Provo a lanciare nell’etere un semplice ma importantissimo quesito: secondo tutti voi, essere legati da vincoli di sangue, cioè essere parenti (zii, cugini, sorelle, fratelli, etc. ) implica naturalmente il volersi bene oppure si può essere parenti e scannarsi a vicenda o ancora essere parenti e ignorarsi per assoluta indifferenza…? Come si può spiegare tutto questo…?
Lettera pubblicata il 9 Novembre 2010. L'autore ha condiviso 31 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore kekkoufo5.
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Categorie: - Famiglia - Riflessioni
Per esperienza quando arrivano i problemi legati a soldi e successione puo’ crollare tutto. Idem quando viene a mancare la figura portante della famiglia, il nonno “che ci tiene” per esempio.
I legami di sangue fanno famiglia per chi ci tiene. Per chi non ci tiene sono i parenti non sono nulla, o peggio sono nocivi.
Grazie Colams. Ci tenevo a precisare che nel mio caso non vi sono alcune implicazioni di natura economica e/o proprietà. E’ solo che manca la stima e l’affetto tipico di chi è parente in senso stretto. Questa è una situazione che è sempre esistita principalmente perchè mi riferisco ad un nucleo variegato di parenti che vive a distanza (sparsi qua e la per l’italia). Quindi regna sovrana l’indifferenza poi se proprio ci si deve incontrare da parte loro verso di me sussiste della cattiveria gratuita (come se fossi lo zimbello strano di famiglia da paraculare) ma di fatto non è mai accaduto nulla.
Allora secondo me e’ perche’ manca il senso della famiglia e/o manca il patriarca che vuole tutti uniti e che nessuno osa contraddire. Poi lontano dagli occhi, lontano dal cuore..
innanzitutto un legamen di sangue non implica che ci si debba amare e volere bene. sono solo parenti. il che significa tutto e niente. c’è gente piu legata al gatto che ai nonni. c’è gente che per la famiglia ucciderebbe. non è il sangue , che conta. ma l’educazione e il ‘volersi bene’. quelle cose non le erediti per via nobiliare. o le hai o non le hai. dipende da come uno è cresciuto e da cosa ha appreso, e da quanto è disposto a rinunciare, in favore degli altri, cosa che di questi tempi, si vede ben poco.
Ringrazio anche te Dancan…. io resto ovviamente male perchè il caso ha voluto che tutti questi parenti si amino tra loro “appunto” eccetto me. Ne consegue che nelle feste comandate io resto di fatto solo mentre loro si riuniscono alla grande. E’ quindi a me che manca la famiglia.
Ciao Kekko (scusa l’abbreviativo),
hai lanciato una patata bollente. E’ una questione complicata e troppo spesso polemizzata sul fronte morale ed etico. Cosa dirti?
Ti dico quello che penso io cercando di essere schietta e semplice per quanto possibile. Partiamo dal presupposto che la mia visione è contestabile, come quella di tutti e la mia non ne è altro che una delle tante possibili chiavi interpretative.
Io credo che dei soli legami di sangue non siano sufficienti per implicare un sentimento che concepisco profondo quale è l’affetto vivo e sentito. Trovo peraltro ipocrito il telefonarsi per gli auguri di Natale e sparire per gli altri 364 giorni dell’anno. E’ un pò come andare al cimitero il 1° novembre a mettere i fiori belli, che la gente guarda, e fregarsene del significato intrinseco della commemorazione sincera.
I parenti non sono altro che delle persone che per diversi motivi e gradi di vicinanza cosanguinea hanno avuto qualcosa di vago in comune con te, fosse anche la bisnonna. Dove stà scritto che bisogna intrattenerci per forza un rapporto?
