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Lettera pubblicata il 24 Settembre 2007. L'autore ha condiviso 4 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore chillido44.
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E se invece l’errore fosse fossilizzarsi sul fatto di meritare amore solo ed esclusivamente da quell’unica persona (già occupata) ?
Anche prendendo in considerazione il fatto che certe esperienze di vita portino al bisogno di ricevere conferme o al fatto di entrare nell’ottica di dover meritare amore da qualcuno (e sul fatto di quanto giusto o sbagliato sia questo, mi ricollego a tutti i pensieri scritti nel tempo da Luna e le altre), mi chiedo però perchè ostinarsi nel voler ricevere/meritare “amore” a tutti i costi da quella precisa persona che in buono o cattivo modo, correttamente o scorrettamente, con tante belle parole ma senza alcun fatto, ci ha detto o comunque dimostrato di non amarci realmente e di non desiderarci come unica persona al proprio fianco (evidentemente perchè il “proprio amore” già ce l’ha, bello o brutto, rispettoso o infedele, felice o penoso che sia, ma non sta comunque a noi giudicarlo… e se a lui – e a volte anche alla consorte consapevole – sta bene così, non siamo certo noi a dovergli far cambiare idea)…
quindi, a maggior ragione dopo aver sperato di essere la scelta di costui ed esserne rimaste deluse, perchè non ci si allontana, sicuramente a testa bassa e soffrendo, ma accettando che se l'”amore non lo abbiamo meritato da lui” è il caso di voltare pagina e di guardare avanti, rendendoci conto che è umiliante elemosinare il sentimento, e lavorando profondamente sulle nostre insicurezze, per essere “guarite” quando arriverà un uomo da amare liberamente e in maniera sana? e non perchè saremo state più brave di altre o perchè saremo riuscite a tirar fuori il meglio di lui… ma semplicemente perchè quell’uomo, il proprio AMORE, vorrà REGALARCELO a palate.
E questa domanda probabilmente sarebbe da girare anche alle mogli tradite e consapevoli, che comunque si ostinano o voler tenersi stretto il marito traditore… a maggior ragione quando sanno dell’eventuale presenza di un’altra…
Perchè non accettare la scelta di chi, correttamente ed elegantemente o stronzamente e disonestamente, dice di non volerci (più) accanto?
Questa è secondo me la cosa più umiliante… umiliarsi da sole… perchè volendo, seppur ferite profondamente, si è liberissime di andare via, a testa alta.
Il fatto è che probabilmente “un tappeto” non è “riuscito a meritare amore” da chi ci si è strofinato sopra le scarpe sporche di merda… ma ciò non esclude che invece possa ricevere amore sano e profondo da chi le scarpe se le toglie prima di passare.
Scusate se il commento è andato fuori tema rispetto al filo che ha sempre seguito…
EmA..Il tuo intervento non è affatto fuori tema. Siamo qui per questo.
Considero tra l’altro questo pensiero rivolto davvero a chiunque, indistintamente..chiunque si trovi in una brutta relazione fatta ovviamente di sofferenza.
Ti posso rispondere che leggendoti ho provato molta tristezza. Mi sn rivista mentre cercavo disperatamente conferme da parte sua. Ma non in modo invasivo .. Aspettavo di vedere cosa faceva lui per me. E traevo le mie conclusioni.
Il perchè sia stato scelto proprio lui non lo so. Di certo un interesse di base ci sarà. Non m’importa ad esempio di piacere al barista sotto casa mia oppure al benzinaio di fronte.
Le mie attenzioni sono rivolte a lui. Mi piaceva sentirlo, baciarlo, far l’amore, il modo in cui scherzava, il modo in cui mi faceva passare il broncio (causato da lui).
Come posso dire? Una calamita. Lo vedo e tremo, sudo. Tutte emozioni forti, come la droga ad esempio può far provare. Stordimento, disirientamento, ansia, tachicardia, momenti di esaltazione che si alternano a momenti di vera crisi. Ma anche essere/essere diventati persone assuefatte conta molto.
