Sono ossessionato dalla morte. Non sono depresso. Almeno non credo: non sono psicologo, né medico.
Fino a qualche mese fa ero in preda alla disperazione più nera. Adesso però è diverso. Forse mi sono rassegnato.
Alla fine di novembre mi si è scaricato il cellulare: non l’ho più ricaricato. Mi sono chiuso in casa, non ho più visto né sentito nessuno.
Mi sento tranquillo. Sollevato.
Non sono dispiaciuto per quello che è successo in passato; non sono nemmeno particolarmente euforico riguardo al futuro. Non sono nulla, in effetti.
Me ne sto nel mio stoico stato contemplativo, a rimuginare, assillato dall’idea di morire non per fuggire da qualcuno o qualcosa; non per risolvere problemi economici o guarire dolori dell’animo, no… sono filosoficamente, scientificamente interessato a sapere cosa c’è dopo la morte! O dopo la vita, suppongo.
Ho come la sensazione di avere bene o male fatto le principali esperienze umane, e che l’assaggio sia stato sufficiente.
Adesso è tempo di andare oltre. Sarebbe da irresponsabili perseverare.
Mi chiedo quanto sia normale questo genere di motivazione.
Ho come la sensazione di essere in un videogame. Di cui sono a un tempo programmatore, protagonista e giocatore.
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Categorie: - Me stesso
Ciao Malato immaginario, capisco queste tue molteplici ossessioni,(cibo, te stesso, il prossimo, la morte, il tempo) da una parte sembra che tu le odi e allo stesso tempo non ne puoi fare a meno. Secondo me dovresti focalizzare le tue energie e attenzioni su attività costruttive, magari condividendo esperienze con qualcuno. Anche perchè sia che tu sia ossessionato o meno devi continuare a convivere con te stesso, il tempo, il prossimo ecc. Quindi lascia perdere queste tue ossessioni e dedicati a qualche cosa di più importante e coinvolgenti. Spero che il mio punto di vista ti sia utile. Ciao Buon Anno !
“Alla fine di novembre …Mi sono chiuso in casa, non ho più visto né sentito nessuno.”…
Pifferi, dovevi avere un frigorifero ben capiente e zeppo di cibo se dalla fine di novembre ti sei barrato in casa e non sei più uscito. Mi hai ricordato gli hikikomori, fenomeno giapponese (ma in espansione pure da noi), di persone che si barrano in casa evitando ogni contatto con l’esterno. Anche loro si sentono sollevati e tranquilli lontani dal mondo. Inutile sottolineare che quello di potersi isolare è un lusso che non tutti si possono permettere. Sai perché le tue considerazioni attualmente non valgono nulla? Perché alle spalle degli hikikomori come te ci sono sempre familiari che giocoforza si sono fatti carico della situazione. Ma nel momento in cui i tuoi bisogni primari smettessero di essere soddisfatti, non avresti davanti a te che due sane e corroboranti scelte: o essere pronto davvero a morire (mentre ora ti stai limitando a far filosofia attorno al trapasso), o essere costretto ad uscire per trovare un lavoro, così da poter mangiare con cibo comprato da te, dichiarando così implicitament la tua scelta di vita (mentre ora ti stai limitando a far filosofia attorno ad essa). Finché ti puoi permettere il lusso di restare nel limbo restaci, se ne ricavi serenità. Non dimenticare però che il limbo è appunto tale: né vita, né morte. Visto che la morte non la potrai comunque evitare, un giorno, non vedo tutta questa fretta di andarle incontro… perché piuttosto non provi a scegliere la vita? Quella che stai facendo adesso è solo la parodia di essa. Un isolato, appunto.
Facci leggere buone nuove nel 2012, se possibile 🙂
Ciao. Anche io nutro un profondo interesse per la morte. Diciamo che ne subisco il fascino perverso. La maggior parte di ciò che leggo, scrivo, ascolto etc a che fare con essa, da sempre, da quando ero poco più che una bambina e ora di anni ne ho 33.
Io capisco benissimo la tua ossessione ma non puoi rinchiuderti in casa per questo. Esci, vivi, reagisci allo stato apatico nel quale ti sei rinchiuso altrimenti, una volta morto, potresti restare deluso da ciò che ci sarà o non ci sarà “dopo la vita” ma allora non potrai più farci nulla.