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Lettera pubblicata il 24 Settembre 2007. L'autore ha condiviso 4 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore chillido44.
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giusto, ma quella che tu chiami teoria per me non è teoria.
A gennaio nell’arco di due giorni, due, ho avuto un lutto in famiglia, una persona che adoravo e mi adorava (e ancora non riesco ad entrare in casa sua, lo farò). E subito dopo un mio amico, nonché moroso della mia amica, è morto in un incidente racappricciante. L’altra nostra amica, pochi giorni dopo, ha scoperto che sua madre aveva un cancro. E nessuna delle tre veniva da periodi rose e fiori. E ti risparmio il resto della carne al fuoco. Giochi di empatia, di autopreservazione, di equilibrio. Al millimetro. In casi come questi ci si può volere tutto il bene del mondo, ma si può camminare sulle uova o farsi male a vicenda se non si riesce a trovare un equilibrio nel chiedere (anche troppo poco non va) e nel dare (troppo, superiore alle proprie possibilità). E nel sapere che gli altri esistono al di fuori di noi, e che tutti seguono le loro motivazioni.
Mi dici che le cose di cui parlo funzionano quando uno non è sotto pressione. Mi spiace, non sono d’accordo: per me no. Sono quello che può fare la differenza quando SEI sotto pressione. Quello che ti ricentra. Quello che ti ricorda che esiste un primo salvagente di cui non si può fare a meno, mai: noi stessi.
Se gli altri rispondono alle nostre esigenze, se incontriamo brave persone invece di cattive persone fa enorme differenza, sono d’accordo. Se siamo amati o no, se siamo compresi o no, se le cose vanno per il verso giusto o no. Chi lo nega? A me è capitato di piangere per 14 ore di fila perché le cose andavano storte nello storto. Perché non è vero che quando ti muore qualcuno relativizzi tutto. Non smetti di essere sensibile sul resto, lo sei di più semmai. Sei esposto come non mai. Lui ti fa male, ma tu non stai cercando il TUO salvagente interno, Ema. E ti ho risposto: penso che lui dovrebbe prendersi lo spazio di capire che c.... vuole e pensa. Ora le risposte che vuoi non le ha. Ti fa stare male, lo capisco benissimo, ma è così. NON LE HA.
ciao a tutte!ultimamente non ci sono stata e non potevo usare il pc,ma appena tornata ho letto tutti i vostri commenti,mi dispiace Ema,e come hai detto tu i consigli delle persone non fanno effetto finche non ti senti stretta…cmq sia la decisione spetta a lui,e tu non hai nessuna colpa,puoi aspettare ke si decida ma quanto tempo è passato da quando lui doveva riflettere?è dura accettarlo ma la vita è solo una vivila sorridendo,cerca di uscire da questa trappola damore,xke non senpre le persone che amiamo sono fatte per noi…
Marta: ciao 🙂
sono d’accordo con te.
e anche con FL53.
E’ quello che intendo quando dico: lui ora le risposte non le ha.
Il che non significa qualcosa di buono o qualcosa di brutto.
Nel senso: non è che non averle sia una scusa per tenerti sulla corda per i prossimi 250 anni, bada bene, non è quello il senso delle mie parole.
Però se lui dice quello che ti ha detto è molto probabile che in questo momento si senta così.
Sì, anche con tutte quelle che tu percepisci come contraddizioni. E quindi che possiamo farci?
E’ chiaro che esiste la tua panza, la tua volontà, il tuo sentire e decidere se sia meglio chiamarlo, chiedere, per esserci anche tu, con le tue ragioni, mentre lei dice le sue ragioni, perché abbandonare il campo ora, per te, probabilmente significa anche probabilmente avere la sensazione al contempo di lasciare spazio a lei per tenerselo stretto.
Al contempo tu non vuoi importi, ma vuoi che scelga, veramente, di stare con te.
Dentro questa faccenda ci sei tu, ci siete voi.