Si ha paura di lasciare tutto questo perchè sparito l’effetto…resta il vuoto! Ed un rapporto (seppur insoddisfacente) sotto molti aspetti lo si preferisce al vuoto, la paura della solitudine.
Sicuramente guarire è il primo passo. Ma prima ancora bisogna individuare la causa (il male). Poi non è sempre detto ke chi vive una situazione simile è xk debba x forza avere dei problemi. Donne cornute che restano cn il marito per convenienza, per abitudine.
Altre per amore.
Come hai scritto tu il “loro amore” già ce l’hanno.
Rifletterò molto su questo. Non per sminuire il resto del commento. Ma è il punto che più mi colpisce. E fa soffrire.
EMA@ Il fatto è che probabilmente “un tappeto” non è “riuscito a meritare amore” da chi ci si è strofinato sopra le scarpe sporche di merda… ma ciò non esclude che invece possa ricevere amore sano e profondo da chi le scarpe se le toglie prima di passare. Ecco, condivido in pieno!!
LUNA, grazie di aver tolto il filtro. Come scrivi è esattamente come vivo. Sono sempre in errore, perennemente sotto esame e l’esaminatore è colui che mi tiene al suo fianco da 17 anni. Indovina un pò, gli esami suoi non li supero mai, sono sempre qualche scalino più giù e se le carte bollate dimostrano che in realtà l’esame l’ho superato, si arrabbia nero e mi dice che non mi creda di meritare la gloria. Mamma mia, il fatto degli studi è andata proprio così, come hai scritto tu. Tutto in funzione sua, la casa da pulire, la bambina da accudire,pulendo la casa, perchè lui ne ha le balle piene di avercela dietro. Penso comunque che il danno maggiore derivi proprio dal non pensare che esistono le latterie. Non dico che una relazione di lunga data va chiusa alla prima incomprensione, ma penso che bisogna mettere i paletti e marcare bene i confini. Questa sono io e questo sei tu, condividiamo un pezzo di vita o tutta la vita, ma non permetterò che ti impossessi interamente di me. Invece io mi sono dedicata ingenuamente per intero, non ho conservato i miei spazi e se li avessi pretesi mi avrebbe mollata molto tempo fa. Invece ci ho fatto pure una figlia. Lui aveva capito (diceva) e sembrava sincero, altrimenti non sarei tornata. Ti amo, ti ho sempre amata, questa è casa tua, tutto quello che faccio lo faccio per te, per noi! Ero stata più che chiara. Gli avevo detto “se torno è per restare, non voglio più sentirmi dire di andarmene perchè non sono nessuno e sto solo a sfruttare la tua casa”. Invece dopo che è nata la bimba ha ricominciato a trattarmi da schifo, a piantarmi in asso per andare a sbollire la rabbia profonda che gli provocavo quando gli chiedevo di “rientrare subito a casa dal lavoro e non fermarsi a bere con gli amici,visto che io facevo la vacca da latte tutto io giorno e avevo bisogno, un bisogno psicofisico di staccare almeno una mezzora e farmi una doccia” Io non potevo avere bisogni, problemi. Comunque ripeto, ciò che hai scritto era la mia giornata tipo. Vattene! e subito dopo..dove vai? mica vai sul serio,mi accoltelli, mi pianti!
MAH. Mi piacerebbe conoscerti LUNA.
Cara Clà, conosco bene il senso di vuoto che invade ogni cellula al solo pensiero che lui si arrabbi, che lui se ne vada…anche quando sei tu ad avere il diritto di essere arrabbiata. La paura che non torni e che non ti parli, non ti guardi..sei un vuoto ambulante, sterile. Invece no! ci sono cose piccole che a poco a poco riempiono quel vuoto. Io per esempio mi sono riavvicinata alla mia passione per la natura. “sacrifico” in gran segreto due ore delle mie ferie, per andare sola soletta al museo di storia naturale. Guardo ogni reperto nel minimo dettaglio, non sono vuota!!
