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Lettera pubblicata il 24 Settembre 2007. L'autore ha condiviso 4 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore chillido44.
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Margot, qua non c’è competizione.
Il tuo problema è sempre stato preso sul serio da persone come Luna ed Eme. Hanno scritto parole e parole. Tu giustamente ti senti in difficoltà e vorresti altro aiuto. Ma anche in poche parole credo te lo stiano dimostrando.
Stai ancora cercando risposte..e le cerchi da loro invece che dentro di te.
l maltrattamenti che hai subìto ti hanno resa fragile..ti senti persa.
E’ comprensibile. Ma prova a leggere tutte le pagine e pagine ke sono state “riservate” al tuo problema. A volte ci si dimentica di alcuni passaggi. Se non passi lo step iniziale, quello successivo non ti serve a nulla.
In bocca al lupo!
Vedi Margot, se io fossi una donna arrivata al traguardo della tranquillità emotiva oppure parlassi di questi argomenti come se li conoscessi esclusivamente per averci preparato sopra una tesi di laurea, bè, allora potrei serenamente parlarne, approfondire, scavare e, per dirla tutta, anche essere abbastanza menefreghista se Margot e Clà, ogni tanto, partono come siluri per spaccarsi le ossa contro un muro di gomma. Sempre lo stesso. Più convinte che mai.
Ma (c’è sempre un ma) non sono una donna arrivata al traguardo, ho sperimentato queste situazioni sulla mia pellaccia, per più di tre anni, mi sono fatta un mazzo per uscirne e mi sto facendo un mazzo per capire e risolvere i disagi che mi hanno spinto nel buco, anni fa, quindi, quando la mia panza dice STOP mi fermo.
Se è scortese autotutelarsi bè….allora sono scortese nei fatti senza voler essere scortese nelle intenzioni.
Vedi Margot, leggendo i tuoi post di ieri ed oggi mi pare che tutte le parole scritte in questi mesi siano state perfettamente INUTILI. Se leggi i tuoi ultimi post ti puoi rendere conto da sola che la situazione non si è mossa di un millimetro.
Ti sei semplicemenete resa conto che quell’individuo ti sta manipolando. E basta.
Cos’altro è cambiato? Cosa stai facendo per te?
Cosa potrei fare io di più di quello che ho fatto scrivendoti qualche post?
Dovrei sbattere il mio personalissimo mostro in prima pagina?
Margot, quel mostro mi ha portato all’orlo del suicidio pochi anni fa.
E poi, (a tentativo di suicidio fallito), ad un autocondanna di non vita fino a tempi troppo recenti per poter aver metabolizzato, digerito, cagato (passami il termine) tutta la merda in cui ho sguazzato.
Il mio mostro mi stava ammazzando capisci?
Hai presente tutte le volte in cui LUNA ti ha scritto “spostati da lì”.
Bè, l’ha consigliato anche a me, tempo fa. Ed io ho seguito quel consiglio. Con una fatica bestiale. Perchè è molto più facile arrendersi e stare male che alzarsi da terra e fare qualcosa per stare bene.
Te lo ripeto Margot e mi accaparro le parole di LUNA: spostati da lì, guardalo per la merda che è, che descrivi, che sai che è. Fai qualcosa per te che sia svincolato da lui. Se ti ha dato un appuntamento non andarci, se ti chiama cambia numero, se ti ferma minaccia di andare dai carabinieri, o (peggio), spiattellare tutto alla sua “metà”. Starai male, starai di merda, ti sentirai morire ma passerà, sarà sempre meglio di ciò che provi adesso.
