Buonasera a tutti. Capitando qui per caso, volevo approfittare di questo interessante spazio per porvi alcune domande che in realtà non credo abbiano risposta ma su cui probabilmente vale la pena ragionare.
La morte è un tabù nella nostra società; vedo sempre in chiunque una certa difficoltà nell’affrontare un discorso su questo tema, spesso per scaramanzia, altre volte per timoroso rispetto verso una religione o un dio. In qualunque dei casi, mi sono ritrovato molto spesso a pensare al dopo-morte, al successivo.
Ho voluto affrontare questa idea da varie prospettive, cercando di immaginarmi ogni volta cosa ci sarà dopo. La visione in cui più credo al momento, quella che più mi sembra logica, è il mio corpo in una bara, che lentamente si decompone fino a che non rimangono solo le ossa. Quando penso in questa prospettiva, provo a entrare nel mio cadavere ma, essendo morto, immagino il vuoto. Non so voi, ma quando questi pensieri prendono il sopravvento sul normale flusso di coscienza, avverto una terribile sensazione di nullità, un inettitudine nei confronti del mondo, un inutilità che grava sopra di noi da quando siamo nati. Ogni cosa mi sembra inutile, ogni cosa è niente se aspettiamo la morte.
Allora, vi pongo la mia domanda: Perché qui? Perché ora? Perché in questo modo?
E se mai fosse possibile rispondere a queste domande, allora ci manca qualche dato che ci aiuterebbe in quest’impresa?
So che probabilmente nessuno ha la risposta, ma mi interesserebbe molto sapere i vostri punti di vista, da ogni angolazione della vita.
vivere la morte altrui mi ha sensibilizzato al valore dei singoli momenti della vita: tutto finisce, perciò sappi che hai un tempo limitato per vivere. Cerca di difenderti per non rovinare quel tempo limitato che hai a disposizione.
Perché qui, ora, in questo modo ? Non so. Sono un unico incrocio di un miliardo di variabili, pur essendo solo uno dei miliardi di esseri umani che sono esistiti ed esisteranno. Cosa posso fare ? Quello che posso, del mio meglio, nel mio piccolo.
I dati che ci mancano per rispondere meglio ? “Muori, e il saprai” rispose qualcuno alla domanda “Uomo, vuoi conoscere il tuo valore ?”
Si nasce, si vive e si muore, certo che se si pensa alla morte allora come dici tu, tutto è inutile, forse la vita stessa è inutile, tanto devi morire, ma visto che non ci è dato sapere quando passeremo a miglio vita, non ci resta che vivere nel migliore dei modi!!!
Che ci sarà dopo? io ho sempre immaginato che chi è già morto ci guarda dall’alto e ci dice…”non potete capire come si sta bene qua su’, quanto tempo perso sulla terra, avrelo saputo prima! ”
Certo la tua visione di morte dentro la bara con il corpo che si decompone e ne rimangono solo le ossa, mi fa venire l’ansia, so che è la verità, ma esiste anche la cremazione, io preferirei essere cremata e le ceneri sparse in mare, mi fa star meglio!
Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi.
Io credo che sia bene anche illudersi che dopo questa vita terrena ce ne sarà un’altra ultraterrena diecimilavolte piu fi.. di uqesta, alla fine questa utopia cosa ci costa?Se questa illusione puo’ farci star meglio ben venga!!
O forse uso questa illusione come capro espiatorio alla mia inettitudine alla vita, mi nascondo dietro questa idea rincuorandomi del fatto che se non riesco a vivere questa vita ne avro’ comunque un’altra dopo migliore..
E’ un interrogativo che si pone l’uomo dalla notte dei tempi, il senso della vita. Ci sono molte letture che possono darti spunti di riflessione. A cominciare dal mondo greco con i suoi filosofi con la famosa citazione di Epicuro: Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi. Leggiti la lettera sulla felicià di Epicuro a Meceneo. Per passare alle letture più recenti con l’approcio del Buddismo, interessanti i libri di Osho per esempio. Io ho trovato interessante anche il libro La Vita oltre la Vita di Raymond A. Moody, che tratta delle cosidette nde (Near Death Experiences) Che sono casi in cui in arresto cardiaco vivono l’esperienza del famoso tunnel, il Flashback della propria vita ed il ritorno. Teoricamente quando si ferma il cuore neppure il cervello può funzionare, ci sono studi in proposito in america. Le letture possono darti degli spunti, ma in ultima analisi sarai tu a trarre le conclusioni. Ognuno di noi ha perso dei cari e quello che ti accorgi che il corpo quando “perde” lo spirito vitale si trasforma in un oggetto. E’ plausibile che veniamo dal “nulla” e in esso torneremo ? il nulla può essere gravido di qualcosa ? Personalmente lo ritengo illogico ..
Buona lettura
Stefano
Non saprei dirti, naturalmente, più di quanto tu non sappia già.
Alcuni hanno le cosiddette nde, ovvero le esperienze di premorte.
Io ho solo dubbi.
Non sono credente, ma sono fortemente “sperante”.
