E così anche la Disney si piega alla moda Lgbt; d’ora in poi il 50% dei personaggi avranno caratteristiche di razza e di orientamento sessuale ‘riconoscibili’.
Scusate, ma davvero non ce la faccio più a vedere e sentire le scelleratezze del pensiero dominante, o meglio il pensiero condizionante di coloro che dominano. L’abominio.
Ci stiamo assuefacendo all’indistinzione, la nostra abulia mostruosa riguardo a quanto ci viene propinato dall’alto è quanto di più inumano si possa immaginare; vogliamo davvero consegnare il mondo al caos di mille rivoli di pensiero che non correranno mai paralleli verso una meta come i colori di una bandiera arcobaleno? E’ strettamente necessario rendere tutti uguali quando la diversità è stata l’anima dell’arricchimento culturale dell’umanità? Cosa accadrà quando questa mostruosa ‘utopia’ sarà raggiunta? Il tema della sessualità è importante; si parla di identificare ciò che ciascuno è in sé. Eppure identificazione è proprio termine che usiamo nel processo di crescita, l’identificazione come immedesimazione, come rispecchiamento nel genitore, nel modello proposto come positivo e giusto.
Un bambino che si traveste da Batman non volerà mai se si lancia dal letto, ma la voglia di essere quella cosa lì rimane forte in lui; si spera che un bernoccolo lo faccia rinsavire. Un modello incerto a cui ritiene di ispirarsi, una sagoma cui conformarsi, un ‘costume’ da indossare possono fare molti più danni della libertà di non scegliere fino a che non sarà il momento giusto. Non è possibile semplicemente ragionare in termini di libertà di scelta connaturata e quindi sin dal primo vagito; noi adulti da sempre influenziamo il mondo, le scelte dei più piccoli. Non facciamo bene a nessuno dando la possibilità a un cucciolo di entrare in un grande supermercato e lasciandogli la possibilità di provare qualsiasi cosa, dalle caramelle colorate alle medicine più rischiose o alla bottiglia di varichina che sopra ha il teschio come nelle bandiere dei pirati.
Non si tratta oggi di accettazione e legittimazione del diverso; non ho mai discriminato in base al colore della pelle, all’etnia, al sesso e ho diversi amici che si definiscono gay. Mi sono invece molto infastidito quando ho subito, è proprio il termine corretto, le insistenze, i pregiudizi o i preconcetti, dallo stereotipo dell’italiano mafioso e latin-lover da strapazzo alla spocchia del saccente professionista o maître à penser, dalla folla di questuanti frequentemente aggressivi a chi ti bombarda di telefonate pubblicitarie (e che siano quasi sempre donne dell’est con parlantina a mitraglia è solo un dettaglio). Se sono sempre sospettoso nei confronti degli zingari, lo ammetto senza vergognarmene, non è solo per il racconto che se ne fa, ma perché in più di un’occasione hanno agito nei miei confronti in modi non esattamente benevoli; il simpatico e amabile venditore ambulante di libri africano a cui ho comprato libri sulla spiaggia è bene accetto, meno le facce poco raccomandabili che si vedono in certi parchi e anche in questo caso il colore della pelle non cambia la sostanza.
In un mondo di reietti, di disperati, di gente che non trova una collocazione, ci hanno servito su un piatto d’argento una bella scansia per accontentare una parte del nostro animo che pensa di poter mostrare ed essere ciò che è, senza rendersi conto che si sta solo etichettando per rivendicare il poco che ci resta da chiedere a chi sceglie per noi.
Cosa diavolo attendiamo prima di renderci conto della deriva del mondo? Perché aspettiamo che qualcun altro si svegli e ci indichi una strada diversa, che peraltro oggi molti già faticano a vedere? Bastano davvero gli appelli dei vari domini .org? Troppe petizioni, appelli, accuse e condanne per poter essere ascoltati.
Resta la disobbedienza, resta la scelta di boicottare, ma va fatto con la consapevolezza che il passo successivo sarebbe la scelta tra l’abbandono del mondo a se stesso, abbracciando una vita da anacoreta, o la discesa in piazza a urlare la propria rabbia tutti insieme, parole come pietre.
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