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Lettera pubblicata il 24 Settembre 2007. L'autore ha condiviso 4 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore chillido44.
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@Eme, luna, stregatto: prima di tutto grazie perchè malgrado mi ripeta ormai da mesi nn prendo coraggio e nn riaddrizzo la mia vita.
Luna mi consola sapere che mi capisci ma mi rattrista sentire dalle tue parole che ormai sono un cane che si morde la coda, ripeto le stesse cose e nn arrivo a capo di nulla, mettendo voi nella condizione di ripetervi.
Eme so che mi capisci e concordo con te e stregatto che l’amore nn devo suscitare queste sensazioni bruttissime di rifiuto, abbandono, umiliazione, costrizione e tutto il resto che mi pare di aver detto troppe volte. E capisco bene che neanche questa dipendenza, questo bisogno che ho di lui nn può essere amore neanche da parte mia. L’amore dovrebbe essere più sano già da parte di chi dice di provarne, così come lo dico io. So eme, perchè sarà la 100esima volta che me lo ripeto, che prima di poter pretendere da me di amare qualcuno altro dovrei imparare ad amarmi ad apprezzare questa persona difettosa che sono. Ma nn so farlo. La mia persona ormai si concretizza tramite i paragoni che lui e chi prima di lui mi hanno ficcato in testa. Io nn mi sento mai abbastanza. E forse luna è proprio su questo che dovrei lavorare. Dovrei capire perchè nn mi amo, perchè mi sento sempre inferiore a tutti e capire perchè riesco a diventare il mio peggior nemico. Sapete io l’ho capito che lui è solo un mezzo che uso per farmi tanto male. Se la guardo esternamente dico ma è da pazzi lasciarsi martoriare così!!Ma so che quello che mi fa subire è una tortura che mi lascio fare, e che anzi cerco, perchè così posso dire a lui che è il cattivo. Invece la cattiva sono io che lo voglio tutto questo male. E poi è vero che edulcoro tutto e vedo in quei gesti di normale rispetto i segni del grande amore, perchè si attendo da lui di essere riabilitata. Attendo che tramite lui io mi veda di nuovo al pari delle mie aspettative, che tramite l’amore che elemosino da lui io riesca di nuovo a volermi bene. E tutto questo lo so anche grazie a voi. So che questa nn è la mia cura, so cosa devo fare e a chi rivolgermi. Nn so se lo farò ancora. Ma so che voi mi siete state molto utili, almeno per capirmi e per capire questa realtà deviata in cui mi trovo ormai da tanto. Prima di voi c’era il buio. E amiche mie voi ripetendomi 62.000.000 di volte le stesse cose mi avete aperto gli occhi sulla speranza, quella di poter cambiare e di poter ritrovarmi. Grazie di cuore.
Margot, non ci stancheremo mai di ripeterci… =)
Io nel mio piccolo non ho avuto esperienze di sofferenza così grave, ma l’ultimo ragazzo che ho avuto mi trattava malissimo, ai miei “come stai?” rispondeva “non rompere” “cosa vuoi” e simili. Una tortura durata anche troppo. Durante un viaggio recente in cui ho anche avuto una relazione con un uomo sposato, mi sono resa conto improvvisamente che ero io che volevo farmi torturare in quel modo, perchè avevo paura di perdere quella persona, non importava se io non per lui non contavo niente. Ero io che mi lasciavo far male. In quel momento ho capito che non mi serviva un uomo, che potevo farmi male da sola, eventualmente.
L’ho capito stando lontana da lui, senza contatti. Ho capito che la situazione era degenerata talmente tanto e progressivamente che non mi sono nemmeno accorta di essere scivolata in fondo a un baratro. L’unica salvezza era tagliare i ponti con questo individuo.
E’ passato un mese quasi e mi sento un’altra persona. D’accordo, non è stata una storia durata anni, nè una relazione così intensa ma riporto la mia esperienza senza pretendere di darti consigli.