Credo che il Paradiso sia ritrovarsi con le persone, gli animali e le cose che si sono amate, senza pagare lo scotto alla sofferenza e senza che ci sia più una fine a togliercele di nuovo.
Ritrovare i figli, mogli, mariti, padri, madri, amici, fidanzati, nonne e nonni, cani, gatti, piante, cose, luoghi e suggestioni che ci han dato sensazioni di amore.
Recuperare ogni ricordo bello e trasformare quelli brutti in qualcosa di positivo e splendido.
Il Paradiso sarà non sentire paura, nè abbandono. Non staccarsi da chi o cosa si è amato. Credo, e spero, si possa avere anche una componente “materiale” dove godere di cose che magari non si son possedute, o di momenti non assaporati (ad esempio il sesso non credo affatto sia proibito in un vero Paradiso). Insomma, è un luogo di amore, di gioia e di felicità. E di armonia. Io lo vedo così.
Ed è l’unica spiegazione che mi so dare; l’unica giustificazione che do a Dio.
Le vostre risposte sono state molto interessanti, soprattutto Stefano e le letture consigliatemi (che sicuramente andrò a sbirciare!).
Non si finisce mai di avere nuove prospettive su argomenti di questo genere.
avevo circa 10 anni quando un mio compagno delle elementari mori in un incidente…era un ragazzo speciale, davvero speciale. sempre solare e cordiale con tutti. una mattina la maestra annuncio che lui nn ce piu’. silenzio totale, nessuno si e’ mosso. giorno dopo siamo andati a darci ultimo saluto. lui era nella barra, come adormentato e quel odore!!!! e la cosa piu’ dolorosa e’ stato vedere la sua madre, che piangeva, sembrava impazzita. per me la morte e’ il dolore di chi rimane in vita e nn di chi e’ morto.
Si dice che la differenza tra noi e gli animali sia la consapevolezza dell’ineluttabilità della nostra fine. La conoscenza, sotto questo punto di vista, è paradossalmente limitante. Essere coscienti di dover lasciare prima o poi le nostre spoglie umane può generare un senso di impotenza, inadeguatezza, perfino depressione. In generale, è l’attaccamento a quello che noi consideriamo “il nostro corpo” a generare questo tipo di sofferenza. Questa stessa sensazione spesso funziona come cattiva consigliera, suggerendoci una vita priva regole e incentrata su piaceri effimeri.
L’attaccamento, così come suggerisce la filosofia buddhista, genera sofferenza. Si ritiene frustrante condurre una vita consapevole quando poi tutto finirà in polvere. Hai mai visto la distruzione di un Mandala? Il disegno viene accuratamente preparato e i monaci impiegano settimane per rifinire figure coloratissime ed estremamente complicate. Alla fine, quando l’opera è finita con un solo gesto viene distrutta, a simbolizzare l’impermanenza dei fenomeni. La nostra vita è come un Mandala: il suo scopo è ricercare la perfezione, cercando di comprendere che la nostra sensazione di singolarità è soltanto un’illusione, la stessa che potrebbe avere una cellula umana se avesse possibilità di discernimento.
Una cellula si preoccupa di se stessa, ma partecipa ad un lavoro di gruppo nel quale la sua singolarità è soltanto apparente. Lo stesso dovremmo fare noi, vivendo nella consapevolezza dell’insieme. Centrarsi su se stessi porterà soltanto sgomento.
Si, vero. Pero’ se una sola cellula impazzisce, ad esempio ammalandosi, porta alla distruzione di tutto l’organismo tramite il contagio, quindi in questo caso la sua singolarita’ avra’ avuto un grande valore, negativo, ma sicuramente forte.
Sicuramente concentrarsi unicamente su se stessi non porta a nulla di buono, ma purtroppo la singolarita’ ha un peso non indifferente (basta pensare all’esperienza piu’ comune a tutti, la sofferenza, e a quanto possa essere personale e univoca).
Proseguendo l’analogìa biologica, è proprio ciò che spesso accade alla nostra società. Una cellula di un organo si ammala, pensando di essere una cellula di un altro organo. Altre cellule confluiscono, attirate da una falsa realtà, e tutte insieme provocano il male. Una cellula da sola, anche ammalandosi, non può creare nulla poichè sarebbe sconfitta da cellule cosidette anti-tumorali. Se il popolo tedesco non avesse seguito il suo Führer, il nazismo non sarebbe mai nato e Hitler probabilmente avrebbe terminato la sua carriera bevendo birra e giocando a freccette in qualche bettola di Berlino.
Ogni uomo possiede la sua unicità, caratterizzata dalla sua educazione, dalla sua natura, dalle sue esperienze.
Ma è la sua capacità di rapportarsi al tutto che lo rende un santo o un assassino. Se continua a vivere pensando di essere un’entità diversa dal suo simile o semplicemente diversa da un fiore o da un albero, sarà difficile che comprenda che da lui dipende l’universo intero. Se invece riesce a trascendere se stesso, se è capace di sviluppare una visione d’insieme più ampia, allora anche la sua più grande sofferenza acquisterà un valore e ciò che avrebbe portato distruzione porterà la pace.