Salve. Credo di aver raggiunto il fondo, lo dimostra il fatto che ho creato un account appositamente per scrivere una lettera in questo sito, in mancanza di qualcuno che sia disposto ad ascoltarmi senza giudicarmi nella vita vera. Non che io conti di trovare chissà quale interlocutore su questo indirizzo, ma procediamo con ordine.
Sono un ragazzo di 21 anni, depresso da quando andavo alle medie, iscritto a una facoltà scientifica che detesto con tutto il cuore, e sono gay e transgender. Sì, avete letto bene, sia gay che trans. No, non sono mutuamente esclusivi. Sono un uomo cresciuto con le fattezze di una donna e, contemporaneamente, sono attratto dagli uomini. Non provate a dire che sono confuso, che sono solo una ragazza etero un po’ mascolina o altre baggianate di questo tipo, non le starò a sentire. Potete immaginare il disagio che vivo, considerando che la società non accoglie ancora le persone come me, checché ne dicano i mass media o i politici, tuttavia il mio malessere non nasce solo da questo.
Ho un padre che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico, bigotto, retrogrado e, come se non bastasse, irascibile, ha ammesso lui stesso che se avesse un figlio gay/trans lo picchierebbe fino a farlo “guarire”. Come se ciò non bastasse, pretende di controllare tutto della vita dei figli, amicizie, partner e facoltà. E sotto costrizione sua che mi ritrovo a studiare materie che non sopporto e in cui non sono nemmeno bravo, solo perché le carriere scientifiche sono le più redditizie.
Mia madre non è messa tanto meglio: lei e mio padre litigano praticamente da quando riesco a ricordarlo, eppure non ha mai pensato di lasciarlo e, anzi, spesso e volentieri lo appoggia e lo sostiene. Ha inoltre chiare preferenze sui figli, sono sempre stato il suo preferito per via dei miei voti alti. Questo non mi risparmia dai suoi commenti passivo aggressivi e dagli insulti al mio modo di vestire o di presentarmi o anche solo al modo in cui cammino.
Quanto a mia sorella, mi odia da quando sono nato per nessun apparente motivo. La mia teoria è che sia gelosa delle attenzioni che ricevo, o forse non sa come sfogare la sua frustrazione in altro modo se non insultandomi e prendendomi in giro ad ogni occasione. Quando ad apertura mentale, non è tanto diversa da mio padre.
Ho anche un fratello, che è uno dei pochi motivi per i quali non l’ho ancora fatta finita, però so che il nostro rapporto cambierebbe se conoscesse il mio vero io. È questa la realtà di noi persone LGBT, dobbiamo prendere in considerazione l’idea che l’affetto dei nostri cari non sia così incondizionato come sembra. E ho vissuto questo scenario sulla mia pelle.
Finite le elementari, facevo fatica a trovarmi degli amici. Non ho mai capito perché, penso ci sia qualcosa di ripugnante nel mio essere che le persone riescono istintivamente a scorgere, come la livrea colorata di una rana velenosa che avvisa i predatori; mia madre ha spesso parlato di autismo, ma mio padre (che chissà perché odia gli psicologi) non ha mai concesso una valutazione, quindi non ne sono certo. Ad ogni modo, i miei coetanei mi consideravano strano, mi sbeffeggiavano e, soprattutto, mi escludevano e sparlavano di me. Bullismo o meno che fosse, questo ostracismo mi fece sprofondare in un baratro da cui non sono più uscito, tanto che anche il mio rendimento scolastico è peggiorato permanentemente.
Non riuscivo a concentrarmi come prima, le materie che un tempo amavo erano diventate incomprensibili e, per di più, mi sembrava tutto privo di senso. Che conforto può dare un buon voto, se sei completamente solo? Nessuno. Il mio unico conforto erano i miei strani interessi – videogiochi, musica vecchia, animazione – e, più di tutto, l’arte. Non sono un grande artista, però penso che morirei sul colpo se mi portassero via la possibilità di disegnare e scrivere.
Verso la fine delle medie, riuscii a racimolare degli amici che si potevano contare sul palmo di una mano. Pochi, ma buoni, almeno così pensavo. In realtà, mi abbandonarono quasi tutti poco dopo l’inizio del primo ginnasio…tranne una.