Un film che riguardo spesso, anche abbastanza divertente mette in bocca a un attore la seguente frase “ogni donna ha esattamente la vita sentimentale che vuole”. Concordo.
Impara a volerti bene. Impara che sei unica, sei preziosa, non vai bene per tutti e non tutti vanno bene per te. Sarà banale dirlo ma chi ti incontra è un uomo fortunato. Perchè hai dei sentimenti, sei sensibile. Tienilo presente e parla con una brava psicologa. Può aiutarti a capire cosa c’è che non va e può aiutarti a ricominciare a volerti bene.
Io credo che dovresti concentrarti molto su di te, trovare delle attività che ti piacciano e a cui aggrapparti per stare meglio. Dovresti capire quanto vali e che puoi pretendere il meglio!
Coraggio, la via è lunga ma darà ottimi risultati. =)
@MARGOT Leggo da tanto i tuoi post ma non sono mai intervenuta. Perchè io sto/stavo vivendo la tua stessa situazione. La persona in questione non è sposato ma mi tratta esattamente come questo signore fa con te. Il dolore, la disperazione, la sensazione di non poter fare comunque a meno di lui. Tutto uguale. Come te, come hai scritto nel post qui sopra, ho capito lentamente che il mio non era amore ma dipendenza affettiva; che tutto nasce dalla mia assoluta mancanza di autostima, dal fatto che io per prima non mi sono mai voluta bene. Io ho vissuto così per 7 anni. Non credo ci sia bisogno di raccontarti il dolore e le lacrime e la felicità anche per un gesto banale. La mia vita, per il mio stare bene o male dipendeva da questa persona. Se lui decideva di non farsi sentire io andavo letteralmente in tilt. Mi sono umiliata, e molto, in tutti questi anni. E più mi umiliavo più mi sentivo una nullità…. e niente poteva farmi pensare diversamente. Eppure non sono proprio da buttare e nella vita ho studiato sodo, mi sono laureata, faccio un lavoro importante e lo faccio bene, sono stimata, ho comprato una bellissima casa.. insomma tanti obiettivi raggiunti: ma nulla sembrava bastare. Solo questa persona era in grado di farmi sentire… viva, di farmi sentire “degna”. Ecco, questa sono io. Non posso ancora dire “ero” io perchè, dopo un’incubazione durata anni, 6 giorni fa ho deciso di smetterla. Vedi, è come un’intossicazione da stupefacenti. Questi primi giorni sono… terrificanti però… però sono viva, non sono morta! Io che credevo che staccare ogni contatto con lui significava morire! Sto malissimo, ma resisto.. A te sembreranno niente, ma per me 6 giorni è un’eternità. ed è esattamente uguale ad una disintossicazione… non riesco a mangiare, non riesco a leggere, non riesco a guardare un film… piango, sto male, mi dispero…e ho la tentazione di prendere il cellulare, di comporre quel numero e di placare questa sofferenza. Ma so che sarebbe solo un momento di sollievo che poi mi riporterebbe nel mio inferno. E io li non voglio più starci. STO FACENDO TUTTO QUESTO PER ME, per la prima volta sto facendo qualcosa che mi porterà a stare bene. ho cominciato a tenere un diario di tutto questo e ne uscirò. A passi infinitesimali ma ne uscirò. A chi non ha mai sofferto di dipendenza affettiva può sembrare esagerato ma vi assicuro che è del tutto identico a quando si è dipendenti dalla droga. Per cui per Margot, come per me, deve arrivare il momento in cui decide di smettere…. Auguratemi buona fortuna…
MARGOT: ciao tesoro 🙂
Io provo un sincero affetto per te e anche se non dovessi più scrivere qui ti penserò. Ti penserò mentre sorridi e non mentre ti mordi la coda. Non perché giudico il fatto di mordersi la coda(come potrei? so cosa significa, e tanto più per questo ti auguro però di smettere e non mi sento di dirti: continua così. Ma non perché penso che tu debba punirti perché nella vita ti sei morsa la coda, ma perché smettere di farlo è stare meglio, bene) ma perché mi piace il tuo sorriso, che comunque hai regalato anche a me, anche se non l’ho mai visto dal vero.