Ci sono tre persone che certo in questo momento sono più prese dall’emotività che dalla lucidità. Ed è naturale che sia così.
Tu mi chiedi: cosa faresti tu?
Probabilmente io cercherei di fare un passo indietro.
Di lasciare che quest’uomo se la sbrighi con se stesso, e che si prenda anche la responsabilità di farlo.
Di capire cosa vuole e cosa è in grado di fare.
In fondo a te delle ragioni per cui lui non riesce a lasciarla ora non importa. A te importa di sapere se lui la lascia o no.
Se lui comincia una nuova vita con te o no.
Sarei veramente in grado, al posto tuo, di fare quel passo indietro, di prendere fiato e lasciare che lui se la sbrighi nella sua testa e nel suo cuore e di tornare, se torna da me, con una risposta?
Probabilmente sì. Ma non perché non soffrirei, o non starei a chiedermi cosa prova veramente, e se mi ha presa in giro oppure no…
Ma perché mi renderei conto, sotto al cumulo di emozioni a palla, che nel momento in cui lui mi dice perché non ha
la risposta adesso mi sta dicendo la sua verità. E che nel momento in cui mi elenca tutte le ragioni per cui non ha la risposta si stressa e stressa anche me, oltre misura. Che ciò confonde, probabilmente, le acque, affinché schiarirle.
Perché al di là delle risposte, della ricerca delle risposte attraverso le parole, più forti sono le motivazioni e le sensazioni, che uno ascolta dentro di sè, come, peraltro, hai fatto tu quando hai deciso di lasciare il tuo ex dopo 11 anni.
Cose che a volte, mentre ci siamo dentro, non siamo capaci di decodificare in parole, e che hanno una loro evoluzione, in un senso o nell’altro. Abbiamo bisogno di tempo per vederci chiaro.
Le altre persone possono aspettarci? Lo faranno?
Il punto è che la responsabilità del fatto che le persone soffrano perché non abbiamo una risposta non cambia il fatto che in quel momento non l’abbiamo. E forse, sì, ci può da un lato far capire delle cose importanti, perché è anche con gli altri che ci relazioniamo, ovviamente. Ma dall’altro può distoglierci dall’ascoltare noi stessi.
Io non vorrei mai che mi dicesse: l’ho lasciata per te.
Ma piuttosto: ho cominciato una nuova vita, chiusi i miei conti con il passato. Perché andarmene era quello che volevo io.
Allora, anche se non ho esperienze analoghe a questa tua, mi rifaccio ad altre mie esperienze e pensando a quando non ho fatto e a quando invece ho fatto quel passo indietro, perché saltasse fuori un certo tipo di verità, buona o cattiva che fosse, ma quella che per me è verità (persone che si ascoltano, e sanno quello che vogliono, e se ne prendono la responsabilità) ti dico: lo farei.
Secondo me se tutti si staccassero un po’ da questo calderone, guardandosi dentro con un po’ di autonomia, non come responsabilità verso terzi, ma come onestà con se stessi, in primo luogo, le risposte, qualsiasi siano, arriverebbero prima. O almeno sarebbero più centrate che con la sensazione di “panico”.
MARTA: Già, non sempre le perone che amiamo sono fatte per noi…o forse non sempre le persone che amiamo e che sono fatte per noi (perchè fino ad oggi, purtroppo o per fortuna, ne sono convinta) ci vogliono…
Tu piuttosto come va? Spero che le cose migliorino sempre di più…
FL53: Vorrei trovare la tua forza, vorrei riuscire ad impormi ed affrontare la fase del distacco rendendola qualcosa di costruttivo, come hai fatto tu, per ritornare ad essere “semplicemente io”, ma non ci sto ancora riuscendo…ho ancora la sensazione di annegare senza riuscire a trovare il “mio salvagente” a cui aggrapparmi…
FRANCESCA: Avrei voluto leggere la tua storia ma forse non sono andata abbastanza indietro per trovarla…già, alle volte da sollievo leggere le storie degli altri, ti ritrovi a sognare, a dirti che allora se è successo a loro può accadere anche a te, ma poi finito il racconto ti ritrovi nella tua di storia, storia di persone diverse, sentimenti diversi, caratteri diversi, modi e bisogni di affrontare la vita diversi e allora torni a fare i conti con la TUA realtà…
LUNA: Hai ragione, non sto cercando il MIO salvagente…non so dove e come cercarlo, o forse non ho ancora voluto cercarlo, ma come si fa?
