Caro Scorpione,
ti scrivo questa lettera perchè non credo che ci sia mai stata occasione di raccontarti di me nella vita reale. Mi vergognavo, anche se non dovrei, ma la vergogna è marchiata a fuoco nella mia esistenza. Così mia madre ha voluto. Credo che ti racconterò un po’ di lei, se non ti annoia. Credo di averne bisogno.
Mia madre è una donna terribile, mio caro Scorpione, e a differenza dell’animale di cui ti ho dato il nome non è affatto dolorosa e letale. E’ solamente dolorosa. Una delle prime volte in cui sono stata picchiata avevo circa sette o otto anni, non ricordo cosa avessi fatto. Mi ricordo la paura e le urla, ma si mischiano con la paura e le urla delle volte successive e quindi non sono sicura della veridicità del ricordo. Ho qualcosa di sicuro però: quella volta che usai un suo profumo per giocare e lei mi trovò; è un ricordo di mancanza di vie di fuga, il muro freddo contro le mie spalle, le sue mani intorno al mio collo per tenermi ferma, come un cane disobbediente. Me ne diede tante quella volta, condite da parole così orribili che anche se non le ricordo con esattezza ricordo il terremoto che provocavano nella mia mente ogni volta che atterravano. Adesso che ho 24 anni e qualche inverno in più sulle mie spalle, avrei preferito che la mia infanzia fosse stata un film muto: prenderei mille calci e mille pugni in più per evitarmi il dolore di quelle parole. Ferisce più la lingua della mano, questo è certo.
Sai quando sono andata dalla psicologa dell’Università? Dovrei avertene già parlato, Scorpione caro. Lei mi disse che ero circondata da merda. Mi disse che era inutile che io cercassi una cura miracolosa per la mia ansia e le mie paure, l’unica cosa che poteva aiutarmi era l’andarmene da quella casa. Sia io che lei sappiamo che quella casa mi seguirà ovunque nel mio futuro, quindi non so perchè me lo abbia detto. forse voleva darmi qualche speranza.
Ora, non ha senso perdere parole e tempo per descrivere i quindici anni successivi, no? La violenza è banale. Mia madre mi picchiava, forte, un paio di volte alla settimana o un paio al mese, a seconda della stagione, delle mie azioni, di quanto si fosse sentita impotente al lavoro. Ho passato più o meno tutta la mia infanzia, adolescenza, e stasera, a sentirmi urlare in faccia quanto fossi inutile e priva di valore, indesiderabile, priva di amici e di interesse per chiunque. Aborto mancato. Disgustosa grassona. Stupida bestia.
Mostro, no?
So cosa mi diresti, se tu fossi qui in carne e ossa e ti importasse ancora qualcosa di me, mio dolce amico, mi diresti che sono graziosa, con gli occhi grandi e verdesottobosco, e i capelli soffici, e che ho dei fianchi di velluto. So che mi diresti che sono abbastanza intelligente da essere entrata in una facoltà prestigiosa e avere una media alta, buoni risultati nello studio, che sono un’avida lettrice e che, se non fosse per il mio balbettio, sarei una eloquente conversatrice.
Sono cose che so anche io, semplicemente perchè si possono misurare. Gli apprezzamenti degli uomini, i numeri che definiscono il mio impegno nello studio, sono tutti dati che ho immagazzinato in qualche parte del mio cervello.
Ma allora perchè mi sento sempre inferiore a chiunque? Una nata-schiava, una bestiolina miserevole? Perchè, amico mio, perchè continuo a vedermi con gli occhi di mia madre?
Ho 24 anni, vedo con due occhi, sento con due orecchie e cammino con due gambe, sono di aspetto piacevole, intelligenza nella media, buona cultura generale. Educata con profitto in buone scuole. E ho paura. E mi sento in colpa perchè è qui, nero su bianco, io dovrei essere felice. Non c’è nulla in me che giustifichi questa infelicità, nessuna deformità e nessuna dipendenza, non posso continuare ad attribuire le mie colpe a mia madre per il resto della mia vita, no? Ora è mia responsabilità. E’ mia responsabilità se non piaccio alle persone, con le mie frasi spezzate e le discordanze di genere e numero fra aggettivi e nomi, e le parole che si confondono e il “V-v-vuoi un p-poco della mia melanzana di parmigiane?” e le persone intorno a me che ridono, ridono, ridono di me e non con me, ridono di questa creaturina docile che tanto non morderà mai (e nemmeno abbaierà). E’ mia responsabilità se al tirocinio le persone mi spingono indietro e mi parlano sopra e soffocano le mie sciocchezze con sciocchezze più grosse e più rumorose. E’ mia responsabilità la mia incapacità di uscire dalla mia zona protetta, dal mio gruppetto amorevole e immutabile di amici-fratelli che mi fanno sentire così sicura, mentre le persone nuove e sconosciute sono sempre una minaccia, una possibilità irrealizzata. E’ mia responsabilità la mia incapacità di farmi amare da te, perchè tu hai visto la mia piccola realtà: sono una pazza.
