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Lettera pubblicata il 10 Novembre 2012. L'autore, Ohara, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Luna, Rossana.
Avete ragione. Non so per quale motivo io abbia voluto proteggerla così tanto da dimenticarmi che deve pensarci lei. Così come da dimenticare che la frase rivoltami: “se mi vuoi bene, tu non te ne vai dalla mia vita, a prescindere se sto con te o no”, è troppo assurda e di comodo.
Le ho detto che dovrebbe capire che il suo ragazzo non merita le corna; che nemmeno io merito di essere preso in giro. Capisco la confusione, ma non possiamo continuare a ferirci, perché entrambi innamorati l’uno dell’altro, ma che non si può con queste condizioni. Le ho detto che si deve svegliare, perché io sono un aspetto comprimario, pur con la straordinarietà del sentimento. Loro hanno dei problemi, così come lei spesso pensa a me mentre fanno sesso. Io non posso pentirmi né rimpiango niente, perché ci ho provato in milioni di modi. Non posso più aspettare, perché devo vivere anche io. Lei dovrebbe sedersi con lui un giorno e parlarne. Gliel’ho detto e mi ha risposto che non ne ha alcuna intenzione perché vuole continuare quella storia, ma quando le dico: “be’ allora te ne vai a fanculo e non mi rompi le palle”, dice che non è così, perché vorrebbe dire che io non ho capito niente ecc ecc., dimenticando che il motivo per cui stiamo male è perché deve PRIMA essere conclusa la storia vecchia, che non funziona, per poterne iniziare una nuova. Io ritengo di aver finito le mie “Munizioni” e di disinteressarmi della cosa. La stanchezza ho iniziato a percepirla da un po’, e ho provato a farmi forza. Ma come mi hai mostrato, Luna, le persone possono essere forti. Quindi non ha senso dare loro la mia di forza, pensando che abbiano bisogno di sicurezze per sempre. Ognuno di noi si ritrova a un bivio, in cui dover tirar fuori le palle e tuffarsi nel buio, se lo si vuole. Questo è il suo di bivio. Ma a me non deve importare, perché ho vissuto per un anno con il dolore di loro, con il dolore di lei che non affrontava l’argomento. Non posso odiare la vita per una cazzata simile. Se stessimo insieme e lei avesse problemi d’altra natura, potrei sopportare senza problemi tutto. Così no, perché non si manca di rispetto a due persone contemporaneamente, a prescindere da lui che non vuole affrontare i problemi, a prescindere da lei che non vuole affrontare i problemi. Grazie, mi hai fatto capire che comunque le persone possono essere forti. Non lo dimenticherò 🙂
Approfitto dell’occasione per esprimere cosa, secondo me, si prova quando si decide di lasciare un partner dopo parecchi anni. non per invitare Ohara a pazientare ancora ma per evidenziare quanto questo tipo di decisione possa essere difficile:
1) innanzitutto mina la tua identità: pensi di aver commesso un grave errore nella scelta e di non essere stato capace di far funzionare un rapporto, come tanti altri, invece, riescono a fare con reciproca soddisfazione;
2) temi le reazioni sociali di biasimo da parte di famigliari, parenti, amici e colleghi, e di perdere punti nella loro stima nei tuoi confronti;
3) vivendo l’essere umano più di abitudini che di necessità, ti spaventa molto più di quanto si possa immaginare il quasi totale cambiamento nei tuoi ritmi di vita, che rappresentano un vero e proprio sconvolgimento della quotidianità;
4) dopo aver provato per un periodo abbastanza lungo la vita a due, con equilibri e punti fermi, diventa ancor più temibile il ritornare single e dover ricominciare tutto da capo: c’è una gran differenza fra il proseguire soli e il sentirsi comunque sorretti anche da una semplice presenza;
5) importante quanto il primo punto: se non si è davvero superficiali e menefreghisti, si SOFFRE al pensiero di far soffrire e si tende pertanto a procrastinare la decisione il più a lungo possibile.
tutto questo quando non esistono figli di mezzo, quando la persona che intende lasciare è almeno autonoma sotto il punto di vista economico e logistico e quando è abbastanza matura e forte di carattere.
a mio avviso, ci vuole davvero un gran coraggio a rompere uno schema di relazione; in linea generale si lascia soltanto in alcune precise circostanze:
a) non ce la si fa più a sostenere la convivenza per ragioni serie, costanti e pressanti (= disperazione);
b) subentra qualcosa di più o meno forte che ti aiuta, anche solo temporaneamente, ad affrontare la tempesta a cui vai incontro (= speranza).
c) ci si innamora e non si capisce più niente, salvo che si vuole tornare a vivere e non continuare semplicemente a sopravvivere (con la morte nel cuore), che fa una bella differenza (= nuova possibilità).