MARGOT: sono d’accordo con Clà, capisco la tua emotività e al contempo mi sento di dirti che non hai letto veramente quello che in quelle poche righe ti ha scritto EME. O meglio, non sei riuscita a sentire veramente quello che ti ha scritto EME. Il che sicuramente è accaduto anche perchè in questo momento tu stai male. Non è un giudizio, non è un rimprovero. Ma se c’è una cosa che empaticamente ti ha riconosciuto Eme in quelle righe, secondo me, è proprio il fatto che tu stia male e che sia in atto anche una manipolazione, ma ha anche messo in quelle righe se stessa e una buona dose di sua umiltà. Ma non lo ha assolutamente fatto a tuo danno. E non è che necessariamente scrivere 4 righe invece di 480 significhi dare meno attenzione o mollare. In questo momento soffri del fatto di sentirti “scaricata”, ma Eme tra l’altro ti ha scritto “un abbraccio”, no “mi sono rotta le palle di te e ti abbandono in autostrada e me ne frego di quello che senti o del fatto che tu stia male se non fai come dico io”.
Non sto difendendo Eme, nel senso che penso che non abbia bisogno di essere difesa, non avendo lei chiaramente mollato nessuno in malomodo e in base al fatto che se c’è una cosa che ha sempre contraddistinto i suoi interventi è il pensare che tu, io, Clà, chiunque abbia il suo libero arbitrio (fermo restando che potrebbe anche andarsene perché le sue riflessioni e i suoi stati d’animo la portano a dire: ora forum no, o a rendersi conto che le parole non bastano o a volerti bene ma non avere il tempo, le energie per scriverti. Potrebbe anche semplicemente sentire di non avere nulla da dire e scegliere serenamente di stare zitta) anche perché nelle tue parole c’è una tua percezione di abbandono e la tua disperazione per come ti senti piuttosto che un attacco.
Comprendo, tra l’altro, che una persona possa dire @Potrei dirti altre cose ma la manipolazione mentale è un ricordo troppo recente e troppo vivo per parlarne serenamente.
Anche perché la manipolazione mentale è una faccenda emotivamente complessa.
Però, scusa, mi sono sentita di riflettere con te sul fatto che nessuna di noi per nessuna di noi può fare ciò che una persona non fa per se stessa.
E se non sei in grado di farlo ora (e nessuno ti giudica per questo) rifiuti però anche di chiedere aiuto una volta centrato il problema. Poiché tu stessa affermi di averlo centrato: mi sento succube.
Ma può la persona che ti fa sentire succube risolvere il tuo problema del sentirti succube, secondo te?
E, inoltre, ok, sei succube delle sue manipolazioni (o comunque di una sua visione della vita e dei rapporti umani che non corrisponde alla tua ecc) ma non lo sei altrettanto di alcune TUE idee?
Su quelle potresti lavorare, ma ti rifiuti di farlo. Non giudico il fatto che tu abbia delle resistenze a farlo, ma nè io, nè Eme, né Clà, nè lui stesso possiamo liberarti da delle idee su te stessa e l’amore e le relazioni (persino idee teoricamente positive, ma che diventano implosive se ne facciamo “l’uso
sbagliato”) con cui in questo momento ti fai del male.
Nè io, te, Eme possiamo cambiarle per Clà, nè voi per me e Eme, si intende. Quello che voglio dire è che purtroppo ciascuna di noi, pur con tutti i consigli o le riflessioni e lo scambio di esperienze del mondo, il sostegno e l’empatia, la comprensione di cosa sia vivere una relazione disfunzionale da parte degli altri ecc ecc, il non giudicare un cedimento, un dubbio, o anche duemilacinquecento cedimenti e dubbi, può fare per un altro/a ciò che solo una persona può fare per se stessa. E “quel momento”, quello scatto non è una cosa tipo che prendi la tua vita in mano e la risolvi in 3 secondi netti mentre in sottofondo parte la musica di “we are the champions”. Prova a parlare con una persona che ha smesso di bere, per esempio. Forse ti dirà che quel momento, il primo, è stato quando ha trovato un volantino degli alcolisti anonimi in un bar e mentre comunque ordinava tre martini perché sennò andava fuori di testa ha visto quel volantino, lo ha visto veramente. E pur sentendosi succube, di una bottiglia, di se stesso, di una vita che era diventata una merda atomica, e pur senza certezze che le cose si sarebbero messe meglio, qualcosa è scattato. Non in suo cugino Filippo, che pure era disperato a vederlo stare male e avrebbe dato un rene per “salvarlo”, non nel suo compagno di sbornie, no in sua madre che gli ripeteva “sei un fallito” non nell’ex moglie con cui non è mai riuscito a stare bene davvero indifferente perché, non nei figli che non vedeva da 10 anni, no nella barista che mentre lui si scolava i martini lo vedeva mentre lui non vedeva lei…
“Arriva un momento della vita di ognuno nel quale devi prendere la tua vita in mano. Se non lo fai tu, chi credi lo farà?”.
