Il mio nome è Katia, ho 35 anni una laurea in ingegneria e otto anni di precariato in un istituto che si occupa di ricerca e protezione ambientale, oggi detto istituto si chiama ISPRA.
Ho deciso di scrivere questa lettera perché oggi sono stata ferita nell’animo.
Come me, altri 200 ricercatori precari sono stati licenziati dall’ ISPRA il 30 giugno 2009 e altri 230 saranno licenziati tra novembre e dicembre 2009.
Ricercatori, molti dei quali precari da oltre 10 anni, che con il proprio lavoro contribuiscono giorno dopo giorno al monitoraggio e alla ricerca ambientale, persone prima di tutto, che hanno creduto di investire il proprio tempo e le proprie capacità e per amore della ricerca nella ricerca.
In questi anni tante promesse (validate anche da concorsi svolti e rispetto ai quali molti di noi sono in una graduatoria che non è mai stata presa in considerazione per una stabilizzazione) ci hanno spinto a proseguire per la strada che avevamo scelto, con enormi sacrifici ed ingoiando bocconi amari, ma il più duro amaro e indigesto è stato quello che abbiamo dovuto ingoiare questa mattina quando dopo il secco NO al rinnovo del contratto datoci dal Ministero dell’ambiente tramite il Commissario straordinario che ad oggi è responsabile della struttura, noi tutti “ex lavoratori” da meno di 24 ore, non abbiamo avuto neanche la possibilità di ritirare i nostri affetti personali dalle postazioni di lavoro…. non siamo potuti entrare neanche come visitatori e pensare che nell’ISPRA c’è una biblioteca di interesse nazionale….
In questi anni abbiamo lottato, in silenzio, lontano dai riflettori convinti soprattuto che l’alto valore intellettuale del nostro lavoro da solo sarebbe bastato ad evitare quello che oggi molti definiscono uno scempio.
Oggi ci siamo incatenati e protestato ancora, lo faremo anche domani, ma “LORO”, lo sanno bene che a breve non saremo più motivo di disturbo, infondo l’istinto di tutti gli esseri viventi è quello di sopravvivere trovando del cibo ed un riparo.
In questo momento vorrei solamente fuggire o forse, vivere per la seconda volta i miei 26 anni quando mi offrirono un lavoro in Olanda come ricercatrice……
Invito tutti a riflettere sui motivi che spingono l’Italia a trattare così le sue eccellenze, e non dimentichiamo che oltre all’ISPRA ci sono tantissimi istituti di ricerca che, ad oggi, sopravvivono grazie al lavoro dei ricercatori precari.
Vorrei ricordare e ringraziare tutti i colleghi precari e non, che in questi anni ho conosciuto e che hanno lavorato e sostenuto una ricerca libera e una ricerca pubblica.
Grazie per l’attenzione che avete dedicato alla lettura di queste righe.
Ing. Katia Merli
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Categorie: - Lavoro
Cara Katia, non mi sono ancora trovato nella tua situazione ma potrei trovarmici. Si fa presto a dire che noi precari siamo solo capaci di lamentarci, ma in realtà ci viene tolto un diritto fondamentale: crearci una vita il cui programma vada al di là di un palmo dal nostro naso e una famiglia tutta nostra. Hai tutta la mia solidarietà. Purtroppo in questa Italia vanno bene gli arraffanti e i pelandroni, non c’è posto per chi ha studiato e ha un pò di cervello.