ROSSANA, la tua analisi è corretta, è vero, queste sono usuali resistenze di chi non molla un rapporto consolidato. E talvolta persino poco consolidato, a seconda dell’insicurezza della persona.
Possono coesistere anche laddove una persona si trovi in sofferenza per ragioni anche meno egocentrice, di proprie insicurezze, schema mentale, paura della solitudine ecc, e cioè sia innamorato della persona che sta pensando di lasciare, sente un legame profondo e vuole dargli ancora una possibilità, e nel pensare che sia il caso di lasciare una persona per cui nutre ancora dei sentimenti comunque si ritrova a confrontarsi anche con altre paure da jet leg.
Ma se esse sono centrali e preponderanti, quelle che hai elencato, e sono solo quelle, ammetterai che sono ragioni fortemente egocentriche, non solo soggettive, e anche narcististe. E più egocentriche anche dell’amore che provi, che pure lo provi tu e quindi è legato anche al tuo ego.
La paura di cambiare abitudini, la paura che l’altro, che pure non amiamo più, cessi di essere un punto di riferimento per noi, la paura di non essere confermati da amici e parenti e quindi di perdere una certa immagine di noi a cui siamo affezionati, la paura di cambiare status econimico e sociale, e affrontare conflitti che non abbiamo voglia di affrontare, la paura che poi restiamo soli e tanto vale che me lo tengo, la paura che poi il sabato sera gli amici usciranno in coppia e io no, la paura che magari poi io lo/la lascio, anche se non amo più, ma lui e o lei trovano un altro e sono felici e io invece no, meglio essere infelici insieme ma tutti e due, perché non amo più ma resto possessivo/a e territoriale, la paura di perdere 100 mq e andare a vivere in 35, e spendere molto di più e non andare più in vacanza dai suoceri in montagna…
Tu dici che ci vuole coraggio. Io anche, che ci vuole un discreto coraggio anche per essere dei bei paraculi, a volte. Dirsi “è così difficile…” mentre vedi l’altro e la relazione a convenienza.
Dici “la paura di far soffrire l’altro”, eppure molte persone, mentre si chiedono se lasciare per tutte le altre ragioni che hai elencato, fanno soffrire il partner come una bestia…
Guarda, ho il contingente esempio di una mia amica. Da tempo lei soffre moltissimo per una crisi di coppia che non ha generato, ma che sta subendo. E’ difficile scegliere, e tergiversa, ma se non lo lascia non è per le ragioni che hai elencato tu. In parte certo che la spaventerà anche il cambiamento e il senso di fallimento, ma lei è una,che pur avendo attraversato molte difficoltà nella vita, e non potendo neanche contare sull’appoggio dei suoi genitori, e altre sicurezze esterne, ha un senso di autonomia per cui non pensa a ciò che dici tu, anche se ha un bambino piccolo. Le sue resistenze sono tutte sentimentali, emotive, i suoi dilemmi anche di protezione verso suo figlio: qual è la cosa migliore per lui? Lei sta male perché non sa per quale ragione veramente il suo compagno si comporta in certi modi
suppone sia per un tradimento, una relazione lunga e parallela. Il dubbio la logora, mentre cerca comunque di trovare un modo per salvare la sua relazione insieme ad una persona che “non c’è”, nè per lei nè per suo figlio, e anzi le scaraventa addosso il suo egoismo e le ragioni egocentriche che hai elencato tu, e che però ad ammettere che è egoista non ci sta. Lungo da spiegare, anche perché so e non giudico “facilmente”, fermo restando che sanno loro e non sono nelle loro teste e nel loro cuore. Lei se l’è scelto? Beh, non è l’uomo che le ha chiesto facciamo un figlio amore mio, te lo assicuro. O meglio, è quell’uomo, solo che è emerso altro di lui. Lei ha cercato in tutti i modi di trovare una via di conciliazione e dialogo reale. Gli ha anche detto che se non la ama più glielo dica, chiaramente, perché così si sta ammalando. Gli ha anche detto che se c’è l’altra lo dica. Che si lascino, trovino un modo perché anche il figlio sia più sereno, ma che così non si può andare avanti. Siamo nel “paradosso”, neppure poco