati nelle idee, è piacevole confrontarsi con te (quasi altrettanto di quanto è stato in passato con altri uomini, con cui ho condiviso molto, non solo mentalmente).
M, post n. 235. Non per fare il polemico ma…mi scrivi:
“Giampaolo: quali sono quegli elementi caratteriali che, secondo te, vanno a comporre le caratteristiche delle femminilità e della dolcezza?
Parliamo proprio in termine semplicissimi, terra terra.
Prova a dirmi una giornata tipo della donna femminile e dolce.
Secondo te una donna femminile e dolce si alza dal letto alla mattina, e poi? Come dovrebbe essere e cosa dovrebbe fare?”
E dopo le domande mi scrivi:
“Secondo me ti sarà impossibile dare delle definizioni oggettive ed assolute.”
Quindi sono tre domande che mi poni.
E a due di queste non so darti una risposta precisa. Perché non posso proprio immaginare quale possa essere una giornata tipo di una donna dolce e femminile. Così come non potrei immaginare una giornata tipo di una donna aggressiva.
Ti ho risposto invece alla prima domanda. Quella in cui mi chiedi quali sono gli elementi caratteriali che vanno a comporre le caratteristiche di femminilità e dolcezza.
Tre domande quindi. Separate e distinte. E alla prima, quella fondamentale non ti ho dato una “non risposta”. Tutt’altro.
Quindi, perdonami, ma non mi hai portato da nessuna parte. Ne’ mi hai dimostrato nessuna impossibilità a mettere dei paletti fissi su certe cose.
Perché la mia risposta in base al fatto che esistono elementi OGGETTIVI che vanno a comporre le caratteristiche di femminilità e dolcezza IO TE L’HO DATA!
E tu hai “supposto” per me dicendomi che mi “sarà impossibile dare delle definizioni oggettive ed assolute”
La stessa cosa che ho fatto con te. Niente di drammatico no? Pero’ entrambi abbiamo fatto la stessa cosa!
Il discorso del “ti passo a prendere alle 8”, lo abbiamo chiuso da un pezzo. Anche perche’, se non ricordo male, qualcuno ti fece notare, Rossana per prima, che probabilmente non avevi compreso bene il senso della mia frase.
Nel riferimento delle donne partigiane può darsi invece che tu stessi facendo un discorso diverso. Impostato appunto sulle donne soldato.
P.S.: credo comunque di avere qualche anno più di te.
Rossana,
“non sull’eccezione ma sulla generalità si fonda il criterio di valutare il grado di civiltà di un popolo”.
Sono i particolari che fanno la differenza, e le eccezioni, messe tutte insieme, vanno a creare quella generalità della quale parli.
Se si vuole individuare un criterio, si devono considerare quanti più elementi possibili, altrimenti, si rischia di avere una visione parziale.
Fermo restando che visioni complete su fatti storici accaduti millenni fa, è impossibile crearli.
Comunque non si può negare che la civiltà egizia fu una civiltà molto ben strutturata.
Questo dimostra che la condizione della donna (schiave escluse) anche anticamente ha raggiunto livelli di rispetto ed attenzione molto elevati.
È tutto un fatto culturale.
Vero che Rita Levi Montalcini ed altre donne vincitrici di premi Nobel, erano istruite e, ai tempi, quando non c’era un’istruzione di Stato e aperta a tutti come quella di oggi, solo chi aveva la possibilità economica poteva accedere a studi “alti”, ma anche qui, non mancano le eccezioni.
Sicuramente i soldi hanno sempre rappresentato, e ancora rappresentano, degli apri porte, ma ci sono donne che sono riuscite a spiccare senza essere nate in famiglie facoltose, senza aver fatto studi particolari, e senza aiuti maschili.
Esempio: Madre Teresa di Calcutta ha vinto il premio Nobel per la Pace. Era povera e non si è “imposta” con aiuti maschili.
Così come Caterina Benincasa, più nota come Caterina da Siena.
Facoltosa non lo era, ma santa sì.
Rosa Parks si è “imposta” decidendo di non cedere il proprio posto sull’autobus ad un bianco.