CLA’: quando chiedo perchè sia stato scelto “proprio lui” non intendo dire che potresti farti piacere un altro, come il barista o il benzinaio; mi chiedo però perchè ostinarsi nel continuare ad inseguire (quasi come se dinventasse una forma di principio) un uomo che ci ha detto o dimostrato esplicitamente di non volerci, o di volerci solo alle sue regole…regole che comunque ci fanno star male.
Perchè non avere la forza, o quanto meno l’orgoglio di rifiutare quelle condizioni, anzichè abbassarsi a rincorrere ed elemosinare il suo amore???
Capisco perfettamente quando parli del vuoto (Si ha paura di lasciare tutto questo perchè sparito l’effetto…resta il vuoto! Ed un rapporto (seppur insoddisfacente) sotto molti aspetti lo si preferisce al vuoto, la paura della solitudine)…
Lo capisco perchè nel mio passato mi sono aggrappata per 11 anni ad un rapporto insoddisfacente (e purtroppo o per fortuna quando l’ho chiuso di anni ne avevo solo 28), ho avuto il coraggio di andarmene quando ho ricevuto attenzioni (e quindi conferme del fatto di piacere al prossimo) da un altro uomo (in passato sempre rifiutate per non mettere a rischio il rapporto), peccato fosse sposato;
per quasi un anno ho permesso a me stessa di umiliarmi, di rincorrere “proprio lui”, di elemosinare il suo amore e aspettare le sue conferme, che a quel punto dovevano essere altre, non più solo il fatto di piacergli, ma ovviamente quelle conferme non sono mai arrivate;
mentre lui ancora prometteva, sicuramente complice il fatto di essermi fatta trasportare dalle amiche e aver conosciuto nuove persone, mi sono allontanata, seppur ancora imbambolata da quella persona;
tra la nuova gente conosco un ragazzo…interessante, ma occupato (fidanzato da 9 anni e sposato da 1), e quando per entrambe la simpatia sembra poter diventare qualcosa di più, evitiamo qualunque contatto che possa incrementarla, impauriti entrambe da vecchi errori.
Dopo qualche mese lo rincontro, la sensazione è la stessa per entrambe, così ne parliamo, ci raccontiamo i nostri vissuti e decidiamo di evitarci di nuovo… dopo 2 settimane mi cerca e dopo un lungo discorso mi chiede se me la sento di inziare una nuova storia insieme che comporta anche l’affrontare la sua separazione.
Completamente frastornata non capivo quale fosse la cosa giusta, o meglio quella “non sbagliata”… non avevo mai ricevuto in vita mia una dimostrazione così grande, era ciò che avevo tanto rincorso per 12 anni, e ora? cosa dovevo fare? avevo solo una gran paura…
Il sentimento per lui ha prevalso sul resto ed abbiamo inziato la nostra storia, ma la paura (principalmente di me stessa e delle mie insicurezze che mi avevavo già accompagnato per 12 anni) mi ha spinto ad inziare anche una terapia con uno psicologo che ancora sto portando avanti e che mi sta aiutando a capire da dove derivano i miei problemi ed i miei comportamenti… senza questo percorso, probabilmente, anche col mio nuovo compagno avrei ripetuto i vecchi errori.
Questo per dirti che grazie all’aiuto che ho cercato siamo riusciti ad individuare la causa e sto inziando a fare dei passi sulla via della “guarigione”… ed è proprio per questo che ora riesco a guardare le cose con più distacco (prima di tutto proprio nel mio vissuto) e a domandare come riempie in realtà quel tipo di amore il “vuoto” che tanto spaventa?
Io penso che ci metta più che altro qualche pezza qua e là, creando dei buchi ancora più profondi… il tutto causato solo dalla paura di affrontare quel vuoto e quella solitudine.
Tra l’altro scrivi che il contatto con lui ti provoca un sacco di sensazioni (“Lo vedo e tremo, sudo. Tutte emozioni forti, come la droga ad esempio può far provare. Stordimento, disirientamento, ansia, tachicardia, momenti di esaltazione che si alternano a momenti di vera crisi”), ma ci fai caso che non sono neppure sensazioni positive??? Tutte cose che vengono associate ad un evento che crea ansia e preoccupazione…non certo a quello che ti fa provare un sentimento sano (le famose farfalle nello stomaco???)… uno estraneo che non sa di cosa parliamo ti suggerirebbe quasi di assumere un tranquillante prima di un incontro del genere…
Ultima cosa: cosa ti colpisce tanto del fatto di dire “il loro amore già ce l’hanno”??? Cosa ha di strano quel punto?
