Come Tribunale per i Diritti del Malato, in questi giorni d’emergenza dettata dal Coronavirus, non possiamo rimanere neutrali e in silenzio, pur rimanendo a casa.
Non possiamo tacere sulla grave situazione sanitaria che sta coinvolgendo, giorno dopo giorno, tutto il nostro Paese e sentiamo l’esigenza di intervenire ancora una volta su un elemento così importante per la salute e, di conseguenza, per la vita di tutte e tutti noi : il necessario rafforzamento del servizio sanitario pubblico.
Quel servizio che, con i suoi uomini e le sue donne, in questi giorni – ed anche a dispetto di anni di tagli, da destra a sinistra – sta tenendo botta alla domanda di assistenza dei cittadini.
Uno degli elementi di maggior criticità in questo momento è la capacità del SSN di assorbire l’impatto dell’epidemia, con particolare riferimento ai posti letto in terapia intensiva. Il numero di posti letto in terapia intensiva in Italia è in questo momento tra i più bassi in Europa. La ragione sta nelle scelte di riduzione della spesa pubblica, operando tagli importanti per garantire il debito pubblico e la stabilita monetaria.
La conseguenza è che i posti letto e gli operatori sono in numero tale da sostenere il servizio in situazioni normali e non in situazioni di emergenza e stanno mostrando tutta la loro limitatezza.
Quale’ la ragione di queste scelte precedenti ?
Si rintraccia nella trasformazione del senso e del significato del servizio sanitario pubblico alla quale abbiamo assistito in questi anni.
Il governo dei numeri e degli interessi ha preso il posto del governo dei bisogni della collettività.
Si e’ risposto a domande pressanti, di carattere tecnico/economico, ma i bisogni sono stati messi da parte, perdendosi in gran parte il significato simbolico e politico-costituzionale di un sistema sanitario come il nostro : cioè lo stato sociale di diritto.
La spesa sanitaria nel 2018 in Italia equivale al 6,5 % del PIL, mentre in Germania si attesta al 9,5 e in Francia al 9,3 – media OCSE 6,6 – (… qualcuno dovrebbe farlo presente a quelli che, da destra a sinistra, hanno sempre sostenuto “ce lo chiede l’Europa”)
Se si guarda alle cifre in valore assoluto, si vede che tra il 2001 e il 2019 (fatta eccezione per il 2012 e il 2015) il finanziamento del Ssn a carico dello Stato è sempre cresciuto, passando da 71,3 miliardi di euro a 114,5 miliardi di euro (con una crescita media inferiore a quella dell’inflazione). Da questo punto di vista quindi non si può parlare di tagli.
È vero però che negli ultimi 10 anni gli aumenti alla sanità pubblica sono stati ogni anno minori rispetto a quelli programmati negli anni precedenti dalle manovre dei vari governi.
Secondo un rapporto pubblicato a settembre 2019 dalla Fondazione Gimbe (che si occupa di attività di formazione e ricerca in ambito sanitario), negli ultimi 10 anni i mancati aumenti al finanziamento del Ssn a carico dello Stato hanno un valore pari a circa 37 miliardi di euro.
Una differenza c’e’ però nell’evoluzione della spesa ed e’ quella che si legge nei numeri : la spesa sanitaria non è diminuita in termini assoluti, ma certamente non è cresciuta nella proporzione necessaria ad assicurare gli aumenti del bisogno di salute. Il senso della spesa sanitaria, in un sistema sanitario che funziona, e’ che la stessa spesa deve crescere anno dopo anno, perche’ un sistema che funziona vuol dire che le persone vivono di più, si invecchia di più e ci si ammala di più, costando di più. Ugualmente se lo stesso sistema sanitario funziona – e si adatta ai modificati
bisogni di salute -, esso si deve adeguare alle risposte per le nuove modalità di trattare patologie, con nuovi macchinari, con nuova ricerca etc.