Era una ragazza molto più intelligente di me, non c’era materia in cui non eccellesse, la invidiavo molto per questo. Ciononostante, ci sentivamo spesso, pur frequentando istituti lontani e diversi e avevamo molti interessi in comune. Mi fidavo di lei. Ed è stato un errore.
Mi sono fidato talmente tanto da dirle la verità, da confessarle il mio segreto più profondo ed oscuro. A differenza della mia famiglia, era molto più aperta verso questo genere di argomento, ero certo che mi avrebbe accettato. Non fu così. Mise in dubbio la mia identità, insinuava che fossi solo confuso, che non potessi sapere chi fossi visto che non avevo rapporti di amicizia con nessuno al di fuori di lei. Dopodiché, è sparita. Sono passati alcuni anni da allora. Non ho mai bloccato il suo numero, l’ho ancora salvato nella rubrica, ma non mi ha mai ricontattato.
Lezione imparata: non esistono amici.
Così come non esistono famiglie felici, percorsi di studio piacevoli o professori che quantomeno si accorgono del travaglio dei propri allievi. Non per me, almeno.
Vedo le persone della mia età che si fidanzano, escono con chi vogliono, si vestono come vogliono e si realizzano, passano tutti gli esami e si laureano in tempo. Guardo i miei compagni di corso, con le loro famiglie perfette, le loro vite perfette, le loro carriere perfette e già a gonfie vele, mentre io sono inchiodato qui, indietrissimo con gli esami, solo per soddisfare i progetti dei miei genitori.
Non ho motivi per andare avanti. Tra qualche mese saranno dieci anni che penso al suicidio.
La depressione non è come la dipingono i film, plateale e drammatica, né leggera e finta come certi idioti affermano per criticare le nuove generazioni. È più come un livido che non passa mai. Alcune volte ti fa male solo se lo premi, altre volte ti fa male a tutte le ore. E non se ne va. Non si migliora.
C’è chi convive con il livido per tutta la vita. Io ci ho provato. Ho provato a farmi mandare giù tutto questo veleno, ma sono pur sempre un essere umano. Ripugnante, emarginato e con poche aspettative, sì, ma umano. E ne ho abbastanza.
Non sto annunciando un tentativo di togliermi la vita, state tranquilli. Sono troppo codardo per farlo, mi servirebbe una spinta bella grossa per superare la paura dell’ignoto oltre la morte. E vi anticipo che ogni argomentazione positiva tipo “la vita è un dono inalienabile!” o “si possono sempre trovare delle persone che ci accettano!” verrà ignorata.
Quello che voglio è sfidarvi a trovare un motivo per il quale una vita come la mia abbia valore. Sono insignificante, debole, noioso e, come avete visto, logorroico e pessimista.
Sono certo che mi darete ragione.
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Categorie: - Me stesso
Atramentum,
la situazione che descrivi è desolante e difficilissima da affrontare.
Basta estrapolare quanto segue:
-“depresso da quando andavo alle medie, iscritto a una facoltà scientifica che detesto con tutto il cuore, e sono gay e transgender”
– “un padre che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico, bigotto, retrogrado e, come se non bastasse, irascibile, ha ammesso lui stesso che se avesse un figlio gay/trans lo picchierebbe fino a farlo “guarire””
per avvicinarsi al pesante disagio che vivi in casa, che poi si estende ai compagni di scuola e rende quasi impossibili le amicizie.
Secondo me, potresti trarre qualche vantaggio se ti riuscisse di allontanarti da una famiglia così aspra e penalizzante, magari cercando di mantenere un filo di collegamento con tua madre e tuo fratello. Hai qualche parente che ti possa ospitare?
Se non ti restano molti esami da superare, finisci più presto che puoi il corso di studi iniziato e sforzati nel frattempo di acquisire autonomia economica.
