Buongiorno a tutti.
Esordisco mettendo in chiaro che il problema principale sono io stesso. Ho quasi 28 anni e ho una Laurea triennale in Scienze della comunicazione nella quale non ho mai creduto fino in fondo. Visti i risultati non eccelsi con cui ho concluso il liceo, credevo di non essere all’altezza per corsi di laurea più complessi e professionalizzanti. Inoltre questa scelta è stata dettata da un’improvvisa folgorazione per la professione giornalistica, abbandonata dopo soli 2 anni tra online e cartaceo perché frustrato dall’impossibilità di avere delle chance concrete in un quotidiano di provincia. Il mio lavoro consisteva nel girare in centro a fare domande insulse a passanti scorbutici che mi scansavano come si fa con i mendicanti, a chiedere ai macellai se la gente nonostante la crisi “azzardava” l’acquisto di tagli di carne costosi o ripiegava sulle frattaglie e chissà che altre scemenze. Il mio carattere fragile ha fatto il resto. Non credevo più in nulla, la mia passione diventata improvvisamente un incubo a occhi aperti e ho fatto la scelta: ho chiesto a mio padre un posto nell’impresa di famiglia, che si occupa di impianti elettrici industriali.
Inizia quindi una convivenza con mio padre che oggi mi sta distruggendo. Una persona autoritaria, quasi dispotica, che pretende che tutto sia fatto come dice lui anche se ci sono metodi altrettanto validi a livello logistico o organizzativo. Pretende che io inizi a fare da solo e camminare con le mie gambe, ma poi mi riprende anche sul modo con cui archivio file e documenti cartacei, perchè come lo fa lui devo farlo anche io. Non mi risparmia strigliate, urla e offese sia in ufficio che in cantiere, davanti ai miei colleghi e anche ai dipendenti di altre ditte, poi ha il coraggio di mandarmi avanti a dare ordini e delegare perchè devo farmi rispettare in quanto figlio del capo. Mi domando che autorità può vantare una persona che tutti i giorni viene calpestata pubblicamente, tanto che alcuni colleghi hanno ben capito che possono trattarmi come l’ultima ruota del carro. Intendiamoci: nessuno mi manca di rispetto platealmente. Ma di certo non si affannano per fare il loro compito nei lavori che seguiamo io e mio padre, anche perchè lui con i suoi atteggiamenti di sicuro non motiva le persone ad impegnarsi e remare nella stessa direzione, il che fornisce un’arma in più alla sua convinzione di essere circondato da incapaci e di dover fare tutto lui.
Mio padre non si limita a seguire le fasi dei lavori, con compiti di organizzazione e coordinamento. Lui si sostituisce a tutti: agli operai, ai magazzinieri, agli impiegati che si occupano degli acquisti, perchè non gli va mai bene nulla e non si fida neanche delle persone più valide e esperte che abbiamo in ditta. Tanto che in ogni nostro cantiere abbiamo abiti da lavoro e scarpe antinfortunistica, perchè quando siamo lì lavoriamo esattamente come operai. Siamo nei cantieri dai 2 ai 4 giorni alla settimana, proprio per la sua impossibilità di delegare e limitarsi a coordinare i lavori. Col risultato che i pochi giorni che passo in ufficio non sono sufficienti e siamo spesso indietro con la progettazione, le dichiarazioni e la contabilità, quest’ultima seguita da me al 100%. E se a fine mese non riusciamo a fatturare, ovviamente la colpa è la mia, che mi sono “trastullato” invece di lavorare.
Mio padre pensa solo al lavoro, 24 ore su 24, a volte anche nei fine settimana (è capitato che partissimo di domenica per essere pronti il lunedì alle 6 in cantiere, guai a perdere mezza giornata). Tutte le settimane ore e ore di autostrada, viaggi aerei e quando torno a casa ovviamente ci sono famiglia, amici e fidanzata, che vive a 40 km da me. Col risultato che non avendo il dono dell’ubiquità e privilegiando la mia fidanzata, con cui posso stare poco, mia madre è in preda alle crisi di abbandono che scarica su di me perchè già messa alla prova dal fatto di non poter contare su mio padre, che non dedica più tempo a moglie, casa e famiglia per stare sempre dietro al lavoro. Ho paura che mia madre sia prossima a chiedere il divorzio.