L’ho letto stamattina, la frase non è mia, ma credo che in due righe centri una cosa che non è per nulla banale, e fa la differenza.
A volte questi momenti nella vita di ognuno sono anche più di uno nella vita di una persona.
“Questo momento” che hai tanto temuto (e posso anche comprendere il meccanismo per cui lo temi) io ho francamente l’impressione che tu da due anni lo viva ogni giorno, SEMPRE. Ma, al di là di cosa lui ti abbia promesso e quando e come, capita che le persone non mantengano le promesse. Capita di solito, anche nelle relazioni non come la tua, che quando uno lascia lasci, senza chiedere il permesso all’altro/a. E’ chiaro che comprendo il tuo senso di frustrazione, tuttavia lui sta esercitando il suo libero arbitrio e la sua visione della vita in questo momento (anche il suo concetto di amore, matrimonio, tranquillità, il SUO), cosa che anche i non manipolatori fanno, quotidianamente. Forse se ti senti così è perché tu non ti rendi più conto che pure tu possiedi un libero arbitrio. Ma possiamo parlare per mesi del fatto che lui non lo considera, a vuoto, finché tu non ti ricordi che il tuo libero arbitrio è tuo. E ti ricordi anche questa “felice” responsabilità. E vale anche se pensi che sei manipolata
Chiedo scusa per lo scambio d’identità 😉
Cmq sia la risposta rimane quella. Non credo al luogo comune “se ha tradito una volta lo farà sempre, se ha tradito la moglie poi farà la stessa cosa con te”. Di fiducia in lui non ne ho molta, ma quando mi parlava io gli credevo.
Ma ovviamanente non si avvererà.
Rinunciare alle uscite con altre famiglie come la sua, a non parlare più della sua compagna con i vicini ma dell’amante..Spiegare che per 8 mesi è stato infedele (solo fisicamente) e che ha fatto la sua scelta…sarebbe troppo!
Non valgo così tanto.
Quasi mi verrebbe da chiedergli scusa io x essere entrata nella sua vita e averlo portato a tradire la famiglia in nome di una compulsione (poi) bisogno di conferme e riscatti morali. Sono io ad averlo usato?
Avrebbe avuto più senso se ci fosse stato un lieto fine, ma come ho già scritto meglio così..piuttosto ke soffra la compagna e magari anche il figlio meglio che sia io ad andarmene. Mi son levata di torno.
E lui andrà avanti come ha fatto prima della mia irruzione.
Clà, non ti pare di esagerare? Quasi quasi ne parli come se lo avessi drogato, trascinato per i capelli in un letto ed abusato di lui per otto mesi.
Se ci riesci evita di portargli rancore (non serve a nulla se non ad aumentare in modo esponenziale il rischio di ulcera) ma addirittura chiedergli scusa….su dai 🙂
Anche io non credo ai luoghi comuni e detesto le generalizzazioni.
Resta il fatto di come tu, Clà, hai descritto quest’uomo ed il suo comportamento. E non parlo del comportamento fisico. Mi riferisco all’atteggiamento morale.
Non voglio (più) neppure parlare di vigliaccheria nè di assenza di amore. In effetti non sono dentro la vostra situazione e posso solo ipotizzare facendomi traviare dalla mia esperienza.
