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Lettera pubblicata il 18 Novembre 2012. L'autore, Rabbit, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Grazie anzitutto Colam e Luna delle vostre risposte, mi fa molto piacere avere questo scambio di opinioni.
Il distacco potrebbe essere una forza, sì, ma il mio modo di vedere le cose me lo presenta come semplice rassegnazione; più che distacco è come se me ne stessi di fronte alla situazione del caso senza provare emozioni o prenderne parte sia nel bene che nel male. Ed è quello che più o meno sto facendo con la vita, non vedo più scopi o progetti che possono valere la pena di farmi restar vivo. E premetto che non ho mai avuto desideri particolari come soldi, auto, abiti firmati o aggeggi inutili. La semplicità basta e avanza se la si apprezza nel modo giusto.
Detto questo, forse è vero che il tempo darà risposta a tutto, ma anche il semplice fatto di aspettare la fine mi angoscia, sembra quasi che la desideri questa fine. Mi sembra di essere in un corridoio con tante porte ai lati e tutte promettono cose nuove, belle o brutte. Ma io preferisco andare in fondo al corridoio dove la luce è assente o peggio ancora me ne sto immobile senza nemmeno camminare.
Forse è vero, come dici tu Luna, che uno stato simile non deve essere un invito a farla finita ma un imminente e probabile cambio di vita, solo va trovato e capito. Ho sperimentato per un pò cosa significhi “voglia di vivere” e per qualche anno mi è piaciuto. Adesso lo vedo come un vestito che non mi sta più o peggio ancora come se non avessi il diritto di indossarlo.
Certo non ho niente da perdere se agissi in modo differente ricominciando a fare le mie cose; quello che mi blocca è che mi sentirei obbligato, come dire… “mi toccherebbe vivere”. E credetemi, mi spiace scrivere questo se penso a quante persone vorrebbero vivere ma non possono per problemi di salute. Per questo vorrei tanto regalare la mia vita a chi se la merita e la desidera davvero.
Sì, l’isolamento per certi versi mi affascina e il “troppo pensiero” alla fine si riduce a un “non pensiero” dato che voglio limitare l’attività cerebrale al minimo, tranne quando mi pongo questi quesiti.
Lo so, è davvero strana come situazione…
neppure tanto, anche se ora hai i tuoi ‘flashoni’. E ciò te lo dico non per minimizzare il tuo stato d’animo. Ma per rammentarti che non è che ora vedi più chiaro di quando avevi voglia. Non c’è nulla di male a stare male, a parte che si sta male. E c’è chi impara ad avere un problema anche cronico accettandolo/accettandosi e realizzando una sua qualità di vita, perché il progetto è quello, non la bipolarità, il diabete, l’ansia… Ma intendo dire: accettare di poter avere anche fasi depressive è diverso da pensare che quando hai 40 di febbre vedi la realtà e quando 37 sei stolto. Anche se quando uno è in crisi c’è un senso e una ragione. Magari anche uno scompenso chimico. Regalare la vita agli altri, come dici tu, è un astratto ‘filosofico’. Puoi regalare il tuo tempo ad altre persone, o anche al gattile e al canile, o raccogliendo le immondizie in un bosco. Questo è concreto. Utile davvero. Anche a te, probabilmente. Quando si è depressi non è vero che andare a vedere chi sta peggio relativizza. Semmai, essendo senza filtro, senti tutti i brividi del mondo. Quindi non ti parlo di volontariato per forza dove c’è chi sta male quanto
non puoi reggere. Ma, dico per dire, invece di dire che faresti scambio, la tua morte per la vita di qualcuno, che, a meno che tu non abbia davanti dei terroristi, è un astratto, piuttosto cuci una pigotta per l’unicef o registra un libro per i ciechi. Rabbit, dico per dire, anche se dico seriamente, ma non la faccio facile nè minimizzo. I flashoni son flashoni, etc. Massimo rispetto. E, tra l’altro, avendo già lottato su questo fronte puoi avere anche le palle piene. Io posso dirti che le crisi, nella mia vita, finora, a posteriori, han sempre avuto, a parte una (o più) causa, un senso. La cosa del vestito la conosco. Cioè, una metafora che personalmente conosco. Mi ricordo anche dov’ero quando ci pensai. Io, all’epoca, in quella crisi lì, reagii facendo sei esami all’università. Di cui, in quel momento, per inciso, non mi fregava una fava. E anche quando prendevo 30 o mi alzavo io dicendo “mi scusi, in effetti non so un tubo, arrivederci” era come se succedesse a qualcun altro. Però uscivo di casa alle 7 del mattino, ogni giorno. E in qualche modo mi davo ordine. Perché in me dovevo starci. E sarei scappata volentieri. Ma avevo deciso di aspettare. Che passasse nuttata. Anni dopo, quando ho avuto un diverso e duro e lungo periodo di merda ho cercato di ricordarmelo. Cosa aveva avuto senso. Cos’era servito.
Luna hai ragione in tutto e non posso ribattere. Nel proprio vestito alla fine bisogna starci e qualsiasi cosa succeda ha sempre e comunque un perché.
E so che non posso reggere così come sono adesso, è impossibile.
Ammiro il fatto che tu per reazione a uno stato di disagio abbia dato così tanti esami in un colpo solo, a me il solo pensiero avrebbe tolto le forze in partenza.
