Io Litigo.
Discuto con tutti. È una continua polemica. Non riesco a far valere il mio punto di vista. Perdo la calma, la pazienza. Divento irremovibile. Lo scontro è, ahimè, inevitabile.
Su tutto. Su qualsiasi cosa. Su qualsiasi argomento.
Ritengo di avere un profondo senso della giustizia. Non riesco a mandare giù. Non riesco a sopportare ciò che ritengo non essere “giusto” in senso lato. Nei miei confronti, nei confronti delle persone a cui voglio bene. Non riesco a non trattenere il disappunto e parlo chiaramente. E questo, a quanto pare, non è cosa gradita ai più. Mi sforzo di essere accomodante, ma proprio non riesco a trattenermi. Se penso che qualcosa non vada bene, mi sfogo. A volte anche esagerando, ma di solito ciò avviene quando sono satollo. Possibile che sia così difficile andare d’accordo con il genere umano? Possibile che nessuno riesca a capire la mia prospettiva? Troppo spesso giungo alla conclusione che forse sono io, con il mio carattere, a fare in modo che le persone non mi capiscano. D’altro canto però, mi riconosco una linearità di pensiero molto rara. E quindi, io litigo.
Altre lettere che potrebbero interessarti
Categorie: - Me stesso
Ogni infelicità è il risultato dell’intolleranza…se continui così,diventerai un infelice.Non tutte le cose sono giuste ma altre lo sono,non tutte le persone sono cattive ma alcune sono diaboliche…forse non riesci a vedere il giusto mezzo perchè sei troppo concentrato a fare giustizia…riuscirai a non litigare almeno qui ?
Non so se noti che ti poni guardando solo il tuo punto di vista:
“Non riesco a far valere il mio punto di vista;
Non riesco a sopportare ciò che ritengo non essere “giusto”;
Possibile che nessuno riesca a capire la mia prospettiva;
mi riconosco una linearità di pensiero molto rara”
Ogni persona è convinta che il proprio punto di vista, il proprio modo di pensare, sia “quello giusto”.
Forse ti basterebbe soffermarti sul fatto che le persone sono diverse fra loro e sono tutte libere di pensare/fare in maniera diversa dalla tua e sono libere di non accettare il tuo punto di vista come tu non accetti il loro (indipendentemente dalla questione “giusto/sbagliato”). Una persona è libera di non capire (o di capire e non accettare) la tua prospettiva.
Accettare queste differenze, invece di avere la pretesa di convincere gli altri che il tuo punto di vista è quello giusto (tanto, dall’altra parte, anche tizio, caio e sempronio sono a loro volta convinti che sia il loro il punto di vista giusto).
“Troppo spesso giungo alla conclusione che forse sono io”
Molto probabilmente.
Bene.
Farò polemica anche in questa sede, in particolare con lilli.
…indipendentemente dalla questione “giusto/sbagliato”… direi che come frase è assolutamente inammissibile: come si fa a prescindere da giusto/sbagliato? ovviamente non mi riferivo al mio giusto o al mio sbagliato, ma all’assoluto relativamente ai dettami della società in cui viviamo.
Che si sia liberi di pensare ognuno per sè a modo suo, direi che non ci piove e vorrei evitare di soffermarmi su questa “banalità”. Io accetto il punto di vista di chiunque, ma davanti all'”ingiustizia” in senso assoluto, non riesco a tacere. Non parlo di intolleranza (Roberta), di di profondo senso critico, anche nei miei confronti, se commetto un errore, e questo errore provoca il dolore o la sofferenza di qualcuno, oltre a chiedere scusa, (banale ma necessario), provo dolore per il male fatto, senza dubbio involontariamente.
Forse non sono riuscito a esprimermi chiaramente e s’è fraintesa la mia naturale propensione a non sopportare il “male”, con intolleranza: non sono intollerante, se lo fossi, mi sentire un palmo sopra le persone con cui mi scontro e, quindi, perchè scontrarsi? No, no. C’è stato un evidente fraintendimento. Il fatto che io cerchi qualcuno che capisca il mio punto di vista, non significa che io voglia imporlo: sta solo a significare che sarebbe bello potersi confrontare e non scontrare per far valere le proprie ragioni. Quello di cui accusate me, (permettetemi l’esagerazione di termine), è ciò che io denunciavo, cioè la poca flessibilità delle persone. Ci si piega in due e ci si viene incontro. Non si impone niente a nessuno. Spero di essermi spiegato un pò meglio.