Vorrei semplicemente porre l’attenzione su un altro aspetto. Un aspetto generale che prescinde dalla clandestinità di un rapporto: chiunque non sta bene, si ritiene uno zero assoluto, vive un disagio, lo esterna e si trova accanto una persona (maschio o femmina che sia) che se ne sbatte bellamente di questa situazione di malessere oppure la sottovaluta perchè lo stare male deve essere fisico altrimenti è una sega mentale da ignorare credo dovrebbe riflettere attentamente su questo rapporto e sull’opportunità di portarlo avanti. Non c’è niente di peggio che vivere da soli in una coppia e di doversela cavare sempre e comunque da sè perchè l’altro “c’è ma….. et voilà siore e siori ….non c’è”, come in un brutto gioco di prestigio di un maghetto scalcagnato.
Tu Clà e tu Margot vivete, avete vissuto, forse vivrete ancora una storia che vi porta qui con un bagaglio di dolore che, a volte, è difficile persino leggere (figuriamoci portarlo).
Chi sta male, chi è fragile, chi si sente solo spesso sente l’esigenza di avere un conforto esterno.
Ma chi c’è passato per certe fragilità ha ed avrà sempre una paura che lo accompagnerà ovunque: la paura di essere risucchiato da certe brutte sensazioni (anche se si sta bene) e la paura di trasmettere messaggi sbagliati.
Perchè chi sta male è come se non avesse pelle. E persino una goccia d’acqua fredda può ferirlo. Anche le considerazioni di chi non si sa dove abiti e che faccia abbia.
Anche dei post pubblicati ogni 4-5 ore + pausa notturna, scritti magari di getto, stando attenti a non superare i caratteri consentiti, a non dire cose che scatenino l’ira funesta del moderatore o che attirino come mosche i soliti imbecilli misogini che non aspettano altro che leggere la parola “tradimento” per correre a sparare le loro fregnacce.
Per questo e solo per questo, a volte, si prendono le debite distanze.
Dalle situazioni non dalle persone.
Ci si rende conto dei limiti posti dalle proprie paure e ci si ferma un istante prima di averci a che fare.
Per questo, a volte, non si scrivono post di 1000 caratteri cad o si rifiutano conversazioni private.
In ogni caso il colpo di reni che porta, quantomeno, a stare seduto piuttosto che steso in un letto di chiodi roventi deve partire da chi sta male.
Le parole possono solo attirare l’attenzione ed aiutare aprirsi ad un punto di vista diverso da quello dell’autodistruzione.
Come scrive LUNA “Arriva un momento della vita di ognuno nel quale devi prendere la tua vita in mano. Se non lo fai tu, chi credi lo farà?”
E anche nell’ipotesi in cui trovassi qualcuno che prendesse in mano la tuia vita?
Cosa accadrebbe se quel qualcuno ti togliesse le mani da sotto le chiappe, all’improvviso, non fosse altro che per verificare se hai imparato a nuotare o rischi di andare a fondo come un blocco di cemento armato?
……Tutto qui. Rinnovo l’abbraccio a tutte quante 🙂
Ps. Ciao LUNETTA, un bacin bacione 🙂
EMA: ciao, scusami, non ti ho ignorato, ero a corto di caratteri. Ti ringrazio per il tuo intervento 🙂
ALEBA: eccomi, ho letto la cosa della famiglia come le due scimmiette (non vedo, non sento… non parlo a volte invece no… a volte la famiglia cieca e sorda parla pure, a sproposito, ed è peggio).
Non vorrei ridurre uno degli aspetti della cosa in poche righe, ma queste ho, quindi in sintesi ti dico questo: l’aspetto che racconti è in realtà molto spesso anch’esso inerente alle altre dinamiche di cui parli, causa sofferenza, lo so :(, e spiazza ulteriormente, e fa sentire soli con un enorme fardello ulteriormente, e fa sentire sotto giudizio ulteriormente, e somiglia persino, a volte, a quegli incubi in cui si urla ma senza voce. Quindi di per sè non lo trovo purtroppo sorprendente, anche se comprendo la sofferenza ulteriore che cagiona. Ovviamente io non conosco la tua storia come te che la vivi, ovviamente non conosco la sua storia personale, ovviamente ignoro le effettive dinamiche famigliari sue/tue, che sono molto più complesse in ogni caso di 5 righe. Mi permetto, sperando di non farti danno, di dirti alcune cose generali, che possono c’entrare come no, su questo aspetto.