Carissimo, mi unisco ai consigli pratici che ti ha dato Rossana, fermo restando che anche il tipo di studi che hai intrapreso, se non fa per te e non sei troppo avanti nel percorso verso la laurea, può anch’esso essere cambiato. Eh sì, perché se è vevo — com’è vero – che tu ti trovi in una situazione molto difficile, sotto vari punti di vista, è altrettanto vero che, almeno secondo me, dovresti imparare a mettere a fuoco chi sei, quali sono le tue propensioni e esigere che esse vengano rispettate. Ovviamente non ha torto chi afferma che le carriere scientifiche offrono più sbocchi rispetto a quelle artistico-umanistiche, ma se sei più portato verso queste ultime e le prime, invece, non fanno proprio per te, hai il diritto di seguire ciò per cui sei più portato, sapendo che dovrai, soprattutto all’inizio, adattarti a qualunque lavoro pur di sbarcare il lunario. Perché sì, è importante poter mandare a quel paese tutti coloro che ci tormentano, ma da che mondo è mondo
questo possiamo farlo solo se godiamo di una sia pur minima autonomia economica, che può essere conquistata con qualche lavoretto nel mentre che si studia. Infine, la parte più importante: il tuo intimo, il tuo io. Un intimo e un io che devi imparare ad accettare tu per primo, capendo ciò che sei e ciò che vuoi conseguire. E non vergognandoti di dire alle persone, forte e chiaro, ciò che sei. Ci sarà chi ti respingerà ma ci sarà, prima o poi, chi ti accetterà. Io non parlo per dire, ma perché una condizione di diversità la vivo anch’io, poiché sono una persona cieca dalla nascita e questo mi ha causato non pochi problemi di carattere pratico e psicologico, con rifiuti più o meno velati da parte di tante persone. Ma le poche che mi hanno accettato per me son valse come migliaia e mi hanno aiutato, nella vita, a distinguere il grano dalla pula, ovvero le poche cose e persone che contano per davvero rispetto alle tante, troppe, che non possono darci nulla. Un saluto affettuoso.
Atramentum, pezze calde a parte, credo che l’unico conforto sia entrare in stretto contatto con gruppi che vivono le tue stesse condizioni. È quantomeno un momento storico favoverevole da quel punto di vista, e all’intero queste associazioni, oltre a trovare sfogo alle tue angosce potresti trovare anche una soluzione logistica più adeguata. Provaci, non ti costa nulla.
Che dirti?
Dovevi saperlo sin dal principio che la società è bastarda fino al midollo che non accetta la diversità ma bensì la omologazione. Quindi dovevi farti furbo tenendoti la cosa solo per te passando in incognito. Pensa a studiare che un diploma o meglio ancora una laurea ti cambierà la vita, in compenso cercati un posto dove puoi stare isolato da tutto e da tutti, perché la gente al giorno d’oggi mio caro ragazzo è bastarda e fa letteralmente schifo.
Per quanto riguarda il pensiero del suicidio levatelo dalla testa e costruisciti un bel paio di palle, vivere non significa soltanto stare al mondo.
Spero di esserti stato utile.
Com’è strana la vita atramentum.. pensa che io invece sono una donna ma sono nata con tendenze mascoline, sono etero ( almeno per l’ 80% ) e rispetto alla comunità “arcobaleno”, ideologicamente parlando sono da tutt’ altra parte. Eppure.. anche nel mio caso molta gente ha sempre avuto da ridire. Il motivo? Semplicemente perché sono una persona LIBERA, e che come tale esprime liberamente le sue opinioni ed il suo essere. Sai che c’è? È che l’ individuo comune fa mediamente schifo e ne è consapevole. Fa una vita misera ed è alienato completamente. Così, ha bisogno di trovare un “capro espiatorio” su cui riversare tutta la propria spazzatura. Se non fossi stato tu, tranquillo che costoro se la sarebbero presa con qualcun altro.
Secondo me Golem ti ha dato un ottimo consiglio: allontanarsi da ambienti e contesti che ci opprimono è un primo importante passo per la nostra evoluzione. Ma tieni presente che lo stronzo di turno lo troverai un po’ dovunque, e devi imparare a rimetterlo al suo posto.
Tieni anche a mente che le persone non se la prendono mai con chi non vale nulla. Di solito attaccano di più proprio chi ha qualcosa di speciale, perché quel qualcosa non ce l’ hanno e lo vorrebbero anche loro.