EMA: ti ringrazio molto per la tua preziosa testimonianza e per i tuoi interventi, che sono utili a tutte (e magari anche a degli uomini, visto che non è detto che non ci siano anche degli uomini che possono passare di qua e leggere, anche se non si palesano. Più improbabile perché la lettera ha un titolo al femminile, ma non impossibile. Non esistono solo donne che affrontano problemi come quelli di cui parliamo, ma anche uomini). Tocchi nei tuoi post un nodo secondo me fondamentale e cioè il passaggio dalla percezione di totale chiusura all’apertura. Di per sè il fatto di passare dalla totale chiusura anche della percezione individuale di sè (mi dimentico di esistere, di avere desideri, idee, di prendermi cura di me) e di emozioni positive alla consapevolezza istintiva che esiste un mondo esterno ad una relazione disfunzionale e al proprio malessere non è negativo. Intendo dire che il fatto di cominciare a percepire di stare al mondo, mondo in cui è possibile anche incontrare una serie di persone con cui rapportarsi in modo diverso e positivo. Spesso è proprio grazie anche a questo ricominciare a rapportarsi con un mondo esterno (amicizia, lavoro, studio, un hobby, uno spazio per sè ritrovato, anche uno scambio verbale con l’altro sesso) che si comincia a notare il fatto che un certo copione comportamentale/verbale ecc non è scontato. Puoi notare che c’è appunto chi prima di passare si toglie le scarpe, dice buongiorno e buonasera, parla guardandoti negli occhi, e che il mondo non ruota solo intorno ad atteggiamenti disfunzionali, scortesie, giudizi, maleducazione, aggressività, difficoltà… puoi insomma renderti conto che anche se in una relazione hai finito con l’assumere un preciso ruolo prevaricato, giudicato ecc ecc non tu non sei quel ruolo, sei tu. E che non esiste solo un copione di azione/reazione, ormai incancrenito. Con ciò non voglio dire che una persona che ha avuto o vive una relazione disfunzionale non abbia anche una serie di risposte anche inconsapevoli ormai automatiche, che non possa tendere ad aspettarsi che la risposta sia aggressiva per esempio (vivendo in costante tensione) e che non abbia delle paure da sciogliere. Intendo dire però, terra terra, che veramente puoi notare che c’è gente, là fuori, che quando ti domanda anche solo che ora è lo fa gentilmente. E che non dà per scontato che tu debba investire un certo determinato ruolo e basta, che tu sia solo quello che qualcuno ti ha detto che sei, o che tu stesso ti ripeti ormai di essere. Insomma, può far riflettere il fatto di osservare che non tutto sia sempre un campo di battaglia, ferma restando la ipersensibilità. Il problema nasce alle volte quando da questa fase di presa di coscienza anche di sensazioni non solo negative e implosive si passa subito a riempire il vuoto, in automatico. In sintesi si cerca/accoglie automaticamente qualcosa di esterno per confermare quelle sensazioni positive che hanno fatto finalmente capolino e che sono ancora però fragili
foglioline o adirittura semini. Allora invece di rendersi conto che si può curare le proprie piantine si cerca inconsciamente un… giardiniere. E può capitare che il primo uomo che passa correndo (che piace, ovviamente, da parte di cui c’è stato in qualche modo un “riconoscimento” della propria esistenza) può sembrare il miglior giardiniere del mondo. Può esserlo? Può anche esserlo, e certo esiste anche la sfiga, ma se si rivela non esserlo spesso è anche perché riempire il vuoto è venuto prima di osservare veramente la persona di fronte, o una determinata situazione e anche una serie di proprie sensazioni. Diventa più importante l’essere vista che il vedere. Diventa più importante che una relazioni confermi che osservare veramente cosa sta accadendo, fuori e dentro di sè. Le reali affinità, la reale visione della vita comune e anche la concretezza di intenti ecc ecc. Non dico che sia sempre così, ma spesso accade. Anche perché non ci si dà il tempo di sentire la propria gioia nel ritrovare dei semini nel proprio giardino.