Io sono disturbo generalizzato d’ansia, ansia sociale, forse pure un pizzico di paranoia, l’onnipresente fame di validazione da parte dei miei pari, il terrore di non piacere, di essere abbandonata, calpestata ancora. Io mi faccio schifo.
Non è questo quello che mia madre voleva per me quando mi picchiava, lei mi voleva più forte, più resistente, più rigida, schiena dritta, fai e fai e non guardarti mai indietro e invece? Non so nemmeno se ce l’ho una spina dorsale, Scorpione!! Io quella donna la detesto, perchè mi ha distrutta dentro e fuori, anche se il fuori guarisce e il dentro chissà, e perchè lei non ha mai capito un c....!
Non sopravvive il più forte, non è mai stato così! Sopravvive il più ADATTABILE!
Tutta questa sofferenza per niente, tenero amico dalla corazza lucente, ecco condensata in questa lettera tutta la banalità della mia famiglia violenta. Non è nemmeno qualcosa di speciale, sai, tutte le storie come la mia hanno questo sapore di deja-vu, questo “tutto qui?” che aleggia. Tutto qui! Non c’è altro!
La mia tragica backstory è solo un’altra triste storia di una bambina poco amata che è appassita prima di sbocciare e ora fa una fatica cane per cercare di rimettere insieme i pezzi al meglio che può, ma alcuni li ha persi per sempre e buonanotte al secchio-sarò sempre una persona all’85%. Se solo riuscissi a smetterla di implorare nei volti delle altre ragazze l’approvazione di mia madre, se solo riuscissi a perdonare al tuo genere l’indifferenza crudele di mio padre, forse riuscirei a farmi sfiorare appena il cuore, invece che ghiaccio o fuoco, o chiusura totale oppure uno sfondamento di petto per la prima persona che mi dice due parole gentili. Tu non sei stato gentile, Scorpione, altrimenti ti avrei chiamato in un’altra maniera.
Tu mi hai fatto soffrire come una bestia, narcisista scoppiato che non sei altro, ma so che anche tu hai la tua scimmia sulla schiena che ti tira i capelli, come ce l’ho io, quindi posso quasi perdonarti. Mi dispiace per tua madre, comunque, è una brava persona e non si merita ciò che è successo.
Non mi dispiace per la mia, nonostante sappia benissimo che è solo il frutto di quello che suo padre insegnava a lei, e il padre del nonno a lui e via discorrendo. Un albero con lunghe radici nella merda, siamo. Un albero malato.
Scorpione, e ora? Come affronto il resto della mia vita sapendo che potrei sentirmi sempre così spaventata e impotente come ora? Sapendo che fra quarant’anni da oggi, il 6 ottobre del 2057 alle 23.30 potrei essere ancora a occhi aperti nel mio letto ripensando ossessivamente per ore a una conversazione avuta alle sette della mattina precedente, replayando le parole che ho sbagliato e le facce dei miei interlocutori che si deformano fino a un ghigno dietro agli schermi appannati dei miei occhi, e piangendo? Sapendo che questa trappola potrebbe non avere mai per me una via d’uscita, potrei sempre rimanere così debole, insicura, inferiore ?
C’è un cane al canile per cui faccio la volontaria, si chiama in nessun modo perchè nessuno le ha mai dato un nome. L’hanno trovata in un fosso, paralizzata, l’occhio scoppiato come un palloncino. Aveva un figlio, è morto. Il suo padrone ha detto che non ha mai avuto cani. Le sue condizioni stanno peggiorando, la settimana prossima verrà probabilmente soppressa. Alla fine le abbiamo dato un nome, ma a cosa servirà? A riempire la sua dichiarazione di morte.Una vita senza redenzione, fino all’ultimo istante. Capisci cosa intendo?