frequente: tu mi parli di coraggio nel lasciare, che ce ne vuole tanto, per le ragioni che elenchi, ma c’è così poco coraggio dalla parte di chi è più al sicuro e ha anche un telone di sicurezza, che di tutto il coraggio e di maggiore sofferenza deve farsi carico l’anello più debole (per varie ragioni lei lo è) che pure è disposta anche a lasciarlo libero avendo la verità. Ma lui non la dice, perché non gli fa ancora “comodo”, per i suoi equilibri, dirla. E che importa se sta distruggendo i suoi, di lei, e se sta facendo male anche a suo figlio? Perché lui sa che lì non vuole stare, però non tira fuori le palle per decidere. Neanche di fronte al fatto che una persona voglia chiudere, la stessa cosa che lui vuole, e chi soffre maggiormente a chiudere, per sentimenti, è lei. Tu mi dirai che è umano. Infatti, io non sto dicendo che sia alieno, purtroppo. E’ chiaro che lui avrà e di darà tutte le sue ragioni. E si sentirà anche quello che soffre perché il suo vero amore non è a casa, dove torna ogni sera. Ma lui è libero adesso se vuole, è libero da un anno, e non vuole.
Le ragioni che elenchi esistono e sono umane, ma quante persone conosci che hanno ricominciato, da sottozero, ritrovandosi addosso quelle paure e circostanze che elenchi, senza essere state neanche dalla parte di chi sceglie/non sceglie/ma poi sceglie o fa scegliere al partner o all’altra persona, se c’è? Cioè, sono state lasciate. E quante persone conosci che hanno lasciato, loro, pur soffrendo, e non con i dilemmi che elenchi, ma scegliendo provando ancora sentimenti ma di fronte al comportamento infantile, egoista dell’altro, e avendo magari cinque euro in tasca? Io ne conosco. E non penso siano degli eroi. Ohara ha 22 anni e se molla non molla perché se ne frega.
E, perdonami, ma il concetto “io non lo lascio, per le mie ragioni, su cui tu non mettere bocca, ma se tu smetti di adorarmi e di stare dove dico io sei uno stronzo” è egoismo e egocentrismo devastante.
PS: Rossana, guarda che io non dico che non si possa sentirsi “lacerati”, o anche essere spaventati e presi da un sacco di cose e questioni connesse ad un cambiamento di vita. Anche perché i cambiamenti di vita non sono solo inerenti al fatto di cambiare fidanzato, perché tu una mattina ti sei svegliato/a e hai capito che ami un’altra persona e non quella che hai accanto che ti ama. E non sai come dirglielo. Quando c’è un solo modo se lo sai sul serio: dirglielo.
I cambiamenti possono anche rovinarti letteralmente addosso, quando sei la persona che sta bene dove sta, e dubbi non ne ha. Ne so qualcosa. E non perché si era innamorato. E’ andato proprio in tilt per altre questioni.
Ciò che mi colpisce della storia di Ohara è che lei da un lato gli ha detto che non ama il suo compagno, e lo descrive come se ogni volta che deve vederlo fosse come andare a fare un’iniezione, perché non gli frega di lui, non nel senso che il suo compagno da sei anni crede che a lei importi, cosa sulla quale, però, lei non è chiara. Tanto che sto ignaro uomo finisce con il diventare il colpevole, paradossalmente, della mancata chiarezza di lei.
Quando manco sa che cosa gli sta succedendo. Non sa neanche con quale problema realmente si confronta. Penserà magari che lei è stressata per il terremoto.
Ma a Ohara lei dice che non lo lascerà mai, che se ne faccia una ragione, mentre però gli ha fatto un sacco di promesse emotive, palesi, continue, caricandolo però sia di aspettative che del suo “sacrificio”, sia del fatto che lei comunque si terrà la relazione “consolidata” in ogni caso, anche se non prova neppure a migliorarla veramente. E neanche affonta con la persona con cui sta le vere questioni, qualsiasi esse siano.
Non sembra neppure una di quelle storie in cui una persona continua a battere la testa contro un muro, perché è ancora innamorata, qualcuno da fuori si rende conto che è assurdo farsi del male contro quel muro, un muro che respinge. Lei non ha un muro che la respinge, ha – a quanto pare, almeno – un uomo che la ama e che lei non ama più.