Dattelo tu questo diritto, il diritto di conoscere Margot al di là delle etichette, buona o cattiva inclusa.
Le etichette che ci mettiamo sono le prime a fregarci, prima ancora che siano gli altri a ficcarcele. Ed è vero che a volte andiamo a cercare chi ce le conferma.
Conoscersi è diverso da appiopparci delle etichette, anche se mettersele è molto umano.
Conoscersi è anche scegliere le persone e le situazioni con cui stiamo semplicemente bene, e non perché siamo perfetti in mezzo a gente perfetta. Le persone che amo e con cui sto bene, le persone che mi amano e con cui sto bene non sono persone perfette che si rapportano con una persona perfetta.
Siamo tutti “difettosi”, ciascuno a modo nostro. Siamo tutti pieni di risorse, ciascuno a modo nostro.
E spesso alcuni nostri difetti sono risorse.
Il bambino che da piccolo passa il tempo a disegnare mentre tutti gli altri giocano con i lego o che fantastica mentre la maestra spiega la lezione da adulto può scoprirsi pittore, o anche no. Ma se passa la vita a chiedersi perché non gli importava di giocare con i lego o a sentirsi sbagliato perché a scuola si annoiava e perché già da piccolo non sapeva di voler fare il costruttore mentre i suoi compagni di asilo sì può rovinarsi non diventando nè un pittore nè un costruttore nè qualsiasi altra cosa può diventare. E non per dimostrare qualcosa a qualcuno, ma semplicemente perché andare incontro a se stessi è una bello e andarsi contro è come portare un masso di 900 kg sulla schiena.
Ma anche questo sta dentro non fuori, per qualcuno la felicità può essere andare in fabbrica ogni mattina, per qualcun altro viaggiare tutti i giorni in cerca di nuove avventure. A volte però non lo sappiamo neanche noi cos’è per noi stare bene, perchè abbiamo tanto detto e pensato, crediamo di saperlo per i nostri luoghi comuni o quelli della famiglia o del partner, ma in realtà, de panza, non ci è neanche mai venuto in… panza di chiedercelo. Anzi, di sentirlo.
@Luna. Amo davvero leggerti, poi chiudo gli occhi e immagino che le tue parole invadano tutto il mio essere. Lascio che raggiungano ogni cellula del mio corpo, dalle doppie punte dei capelli fino alle dita dei piedi. Poi faccio in modo che si depositino nello stomaco, dove sarò certa di trovarle ogni volta che lo stomaco si contrarrà per i motivi che conosci bene. Raggiungere la consapevolezza è il primo importantissimo passo. Il più pesante da fare, il più difficile da mantenere. Già, perchè quando sei consapevole devi trovare la forza di fare quel salto che ti porta fuori dai meccanismi che ti vorrebbero far tornare indietro. Per questo capisco, come te, Margot. Lei sa come stanno le cose. Rimane qui a farselo ripetere 62000 volte e anche di più, perchè sa che almeno c’è qualcuno che le ricorda che quel passo lo deve ancora fare.