La sanità che funziona e’ quindi una sanità che, anno dopo anno, deve essere finanziata di più, anche in relazione all’inflazione.
La crescita della spesa del nostro Paese, per sostenere il SSN, e’ stata una crescita molto inferiore rispetto all’aumento dei bisogni di salute e quindi cio’ ha comportato l’esigenza di ridurre posti letto e ridurre il personale a disposizione del SSN, mettendo in seria crisi anche la capacità del SSN di soddisfare i bisogni di salute.
Tra il 2009 e il 2017, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, si sono “perse” 46.000 unità di personale dipendente dal SSN.
In base ai dati Eurostat e Ocse, tra il 2000 e il 2017 (ultimo anno disponibile) nel nostro Paese il numero dei posti letto pro capite negli ospedali è calato di circa il 30 per cento, arrivando appunto a 3,2 ogni 1.000 abitanti, mentre la media dell’Unione europea è vicina a 5 ogni 1.000 abitanti.
In particolare, i posti letto di terapia intensiva dal 1997 al 2015 sono diminuiti del 51% (da 575 pl ogni 100.000 abitanti a 275 attuali, mentre in Germania sono 621) (fonte : asimmetrie.org)
La Commissione Igiene e Sanità del Senato, nella sua analisi del 2018, ha considerato con soddisfazione che si sia riusciti a contenere la spesa in molte Regioni sottoposte a monitoraggio della spesa; ma le ottime performance, in termini di contenimento della spesa, hanno messo in crisi la capacita di funzionamento del sistema, con importanti disomogeneità del SSN tra Regione e Regione.
I tagli alla sanità sono tagli che trovano corrispondenza anche in altri settori pubblici (istruzione, trasporti, ricerca, etc).
Certamente i tagli in ambito sanitario si fanno sentire particolarmente in momenti come questo, in cui la scelta di aver dimensionato le strutture sanitarie per rispondere ai bisogni medi, entra in crisi.
Il bisogno non è più il bisogno standard, non è più un bisogno normale perche’ l’attuale epidemia ha colpito il nostro Paese in maniera dura e inattesa, ma comunque non imprevedibile in assoluto.
Quindi è questo il motivo per cui percepiamo quanto la sanità sia stata colpita dai “tagli” in questo momento, nonostante anche altri settori della Pubblica Amministrazione abbiano subìto tagli importanti e orizzontali.
I tagli alla spesa sanitaria, in essere da decenni, oltre a rappresentare una mancanza di lungimiranza per il futuro in caso di calamità come la presente, sono il frutto di una precisa scelta politica. La scelta politica è quella di aver dimensionato il servizio (posti letto, personale, strutture) ad una domanda media e non ad una domanda di picco.
Cosa c’e’ dietro ?
Una trasformazione che data da diversi decenni : l’idea che il servizio pubblico sia da trattare come azienda privata, e quindi da rendere efficiente e quindi meno costosa possibile, per erogare le prestazioni che MEDIAMENTE sono necessarie e quindi da finanziare per rispondere alle esigenze medie della collettività.
Cosa è che è venuto meno in questi ultimi anni ?
La dimensione simbolica e sociale dell’esistenza di un servizio pubblico sanitario cha ha anche la funzione di rappresentare un’assicurazione per la collettività, soprattutto in ordine alla capacità della sfera pubblica di far fronte a situazioni imprevedibili e agli eventi calamitosi e pandemici che stiamo vivendo.
La sfera pubblica deve rappresentare la garanzia, secondo Costituzione, in ordine ad una risposta anche di fronte ad un caso straordinario.
Cosa si può imparare da questi eventi dolorosi.
Le istituzioni pubbliche sono una risposta fondamentale ai bisogni della collettività’; certo vanno rese efficienti e sostenibili da un punto di vista economico, ma non bisogna dimenticare che il tipo di risposta che ci devono garantire non è la stessa che ci forniscono i servizi privati. E’ qualcosa di più e di diverso e articolato : è una doverosa assicurazione più complessa che deve rispondere a bisogni e a domande più ampie, anche per le incertezze del futuro.
