Gent.mo Direttore
sono un suo assiduo ascoltatore e in merito alla lettera da Lei mandata in onda ieri 23/04/2020 nel telegiornale della sera, di un paziente deceduto in una Rsa mi permetto di formularLe alcune considerazioni di merito.
Sono il figlio unico di due genitori entrambi ricoverati per alcuni anni e poi deceduti in una Rsa.
Comprendo, quindi, a pieno le difficoltà di un figlio al momento di dover decidere di allontanare i propri genitori dall’abitazione in cui hanno vissuto e condiviso i momenti più belli dalla loro vita.
Ma quando le condizioni di salute non lo consentono più, ti vedi costretto ad individuare una struttura che si prenda cura di loro e che gli consenta di vivere al meglio gli ultimi anni della loro vita.
Negli anni in cui i miei genitori erano ricoverati, ho passato momenti difficili e molto tristi con loro, perché mi criticavano la scelta di averli allontanati dalla loro casa ma, anche momenti di grande gioia quando mi dicevano di aver trovato all’interno della struttura persone che si dedicavano con passione e dedizione ai loro bisogni quotidiani.
Alla morte di mio padre la testimonianza più bella l’ho avuta da una infermiera che in un messaggio commovente mi diceva che la perdita di mio padre era un grosso dolore anche per lei perché negli anni che aveva trascorso con lui si era consolidato reciprocamente un profondo affetto.
Tutto questo per dire che le Rsa non sono luoghi in cui le persone non vengono trattate con rispetto, umanità e amore.
Non trovo pertanto giusto, e mi ha fatto molto dispiacere, ascoltare la testimonianza manifestata, perché ho avuto la sensazione di una generalizzazione sulla gestione delle Rsa che non fa onore e non rispetta tutte quelle persone che all’interno di quelle strutture, giorno per giorno, si sacrificano per trasmettere serenità e dignità ai loro assistiti e con cura amorevole si dedicano ai loro bisogni.
Distinti saluti
Antonio Pesante
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Categorie: - Enrico Mentana - Salute
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