Amo la notte.
Tutto dorme, tutto tace, ed io posso finalmente aprire gli occhi.
Di notte mi è concesso essere l’altra donna che vorrei essere.
L’altra faccia della medaglia.
Chi non hai mai sognato una vita differente da quella scelta? Tutti o quasi.
Ecco… Io di notte la sogno e la vivo.
Di notte siamo insieme. Siamo terribilmente lontani, ma insieme, perché possiamo vedere la Luna nello stesso istante.
Perché noi, in fondo, non ci conosciamo affatto. Eppure lo so, lo sento… Sarei in grado di riconoscerti tra milioni di persone.
Non importa chi siamo ora, quanti anni abbiamo, che vita viviamo.
Tu ed io, in un modo o in un altro, ci ritroviamo sempre.
A distanza di giorni, di secondi, di anni. Sempre.
Quanto vorrei farla durare questa notte.
Quanto vorrei essere per te lo scrigno di ogni tuo segreto, di ogni debolezza. Sai… quelle cose serie che raccontiamo solo a noi stessi.
Ma la notte di serio non ha proprio nulla. Ed io, con il giorno, me ne vado silenziosa.
Senza conoscere. Senza conoscerti.
Perché io ti aspetto, si, ma non ti conosco.
Come nei film.
Stavolta però il posto lo scelgo da sola.
Sai, le tue parole mi hanno creato quel senso di turbamento interiore (che non è un senso qualsiasi)che nasce dalla pena d’amore. Questa forza amorosa è il segno di un conflitto tra la mente e il cuore. Per me non esistono il giorno e la notte: la vita affettiva dei sentimenti e delle emozioni non ha su di me un oscuro potere distruttivo perché mi accompagnano sempre degli oggetti che riescono ad esprimere quel senso di tenerezza per la persona. Gli oggetti della nostra tenerezza assumono un significato religioso per le anime contemplative: le anime che credono che la vita vera consista in questo raccoglimento pensoso. La paura di ripiegare sull’interiorità le allontana dal pensiero di Dio. Le creature sono la strada attraverso la quale Lo rivedono e Lo ricreano continuamente nella loro mente, ripensandone la bellezza, accettandone il dolore e la distanza che insegna ad amare la separazione definitiva, ma anche la lontananza da lei e quindi dalla morte.
Finis in latino significa limite: confine estremo o fine ultimo. Questo dipende dal sentire. Tu hai una sensibilità più raffinata della mia, così mi è sembrato di capire. Fai bene a non farti travolgere dalle passioni: il tuo è un dolore diverso, ma comunque complementare al mio. Per te conoscere significa vedere, ops: toccare! Se proprio devo dirla tutta, prendere posto conviene anche a me perché è giusto che gli spiriti vitali presiedano la vita sensitiva anche al di là del pensiero. La capacità di dominare le passioni porta verso una visione profondamente drammatica e pessimistica della vita quando è priva di una progettualità. Se non ti dispiace per adesso mi accontento di essere un po’ sciocca. Tu fai bene a essere dura e indifferente. Fa parte della vita.
Ma è la solita storia, c’è chi vede il dito che indica la luna, chi vede la luna e chi, come me ed altri saggi, poetizza meno ma si gargarizza una boccia di narda in uno zit.