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Lettera pubblicata il 1 Maggio 2022. L'autore, monica1988, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Mah, io credo che ormai il trend natalità in Occidente sia ormai tracciato inesorabilmente, e punti verso il basso più o meno per tutti noi europei, non solo per l’Italia. Qualsiasi siano le ragioni di questa tendenza, prima o poi saremo sostituiti da chi i figli li fa. Ma ripeto non è questo il vero problema a mio parere, ma il senso che i figli danno alla vita, la meraviglia di vederli crescere, diventare sempre più capaci, mostrare i loro talenti e soprattutto godere della loro innocenza, anche quando combinano macelli, do cui ero uno specialista
Certo, quando dico queste cose un po’ è perchè ripenso alla mia felice infanzia, almeno sino a 10 anni, quelli vissuti al sud, e mi sarebbe piaciuto riviverla prima dalla parte del “pa”, e poi da quella del “grandpa”, visto che se ci va bene sono momenti che arrivano per tutti. E mi sarebbe piaciuto viverli con uno stuolo di mocciosi che litigano tra di loro mentre i genitori chiacchierano con un bicchiere in mano, e il “cuoco” prepara il ragù della domenica, che ha iniziato alle 8 del mattino.
Sarà per un’altra volta.
Ma sì Max, in fondo cerchiamo tutti di rivivere i momento felici, e per me quelli lo erano, anche se li ho riconosciuti tali solo dopo, quando pian piano sono venuti a mancare i principali protagonisti. Per me sono durati sino a sei mesi fa, quando le due ultime zie -entrambe senza figli- una paterna, di 97 anni e una materna, di 87, se ne sono andate, portandosi con loro tutti quei momenti. Io per loro, nonostante la mia età senatoriale, ero sempre “lu piccinno”, come loro per me erano figure materne, che mi dimostravano preparando piatti che non solo mi riportavano indietro nel tempo, ma erano di una bontà davvero d’altri tempi. Forse sì, alla fine provavo un po’ di tristezza mista a nostalgia, pensando alla loro età e alla solitudine nella quale erano costrette per i casi della vita, ma so che la mia presenza le faceva sentire vive e importanti, non meno quanto loro lo sono state per me. Ecco, io questo intendo per le gioie della famiglia, sentirsi parte di un microcosmo nel quale si ha un ruolo che ti fa e fa sentire vivi e amati, perchè no, chi vi partecipa.
Max, io e mio marito veniamo da culture diverse (latina io, slava lui). Non cambia niente, di Domenica si fanno lo stesso i pranzi dai miei, con tanto di ragù. Anzi, a lui piace un sacco andare a mangiare da mia madre. Ora che ha scoperto la cucina italiana casereccia chi lo schioda più?
Max,
vero: “la risposta dipende dal giudizio soggettivo” che, a sua volta, dipende dalle condizioni di salute, dai propri vissuti, dalla situazione economica attuale con le sue proiezioni nel futuro e, infine, sia dalla solidità dei rapporti di coppia instaurati che dai propri temperamenti.
Tutto a mio avviso banale e scontato. Se non si ha vocazione intima di maternità/paternità e non si è certi di poterla affrontare con più o meno pesanti sacrifici personali di vario genere, meglio non mettere al mondo dei figli, nell’illusione di paradisi famigliari di altre epoche, ora sempre più rari.
Caro Max, per mancanza di spazio non ho potuto continuare la mia riflessione al tuo commento relativamente all’ampliamento delle conoscenze legate alla diversa “dinamicità” dei nostri tempi, con i guadagni e le perdite che conosciamo bene. È vero anche questo, ma la tua considerazione si scontra di nuovo con la “mia” realtà, che è quella di aver spostato una “ragazza” inglese, che ti assicuro più inglese non si può. Eppure, caro Max, nonostante la mia pregressa non scarsa frequentazione dell’altra metà del cielo, lei è quella che si integrata nella mia cultura (e viceversa) meglio di chiunque altra, e questo succede da oltre 30anni. Se il cibo, di cui parlo spesso, può essere un indicatore di quella integrazione, ti basti sapere che non solo gradisce la maggior parte dei cibi pugliesi-salentini, soprattutto quelli di base vegetariana, ma alcuni è arrivata a cucinarli meglio della mia adorata mamma. Insomma, credo che sia sempre questione di intelligenze che si incontrano e si “vogliono” capire, e se ci riescono è la felicità.