Non è mai stato nemmeno un padre capace di starmi accanto nelle difficoltà. Lui ha un altro carattere e non concepisce chi come me è più tranquillo e remissivo. Da piccolo mi è capitato di avere difficoltà relazionali ed essere vittima di bullismo, ma mio padre, invece di comprendermi e darmi forza, diceva che era colpa mia che non sapevo legarmi e stare in compagnia e nemmeno reagire. Quando gli davo una mano nei lavoretti di casa si limitava a intimarmi di fare questo o quello senza spiegarmi nulla (esattamente quello che fa ora che sono suo dipendente) e se non ero capace mi faceva capire chiaramente che ero tonto o stupido ed era normale che mi prendessero in giro.
Il mio desiderio più nascosto è licenziarmi, anche se ciò scatenerebbe dure conseguenze in famiglia (in ditta ci sono anche mia madre, zii e cugina) e il rapporto con mio padre sarebbe compromesso. Ma poi cosa farò? Non ho nulla in mano, non ho competenze o capacità che possano fare di me un valido professionista in un determinato settore (la laurea che ho preso è veramente poco spendibile). Le mie passioni? Cucina, scrittura e musica. Ma nella musica, non avendo mai studiato, non posso fare altro che essere un onesto artigiano. Sto progettando di scrivere un romanzo, ma mi manca il tempo per dedicarmici come si deve. Vorrei scappare, ma davanti a me c’è il precipizio e mi serve il coraggio (io che coraggioso non sono mai stato) di fare il proverbiale salto nel vuoto.
Grazie a tutti coloro che avranno voglia di leggere e darmi la propria opinione.
La situazione è complicata ma non è irrisOlvibile, secondo me. Prima di tutto, avendo 28 anni, non puoi pensare di non poter fare le tue scelte di vita o lavorative perchè tua mamma si sente abbandonata o perché con tuo padre il rapporto è complesso. Ognuno di loro ha un carattere particolare ma tu non puoi farti schiacciare, e penso che in parte siano scuse le tue, perché tu stesso, per il carattere che hai, piegandoti a loro non esci dalla tua zona protetta, e fa comodo a te per primo, anche se sai che non va più bene. Molto fa il modo in cui ti poni: dire ad esempio a un genitore “mamma, stasera vado al cinema”, è diverso dal chiedere: “mamma, per te andrebbe bene se stasera andassi al cinema?”. Tutto questo per dirti che sei ormai un uomo fatto e finito, e nessuno ti libererà da questo giogo se non lo farai tu da solo. Partendo dal presupposto che hai 28 anni e, a Dio piacendo, una vita lunga davanti, ti direi di non sentirti come se fosse tutto perduto. Hai diverse soluzioni davanti a te:
– provare la strada del dialogo, imponendoti quando necessario, confidando nell’intelligenza e nella capacità di ascolto di chi hai intorno
– importi a tua volta, sul lavoro, come fa tuo padre, anche se significa arrivare ad uno scontro (ma tanto già così i rapporti sono tesi, un’altra litigata che ti cambia?).
– studiare per quello che ti piace e crearti così il tuo futuro (del resto non è che finito il liceo sei stato sul divano a girarti i pollici, sei già laureato, hai lavorato, perché non prendere altre strade? ).
