Ho sentito un uomo-bambino urlare, chiuso nel suo pozzo nero di solitudine
e ho immaginato cosa si prova
a nascere in catene.
E immaginando ho ricordato
la frustrazione bruciante
che serpeggia nel corpo di chi
è stato precocemente messo all’angolo
e tempestato di pugni
da una vita che non fa distinzione
tra innocenti e colpevoli.
In un cerchio continuo
che trasforma la vittima in carnefice
e il carnefice in vittima
ho imparato a temere il dolore che infliggo
e che altri prima di me hanno sofferto.
Ora la frustrazione
serpeggia come fuoco vivo nelle mie vene
bruciandomi dall’interno.
Sfiorando quest’umanità ferita
come uno stelo reciso sul nascere
sento il cuore pesante
sotto strati di carne e ossa e pelle,
greve di mille possibilità mancate
dolorosamente consapevole di quell’unico bocciolo
che non potrà mai vedere la luce del sole
e conoscere il dolce bacio della rugiada.
Io la vittima
Io il carnefice
Io solo il colpevole
in quest’orda di vinti,
tra lacrime liberatorie
ho sentito incrinarsi la mia diga interna.
Avrei voluto salvare quell’uomo-bambino,
ma non avrei mai potuto farlo davvero :
sono sempre stata troppo debole per salvarmi.
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Categorie: - Cultura
Bella..e amaramente vera.
Grazie, però mi fai pensare che dovrei pubblicare qualcosa che susciti sentimenti più gioiosi 🙂