Mi chiamo Giancarlo Biotti,
Sono nato a Malnate il 30 Dicembre 1944 in via Giordano Bruno, 10, nel fabbricato, dei primi del ‘900 prospiciente il lato est del Setificio Braghenti, dove risiedevano i suoi quadri, tra i quali mio padre Giuseppe, Capo dell’officina della fabbrica, dove, oltre agli interventi manutentivi, si ricostruivano ex-novo i pezzi danneggiati dei telai.
Ricordo che, quando era in funzione il generatore di corrente elettrica, costituito da un grande motore marino, con le bielle raffreddate ad acqua, tutta via Giordano Bruno tremava, oltre a essere attraversata dal rumore dei telai, suono continuo di una corrente fluviale.
Nel 1994, dopo aver combinato, per qualche decennio, alcune cose tra l’Oratorio, varie associazioni malnatesi e un partito che non c’è più, di cui fui anche il Segretario di Sezione, mi sono trasferito, definitivamente, in un borgo della Valcuvia, dove, già dagli anni ’50, mi recavo nel periodo estivo, presso una prima cugina di mio padre.
Nello scorrere, casualmente, la Prealpina di sabato 4 giugno, un articoletto, riguardante l’inaugurazione di un monumento alla Tessitrice, collocato a Malnate in Piazza Repubblica, ha richiamato la mia attenzione.
Conoscendo molto bene, fino al 1965, il funzionamento del Setificio Braghenti, per un lungo periodo leader mondiale delle cravatte, ovviamente di seta, il nuovo monumento alla Tessitrice, appena fatto collocare dall’attuale amministrazione comunale in Piazza Repubblica, mi ha incuriosito, in quanto mi sono ricordato che esisteva, da molto tempo, un cippo, ricordo dell’attività delle operaie della Braghenti, collocato in una aiuola sulla medesima piazza, per altro molto poco curata dall’attuale amministrazione comunale.
Abbastanza sconcertato per l’inutilità della realizzazione di un doppione di monumento, sono rimasto ancora più stupito, nel vederlo, per il grave errore nella sua realizzazione,, poiché le donne, occupate nel curare il funzionamento dei macchinari del setificio, svolgevano la loro attività sempre in piedi, in relazione alle caratteristiche costruttive e di funzionamento dei telai e al metodo di lavoro, che non consentivano, oggettivamente, di sedersi di fronte ai telai medesimi, come ricordo bene e ricordano altri figli dei vecchi dipendenti della fabbrica!
Al riguardo, quando mio padre mi accompagnò, varie volte, a visitare i reparti della fabbrica. salutato dal sorriso e dai complimenti delle lavoratrici, ho avuto modo di osservare i telai per la produzione della seta, macchine del tutto diverse da quella rappresentata nel nuovo monumento.
Queto manufatto non rappresenta, assolutamente, uno dei telai della Braghenti per la produzione delle pezze di seta e l’attento e impegnativo metodo di lavoro, peculiarità delle operaie malnatesi, mostrando, invece, il metodo di lavoro, quasi medievale, pur se meritevole, di una filatrice del cotone o della canapa, seduta davanti a un più semplice, diverso, macchinario!
Il nuovo monumento, errata e fuorviante descrizione del metodo di fabbricazione della seta, non soltanto, della Ditta Braghenti, costituisce l’immagine del propagandistico pressapochismo di tutti coloro che lo hanno fatto realizzare.
Per altro, non si può chiedere molto, in tema di conoscenza della storia e della cultura malnatese, ad amministratori comunali la cui sindaca, presenzialista a Monte Morone, in occasione del recente incendio, ha definito “cappelletta”, la Chiesa della Madonna della Cintola, già citata nel XIII secolo in una pergamena dell’Abbazia di Ganna, luogo di pellegrinaggio, per secoli, di genti provenienti, oltre che da gran parte dei territori del circondario, dall’area pavese e antico luogo di culto dei Celti e dei Romani, come ampiamente documentato.
Cordialmente.
Bedero Valcuvia, 6 Giugno 2022
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