La famiglia, anche quella di chi la dinamica la subisce, può non vedere. Può non vedere perché queste cose sono difficili da capire da fuori, tanto più quando lontane da un vissuto famigliare. La famiglia può non vedere perché noi stessi non siamo in grado di dire quale sia effettivamente il problema, perché noi stessi proteggiamo il problema. La famiglia può non vedere perché ha un suo codice non scritto che consiste nel non vedere, o persino perché anche lì ci sono dinamiche di molestie. Esiste poi il concetto del “tra moglie e marito non mettere il dito”, che in questi casi è difficile da gestire o anche il timore di non riuscire a gestire, per cui si preferisce credere che la cosa non sia poi così grave. Ricordiamoci inoltre che sulla violenza psicologica si sa ancora troppo poco, cioè siamo più abituati a sapere cosa sia la violenza fisica, ma quella psicologica è più strisciante. (sto elencando vari aspetti, per dire perché non è assurdo, anche se ciò non significa “bello, giusto, confortante” che le persone vicine possano non vedere). Nel caso della famiglia di chi agisce molestia vale quanto sopra, con delle considerazioni in più: e se il frutto non fosse caduto lontano dal ramo? cioè, se avesse appreso una certa modalità di rapportarsi alla vita e ai rapporti proprio nella sua famiglia? Non per forza intesa come molestia morale, ma anche, per esempio, delle idee sul ruolo uomo/donna, sulla questione soldi/casa, una sorta di pessimismo, una non funzionalità nell’affrontare i conflitti ecc ecc. Inoltre per dei genitori può essere difficile accettare che sia proprio il figlio o la figlia ad avere un certo tipo di problemi. Anche perché ciò potrebbe significare chiedersi: dove ho sbagliato? – Non sto dicendo che ciò sia giusto, ovviamente, dico però che
@Eme: scusami se sono stata brusca e per averti definita scortese, avevo gia’capito dal tuobreve intervento perche’nn te la sentissi di dilungarti su tutta quella serie di problematiche che posseggo. Capisco le tue paure, il tuo essere arrivata al traguardo di una serenita’ritrovata dopo tante sofferenze e mi scuso per il poco rispetto che ho avuto per la tua personalissima storia. Nn volevo assolutamente farti rivivere il tuo incubo ho cercato (in modo aggressivo) in te e le altre la chiave per riaggiustare la mia vita. Eme è vero le cose x me nn sono cambiate di un millimetro e mi sfracasso la testa sempre con le stesse domande, ho sempre le stesse paure, mi faccio riempire la testa di paragoni su cui basare il mio giudizio,ecc è cosi tutto uguale se nn peggiorato, che mi sono stufata da sola. @Luna:hai ragione ho attaccato Eme che nn mi hai mai abbandonata ma anzi si è cmq prodigata a porgermi il suo aiuto. Purtroppo come tu hai ben colto, la mia fobia dell’abbandono si manifesta in ogni situazione e sempre come hai detto è ormai da sempre che temevo l’abbandono da parte di lui. E ho combattuto ogni giorno per spostare tale data, spesso passando sopra le sue offese gratuite, altre modificando il mio aspetto come più preferiva altre ancora nascondendo la testa nella sabbia nell’attesa che la bufera passasse. Ma stavolta ho infranto tutti gli schemi: ho chiesto di essere riconosciuta per quella che sono e di essere amata cosi come sono. Ho esagerato! Nn dovevo! Ho scatenato la sua ira, la sua paura e di paripasso l’amore e la tutela che ha per la sua donna ufficiale. Sapete Eme, Luna e Cla è vero che voi e le altre mi avete ripetuto fino alla nausea che mostro ho davanti, che esercita il suo potere su di me perche glielo permetto, che sono libera e per questo in grado di decidere per me e soprattutto di spostarmi da questo baratro, solo l’altra sera quando lui ha deciso per entrambi mi sono resa conto delle vostre parole. È stato come se qualcosa fosse caduto e mi fossi liberata. Ma allo stesso tempo il dolore mi ha sopraffatta. Ma ora pero’io nn capisco come cominciare a farmi quelle domande che dovranno essere la base per ricostruirmi se ancora continuo a piangere e pensare che la vita è ingiusta visto che per questa storia solo io ne pago le conseguenze e lui rifiorisce a nuova vita formandosi la famiglia che tanto desidera.