Covid – 19 e’ un messaggero : ci sta insegnando l’importanza di un servizio sanitario pubblico e dell’investimento di lungo periodo e progettuale, con una visione di insieme costituzionalmente orientata e non legata pregiudizialmente agli interessi economici.
CANTIAMO PURE DAI BALCONI LA NOSTRA SOLIDARIETÀ’ A CHI STA LAVORANDO IN PRIMA LINEA E A CHI STA SOFFRENDO
MA NON DIMENTICHIAMOCI, ORA E PER IL FUTURO,
DI URLARE CHE NOI CI RIAPPROPRIEREMO DEL NOSTRO SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO E NON ACCETTEREMO CHE RAGIONI DI INTERESSI ECONOMICI PREVALGANO SULLE VITE NOSTRE E DEI NOSTRI CARI.
Mauro Santucci
Segretario Regionale
Cittadinanzattiva Liguria
Vedrai cosa succede quando chiederanno il prestito MES. Rimpiangerai questi momenti di pandemia, e pure a calde lacrime.
Voglio fare una considerazione da medico, inutile urlare contro la politica, la politica siamo anche noi medici, non io in persona ma tanti colleghi troppi. E’ comodo prendersela con il governante di turno, quelli cambiano, chi non cambia mai sono i primari, i medici lavativi, gli accademici, potrei continuare all’ infinito, questo smembramento ha fatto comodo a tutti, questo clima d’incertezza è comodo per farsi i propri affari, i furbi ci sguazzano . In questi giorni a noi medici ci chiamate EROI e quelli che sono in prima linea lo sono veramente , ma sappiate che sono solo il 15 – 20 % dei medici italiani . Gli altri son figli di parentele , di correnti accademiche giuste , di carriera pubblica usata come vetrina per lo studio privato, di 6 ore per 3 volte alla settimana in Ambulatorio ASL…
…i 200 certificati di malattia per disertare gli ospedali, sono solamente figli di ciò , la maggior parte dei medici spinge per riaprire i propri studi privati, non certo per tornare in Ospedale . Guardiamoci allo specchio, quando smembriamo un Dipartimento o Reparto in 10 unità perchè così si possono assegnare 10 Direzioni (10 primariati) , quando facciamo partire ricerche o progetti inutili a discapito di quelle serie, per farci finanziarie e regalare qualche contratto di lavoro a figli ed amici, è questo quello che succede, che poi i nostri colleghi finiscono senza mascherine e respiratori, ah e non fate i duri e puri che i figli sistemati non sono sempre quelli dei professoroni, ma quelli di tutti, quindi si guardatevi allo specchio, che quando molti vi battono le mani perchè salviamo vite in sala operatoria, per tanti di voi in realtà è solo pubblicità per farvi un nome nella vostra attività privata…bravi tutti
Carlo, riflessioni rispettabili, ma andavano fatte prima della crisi del coronavirus.
Adesso suonano soltanto come manifestazione di invidia per chi ha un reddito maggiore del tuo o, più benevolmente, di ostentazione di una fantasia molto accesa.
Mauro e Carlo dite entrambi cose giuste e anche
scontate, purtroppo per me la maggioranza di noi
italiani da qualche decennio ha ormai dimenticato
il significato della parola’moralità’ e ‘civiltà’che se presente in ogni settore, in ogni persona insieme a una reale istruzione basterebbe a farci vivere bene ogni giorno dal mattino fino alla sera e migliorare le sorti di questo nostro povero paese.
Basta vedere la storia degli ultimi decenni come esercitiamo il voto (chi in sostanza votiamo) per capire chi siamo.