Ti sei spiegato benissimo, The One. O meglio, io ti capisco benissimo.
In quest’epoca di master della comunicazione,molti credono che ci sia sempre da mediare, che ci sia sempre un ‘modo soft’ per dire qualunque cosa… e così ‘tutto va ben, tutto fa brodo’.
Un accidente: se Hitler (o Stalin, eh!) con sorriso a 32 denti,si esibisce in saggi, poesie, trattati o barzellette, ciò non toglie che sia un pazzo criminale se tiene nel lager/gulag milioni di persone (e si guarda bene dal far vedere come è veramente il lager/gulag)e, mentre ‘benpensanti’ comunicatori si destreggiano sul ‘come’ parlare al folle, INTANTO milioni di persone vengono torturate/uccise.
Per questo, tu ti arrabbi. Perché MENTRE i comunicatori comunicano, i dittatori (occulti) fanno ingiustizie,le vittime le subiscono e gli altri non ti capiscono…’metodo, comunicazione!’. Persino ai tempi dei lager/gulag i pochi che parlavano non venivano ascoltati e non potevano che ‘arrabbiarsi’ per scrollare i ‘comunicatori’ (la gente protegge con violenza inaudita la propria tranquillità)…finendo nei guai.
Chi ha il dono di riconoscere le ingiustizie,di vedere da lontano (attraverso le cortine fumogene) la violenza (a piramide, capillare e massificata) viene esercita ADESSO su milioni di persone, chi ha questo dono, ha un dovere: accorgersi del dono.
Allora, ha due strade: faccio i cavoli miei, e rinuncio a combattere, visto che qua nessuno mi capisce oppure mi rendo conto che perdo tempo ad ‘arrabbiarmi e cercar di farmi dar ragione’ e cambio aria. Si troverà, credimi, in buona compagnia. Non è una comoda, tranquilla compagnia: sono le persone che, vista l’ingiustizia, si rendon conto che è inutile tentar di convincere chi teme di vedere: la forza più tremenda che ci sia è l’inerzia della ricerca della propria tranquillità e sicurezza. Guardati indietro, e attorno: vedrai che le persone che hanno il dono della sensibilità alla sofferenza altrui ad un certo punto smettono di urlare nel deserto e di
pretendere che i ‘sassi’ capiscano. Anche se capissero sono sassi, appunto, e non si muovono, ancorati come sono a comportamenti familiari, sociali, politici, religiosi utili al mantenimento dello status quo.
Qui, oggi, non si tratta più di lager (almeno non qui da noi) ma ci sono milioni di lager occulti: piccoli lager familiari (o sul lavoro, a scuola, ecc) dove a far le spese della stortura sono i ‘diversi’, quelli che non si adeguano a metodi di controllo uno-sull’altro, ad ingiustizie talmente diffuse da divenire abitudini… Io vedo persone ridotte a morire, perché non si adeguano alla follia collettiva: dipendenze, depressioni, malattie psicosomatiche (ancor più vere delle altre) fino agli infarti e ai tumori…
Chi ha il dono di ‘leggere al contrario’ la realtà non nel senso di stravolgerla, ma nel senso di vederla veramente come è (e non come fa comodo di vederla) inevitabilmente entra in collisione con tutti gli altri. Tutti, tranne quelli che la vedono come lui: e allora, non resta che FARE. Che cosa, mi dirai? ecco, questo è il difficile campo minato in cui ci si deve destreggiare. Quale delle milioni di ingiustizie posso alleviare? Non tutte, ma nemmeno nessuna … da dove cominciare? ‘Cambiar aria’ è cosa che han fatto tutti quelli che si sono ritrovati il ‘dono’ tra le mani e han deciso di FARE: da Gesù a Madre Teresa … per far due esempi apolitici e senza per questo far proselitismi, anzi. Proprio loro sono entrati in rotta di collisione con i ‘benpensanti comunicatori’, farisei o suore/preti che fossero…
Oggi qualcosa di diverso c’è, nell’aria.Qualcosa che consente di ‘fare’ senza divenire martiri:oggi,oltre al privato ‘accorgerci’, esiste uno scontro epocale tra un ‘io egoico-bellicoso’ che basa la sua affermazione sul controllo degli altri (e usa schemi familiari,coniugali, politici,ideologici,sociali, religiosi) e un ‘io relazionale’ che si afferma nella comunicazione, nel rispetto, nella relazione cooperante con l’altro. Bisogna ‘fare’ e
parlare a chi orecchi, cioè confrontarsi con chi ha il dono di vedere le ingiustizie (e allora ‘fa’ qualcosa) e avvicinarsi a chi le ingiustizie le soffre. Delicatezza e forza, spontaneità ed esperienza … è difficile, serve equilibrio e costanza, si fanno errori, si incontrano resistenze. I primi a temere di lasciare trappole vischiose e velenose sono proprio le vittime, tanto abituate a vivere nel ‘lager’, da credere che sia l’unica forma di vita.