Prendi il coraggio a quattro mani però e prova a dare un impulso alla tua vita, perché così non sei felice. E a 28 anni, con una famiglia (coi suoi problemi come tutte), una fidanzata, una buona salute (spero) è un peccato! In bocca al lupo
Il grande Itto Ogami parla:
tu hai una situazione opposta a quella mia. I miei non hanno fatto un c.... per me, mi hanno aperto la porta di casa e mi hanno detto “arrangiati”. E non hanno mai smesso fino ad oggi di dire che qualsiasi difficoltà da me incontrata dipende da me stesso , e qualsiasi problema che LORO hanno avuto è dipeso da me (bambino). Mentre io ho le mie difficoltà a sbarcare il lunario, e talvolta faccio figure di merda per pagare le cose, tu hai la fortuna di un padre che è l’unico grande “cattivo” della tua vita. In pratica lui è un parafulmine per ogni rogna con l’esterno. E’ lui che mantiene in piedi la baracca. E la fa funzionare a quanto sembra. Invece di essere una ditta fallita è una ditta che funziona, e che ti lascerà PARI PARI nelle tue mani. Riguardo al fatto che i dipendenti non ti rispettano, questo lo devi guadagnare sul campo. Se tuo padre ti accusa di qualcosa di fronte a loro, mostra i co...... e rispondigli a dovere. Tuo padre ti fa training per diventare un ottimo “capo stronzo”. Perché non vuoi superare l’esame diventandolo ? Vuoi fare l’artista musicale … ce ne sono tanti di menestrelli per strada… suggerisco invece di riuscire in un campo in cui puoi diventare qualcuno. Tua madre non è tua moglie. Lei non può avere da te quello che tuo padre non le da. Sono faccende loro quello che succede tra loro. Sulle fatture, ha ragione tuo padre, non perché “ha ragione” ma perché lui pensa: “niente fattura, niente soldi”. Io ho lo stesso problema, e quando devo fare fattura la spedisco a velocità luce.
Soluzione finale:
– diventare un capo nella tua azienda richiede che tu mostri molta forza decisionale a tuo padre, al punto che lui abdichi a tuo favore.
– la tua famiglia ha bisogno di mangiare. Se fai il menestrello non sfami i tuoi figli
– i dipendenti che ti hanno preso per il culo, li sbatterai fuori quando sarai il capo.
Saluti
Grazie per le risposte. Andiamo con ordine.
@Beauty and the beast: non negherò le tue parole sul fatto delle scuse e la zona protetta. Sono stato abbastanza onesto da ammettere di non essere vittima, ma parte del problema.
Mi spaventano le incertezze del nostro Paese, dove per i giovani (e anche per i meno giovani) pare non ci siano più grandi possibilità di crearsi un futuro felice e economicamente solido. Ragazzi brillantemente laureati che diventano validi professionisti si ritrovano a 40 anni ancora precari, cosa posso sperare io con la mia laurea di pochissimo conto ottenuta con risultati molto buoni, ma non eccelsi? Oggi il futuro è di chi è bravo, furbo, creativo e sa uscire dagli schemi. Non mi ritrovo in nessuna di queste qualità. Sento, in pratica, di essere inutile al mondo.
@Itto Ogami: ma se il nodo della questione fosse che a me non solo non interessa diventare capo (men che meno stronzo), ma a prescindere non mi piace quello che faccio? Non capisco nulla, faccio il mio lavoro quotidiano in maniera automatica, senza riuscire a fare il salto perchè sono laureato nella caspita di Scienze della comunicazione, non sono ingegnere o perito. Mio padre si è fatto 20 anni da operaio prima di affiancare mio zio, che prima era il solo titolare. Hanno dalla loro parte conoscenza della materia e una grande esperienza. Io non posso essere alla sua altezza, cosa che lui pretende, non capendo io un acca se non delle cose fondamentali sulla distribuzione di corrente elettrica, e ovviamente essendoci dentro da soli 4 anni.
Ogni volta che mi trovo a dover svolgere i miei compiti mi sembra che sia sempre la prima volta, non riesco ad imparare facendo, come si suol dire, perchè i miei compiti non sono pratici. Serve una formazione e un esperienza che non ho. Le scarse motivazioni fanno il resto. So che sbaglio, che devo fare di più e tirare fuori le palle, ma non ne ho la forza mentale e a volte neanche quella fisica, mi sento spossato e stressato ogni minuto.