Come si fa quando ti alzi la mattina già con il desiderio di piangere però in casa c’è tua madre e non vuoi farti vedere così; come si fa quando poi esci e vai a firmare il contratto d’affitto della nuova casa e ti ritrovi a doverti sforzare di trovare concentrazione per leggere quelle 4pagine in croce altrimenti inizierebbero a scivolarci sopra le lacrime; come si fa quando finalmente hai finito, voli in ufficio, tiri un sospiro di sollievo perchè vedi che sei sola e finalmente quel fiume di lascrime inizia a scorrere, scorrere, scorrere, sperando che non arrivi nessuno, che non telefoni nessuno, che nessuno ti disturbi in quel momento che hai tanto aspettato dalla mattina presto e ora non ne potevi davvero più di tenerti il male dentro…lui ti manca, non
sai cosa succede a casa sua, cerchi di immaginare, ti fai domande su domande, immagini mille cose e questo ti fa ancora più male ma è come se fossi masochista e vuoi sbatterci dentro il naso sempre di più, finchè le lacrime sono finite e quasi te ne meravigli, quasi vorresti ne scendessero ancora pur di far uscire quel malessere che hai dentro…non sai se pensare che lui stia già cercando di riprovarci con lei o stia ancora cercando di capire se stesso e tutto ciò che è accaduto negli ultimi tempi…e ti aggrappi a quella speranza ma poi ti soffermi, lui non c’è vicino a te…che abbia deciso di riprovare o di capire, resta il fatto che lui ora non è lì con te ed è una sua scelta…e allora senti di nuovo il male, ed è tutto un circolo.
Capisci che devi assolutamente trovare quel salvagente a cui aggrapparti ma non sai da dove iniziare…NON SO DA DOVE INIZIARE LUNA…dal non pensare? è difficile, i pensieri vengono da sè, te li ritrovi in testa puoi solo sostituirli con degli altri, ma il tuo malessere lo senti comunque… dallo smettere completamente di cercarlo? Si, questo lo puoi fare, puoi staccare il tel, puoi lasciarlo a casa, puoi, ma non sono ancora stata capace…
Puoi guardare le realtà, guardare i suoi atteggiamenti, le sue scelte/non scelte e puoi dirti di essere obiettiva, puoi ripeterti tutti i discorsi che abbimo fatto tu ed io Luna, ma il male lo sento dentro, lo sento, c’è ed è come se mi bucasse l’anima.
Mi sono ritrovata in tanti tuoi discorsi, ho fatto attenzione ad ogni parola, ogni sfumatura, ma mi ritrovo a chiedermi se sono scema, se non capisco nulla, perchè non trovo quel salvagente? Non sono capace di cercarlo? Non ho capito effettivamente cosa devo trovare? Da dove devo iniziare, perchè io davvero non capisco!!! Reagire…ma come? Io non riesco ad analizzare me stessa, non riesco a fare i conti col mio interiore per ritrovare ME, una me indipendente da lui, dall’ex, una ME e basta, una ME per ME.
In coro…VA DALL’ANALISTA !!!
