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Quegli occhi che non troveranno nessuno

di mpoletti

Gentili Direttori,
eccomi qui a scrivervi per la seconda volta. Lo faccio alle 23 di una calda e umida serata milanese, mentre – grazie a youtube – ascolto “Lacrymosa” degli Evanescence.
Considerando ciò che scriverò di seguito, “Lacrymosa” non è – forse – la canzone più indicata: “Un disperato bisogno d’amore” degli Stadio sarebbe più logica…Ma i sentimenti sono logici? Credo proprio di no, quindi direi che va bene così….
Ormai, le sere passano tutte così: una veloce pulizia dello spam sulla casella mail, un “mi piace” alla frase che l’ “amico” di Facebook ha pubblicato sul suo profilo, la pubblicazione su flickr delle ultime foto scattate e…basta: domani la sveglia squillerà – come sempre – alle 6.30, ma io non riuscirò ad alzarmi prima delle 7.15. I pensieri che mi assillano mi avranno tolto minuti preziosi di sonno: pensieri di solitudine affettiva, l’unica “cosa” che mi fa compagnia nella mia vita, da quando sono nato, 34 anni fa.
Arriverò in ufficio fra i primi, ma tutti non mi rivolgeranno nient’altro che un veloce saluto: siamo tutti troppo impegnati nel nostro lavoro per pensare ad altro…e, comunque, c’è sempre la pausa pranzo. Già: la pausa-pranzo: quei sessanta minuti “rubati” al lavoro, in cui (tra una forchettata di pasta scotta e un bicchiere d’acqua che sarà sempre troppo calda, data la stagione) potrei parlare con gli altri di cosa mi piace, di cosa farò una volta timbrato il cartellino. Non è un caso che ho usato il periodo ipotetico: so già che non sarà così. La discussione procederà nel solito modo: io proporrò di fare qualcosa, sabato prossimo, ma l’entusiasmo di tutti svanirà davanti alla macchinetta del caffè. Non perché penseremo a quanto ci tocca affrontare nel pomeriggio, no: un collega si ricorderà dell’impegno precedentemente preso, un altro si lamenterà del costo della benzina per “arrivare fin lì”, un terzo vorrà stravolgere tutto e, alla fine, non se ne farà nulla.
Tornato in ufficio, mi ritufferò nel lavoro, che è diventato una specie di droga, come ogni cosa che impegna la mente: mi permette di non pensare alla solitudine. Alle cinque prenderò il tram, dando un’occhiata distratta agli “eventi” che Milano propone: cinema a parte, tutto il resto risulta noioso, se fatto da solo.
Tornato a casa, prenderò la macchina fotografica: per un paio d’ore, consciamente, i miei occhi vagheranno alla ricerca di un soggetto…In realtà, inconsciamente, quegli stessi occhi vagheranno alla ricerca di un paio di orecchie disposte ad ascoltare e – perché no – di una bocca disposta a sorridere e a parlare, sperando che – un giorno – diventi la bocca che potrò baciare.…ma so già che i miei occhi non troveranno nessuno…..

Lettera pubblicata il 5 Luglio 2013. L'autore ha condiviso 13 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 2 commenti

  1. 1
    Sofia89 -

    Nessuno Vede.
    Si limitano a guardare.
    Gente così ha un colore troppo scolorito, svanito, sempre più uniformato al mondo…
    i tuoi occhi potranno solo Vedere un colore più vivido.
    Non ricercarlo fra i fantasmi.

  2. 2
    Gabriele -

    Ciao ho letto il tuo sfogo.

    Dai importanza alle persone sbagliate, abituate alla routine quotidiana che non hanno alcun interesse a cambiare.

    Purtroppo il lavoro logora.

    Ciao.

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