Spero che tu lo capisca. Per alcuni, semplicemente non c’è speranza rimasta. Spero che questo non valga nè per me, nè per te.
Tua per sempre,
Parus
Difficile scegliere le parole giuste per risponderti,dato che la situazione che hai raccontato è veramente dura e scioccante. Ti posso dire che ci sono piú persone di quanto pensi che hanno passato situazioni terribili, e che ora vanno avanti con una vita in cui ogni passo pesa molto di piu´di quello di altri. Nel percorso uno si chiede spesso perché continuare e perché deve essere tutto cosí schifoso, se siamo destinati alla sofferenza.
Bé io ti rispondo di no. Ti rispondo che sei ancora in un’etá critica e stai ancora crescendo, maturando.Che si avrai altre esperienze toste, perché con la fragilitá che ora hai, sarai piu´ propensa a cadere in certe situazioni, con altri soggetti sofferenti e spesso simili proprio a tua madre. La mente funziona cosí.. e´ attratta dalle cose familiari, da ció che ha sempre vissuto e conosciuto..
E´ da qui che devi partire, iniziare a proteggerti sempre, a riconoscere quando la mente ti sta riportando a situazioni per te nocive ecc.. Ma non pensare che la realtá di ora sia la tua realtá di sempre. Anzi! Sei molto consapevole, per cui sei giá mille passi avanti.. Ora devi solo mettere in pratica ció che sai. Da tua madre ti dovrai allontanare, il che non risolverá i tuoi conflitti mentali, ma almeno ti dará piu´ tranquillita´. Ormai ci sei cosí abituata che scommetto che allontanarti ti sembrerá strano.. quasi impossibile. Non so se la perdonerai mai ,l´unica cosa che puoi capire é che é mentalmente malata, se no non ti avrebbe mai fatto…
Bellissima lettera, scivola veloce ma rimane ancorata come un’eco di dolore. Perché non provi a scrivere qualcosa, seriamente? Ti consiglio un libro molto intenso, “Pastorale americana”, la bimba-ragazza è balbuziente come te. Una famiglia perfetta, eppure la caduta nel buio…ti farebbe riflettere.
Ciao. Allora, cosa dire? La tua lettera ha aperto tante porte nella mia mente. Questi pensieri non sono rivolti a te. Non ti voglio scoraggiare. Non ho consigli da darti. Ti posso dire che la maggior parte dei miei problemi esistenziali dipendono dal rapporto con la mia “metà”. Li chiamo problemi esistenziali perché mi sveglio ogni mattina con il fermo proposito di risolverli e alla mia età ancora me li pongo perché non voglio divinizzare la mia figura e alterare i contenuti della fede. Quando la troverò quasi certamente correrò il rischio di adagiarmi sugli allori. Me ne guarderò bene. Purtroppo anche questo è un istinto. In questo periodo ho conosciuto un compositore che vive e lavora a Roma. Quest’uomo non ha una donna. Tutto qui. Non mi sembra una cosa difficile da capire. La sua delusione (non trovo parole per definirla) non lo induce a vivere la sua natura all’ennesima potenza. La scelta di vita che ha fatto, tanto per cominciare, non viene vissuta da lui né come un ripiego né come la “classica pietra sopra” che genera autoinganni e deliri di onnipotenza. Il suo sguardo non racconta l’intima adesione a quello che vive chiaramente come un progetto umano. La sua scelta non è in contrasto con la verità del suo cuore. Il suo cuore è veritiero e non s’inorgoglisce davanti all’amore. Il suo sguardo racconta la “deportazione” di un uomo che vive avvolto da un velato rimpianto per un mondo che non esiste più.
Questo velato rimpianto (che è la sua verità) gli riempie il cuore di una grande gioia. Una gioia grande perché ancorata ad una verità che, guarda, non me lo ha mai fatto vivere come un uomo solo. Qui ci potrebbe essere l’amicizia. Senza ombra di dubbio. Quest’uomo (proprio volendoci allargare) potrebbe diventare il mio compagno nel senso disincarnato della parola. Io la vivrei come una relazione adulterina. Ecco, un’altra cosa che mi piacerebbe chiarire è questa… non è l’età anagrafica a stabilire cosa rappresentano Tizio, Caio e Sempronio per me. La mia amica del cuore dal primo giorno è stata per me come una compagna. Mi ha fatto pensare a Diana, l’amica di Anna dai capelli rossi. Come funziona? Non è che io ci ragiono sopra e per una mia vanità ( o per un interesse)cambio la natura delle cose. Il permesso che accordavano le famiglie (la famosa mano) veniva concesso su queste basi (e non esisteva per umiliare le persone) veniva concesso senza aspettarsi dai figli la santità. E qui si viene alla famosa madre. Che dire? La gente quando prendo le difese di questa madre mi guarda come per dire… bah! Alla fine restano tutti interdetti perché non riescono a confutare le mie tesi. Solo per questo. La loro opinione non cambia. E anche questo mi va bene.
