Ciao a tutti, questa è una piccola storia che ho voluto scrivere, è una metafora sull’amore, ci tenevo a scriverla per tutti coloro che hanno perso la speranza. Forse risulterà una parafrasi disneyana della vita, ma era così che volevo scriverla. Spero possiate apprezzarla e magari ragionarci un po’ su.
Era buio pesto in quella piccola stanza dal soffitto basso. Non c’erano finestre, né porte, solo un susseguirsi di spoglie mura di pietra, ma la stanza non era vuota, al suo interno vi era un ragazzo.
Quando socchiuse gli occhi il ragazzo si ritrovò solo in quel luogo oscuro, senza vie d’uscita. Come ci era arrivato? Perché era lì? Provò ad alzarsi dal freddo e liscio marmo del pavimento, ma il soffitto lo schiacciava. Un senso di claustrofobia presto si insinuò nel suo corpo, nella sua mente, facendolo ricadere a terra sulle ginocchia. “Non respiro, non respiro! ” Cominciò a gridare tra un singhiozzo e l’altro, chiedendosi che male avesse mai fatto per meritarsi tutto ciò. Si sentiva escluso dal mondo, abbandonato da tutti, dalla sua stessa vita, era prigioniero della disperazione. Gattonando decise di accostarsi ad una delle pareti e si lasciò andare ad un sonno profondo, mentre le lacrime solcavano le sue guance, finendo sulle sue labbra, pronte ad assaporarne il gusto salato. Passò qualche giorno prima che si svegliasse di nuovo, ma qualcosa era cambiato, la sua bocca impastata richiedeva cibo ed acqua, il suo stomaco brontolava ed il respiro era sempre più affannato. Si toccò il petto, lì dove era il suo cuore, ma non trovò i suoi battiti irregolari un tempo uditi così spesso, al loro posto vi era un silenzio agghiacciante e comprese una verità fondamentale: ben presto sarebbe morto.
Non poteva accadere proprio a lui! Aveva tutta una vita da vivere, voleva vivere, mangiare di nuovo, respirare ancora, sorridere di gioia. Invaso da questa consapevolezza, una rabbia cominciò a crescere in lui, tanto che si sollevò sulle ginocchia e cominciò ad urtare il muro che lo separava dalla libertà con le sue nude mani. La superficie ruvida dei blocchi di pietra sotto le sue dita pian piano cominciò a sgretolarsi. Più i forti colpi urtavano la parete, più questa si sbriciolava, i mattoni di pietra cominciarono a staccarsi e cadere a terra, facendo intravedere qualcosa al di là della stanza. Sotto gli occhi increduli del ragazzo c’era una fioca luce oltre il muro, si fermò un attimo, per ammirare quella splendida fonte di calore e la speranza di ritornare alla vita cominciò ad invaderlo. In breve tempo la parete non era più, era morta ed aveva lasciato il posto ad una lastra di vetro. Ben presto i suoi occhi si ambientarono alla nuova fonte di luce visibile in lontananza, era calda e fresca allo stesso tempo, ma c’era qualcosa di confortante nel sapere che non era più solo. Il ragazzo cominciò a bussare sul vetro, cercando di richiamare l’attenzione di qualcuno, le nocche ormai rosse gli dolevano per i colpi, ma lui persisteva, aveva accolto la speranza a braccia aperte e questa gli si era avvinghiata come una sanguisuga. Lo consumava, ma gli dava forza. Pian piano quella luce lontana cominciò ad avvicinarsi, cresceva e prendeva forma, all’inizio era una sagoma indistinta, ma più quella figura esile si accostava al vetro, più il ragazzo intravedeva dei dettagli: lunghi capelli ramati, labbra carnose, occhi verdi e la luce aranciata che sprigionava. Quando ella toccò il sottile strato che li separava lui rimase immobile, senza parole. Era un sogno? Era la creatura più bella che avesse mai visto e gli stava sorridendo. Non ci sono parole per descrivere le emozioni del ragazzo, desiderava quasi prostrarsi ai suoi piedi per venerarla come fosse una dea. Avrebbe voluto fermare il tempo in quell’istante, congelarlo per riviverlo all’infinito, ma prese coraggio e chiese: “Chi sei? “. La donna non rispose, ma la luce che la circondava