Pensa che quando cominciavo a stare meglio mi ripetevo “A star male ho capito come si sta; vediamo adesso come si sta a sentirsi più di buon umore”. Funzionava. E adesso mi verrebbe da rispondere “non era tutto questo granché, torniamo indietro”. E ripeto, non sono il tipo che pretende chissà cosa, anzi…
Visto che è saltato fuori il discorso del volontariato… lo faccio già 🙂 Ho un’associazione in cui ci occupiamo di conigli nani abbandonati (ebbene sì, abbandonano anche coniglietti), li togliamo dalla strada, li curiamo e li diamo in adozione. E abbiamo uno spazio tutto nostro in un bellissimo parco naturale dove gestiamo i recuperi e gli stalli. Devo dire che è l’unica cosa che mi fa sentire utile, lo sguardo di un coniglio che capisce l’amore che gli sto trasmettendo o vederlo correre felice sapendo che avrebbe rischiato la vita se l’avessi lasciato dov’era è impagabile. Nella mia zona non c’è nessuno che lo fa, per questo mi sento sollevato al pensiero che forse la mia presenza serve a qualcosa. Col mio post iniziale però non voglio sminuire questa attività, è solo che non riesco ancora a vederlo come un progetto futuro perché in effetti non riesco più a progettare niente, tanto “tra poco tutto finisce”, è questo che continuo a ripetermi. Ma se non altro cerco di farlo bene anche se ha i suoi lati negativi per una persona molto sensibile agli animali. E anche adesso che scrivo e guardo i miei conigli che sonnecchiano tranquilli penso sempre che finché ci saranno loro ci sarò anch’io.
Ma anche se mi capita di lasciare del cibo ad un barbone, o aiutare un anziano a salire le scale penso per un attimo alla sua situazione sfortunata ma ritorno subito sui miei passi, anzi, mi capita di desiderare di esser come lui, o meglio fare a cambio. Mi impersono nel suo disagio e ci sto ancora più male invece di pensare che in quel momento gli son servito d’aiuto.
Che meraviglia i coniglietti! I coniglietti aiutati e sostenuti! 😀 Ah, ecco perché ‘Rabbit’! 🙂 – Ti ho già scritto che quel tipo di empatia senza filtro, di cui parli nelle ultime righe, non mi stupisce. E neanche altre cose che scrivi di stupiscono. C’è poco da stimare nei miei tanti esami. Credo fu istinto, no virtù. Perché, ti ripeto, a me di quegli esami non fregava una fava. E non nel senso fancazzista del termine. Quando ti dico che per me prendere anche trenta era ICS son sincera. E io son una che ha senso del dovere, responsabilità, certo. Ma soprattutto una a cui leggere, imparare, piace. Ai voti ho dato sempre poca importanza. La questione non era ‘stare in media’ o ‘senso del dovere’. Non so neanch’io perché quell’anno ne ho fatti tanti. La mia mente era altrove. O meglio, su altro, ma troppo dentro. Come chi sta lì a sentirsi respirare. Passata la nuttata comunque li avevo fatti. E non era importante di per sè, ma perché erano coerenti
con un mio percorso, non accademico, ma mio, più ampio e insieme più preciso, più istintuale. Allora mi viene da dirti, così, che forse non è strano che in tutto questo tuo ‘abbandono’ tu non abbia perso il filo coi tuoi coniglietti. Anche se magari il perché ti sarà più chiaro un domani. E anche se magari non come ‘salvatore’ di coniglietti. Rabbit, anni dopo io ho una fase complicata e pazzesca. Veramente difficile. In parte mi son anche ‘scollegata’, ho lasciato crescere erbacce nel mio giardino… Però, anche se non son stata dietro a tutto, anche se rifletto su errori e tilt, ci son delle cose, che mi somigliano, che anche nei momenti peggiori, anche inconsciamente, istintivamente, non ho mai abbandonato. Da cui veramente e totalmente non mi sono mai ‘scollegata’ anche quando era dura davvero, contingentemente e dentro me.
Buongiorno, che interessante discussione!!mi rivedo in Rabbit e il conforto trovato nelle risposte è prezioso.. essere ‘compresi’ è impagabile. Eccomi tra poco 40 enne e faccio l’impiegata (mera e semplice impiegata) da qnd ho 19 anni.
Ho un lavoro, ma io sento di nn essere nata per fare qst. Hobby fitness e mi sono anche data da fare per prendere diplomi e quant’altro ma nessun titolo accademico (altro rimpianto). Sono bloccata perché sono mamma e single. (anche qui rimpianto per l’ex, per non essermi realizzata nemmeno personalmente). Se avessi fatto altre scelte ora non sarei così piazzata!Ma forse è perché SONO COSì – quello che si crea è lo specchio di quello che siamo internamente. In un mondo ideale mi vedo felice che l’uomo che amo e imprenditrice di un centro, di una palestra o forse medico……con 2 bambini/e e con tanto amore. invece no, drammi e malattie familiari e sento da sempre molto di più il dolore che la felicità!Che posso fare?Non sento di vivere la MIA vita. A volte sento proprio di non valere e vorrei solo sparire. Avrei potuto fare grandi cose se solo “avessi saputo cosa volevo dalla vita”. E’ qll il segreto di tutto. Ora i treni sono passati e io sn in stazione che osservo gli altri. Probabilmente per essere “normale” dovrei imbottirmi di antidepressivi e fare terapia (solo per essere come gli altri)è questo che è impossibile da accettare.