ALEBA: Sono contentissima per te per la cosa del museo di storia naturale 🙂 ti ho “vista”, immaginata mentre fai questa cosa per te e il mio cuore ha provato gioia 🙂 queste sono le piccole cose che non sono affatto piccole cose. Sono contenta che ti stai riscoprendo 😀
Aleba, come sempre mi riconosco in tante cose che dici. Mi riconosco per esempio nelle promesse (dette in determinati momenti, mai mantenute e anche negate con una faccia tosta incredibile, e la prima volta, poiché ci avevo creduto al 100 per 100, ciò è stato un autentico shock) e mi riconosco nel tipo di atteggiamento riguardante la casa. Nonché nell’esame, per cui se fai qualcosa è sempre sbagliata. Se fai qualcosa palesemente ti riesce però non c’entra, a chi giova, è palese prova di egoismo. Il gioco perverso delle mancanze e del girare persino i talenti in una mancanza o in egoismo. Se domani prendi persino un riconoscimento internazionale per come fai una cosa cosa c’entra se poi hai bruciato una lasagna. Se ti viene riconosciuto dalla collettività (con naturalezza) che sai fare delle cose la collettività mica vive con te e non vede in cosa manchi di grave. Se sei generoso, aperto, hai buone relazione sociali non è che prova al limite che non sei quel disastro di intelligenza emotiva che ti viene detto, no… sei una merda perché fai per gli altri ma alla tua famiglia non la caghi e togli (bugia, e peraltro non ti viene manco concesso di “esercitare” a casa quell’intelligenza emotiva. Quindi semmai di fuori è di più per questo)ecc ecc. Cosa che produce uno stato di frustrazione COSTANTE.
La casa… la faccenda della casa a me ha rovinato vita e salute, quindi ti capisco molto bene. Mi ha mandato a puttane anche i parametri per un bel po’. In fondo aveva ragione… riusciva sempre ad avere ragione. Lunga storia, ma posso dirti che (continua…)
EMA:”Io penso che ci metta più che altro qualche pezza qua e là, creando dei buchi ancora più profondi… il tutto causato solo dalla paura di affrontare quel vuoto e quella solitudine.” Quanto sono vere queste parole!! Cosa c’è in quel buco che sentiamo dentro? è davvero vuoto? Perchè spesso temiamo di calarci nel fondo di noi stesse e restare in solitudine a fare conoscenza con la nostra più intima natura? Perchè mettiamo nelle mani di un altro essere umano il potere di sancire il nostro valore. Non sto parlando dei voti che prendiamo a scuola, o delle promozioni o gratifiche sul posto dei lavoro. Parlo proprio di chi amiamo. Siccome amiamo tizio, lasciamo che tizio stabilisca il nostro valore. Almeno io ho fatto così, e da ciò che leggo non sono la sola. Il mio terapeuta dice che la mia situazione è paragonabile alla così detta “sindrome di Stoccolma”. Io mi sono lasciata imprigionare perchè ero ingenua e inesperta e perchè lui si è presentato ai miei occhi come il principe azzurro di cenerentola. Il salvatore sul cavallo bianco. Poi, una volta che mi sono fatta incatenare, ha cominciato a centellinare il bene e a ricoprirmi di male, al punto che io vedevo in lui l’unico che poteva darmi quella goccia di bene che mi faceva arrivare a domani. Non potendo uscire ho cominciato a guardarmi dentro, in quel vuoto che dilagava ho trovato qualcuno che mi chiedeva disperatamente di interrompere quell’agonia. Ero io. Ho capito che non è tra le braccia di un uomo che una donna trova la consapevolezza di essere viva, la protezione e la sicurezza. Queste sono responsabilità proprie, verso sè stesse. Io sono viva, io mi proteggo e io mi devo occupare della mia sicurezza e del mio benessere.
sono stata accusata delle stesse cose che dici tu, fino ovviamente a crederci. peccato che io non ho mai potuto mai sentire quella casa realmente come mia, peccato che io non abbia mai potuto concretamente partecipare al mutuo di quella casa perché non mi stata MAI neanche rivelata la cifra esatta per poter dividerla e partecipare.