EMA: se per “analista” intendi lo specialista che fa una terapia che spesso dura anni, e che ti fa pensare a Freud, ne esistono però altre, come per esempio quella
cognitivo-comportamentale (cito da internet: “orientata al presente e volta a risolvere i problemi attuali)”, la terapia strategica breve (un esempio a caso da internet: http://www.terapiabrevestrategica-vicenza.it/terapiabreve.html ), e pure, si tratta di un diverso tipo di specialista, il counceling (da wikipedia: indica un’attività professionale che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta. Si occupa di problemi non specifici (prendere decisioni, miglioramento delle relazioni interpersonali) e contestualmente circoscritti (famiglia, lavoro, scuola).
Magari tutte cose che sapevi già. E che ti scrivo non pensando che tu abbia bisogno “dell’analista”, ma per dire che per quanto mi riguarda non ho alcun pregiudizio riguardo il fatto che, come si va dall’ortopedico quando fa male un ginocchio, e ciò provoca disagio, si possa benissimo, quando si è in difficoltà emotive, o relazionali, quando, in parole povere, non ci si sente bene nella propria pelle e si ha la sensazione di non gestire il disagio, ci si possa rivolgere, se se ne sente il bisogno, a quest’altro tipo di specialisti.
Trovando e cercando quello che fa per sè.
Ma poiché molti pensano ancora che andare dallo psicologo significhi starci dieci anni, analizzando perché da piccoli si mangiava il gelato al pistacchio e non quello alla vaniglia, forse può essere utile sottolineare che esistono anche le terapie brevi.
Quando brevi?
Dipende dalla terapia e anche dalle esigenze del paziente.
Peraltro qualsiasi approccio si scelga, anche quello “lungo” va benissimo. Ognuno trova quello che fa per sè e sa i suoi perché.
Cosa personalissima. Vedi l’uomo di cui sei innamorata che, giustamente, fa il SUO percorso con la SUA psicologa.
Detto questo, ti dico come ha scelto, assolutamente de panza, un’amica mia il suo psicologo:
chiamando vari numeri che le erano stati consigliati.
la segreteria di lui, in cui lui parlava direttamente, con un certo tono, una certa voce, le era piaciuta più delle altre.
Naturalmente lo ha scelto sul serio quando, ai primi colloqui, ha capito che lui era quello che cui si sentiva di impostare un “lavoro” su di sè.
Con questo intendo dire che non ti invitavo ora, se mai decidessi di andare dallo psicologo, a farti una testa come un pallone confrontando le varie teorie, ma solo dire che, appunto, che andare dallo psicologo significa voler stare bene nel presente, perché è nel presente che si sente disagio. Che sia pure pensando a 20 anni fa o a domani e dopodomani.
Andare dallo psicologo è comunque un’esperienza personalissima, ciascuno, se ci va, trova il suo momento e la sua strada e poi la percorre come si sente.
dici: @poi finito il racconto ti ritrovi nella tua di storia, storia di persone diverse, sentimenti diversi, caratteri diversi, modi e bisogni di affrontare la vita diversi e allora torni a fare i conti con la TUA realtà…”.
Ecco, messa su questo piano, la tua frase sull'”analista”, può essere letta così: un luogo dove fare, appunto, i conti con la TUA realtà.
Mi parli del pensiero, che non si può controllare.
Ma in realtà, forse, quando ci scrivi, parli di tre cose insieme: 1. del malessere, il dolore, quello emotivo, che sta nel “cuore”, nella panza, nello stomaco, nelle lacrime, 2. della capacità analitica che hanno gli esseri umani nel guardare la loro realtà e quella circostante, anche attraverso tesi e antitesi, diversi punti di vista ecc. 3. e poi ancora di come i pensieri vadano a palla, a volte in circolo vizioso e in ping pong quando diventano la difesa, di testa, al dolore emotivo, all’ansia (per esempio da abbandono), alla frustrazione.
Una cosa da cui, forse, ti senti travolta in questi gg.
Detto semplicisticamente, me ne rendo conto.