Dancan l’ha buttata sul piano del degrado morale: “dipende da come uno è cresciuto e da cosa ha appreso, e da quanto è disposto a rinunciare, in favore degli altri, cosa che di questi tempi, si vede ben poco.” Ecco, nelle sue parole mi sembra (MI SEMBRA!) di cogliere una sorta di critica al legame sempre più sregolato con i parenti. Ebbene, a me fare di tutta un’erba un fascio non mi piace. Non mi piace nemmeno l’educazione da manuale, il vademecum dell’uomo o della donna a modo, nè tanto meno il doverismo solo in nome dei RUOLI. Nella mia vita ho imparato a considerare le persone in nome di quello che esse sono, provando a conoscerle per l’essenza loro propria anzichè per il ruolo che ricoprono, sia esso parentale sia esso status sociale (es. uno zio che viene considerato migliore degli altri perchè che ne so dirigente/manager/con la macchina fi.. e il conto lievitato). No, mi dispiace, mi rifiuto di voler mantenere rapporti con chi non mi piace, indipendentemente da chi esso/a sia. Laddove una persona si dimostra onesta, vera e rispettosa, sono la prima ad accoglierla a braccia aperte, sia un parente stretto, un parente alla lontana o il clochard sotto casa. Ma laddove regna la cattiveria, la falsità, la saccenza, il tornaconto i contatti, grazie, per me sono chiusi. Questione di dignità che voglio dare a ed esigo da me stessa. Nè più nè meno.
Ciao. Io penso che i legami di sangue siano qualcosa di “diretto”, mentre i legami non di sangue siano “indiretti”, questo per dire che diretti o indiretti che siano i rapporti possono essere buoni o pessimi a prescindere, i primi li hai sin dall’inizio mentre i secondi li acquisisci.
Io ad esempio ho dei parenti a cui voglio molto bene così come ce ne sono altri che non sopporto, che si sono staccati dalla famiglia, con cui non ho a che fare e con cui non voglio avere a che fare, esattamente la stessa cosa che accade con amici o colleghi. Non perchè un soggetto sia parente o legato in qualche modo alla famiglia sia obbligatorio volergli bene, è tutta una questione di circostanze, di carattere, esperienze.
Ti faccio alcuni esempi… Ho uno zio che ha un caratteraccio e che ha litigato praticamente con tutti, vuoi per l’invidia, vuoi per la sua cattiveria, ormai non fa più parte del nostro nucleo familiare e se ne sta per conto suo, lui vive la sua vita, noi viviamo la nostra, ovvio che rimane sempre mio zio, ma per me non è più nessuno.
Con mia zia invece ho un rapporto eccezionale, le voglio un gran bene e lei ha grande considerazione di me, è quasi più un’amica, una confidente, comunque una persona che vedo sempre molto volentieri.
Una via di mezzo? Mio cugino. A mio cugino voglio bene, anche con lui ho un bel rapporto, anche se ci sono delle cose nei suoi riguardi che mi piacciono poco. Ad esempio, quando si fanno i “raduni di famiglia” mia mamma mi impone di esserci mentre lui si fa sempre i cavoli suoi, viene solo quando gli fa comodo, io ho studiato e mi sono fatto un mazzo assurdo per laurearmi, lui invece l’unica cosa che è riuscito a fare è sposarsi, separarsi e combinare un macello, la differenza sostanziale è che io per meritarmi un “bravo” devo rompermi la schiena mentre lui un “poverino” se lo prende sempre d’ufficio.
Come vedi, ogni famiglia ha le sue pecore nere, sta a noi capire quali sono le persone migliori da amare e che ci amano, parenti o non parenti che siano.
Davvero vi rinrazio tutti. Posso stilare un concetto quasi rappresentativo. Non avendo fatto io del male a nessuno ma riscontrandomi vittima di una situazione forse imputabile alla storia dei miei genitori – in particolare il babbo – devo solo farmene una ragione. Legame di sangue non corrisponde al volersi bene per forza. Bene, chi ci rimette le penne sono sempre io perchè questi parenti tra loro sguazzano in una certa armonia, io resto solo e me ne devo fare una ragione. La mia compagna, per sua sfortuna, ha tutti i suoi parenti deceduti eccetto un fratello quindi immaginatevi come posso dire di avere una famiglia. A me la famiglia in senso all’argato mi è sempre mancata e la vorrei ma non la posso avere. Tutto qua.