Rossana, le lacerazioni esistono, gli affetti esistono, le empatie esistono, le confusioni esistono. Esiste anche che ti ritrovi senza niente e con tutti contro, e non per le ragioni di lei. Esiste anche che sei così pieno/a di problemi che starti accanto è un casino. Ma per quali problemi? Mi suonerebbe diverso già se lei dicesse: ho il dubbio di essere ancora innamorata di lui. Invece no.
Io non dico che lei non sia anche in tilt, ma su quale piano?
Io di casini nella vita ne ho subiti e fatti, quindi non penso che gli esseri umani siano robottini. Di casini forse ne ho fatti anche peggiori di quelli di lei, anche se per altre ragioni.
Ma a Ohara dico di stare attento. Perché se sta facendo solo da puntello o se davvero ha davanti una persona che ragiona di base in un certo modo, insicuro e dipendente di pensare e gestirsi e che non dice in faccia realmente quello che prova e sente, rischia di farsi molto male.
Luna,
il mio parere sulla situazione di Ohara l’ho espresso, e ribadito, in modo chiaro. l’analisi delle “lacerazioni e sofferenze di chi lascia” non l’ho fatta per il suo specifico caso ma in generale, precisando che è tarata sulla mancata esistenza di bambini. in tal caso, il tutto si complica, e di molto, sempre in relazione alla maturità, al comportamento e alle personalità dei due protagonisti principali, difficili da schematizzare…
a torto o a ragione, ritengo che tutto quello che si fa, nel bene e nel male, nella chiarezza o nell’oscurità, sia essenzialmente per il proprio personale tornaconto. quando si deve scegliere fra se stessi e l’altro/a perchè le reciproche posizioni sono diventate inconciliabili, il perfetto suggerimento evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso” va a farsi benedire. c’è poco da fare, l’hai asserito anche tu in qualche recente post, si ama (o si dovrebbe amare) innanzitutto se stessi, sia quando s’insiste per restare in coppia, che quando non si vede l’ora di tagliare i ponti alle proprie spalle.
credo sia utopistico, se non in caso di eroi o di santi (sui quali pure avrei qualche riserva) pensare che si agisca tenendo conto più del benessere altrui che del proprio. credo che ciò possa avvenire, e neanche sempre, nel caso dell’amore dei genitori per i figli.
tutto il resto finisce spesso in parole e in obiettivi etici, mentre la realtà terra terra è molto meno altisonante e parecchio più “debolmente” umana. provare per credere!
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quanto a Ohara, la posizione della donna che ama sta, a mio avviso, nel limbo peggiore della “speranza” (caso B della mia analisi): quello da cui non si schioda quasi mai nessuno perchè non si sta bene ma non si sta nemmeno poi così male, e ben si sa che la perfezione a questo mondo non esiste… si vorrebbe forse tirare la corda fino ad indurre il partner a lasciare ma nel caso di Ohara mi sa che la persona “indecisa” non stia facendo nemmeno quello…
Sinceramente, devo ammettere che ora come ora mi sono stufato. Non della persona, ma della situazione, quindi se persiste la cosa, me ne sbatto del “la mia persona c’è a prescindere se vuoi stare con me o no. Il nostro legame c’è a prescindere da questo”, perché con queste circostanze mi sembra di non essere scelto e di essere un po’ tenuto in un certo senso. Se le cose cambiano, ben venga! Ovviamente non partirei da subito con il sentimento, perché ci vorrebbe un po’ per ripararmi. A dire la verità mi sento abbastanza bene (non so se è per depersonalizzazione o realmente), perché non me la prendo più con me stesso, come avevo fatto fino a qualche settimana fa: non sono io a dover fare qualcosa. Non sono “Il pilota che prende l’aereo e guida il velivolo, mentre il passeggero sta comodamente seduto”. Se lei la pensa come me, ok, che lo dica e lavoriamo sul creare qualcosa di ufficiale; se non lo sono, le nostre strade si dividono, perché non ci vedo nessun senso nel “continuare a esserci”, se non solo io, ma forse entrambi la pensiamo allo stesso modo (ovvero di voler stare assieme). Domani parleremo e vedremo cosa ne verrà fuori. Non sono né sfiduciato né speranzoso.