Un abbraccio
tante purtroppo sono le ragioni, dinamiche per cui si finge di non vedere o persino viene girata la responsabilità. E se la persona che subisce molestia morale è la prima ad avere difficoltà a riuscire a dire: questa persona ha dei problemi seri, questa persona effettivamente mi sta agendo violenza…
la persona che subisce la molestia morale può essere la prima a tentare di dimostrare che tutto sta andando bene, per proteggere se stessa da quanto stia invece andando male. cioè dal male che ciò fa.
EME: ricambio il bacin bacione 🙂
Spero di riuscire a spiegarmi bene, perché non vorrei essere fraintesa come se minimizzassi l’entità delle sensazioni che porta a Clà e Margot trovarsi nelle situazioni emotive che descrivono, che sono molto dolorose e investono la vita al di là in ogni suo aspetto, e tolgono energie, forza, lucidità, risorse, e non fanno certamente bene alla visione di sè.
Tuttavia mi sembra di capire che queste situazioni non hanno ancora leso nel concreto (che non è una banalità) altri aspetti della vita. Mi sembra di capire che sia Clà che Margot la sera, per quanto provando cose lancinanti, possono spostarsi in una casa, pure se con dei problemi come nel caso di Clà, se ho capito bene (e capisco Clà che non sia per nulla una cosa ininfluente nel quadro globale)… che anche se l’emotività non lo permette di fatto però hanno la possibilità fisica di spostarsi…
la mia storia è molto più simile a quella di Aleba, anche se io non ho figli. Io so cosa si provi a provare un nodo in gola (reale, non metaforico) del non potersi spostare da un fuoco aperto, tentare di tenere sotto controllo l’equilibrio fisico, psicologico, e generale pensando “mio dio…” e non solo per ciò che viaggia nella testa e nel cuore o per le proprie resistenze interiori, ma oggettivamente. E avevo scritto degli esempi concreti, ma li ho cancellati, e non per risparmiarli a voi (forse non sono così altruista) ma per risparmiarne prima di tutto a me la scrittura e rilettura.
Quella merda, di cui parla Eme, quella merda che si infila concretamente nelle fessure di ogni aspetto della vita, si aggiunge, quando diventa concreta, a tutte le sensazioni che una molestia morale vissuta solo part-time può dare. E diventa ancora più vita e salute da rimettere a posto. ancora di più una prova di resistenza anche fisica e concentrazione e importanza dell’amore di sè nel lavoro di ricostruzione. ciò non fa della molestia morale part- time una qualcosa di cui io minimizzo l’entità, ma quello che voglio dire è che vorrei dire a chi afferma di aver raggiunto il proprio limite ORA, e può scendere PRIMA che quella merda incominci ad infilarsi in ogni fessura, che esiste di peggio. Esiste un secondo tempo. Se questo è il primo fermatevi al primo. Io ho cominciato direttamente dal secondo, seppure più in sordina, da subito senza potermi spostare e con una quantità di casini globali improvvisi da manuale. Scoprendo 4 anni dopo che era molestia morale, da sola. 4 anni dopo. Baci.