Rossana, chi ha gli attributi per spiccare, spicca. Non ci sono montagne che non possono essere scalate se ci sono le capacità.
Per quanto riguarda il discorso “pillolo” nemmeno lo sapevo, e da questa mia risposta puoi capire tutto, ma tra non molto ne sarà pronto un altro.
Su questa questione ho fatto una ricerca e ti riporto qui i dati.
A degli uomini è stato domandato: “per quale motivo utilizzeresti il pillolo?”
Risposte:
44% per avere il controllo sul concepimento (cosa che noi uomini di fatto non abbiamo, andiamo sulla fiducia)
39,5% per un principio di parità tra uomo e donna
16,5% per nessun motivo particolare
Alle donne è stata posta questa domanda: “Ti fideresti di un uomo che prende il pillolo?”
36,5% ha detto di no
23,5% ha detto di sì
40% ha detto non so
Tu sei stata una femminista, o comunque hai preso parte a quelle manifestazioni che mi hai detto?
Qual è il tuo pensiero sull’aborto?
Se fossi donna, per il tipo di visione che ho io della vita, non lo farei mai, mai, mai, ma non giudico quelle donne che invece lo fanno.
Come detto qualche post fa, capisco che sono scelte che non si fanno a cuor leggero.
In proposito, ho scoperto che l’Italia è uno dei Paesi tra i più industrializzati che ricorre all’aborto. Siamo attorno al 17%.
Dietro a questa percentuale c’è tanto da dire.
Magari inizia tu.
Vorrei chiederti un’altra cosa: mi interesserebbe sapere la tua opinione sul caso dei gemellini scambiati (quando ancora erano in provetta) e partoriti da un’altra donna
Buona notte
Maria Grazia, (post n. 304). Ora ho potuto anche constatare che oltre ad essere aggresiva, presuntuosa, offensiva ed arrogante, sei anche una persona sulla quale non si può fare il minimo affidamento.
Quando ci siamo scambiati e-mail privatamente ti eri raccomandata di non riportare qui in pubblico ciò che ci scrivevamo in privato.
Ed io ho rispettato i patti.
Tu invece, non sapendo più a cosa appigliarti, hai mancato alla parola data.
Ben inteso, non ho nessun problema a confermare che avrei voluto proseguire la conoscenza, ma da qui a dire che mi rode e ti attacco perché mi é “andata male” ce ne corre.
D’altra parte non ho mai fatto mistero ad ammettere che sei una bella ragazza. E lo scrissi pubblicamente più volte. Ma se ricordi bene ti avevo chiesto la mail ben prima di aver visto le tue foto.
Per cui non potevo minimamente sapere come fossi fisicamente. E se la memoria non ti inganna dovresti ricordare altresì che volevo conoscerti meglio proprio perché mi sembrava strana questa tua continua contraddizione e aggressività. Volevo cercare di capirti. Nonostante molti, nel forum, mi avevano consigliato di lasciar perdere perché “non era cosa”, poiché ti vedevano come un personaggio troppo strano, contraddittorio e dal quale non si poteva cavare un ragno da un buco.
Ammetto a questo punto di aver sbagliato a non prendere in considerazione i consigli di questi utenti, perché in effetti avevano ragione.
Dopo quanto hai scritto nel tuo ultimo post sono sempre più convinto che, probabilmente, oltre ad un gradevole aspetto, non hai granché da offrire.
Si é aggiunto anzi il fatto di essere una persona poco affidabile e corretta che sinceramente non mi aspettavo.
La classica goccia che fa traboccare il vaso.
Ora seguiro’ quanto, a suo tempo fece anche Rossana, che stanca delle tue continue offese, penso’ che non fosse più il caso di continuare alcun dialogo con te.
@ giampaolo
L’importante è arrivarci, chi prima chi dopo.
