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Lettera pubblicata il 5 Giugno 2014. L'autore, GregorSamsa, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Ciao a tutti ed in particolare a te Gregor.
A volte penso di esser l’unico col mio problema e invece mi accorgo che siamo in tanti. Anch’io come te vivo le stesse tue situazioni, mi abbandono all’inerzia delle giornate e rimango a rimuginare fintanto che le palpebre non si fanno pesanti così da addormentarmi.
I pensieri riguardo al suicidio sono all’ordine del giorno ma poi penso a chi ha sofferto per nove mesi tenendomi in grembo e, allora, tutto svanisce per dar sfogo a rabbia, frustazione e odio verso me stesso.
Le mie giornate le vivo nella monotonia, sveglia, colazione, lavoro, cena, letto.
Vorrei tanto cambiar vita, cambiare città, dedicarmi ad un progetto tutto mio, metter su famiglia, rientrare a casa dal lavoro e vedermi correre incontro due mocciosetti felici di riabbracciare il loro papà, poi andare dalla mia compagna e stringerla in un forte abbraccio e darle un caloroso bacio, ma tutto questo resta un sogno.
La colpa di tutto ciò non è mia, non è della pessima società che ci circonda, non è di nessuna divinità che vuol punirci, la colpa è unicamente di chi, fin da piccoli, ci ha rinchiuso in una gabbia di timori, paure, incubi, di chi ci ha fatto credere che la vita è fatta solo di doveri, di chi ci ha mentito e plagiato.
Ricordo quando una volta, rientrato da scuola, a mia mamma fu vietato di darmi il pranzo perché il giorno prima, giocando, persi una vite di un aggeggio che dal ferramenta non sarebbe costato più di 500 lire: mi dovetti mettere a cercare la vite se volevo mangiare.
Ricordo anche quando dopo una riunione con i maestri delle elementari mi fu detto che nel giudizio finale della pagella c’era scritto che ero un bambino testarto: la pagella conteneva voti dall’otto in su e nel giudizio nemmeno la traccia della presunta testardaggine.
Non faccio altro che pregare affinché mi succeda qualcosa che mi conduca a miglior vita e farla finita per sempre; ho già espresso le mie ultime volonta: dono tutto ciò che può esser utile del mio corpo e il resto che venga incenerito e disperso.
Augurandovi il meglio, vi chiedo scusa per il mio sfogo.