E quindi?, mi si chiede in commento alla mia ultima lettera, Quindi nulla, rispondo io.
Cosa avresti voluto dire oltre a, sottolinea un’altra lettrice, come se io avessi voluto dire qualcosa oltre a quello che ho scritto e che in quel momento volevo scrivere, e poi aggiunge in calce una sentenza lapidaria, Succo scarso, come se strizzando idealmente la mia lettera dovessero scaturirne stille balsamiche e invece niente, non ne esce niente, dalle lettere cosa volete che esca, le idee hanno la connaturata tendenza a restarsene avvinghiate alle fibre di cellulosa, sangue dalle rape non se ne cava.
Chi così commenta presuppone che io debba scrivere per provocare una conseguenza nell’ordine delle cose, fosse anche minima, fosse anche limitata a questo sedicente forum, e che a quanto ho espresso per iscritto debba seguire una conclusione necessaria, ad esempio la dimostrazione di una tesi, e invece questo per me non è quasi mai vero. La maggior parte di quelli che scrivono qui si aspettano una tripartizione classica del reale (ve li ricordate i temi alle elementari?), introduzione, svolgimento, conclusione, guai a sbagliare l’ordine. Che scandalo, e che scandalo noioso, scrivere una lettera come la mia, monca di introduzione e amputata della conclusione che le toccava di diritto, uno svolgimento orfano di padre e di madre, Cosa farò da grande, si chiede la mia lettera, Niente, ammetto io, La maggior parte delle lettere e degli uomini hanno introduzioni inesistenti e conclusioni che non interessano a nessuno, e spesso si arriva così alla fine, si getta la lettera nel cestino e l’uomo in ospedale, l’una e l’altro in attesa che passi l’ultimo camion a trasportarli per l’ultima volta verso un qualche dove (nota estetica: ambedue i furgoni sono dotati di lampeggianti, seppure di diverso colore).
Non volevo dire nulla ‘oltre a’ e non esiste, né – in questo caso specifico – esisterà mai un ‘quindi’, il consulente fiscale esperto – per forza delle cose – in problemi di radiopropagazione continuerà la sua vita sapendo bene che una conclusione non c’è per il solo fatto che non ci può essere, del resto lui non è un soggetto che ha idee rivoluzionarie e tali idee riesce ad applicarle solo per il fatto che non le ha mai avute, il che – se ci fate caso – succede a tutti noi per un sacco di questioni e mai nessuno cercherà per questo di compensare una sua specifica frustrazione autoproducendo una teoria rivoluzionaria a proprio uso e consumo. Anche questa però – state in guardia – non è una conclusione degna di questo nome, infatti non serve a nulla, perché troppo astratta e comunque pretestuosa.
La verità è che ieri avevamo lasciato il nostro consulente fiscale al piano secondo interrato, sotto il suo palazzo condominiale, un palazzo condominiale non equivalendo affatto a un condominio di periferia, che cosa sarà successo della nube verdastra e delle voci contraffatte, va a saperlo, il fatto è che quasi sicuramente il Nostro è salito in ascensore, ha premuto un pulsante e – come ogni sera – ha abbandonato il borsone da palestra in ingresso e si è stravaccato sulla sua poltrona preferita versandosi due dita di grappa e accendendo la televisione.
E così ha scoperto che è successo il fattaccio, abbiamo l’Italicum, finalmente qualsiasi cittadino degno di questo nome è stato liberato per sempre dal rovello che chiunque di noi si poneva sempre poco prima delle Politiche, mi candido o non mi candido, è pur vero che l’Italicum è abbastanza complicato ma, su questo non ci piove, d’ora in poi se il nostro consulente fiscale vorrà candidarsi, non dovrà deciderlo lui.
Con un pensiero in meno si vive meglio.
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stavolta mi sono fermata a metà testo… ma… se leggo qualcosa scritto qui affinchè sia letto, SCUSA se, dopo averci dedicato il tempo necessario, mi permetto di esprimere quello che ne penso…
non succederà più!
A volte sei palloso, altre spassosissimo.
Non sempre ti leggo volentieri.
Ma forse questa è la tua migliore, migliorissima caratteristica.
Sei l’unico che se ne fotte!
🙂
Non so se editorialmente questa peculiarità potrebbe essere sfruttata… ci hai mai provato?
No, sarebbe in contraddizione con la mia massima peculiarità. Certo, anche di questa contraddizione potrei e dovrei fottermene. È una antinomia logica, il “paradosso di Cassandra”, apprezzabile quasi quanto il Teorema del Menga.