Io recentemente mi sono ritrovata ancora a darmi dell’idiota. Sono consapevole di non essere una merda, ma sono ancora (forse oggi no) intestardita nel voler convincere lui che non lo sono! Ebbene ho capito che non devo convincere lui, non è il suo metro che può misurare me! Mi ha sempre considerata una merda, una sfruttatrice opportunista e una che non vale niente. E io ho agito come il famoso criceto, pensando che correre su quella ruota mi avrebbe portata da qualche parte. Che buffona! Ora sono scesa dalla ruota. Ho veramente paura di come potrà andare lontano da lui. Ma sapete una cosa, sono convinta che andrà bene. Rinascerò e finalmente sarò l’unica vera responsabile dei miei fallimenti, ma soprattutto l’unica artefice dei miei successi!! Non lascerò più che qualcuno possa girare indisturbato tra i miei fogli, mettendo tutto in disordine e giudicando con il pennarello rosso la mia persona. Anche adesso so che esiste ancora la possibilità per lui di mettermi in crisi e di decidere come devo sentirmi, ma questa possibilità diventa ogni giorno più flebile e lontana. Il sole, il mio personale sole interiore sta sorgendo, e con la sua luce brillante oltre ogni immaginazione, sta facendo scomparire il lumicino che lui mi aveva concesso di tenere acceso. Un lumicino che più che illuminare il percorso, mi faceva intravedere solo mostri e pericoli tra le ombre. Quei mostri non esistono!
Margot, prendi il tempo che ti serve per raggiungere la consapevolezza, ma ricordati che il tempo non torna indietro. Guarda l’orologio e impegnati a mettere a frutto 15 minuti per volta rigettando il suo metro di valutazione e pensando solo che tu sei alla guida della tua vita, non lui!
Vi abbraccio!!!!!!!!!!! Grazie, Aleba
Grazie, grazie mille volte a tutte. Siete fonte di gioia ogni volta che vi leggo perchè mi date il sentore che per ci siete, voi ci siete per me e questo è tanto. anzi questo è ciò che da tanto le persone accanto a me nn fanno. E si Aleba farò quello che va fatto, con i miei tempi e affrontando i mostri generati dalla paura di lui e della vita senza di lui. E si Luna l’affetto che provo per te è frutto della tua anima limpida. Già perchè voi tutte mi avete fatto da mamme, da guida e disinteressatamente avete illuminato angoli troppo bui della mia vita. Il resto devo farlo io, io devo liberarmi delle paure che mi tengono incollata a lui. Voi però cercate di esserci sempre perchè siete il mio grande aiuto.
con affetto. Margot
L U N A e davvero una persona fantastica, con la sua saggezza ha saputo aiutare tutte noi nel modo piu giusto che conosceva,con la saggezza, con l’amore,con il bene,con l’altruismo,con la fede,con tutta la sua A N I M A cosi’ grande. fai davvero tanto per noi, per convincerci che valiamo, che non siamo delle nullita’ come alcuni uomini ci annullano per avere il controllo su di noi, come dice ALEBA,” amiamo davvero leggerti”, perche sei come uno libro di OSHO che teniamo sul comodino, e che leggiamo tutte le volte che ci troviamo in difficolta’.apri i nostri cuori a orizzonti diversi, riempi le nostre cellule di una luce luminosa, una luce che irradia il nostro cuore di calore che rimane sempre vivo, e non si spegne mai. ci insegni a lottare per le cose in cui crediamo, ad non abbatterci davanti a nulla, a cadere ed a rialzarci sempre piu forti, sempre piu U N I C I, perche noi valiamo e non permettiamo a nessuno di sputarci addosso il loro veleno.
grazie di tutto il tuo B E N E SARA
ALEBA: ti ringrazio infinitamente per il tuo commento, che mi ha commosso e mi ha trasmesso energia e speranza.
Hai detto delle cose molto vere, vere sono quelle non i fantasmi che purtroppo la violenza psicologica e le situazioni estreme (vissute come quotidiane) fanno credere.
Molto vero è anche:
@ricordati che il tempo non torna indietro.
Quel salto di consapevolezza di cui parli fa sì anche che in questa affermazione si ritrovi la “giustizia”, il diritto, la costruttività, la potenzialità, e l’amore e il rispetto per il proprio tempo, per la propria vita, per se stessi. Amo il mio tempo, è il mio, voglio dedicarlo a farmi del bene, a costruire, anche per mangiare un gelato alla crema con riccioloni di panna, dopo aver guardato VERAMENTE i gelati e aver scelto di che gusto ho voglia in quel momento, e sentirne il sapore e sorridere anche senza rendermene conto, perché sorridere o provare emozioni positive non è un lusso, un’utopia ma è normale. E poi magari anche rendermene conto, dai piedi sino alle doppie punte (mi hai fatto sorridere, Aleba, con le doppie punte, sei un tesoro), rendermi conto della sensazione di benessere che mi invade.