cominciò a cambiare colore, dall’arancio passò al rosso. Il ragazzo era allibito, voleva che quella donna fosse tutto per lui, una madre, una moglie, un’amica, una figlia. “Sei una Dea? ” Chiese di nuovo. Questa volta lei rispose con una voce così soave e calda e dolce che nonostante lui non stesse toccando il proprio petto poté sentire i battiti del suo cuore rimbombare in ogni piccola parte di sé. “Sono l’Amore-disse la donna- mi avevi dimenticato e sono qui per ricordarti chi sono”. Il ragazzo sgranò gli occhi, e cominciò a ripetere con un soffio quella parola, che un tempo aveva pronunciato spesso “Amore, amore, amore… ” Assaporò il suono di quelle lettere legate, guardando l’eterea creatura tendergli la mano oltre il vetro. Ormai una strana forza aveva conquistato il suo corpo, lo spingeva a piccoli passi verso quel fragile involucro trasparente. Desiderava toccare quella mano, raggiungerla, accostarla al suo volto. Si chinò a terra, senza nemmeno rendersene conto e raccolse un di quei mattoni semisgretolati che aveva rimosso dal muro, poi con tutta la forza che possedeva lo scagliò contro il vetro. Il suono che si udì non era solo quello dei frammenti caduti, spezzati e calpestati, ma era anche il suono della libertà, della vita. Non appena il ragazzo raggiuse quella mano tesa si sporse per afferrarla, invaso da una gioia inimmaginabile. Come le sue dita si posarono sulla soffice pelle della creatura, ella si dissolse, ritornando dal luogo dove era venuta, riprese il suo posto nel cuore del ragazzo. Lui finalmente capì, i giorni passati in quella scatola claustrofobica erano stati quelli in cui l’amore l’aveva l’abbandonato, ma la speranza di uscire dal buio della sua anima lo aveva riportato verso l’amore.
Camminando verso la libertà si accorse che era pronto, era pronto per amare ancora.
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Categorie: - Amore e relazioni - Cultura
claclaaaaaaaaaaa ma che storia patriarcale!!!
Ciao, questa storia anche se ancora mi rimangono tanti dubbi, mi rispecchia molto. Purtroppo a volte si incontrano persone che fanno perdere la voglia di amare, di fidarsi e di ricominciare. Per contro ce ne sono altre che possono fa ricredere nell’idea che abbiamo dell’amore, il mio problema è che i ricordi di quella “soffitta buia”, si fanno risentire e la paura di ritornarci mi induce a scappare.
Grazie a tutti per i commenti!
@Sandro! Mi sa che non è tanto patriarcale sta storia…
@Kiky9326 so come ci si sente, in passato la perdita della speranza mi ha portato a fare delle ca…te, ora sono più matura e so che se una persona non mi ama non significa che nessuno può amarmi. Sono sicura che ci sia qualcuno pronto ad amarti, la paura di soffrire ed i ricordi di quello che hai passato saranno sempre con te, ma devi ascoltare il tuo cuore, se senti che qualcosa sta nascendo non reprimerla, te ne potresti pentire in seguito. Se la persona che ti sta a fianco ti vuole veramente bene allora ti aiuterà a superare le tue paure, tu parlagliene e vedrai che starai meglio. Non dimenticare quanto sia bello amare una persona, anche se ti sei sentita tradita e abbandonata, l’amore è la cosa più importante della vita, non rinunciarci e non credere ai cinici che dicono che non esiste.
Ciao Clacla
Per me e’ di fondamentale importanza che la frase « Sono l’Amore-disse la donna- mi avevi dimenticato e sono qui per ricordarti chi sono”.
Includa prima di tutto l’amore verso se stessi, solo se ci si ascolta e ci si vuole bene, si puo accogliere pienamente un’altra persona.
Ciao
Ciao Nadir, sono d’accordo con te, molte volte i rapporti finiscono perchè uno dei due non amando se stesso non riesce ad amare nemmeno l’altro. Triste realtà, che purtroppo a volte dipende dal modo e dal contesto in cui uno ha vissuto e soprattutto dalle esperienze. Secondo me ognuno dentro di sè ha l’amore, deve solo riuscire a scovarlo.