La casa era sua, sempre, tranne quando me ne andavo, allora diventava mia, era sempre stata mia, e se non mi piaceva l’avremmo anche venduta per comprare una vecchia fattoria ia ia oh. E lui capiva che non mi aveva mai dato abbastanza sicurezze emotive. Allora stava sveglio fino alle 5 del mattino “solo per guardarmi”. Mi diceva che non potevo fargli/farci questo. Se per cinque anni mi aveva detto dette cose orrende (intervallate a promesse mai mantenute), rifiutato ogni dialogo costruttivo, concluso ogni questione con “stai zitta o sono guai”, “un gatto lo prenderai quando avrai una casa TUA”, ecc ecc era perché ero una stronza che se ne stava andando… quando non cedevo al fatto di essere il mostro che se ne va ed ero ferma nel dire “non ne posso più, anche se ti amo ancora”, allora scattava appunto il: la verità è che stavo male! (peccato che quando io dicessi che stava male e che insieme potevamo affrontare tutto ero una deficiente o non mi rispondeva nemmeno o ero io quella che aveva i problemi o mi aveva già detto quello che aveva da dire e io non mi rassegnavo all’idea che uno non volesse stare veramente con me ecc ecc ecc).
La mia storia è anche più complicata di così. Molto più complicata di così. Ma posso dire che no, non sono una che se va alla prima difficoltà, nè che abbandona le persone che stanno male o al momento del bisogno, ma queste non sono difficoltà, sono un’altra cosa, purtroppo. Sono cose contro le quali non si può fare niente. Aleba, quante persone che hanno un’impostazione come quella del mio lui e del tuo scrivono nel forum per domandarsi se stanno sbagliando, per mettersi in discussione? quante delle persone che hanno un’impostazione come la loro e la impongono (perché questo è un punto basilare: la impongono) vanno effettivamente da uno psicologo perché si rendono conto, e nel lungo lunghissimo quotidiano (non quando te ne vai), che con il loro modo di comportarsi e di rapportarsi producono malessere a se stessi e all’altro? Quante di queste persone, indifferentemente perché, se la sentono di rinunciare alla loro impostazione e non dicono invece che comunque è la migliore possibile? Quanti di loro alla fine non accusano l’altro di avere mancato anche quando è ridotto in brandelli a forza di manifestare disponibilità? quanti, mentre tu risolvi i guai emotivi/pratici/psicologici provocati da queste disfunzioni si accorgono realmente di quanto pesanti siano o ti offrono davvero un appoggio disinteressato a meno che non sia per rimarcare ancora una volta che tu sei una persona dipendente? Credi che non mi faccia soffrire scrivere questo? che non sia stato possibile. Ma cosa possiamo farci?
LUNA…non ti viene manco concesso di “esercitare” a casa quell’intelligenza emotiva…Le sue parole testuali sono: “tutto va bene e tu, ad un certo punto VUOI EMERGERE e a me non sta bene.” Queste parole me le ha dette decine di volte, e io lì a spiegare che la mie intenzioni non erano quelle di umiliare o prevaricare lui. Ora penso che: certo che avevo bisogno di emergere, anzi di tirare fuori la testa dal quel secchio di acqua dove me la teneva (e io lo lasciavo fare). Il terrore che io fossi brava in qualcosa, qualsiasi cosa! La vita per me doveva essere solo sacrificio, e se di bene qualcosa dovevo avere, doveva provenire solo ed esclusivamente da lui…e dovevo pure baciargli i piedi.
Grazie, come sempre LUNA. Pur considerando il fatto che ogni storia è a sè stante, condividere è come una terabia.
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