Io comprendo molto bene che per chi ha vissuto quelle situazioni di cui parliamo il pensiero “il tempo non torna più”, finché quello scatto di consapevolezza non comincia a germogliare, possa sembrare una frase terribile. Non lo è, non lo è nel senso che possiamo leggerla non guardando l’investimento sbagliato, ma come la preziosità del tempo, quello che possiamo ancora riempire di altro, di cose buone, e anche di noi stessi, finalmente, azzo! (scusa l’azzo prosaico, ma ci stava :PPPP).
@Ho veramente paura di come potrà andare lontano da lui. Ma sapete una cosa, sono convinta che andrà bene. Rinascerò e finalmente sarò l’unica vera responsabile dei miei fallimenti, ma soprattutto l’unica artefice dei miei successi!! Non lascerò più che qualcuno possa girare indisturbato tra i miei fogli, mettendo tutto in disordine e giudicando con il pennarello rosso la mia persona
Capisco quello che dici, e la metafora che hai usato è di una vividezza enorme. Tra i miei fogli, anche quelli veri, non solo in senso astratto (ma quanto tangibile) qualcuno ha messo le mani, anche andando a cercare a tutti i costi una versione di me che non ero io. E per me che ho sempre amato esprimermi anche quella è stata una limitazione della libertà così profonda da entrarmi fino nello stomaco. Così io ti ringrazio, infinitamente, Aleba, per le tue parole, che anch’io porterò nello stomaco come un… gastroprotettore, e non solo 🙂
Aleba, quando metti già poche parole in fila tu ci porti un mondo, il tuo. Il tuo tuo, intendo. Mi piace quel mondo. Sono contenta che tu sia tornata a bagnare le piantine del TUO giardino e curarne le foglioline, anche quelle più tenere. Ti abbraccio forte. Margot, anche tu ti toglierai quel cappotto troppo pesante, troppo stretto e che punge, sentirai la vita dentro e sulla pelle, vedrai. Ti bacio
MARIA: ciao 🙂 non solo ti auguro buona fortuna, ma ti ringrazio per aver portato la tua esperienza, le tue parole, la tua sensibilità.
E’ difficile rendersi conto di soffrire di dipendenza affettiva. E’ difficile individuare la propria parte nella dinamica, eppure quando si riesce ad individuarla, e in modo costruttivo, le cose cambiano sul serio. E’ l’infinitesimale non è mai realmente infinitesimale. Allora se combatti, se combatti come stai facendo tu in questi giorni, già il fatto di combattere pro se stessi, verso qualcosa di costruttivo invece che di distruttivo, cambia profondamente le cose. Cambia qualcosa in quello stomaco, di cui parlava Aleba.
Comprendo quello che stai vivendo in questi giorni. Posso solo dirti che è normale. E’ normale che sia così dura, e non dico di più perché sai. Ma stai facendo qualcosa di importantissimo per te, sì, questo anche te lo posso dire.
E’ difficile rendersi conto di subire molestia morale, a qualsiasi livello sia, o anche di farsela da soli, perché, come racconta STREGATTO (che saluto e ringrazio, anche lei :)) nel momento in cui una persona ha certi atteggiamenti tipo “come stai?” “non rompere” ci disorienta.
Non sono solo parole. Ci ferisce e va a toccare ferite, quello è anche il famoso momento in cui il cane può cominciare sempre più a mordersi la coda. Tentando anche di rimediare qualcosa. Ma veramente cosa? Quale sensazione?
Ti ringrazio Maria di esserci stata, leggendo in silenzio, e ora di esserci avendo portato la tua testimonianza.