Ema: la forza ce l’hai, credimi, e la usi. La usi nel trattenere il pianto per ore e poi scioglierti in cascate di lacrime, la usi nel far finta di nulla con tua madre, la usi quando voli tra contratti di affitto e ufficio con il pianto in gola, quando vuoi dimostrare a te e a lui che sei la cosa più bella della sua vita, la usi quando scrivi qui in cerca di aiuto… una forza che usi ancor di più quando dici che non ce l’hai (come dici a me) e resti nella fatica tremenda del tuo dolore. Solo, la tua è una forza da trasformare: da statica a propulsiva. Da pietra al collo, in ali: la condizione è che tu VOGLIA uscire dal malessere che ormai è diventato la tua vita… il pericolo è abituarsi alla sofferenza, alzare la soglia, rifiutare l’aiuto e respingere salvagenti. Tu mi dirai … se lui decidesse io sarei contenta… ma qui la risposta te la dà proprio lui, lasciandoti ‘senza parole e nel vuoto totale’: @ “perchè permetti di fare ruotare la tua vita intorno alle mie decisioni?”@
C’è dentro moltissimo, in queste parole… prova a pensarci, invece che cadere nel vuoto: tra l’altro, c’è molto di quel ‘far fare’, ‘far sentire’ che, dando all’altro il controllo su di te, nello stesso tempo tende al controllo su di lui.
Mi dici che vorresti avere la mia forza, ma io ho dovuto tirarla fuori dalla stessa forza statica che hai tu e che mi stava disintegrando: anche io ero uscita da un’altra storia, devastante, anche io vivevo con il pianto in gola … finché mi sono accorta che più sei forte, più soffri. Se la nostra forza sta tutta nella resistenza a soffrire, siamo fuori strada.
Allora, ho ribaltato la forza da pietra al collo ad ali: ho deciso, io volevo essere innanzitutto in grado di vivere SENZA NESSUN UOMO, ed è stato un momento gioioso come il primo accorgersi di un nuovo amore … era amore per me. Questo è stato il salvagente a cui ho DECISO di aggrapparmi. Mi sono invitata in un bel bar, mi sono offerta una
enorme spremuta e sono rimasta lì un’ora e passa a parlare in silenzio con me, per dichiararmi il mio amore. Ogni gesto, ogni minuto del tempo successivo lo avrei impiegato per corteggiarmi, per farmi sentire quanto ero importante per me, per capirmi e coprirmi di attenzioni, per proteggermi da chi mi faceva del male, per riscoprire i miei desideri, i miei interessi e i miei talenti, per abbandonare ‘bachi’ di comportamento’ e mi sarei sostenuta leggendo, chiedendo aiuto, ascoltando. Da quel giorno, ho mandato a quel paese piagnucolosi o strafottenti corteggiatori fedifraghi, selezionato e coltivato gli amici, organizzato il mio tempo, scelto i primi semplici obiettivi .. e il vuoto interno ha cominciato a riempirsi. Poi, inaspettato, nel limpido del vuoto, è risultato visibile uno che, oltre che maschio era anche un Uomo. Per molto tempo abbiamo evitato ‘la storia’ e non era successo ancora nulla, quando io ho deciso il mio comportamento, espresso quanto avevo da esprimere e ci siamo allontanati del tutto… poi è andata come ho scritto sopra.
Come ho già detto qui in LaD, a me è stato utilissimo un libro (altro salvagente che ho preso al volo: Le vostre zone erronee, Dyer, BUR)… ci sono tanti ottimi manuali di auto aiuto, ma questo è scritto in modo semplice …. ci si ritrova a litigare e scarabocchiare le pagine, scaraventare via il libro e poi a tornare a prenderlo e cambiare idea… se si accetta di CAMBIARE, naturalmente, il che è indispensabile SE sei vuole uscire dai guai.
Tante parole … tante spiegazioni, per dirti: non c’è soluzione al tuo alzarti la mattina col pianto in gola, al tuo allontanare amici ed occasioni, al tuo sentirti annaspare nel vuoto, se non parti da te e se, ancora, “permetti di far ruotare la tua vita intorno a decisioni di altri”…
Ciao ciao 🙂