Adesso il coronavirus poi la crisi del dopo coronavirus, forse, ironicamente, il problema e del DNA italiano che voi medici dovreste studiare con
maggiore attenzione, raffrontandolo con paesi
più civili di noi dove funziona quasi tutto, mentre
da noi non funziona quasi niente.
Il problemma in Italia è che abbiamo troppi problemi
ma è inutile fare gli ipocriti il problema siamo noi.
Guarda yog nella categoria la questione è sollevata da tempo, diciamo che più che invidia è presa di coscienza, negli ospedali a tutti fa comodo la lista d’attesa di mesi, perchè chi se lo può permettere paga la prestazione intramoenia e guadagna, ho lavorato anni in un reparto comunemente chiamato in “week surgery” che come puoi comprendere dal nome, significa che i medici fanno a gara entro il giovedì sera a dimettere i degenti , venerdi sabato e domenica nessuno vuole rotture, reperibilità ecc… la medicina e la chirurgia non sono quelle estreme delle serie tv. Non è certo il reddito ad avermi mai preoccupato, sono specialista nella specialità più remunerativa in assoluto, al primo posto ogni anno di tutti gli studi di settore per reddito medio del professionista , economicamente sto meglio dell’ 80 % dei miei colleghi, con turni che mi modello a mia immagine e somiglianza.
Ovviamente non dimentichiamoci che L’Italia ha una delle tassazioni più alte d’Europa e a livel di logica dovremmo avere un sistema sanitario al top.
Ma quale top,forse visto al contrario, se alcuni operatori ospedalieri specialmente all’inizio di questa storia del coronavirus hanno lavorato senza mascherina, per poi meravigliarci se si sono ammalati, ma se avevano le mascherine forse non sarebbe accaduto.
Ma forse solo il sevizio sanitario non va troppo bene gli altri vanno meglio! Se qualcuno ha qualche suggerimento lo accetto volentieri.
E’ inutile discutere se noi paghiamo molte tasse dovremmo avere dei buoni o ottimi servizi ma questo stranamente in Italia non avviene.
Diamo sempre la colpa al Governo di turno di tutte le cose che non vanno nel nostro paese dimenticandoci che quel governo lo ha eletto la maggioranza degli italiani.
E alcuni governi tecnici sono intervenuti perché la maggioranza degli italiani aveva scelto male.
Non dimentichiamo che lo stato italiano siamo noi, se vogliamo ognuno di noi deve fare la sua parte, deve esercitare bene il suo diritto di voto (purtroppo negli ultimi anni è sempre più difficile) e deve fare bene e onestamente il suo lavoro.
Si perché l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, lavoro significa anche più ricchezza e quindi meno debito pubblico, più servizi, più civiltà, più benessere.
Insomma anche nel nostro paese se funzionerebbe quasi tutto come negli altri paesi europei, saremmo felici e vivremmo meglio.
Se questo sarebbe accaduto in passato noi non avremmo un debito pubblico così alto e non staremmo nella condizione attuale.
Dobbiamo riflettere sugli errori che abbiamo commesso se vogliamo cercare di migliorare in futuro, ma questo richiede una buona dose di umiltà e moralità.
Non nascondo di essere un po’ scettico, cambiare alcune mentalità e modi di ragionare tipici italiani ormai ben radicati non sarà facile, ma questa volta più che mai voglio sperare di sbagliarmi.
Ebbravo Marc, utile esortazione. Il voto del 2018 molti italiani non lo hanno sbagliato, moltissimi altri sì e quando poi alle Europee hanno dimostrato di essersene resi conto, era troppo tardi, urne chiuse e seggi sbarrati.
Coltiva l’umiltà e la moralità, che a differenza dell’insalata non danno grandi soddisfazioni, e non fare equivalenze errate: il lavoro non dà affatto ricchezza (per quella ci si deve nascere, lo sai) e per far lavorare la gente su cose inutili, giusto per farla lavorare e non vivere di stenti, il debito pubblico è schizzato.