Posso dirti, da parte mia, che so cosa significa il passo infinitesimale, quanto possa essere come scalare l’everest. Cosa significhi quello che descrivi. E posso dirti che amo con tutto il mio cuore ogni mio passo infinitesimale che ho fatto, di quei passi che restano, e cambiano realmente le cose.
SARA: ti ringrazio per il tuo gesto d’affetto nello scrivermi tutte queste cose, e ricambio con un abbraccio. Ma, Sara, al di là del fatto che io possa veicolare delle informazioni, se hai una “luce” sul comodino o la vedi quando ti pare di essere al buio tieni presente che quella luce sei tu, è in te. Quello che attribuisci a me è la tua voglia di vivere e di stare bene a cui qualcuno può anche fare da specchio, ma è cosa tua. Io non dico nulla che non sia anche banale, ma capita nella vita di dimenticarsi il “banale” diritto. Allora ci fa bene, a vicenda però, ricordarcelo. Così mentre ciascuno fa il proprio percorso la testimonianza può diventare un sostegno reciproco.
Se parliamo di queste cose abbiamo tutte (tutti) sbattuto il cuore e la testa contro il muro. Ci siamo tutte/tutti persi in un momento della vita, più breve o più lungo che sia stato.
Tutti possiamo prendere per mano qualcun altro lungo il percorso, tutti utili a tutti. Sono vasi comunicanti.
Vi abbraccio.
Volersi bene, rispettarsi, stimarsi. Atteggiamenti che dovrebbero essere naturali, che per tanti sono così naturali da tracimare nell’egoismo e bell’autoesaltazione ma che per tanti altri sono o diventano vere e proprie conquiste.
Come scalare un K2 piazzato in cima all’Everest.
E non basta svegliarsi un mattino, dirsi “IO SONO!!!!”, impettirsi, drizzare le spalle e ricominciare.
Occorrono tanti di quegli sforzi che, a volte, ci si domanda se ha un senso farli.
Spesso basta una cazzata per spaventarsi, tornare indietro e convincersi di non avere abbastanza armi per andare avanti.
Ma se si riesce a fare anche un piccolo passo, anche una “stupidaggine” che per altri è normale routine la strada da percorrere comincia a delinearsi.
Spesso si crede che violenza sia un pugno in faccia, una spinta per le scale, un vero e proprio sequestro.
In tanti sono convinti che la violenza che non si manifesta all’esterno ma si “limita” a disastrare la mente riperquotendosi sul fisico in modo così indiretto da non potersi ricondurre ad un responsabile non sia violenza.
In tanti sono convinti che i pugni sulla mente ed i calci all’equilibrio siano semplici paturnie di chi non ha un c.... da fare se non perdersi in mille seghe mentali pur di trovare un appiglio per poter dire “sto male” stando benissimo.
Queste persone mi fanno paura. Perché non sanno ma vogliono, comunque, parlare, insegnare, bacchettare.
Ognuno di noi ha dei sogni, delle aspettative. E quando si arriva al punto di sentirsi delle merde, di vedersi come dei cassonetti stracolmi dimenticati in qualche angolo, quando si arriva al punto di credere di non essere niente e di non meritare nulla, quando si arriva al punto di sentirsi morti dentro e di sbattersene di cosa può capitare al corpo che c’è fuori cosa c.... conta se si è stati artefici o complici della situazione (o della combinazione di situazioni) che c’è dietro questo stato d’animo?
Cosa c.... conta l’aver provocato o semplicemente subito, l’essere stati artefici o vittime?
In ogni caso c’è qualcosa che non va. Chi fa del male a sé stesso sapendo di farlo sta, forse, persino peggio, di chi si infila in modo incosciente in una situazione capestro.
Mi sembra molto approssimativo il pensiero di chi sostiene “di che ti lagni? Potevi evitarlo”. Mi sembra più utile dialogare civilmente sul perché si è lasciato che accadesse un qualcosa di palesemente controproducente e dannoso.