Però … ‘chi non fa non falla’ ed è sempre meglio provarci che starsene lì a discutere con qualcuno ben al sicuro sulla riva, mentre altri si dibattono nei vortici… Nell’era della comunicazione, bisogna scegliere con chi comunicare e ricordare, poi, che attorno a chi soffre ci sono gli altissimi muri dei lager invisibili e poca, pochissima comunicazione. Spesso, la solitudine più nera.
Non volevo arrivare a tanto.
Ma comunque grazie per l’appoggio. Ne hai fatto una questione morale e, ripeto, non aspiravo a tanto. Diciamo che restringevo il mio campo visivo alla mia piccola realtà quotidiana, fatta di ingiustizie si, ma di piccola, direi miserrima, entità rispetto a ciò di cui parli tu.
Anche perchè basterebbe leggere i giornali, (in questi giorni direi il giornale, visto che solo un quotidiano se ne sta occupando), per capire che viviamo circondati dai muri di cui parlavi tu. Certo in quei casi però, direi che l’unica politica da seguire è quella di nonn farsi venire il sangue cattivo, o di andare a vivere in un’isola deserta. Ma deserta deserta…
🙂
appunto, è proprio della miserrima realtà quotidiana che parlavo, quella che moltiplicata per tot miliardi di persone fa la storia… muri, ingiustizie più o meno grandi, più o meno ingiuste: non serve andare in india o chissadove, né per vederle né per ‘far qualcosa’. Dici che litighi con tutti: o hai torto marcio sempre, oppure vedi le cose nel modo ‘diverso’ che dicevo, quello che ti fa vedere i muri e le ingiustizie quotidiane nella realtà che vivi tu (attorno a te, in tv, ecc). Il vederle pone la questione morale: se poi tu ritieni che siano gli altri (politici, amministratori, istituzioni, addetti ai lavori, ecc ecc) a dover ‘far qualcosa’ è scelta tua. Le questioni morali, che implicano il rapporto con gli altri, stanno dietro alle azioni di tutti noi, come un motore sta dietro al moto di un auto: sono la spinta, insieme ad altre motivazioni come sentimenti, emozioni, esperienze, istinti vari, esempio degli altri che, a seconda dei casi, fungono anche da freni (che servono anche loro!). Alla fine, la volontà tiene il ‘volante’: sceglie una direzione e mantiene la rotta dell’agire tra saliscendi, semafori, incroci e curve dell’esistenza quotidiana. Tu ora scegli, delle due strade che dicevo, la prima: ok, finché è ok per te. Poi, se qualche sentimento/questione morale (è l’esperienza quotidiana a mettercele sotto il naso) farà sentire la sua spinta, sarai sempre libero di cambiare. Se vorrai.
The one, se questo può esserti di conforto, mi trovo nella tua stessa condizione e la cosa che mi fa star male è che ogni volta che dico qualcosa, tutti mi biasimano e dicono che sono “drastico e aggressivo” e alla fine si verifica sempre quello che ho detto in precedenza, dopo aver ascoltato tutti ed aver espresso la mia opinione.
La mia domanda è: “perchè la gente parla in maniera diplomatica, tanto per fare numero e non ragiona prima di parlare???”
Io non parlo quasi mai per esperienza, ma parlo sempre per logica, che è la cosa più elementare che una persona dovrebbe avere.
Tu sei un grande e io ti capisco benissimo. Hai capito la vera essenza delle cose. Ebbene si vi dirò una cosa. Il genere umano non è stato concepito per vivere secondo i canoni della società attuale. Non siamo accomodanti, non siamo dispensatori di amore gratuito. Siamo guidati da una forza istintiva che ci impone di sopravvivere di ritagliare nel mondo il nostro spazio e il resto è un enorme ostacolo a tutto questo. Quando riusciremo a capire che è inutile continuare a cercare di fermare il mondo riusciremo a trovare la nostra dimensione interiore. Tu non hai ragione, come non ho ragione io. Tu cerchi un protesto per far sentire la tua voce. Perché fai parte del mondo.