Guai se la pensassero diversamente da come la pensano perché effettivamente è difficile da sopportare, ma all’inizio, tanto per cominciare, ti consente d’innamorarti del figlio e di metterlo in condizione di poterti vedere come una donna. La sua donna ideale è l’amante. Abbiamo detto tutto. Infatti una di queste sere mi sono fatta scattare una fotografia in pigiama da mia madre e il mio volto mette a nudo tutti quei problemi “morali” dell’uomo che cerca la redenzione nel materialismo. In uno sguardo tanto ingenuo se non credi nella forza che ci consente di farci da noi stessi non vedrai mai una donna adulta diversa da tua sorella. A quel punto l’intervento provvidenziale della madre mi porta ad uscire dalla tua vita con tutti i sentimenti di una donna che è tua moglie e che quindi si sente abbastanza sicura sotto certi punti di vista. Ogni persona riprende in mano la propria vita, com’è giusto che sia. Un uomo che ama in questo modo ti fa “pagare” il suo bisogno di amare. Salvate il soldato Jane. Deve compiere sempre qualche missione per conservare una parvenza di pace. Ti ha voluto bene perché avevi bisogno. Sempre così!
Che dire? Non ti scoraggiare! Concentrati sulla tua vita… un abbraccio!
Grazie mille per aver letto e commentato la mia lettera, Michelle. Purtroppo so che ci sono persone intorno a me, insospettabili, che hanno storie simili e ancora peggiori. Con un poco di allenamento le si riconosce, ma comunque non ci si può fare nulla se non offrire comprensione, perchè nessuno può curare le ferite di qualcun altro. Più che strano l’allontanarmi da mia madre, che è sempre stato un “sogno nel cassetto”, è strana l’idea di tagliarla del tutto dalla mia vita. Nonostante tutto l’odio, non sono mai riuscita a soffocare del tutto il desiderio di amarla come una figlia dovrebbe amare la madre. So che lei non si rende conto di ciò che ci ha fatto, lei ci ha “educato”, “rafforzato” e “rese migliori”, ed è difficile accettare che lei non capisce ora e non capirà mai che ha spezzato me e mia sorella per nessun vero motivo
Cara Suzanne, ho cercato il libro che mi hai consigliato e credo che lo leggerò, ti ringrazio per il suggerimento. Scrivo un diario, diverse lettere, scrivo tantissimo ma solo per me, o al limite per sfogarmi anonimamente come su questo sito. Ho l’impressione di mettere davvero troppo di me stessa in queste cose per poterci mettere anche il mio nome.
Rossella, “ti ha voluto bene perché avevi bisogno” è probabilmente la frase che può racchiudere tutto il rapporto fra me e Scorpione, che alla fine mi ha avvelenata come pensavo avrebbe fatto dall’inizio (ma non mi sono tirata indietro, sciocca me). Fa niente se non hai consigli da darmi, non ne stavo proprio chiedendo…spero che tu possa trovare un capo da cui afferrare i tuoi problemi esistenziali con la tua metà, così io i miei.
Parus, puoi scrivere sotto pseudonimo 😉 E’ uscito anche il film tratto da questo libro, proprio pochi mesi fa. Merita anche quello. Il non odiare tua madre è il miglior aiuto tu possa offrire a te stessa…
Eh, che dire: ci vuole pazienza!
Mah!
Contro l’incomprensione materno-filiale, vi dedico questo video-appello, per ricondurre alla ragione illuminata dal buon senso questi degeneri incoscienti “generatori biologici” di figli, i quali, poveri nati in mano a costoro, sono gli unici “senza colpa” a doversi ritrovare, loro malgrado, le tare di miserabili predecessori da loro non voluti nè scelti come “genitori” (molto meglio due gatti randagi per madre e/o per padre, al posto di questi finti genitori infami):
https://www.facebook.com/DamianoErFaina/videos/1439913012739854/
Continuo a vedermi il film “Oblivion” con Tom Cruiser.