Ciao a tutti,
Riprendo un po’il discorso sugli amori non ricambiati per GOLEM..ti consiglio il libro “donne che amano troppo” della psicologa norwood che affronta proprio questo tema. Forse lo conosci già perché è piuttosto famoso. Io lo sto scorrendo un po’adesso e dà molte indicazioni utili. A mio avviso però estremizza e patologizza troppo certe dinamiche, ma trattandosi di psicologia è ovvio che sia così. Di sicuro è un testo prezioso per capire e per capirsi di più. Vero per esempio nel mio caso che mi è mancato calore affettivo ed emotivo dei miei – pur avendo una famiglia sana e unita – e che non ho mai avuto un grande autostima. L’autrice sostiene inoltre che chi soffre di depressione tende ad avere storie tormentate e passionali perché più stimolanti e eccitanti…insomma la droga di cui si è sempre parlato. E io come forse ho già detto qua combatto da anni con la depressione. Le sue teorie danno sostanzialmente ragione a te GOLEM, in un passo c’è proprio una distinzione tra eros e agape che è l’amore stabile e duraturo.
Una mia amica, tra l’altro persona bella dentro e fuori, ha avuto una storia simile alla mia. Adesso però finalmente lui si è deciso e loro stanno insieme..ma lui continua a dirle che non è innamorato di lei..e lei ovviamente ci soffre. Io le auguro che vada tutto bene e cmq lui di fatto è il suo ragazzo e tutto..però è una strana situazione.
Un saluto a Rossana e a tutti gli altri
Ciao Valinda. Si, conosco bene il libro della Norwood, anzi credo di averlo citato in altre occasioni. Ma già il fatto che vi siano dei testi scientifici al riguardo, come in parte lo è quello che in italiano titola ” donne che corrono coi lupi”, ti dimostra come sia un problema eminentemente femminile quello degli amori non ricambiati che, sottolineo, E’ LA DIRETTA CONSEGUENZA di quell’ amare troppo, che la Norwood ha giustamente sintetizzato nel titolo del suo libro.
È un mondo femminile interessante ed inquietante allo stesso tempo, di cui molti uomini ignorano l’esistenza e le nefaste conseguenze che uno sbilanciamento affettivo come quello che si verifica in questi casi comporta.
Per quanto strano possa apparirti si tratta di una patologia. Si fa a fatica a ritenerla tale solo perché si esprime attraverso un moto “positivo “, com’è ” l’amore”, ma in realtà e’ una forma compulsiva di natura…egoistica, dove in realtà non si vuole il bene dell’oggetto d’amore, ma solo una sua presenza nella nostra vita, di cui necessitiamo come una droga.
Si è disponibili sino al masochismo, come un tossicodipendente lo è per procurarsi una dose, per la quale è disposto a tutto durante le crisi di astinenza. Crisi che comunque sono pilotate nello stesso modo anche nel caso dell’innamorata non ricambiata, che HA BISOGNO di quei “deliziosi” ormoni della felicità che si producono SOLO con la presenza dell’oggetto “amato”: ossitocina, noradrenalina e altri cocktail analoghi.
Cara Valinda, mi tendo conto che tutto il romanticismo legato al l’innamoramento va a farsi benedire, ma siamo fatti di reazioni elettrochimiche, e le nostre emozioni fondamentali, che hanno come scopo la solita riproduzione della specie, sono mosse dai quei messaggeri ormonali, che si attivano quando la nostra “natura” percepisce l’altro come l’ideale “riproduttore” , a cui una donna SENTE di poter affidare i relativamente scarsi ovuli che ha a disposizione nella vita per la riproduzione della prole e dell’allevamento della stessa. Per un maschio questo e’ un problema irrilevante, ma la femmina HA BISOGNO di garantirsi la sua presenza durante il lungo periodo di gravidanza e allevamento dei piccoli che si prospetta, per il cibo, la protezione e l’aiuto che quelle operazioni richiedono. Ecco perché molte donne sono disposte a tutto pur di avere QUEL maschio, mentre per ques’ultimo “questa o quella per me pari sono” come si dice
L’ amore e’ tutta un altra cosa. Comunque ti percepisco più serena. Bene.
Giusto Hurin. Meglio prima magari. Ci rimani meno male.