Golem, io non ci vedo nulla di strano, per molteplici motivi. Il principale, a mio avviso, risiede nell’ascesa verso i vertici della scala di Maslow : piú una società è “evoluta” (anche se su questo punto si potrebbe discutere), maggiormente si arriverà agli ultimi gradini riguardanti l’autorealizzazione di sé. Oggi una donna non pensa (salvo rare eccezioni) di potersi realizzare solo ed esclusivamente attraverso la maternità, magari dovendo rinunciare ad altre parti della propria esistenza. I percorsi si allungano, magari si raggiunge la propria stabilità lavorativa in tarda età dopo percorsi tortuosi e non sempre proficui. Io stessa vinsi un concorso pubblico di 200 posti nella mia regione su 7000 partecipanti (alla faccia di chi crede che sia tutto facile), i cui due terzi furono stroncati alla prova preselettiva di logica e comprensione del testo. Superato il concorso, avrei potuto essere spedita in ogni parte della regione, allontanandomi dai miei affetti e dalla stabilità.
Aggiungiamo poi il discorso sul mantenimento dei figli : certo, quasi tutti sarebbero in grado di sfamarli, ma oggi è sufficiente? Aggiungiamo i costi per un nido essendo entrambi i genitori tendenzialmente lavoratori e spesso non potendo contare su nonni ormai anziani. Poi il tenore di vita oggi si è profondamente modificato, aggiungendo spese extra un tempo non contemplate (sport, corsi di lingua…). Io credo che sia preferibile una società in cui ci si interroga se voler essere genitori o meno, piuttosto che perpetuare la specie come mero istinto biologico senza alcuna scelta consapevole e ponderata alla base. Poi, ognuno dovrebbe sapere a quale felicità aspira, ben consapevole dell’impossibilità di poter racchiudere in un desiderio tutto l’esperibile umano e il suo contrario. In ogni caso, si deve fare i conti con delle rinunce.
P. S. Rileggendo a posteriori Max, mi sono accorta di aver detto piú o meno le stesse cose. Affinità elettive☺️
Suzie, che ciò che hai appena scritto tu ripete, amplia e magari rende un po’ più chiaro ciò che ho espresso io, l’ho notato anch’io e mi parla di un’affinità elettiva e intellettiva che mi gratifica sempre di più. Tengo a precisare che ciò che diciamo noi non vuole in alcun modo togliere valore a prospettive quali quelle di Golem, ma mira a rendere legittime visuali del problema che non debbono essere tacciate di mero egoismo e superficialismo. Golem, capisco molto bene il significato di certe nostalgie, poiché ciò che le tue vecchie parenti hanno incarnato per te, nella mia vita fu rappresentato dalla mia nonna paterna di Bressanone, che per me non è stata solo una nonna, ma molto altro: è stata il simbolo di una certa stabilità, di una certa tradizione, di un certo affetto incondizionato che solo da lei ho avuto e di una pur flebile unione familiare che con la sua scomparsa si è notevolmente affievolita. Quanto poi alla facile integrazione dei nuovi venuti nei vecchi contesti
Certo Suzy, è scontato, ma le difficoltà sono un motivo definitivo per privarsi di quello che ritengo uno dei motivi più importanti per vivere? Se dovessi affidarmi alla mia esperienza potrei dirti che quando ho iniziato la convivenza con la mia futura moglie vivevamo in un ex magazzino, con la (una) stufa a kerosene, l’armadio era una scala a pioli con due appendini per gradino e il conto in banca era inesistente. Certo avevamo gli stipendi, ma se avessimo pensato alle difficoltà di allevare un figlio, senza nonni a disposizione, oggi ne saremmo pentiti. Perchè è proprio il desiderio di allevare nostra figlia che ha mosso una volontà che ci ha portato ad avere case di proprietà, una buona stabilità economica, e ora quell’ ex magazzino è una gioiellino sui Navigli molto ammirato. Ma io ero arrivato a fare tre lavori, e lei due, che fa ancora, e mi sono pure laureato nel frattempo, tanto che la bambina più di una volta l’ho portata a lezione con me da quando aveva un anno. Volere è potere Suzy. Per me è sempre stato così, e ci sono riuscito, senza presunzione.
Ebbene, quanto all’integrazione fra diverse provenienze, dico che sia Golem che Solnze sono stati piuttosto fortunati, ma spesse volte le cose non vanno affatto così, e questo posso dirlo per esperienza personale sia mia sia di altre persone a me vicine. Probabilmente in entrambi i casi entrambe le parti coinvolte avevano la stabilità mentale e la sicurezza di sé che permettevano loro un confronto sereno con realtà diverse. E poi, mi si perdoni una considerazione forse un po’ maschilista, ma quasi sempre i generi son più remissivi delle nuore, trovano abbastanza facile inserirsi nel contesto familiare della moglie e magari farsi un po’ “coccolare” dalla suocera, mentre le nuore, nonostante eccezioni quali quella di Golem, tendono a essere più reattive e ribelli, forse perché temono di farsi “inglobare” e vogliono difendere il territorio, fisico e psicologico, della nuova realtà che hanno creato. Tutti questi fattori possono rendere le cose più complicate rispetto a un tempo.