Il tuo punto di vista mi sembra abbastanza comune. Penso che non dovresti vergognartene. Ovviamente dipende dal contesto di vita. Personalmente non ho mai avuto questa grande esigenza di emanciparmi dalla famiglia. Mi è capitato intorno ai vent’anni, ma ho capito immediatamente che il mio posto era a casa. A casa mia mi sento libera. Però ti posso dire che lo stesso problema si ripresenta quando mi viene messa davanti agli occhi un’immagine di famiglia borghese che non mi dispiace, ma che nel medio periodo non potrei sostenere con le mie sole forze. Una vita dove le giornate sono tutte organizzate e non seguono il corso degli eventi mi appare come una prigione. Quando le abitudini si consolidano e i figli cominciano a farsi una vita cominci a sentirti più libera di gestire i tuoi impegni. Per me il lavoro è attività. Non voglio altri pensieri. Non mi devo confrontare con nessuno. Le mie giornate sono molto monotone.
Scrittura e musica….ragazzo tu sei un poeta dell’800….
Vivi di sogni..di amore e poesia….
Andava bene ai tempi dell’800….
Ora è l’inferno…. La vita è bastarda…la società e bastarda…..e bisogna lottare per soppravvivere….
Tuo padre capisce un c.... della vita e andrebbe lasciato solo… Solo come un cane!
Non dovresti mai permettergli di rivolgersi a te in un determinato modo …tanto meno davanti agli altri…chi se ne fotte che è tuo padre!
MAI MI sono fatta mettere i piedi in testa…da nessuno! Nemmeno dai capi di lavoro!
Non è meritevole essere un capo di merda è meritevole essere una persona buona e umana!
O tiri fuori i co...... con lui o te ne vai…ma per farlo devi avere un lavoro sicuro..scrittura e musica come obby…guadagni un c.... con quelli…
Punta sulla cucina…la gente ama mangiare… Mangiare ..vizi e sesso..solo gli unici campi di guadagno!
Diventa un vero e ottimo shef…iscriviti a dei corsi…studia…esercitati e cerca dopo lavoro…
http://www.jobatus.it
Vai li..ti aiuterà.
Quando il samurai non parla di fighe rotte dice cose sagge, e con lui la Sofy. Non hai scampo. O molli tutto e ti guadagni la tua pur amara libertà, o subisci finchè campa Barbablù.
Che dire, non ti scoraggiare, dal più al meno devi trovare una soluzione.
Riconosco anche io la tua onestà nel descriverti parte di questa catena che non ti permette di spiccare il volo, ma il fatto che tu te ne renda conto è un passo avanti. Le incertezze le abbiamo tutti, chi meglio di me ti può capire. Io ho una laurea più spendibile della tua, secondo il tuo punto di vista almeno, ma il mio futuro è legato all’esito di concorsi pubblici che non è detto supererò mai. È così, trovare il proprio posto in questo mondo lavorativo è complicato, ma questo non vuol dire che tu debba partire già sconfitto. Le difficoltà sono il pane quotidiano di chi si inserisce nel mondo del lavoro, ma non è detto che debba andare per forza tutto e sempre male. Cioè, se ci provi può andare male, se non fai niente comunque non migliori le cose, quindi tanto vale provare. Con questo non voglio dire che devi fare un colpo di testa e lasciare il tuo lavoro, solo tu puoi sapere se ti conviene. Però se scegli di rimanere allora ti devi imporre a modo tuo. Tuo padre può avere un carattere particolare ma ti vuole bene e un padre, con tutte le difficoltà del caso, ascolta e comprende un figlio che gli manifesta un disagio. Non lo sottovalutare solo per i comportamenti che ha, potrebbe sorprenderti. Se stai male perché questo non è il lavoro che vuoi, allora trova la tua strada, infondo lavori nell’azienda di famiglia e non penso che se cambiassi idea ti volterebbero le spalle. Ribadisco tuttavia il mio punto di vista, fatti valere, scegli tu il modo, col dialogo o con lo scontro, ma fatti sentire e vedrai che la situazione migliorerà.
Secondo me devi imparare a farti i ca**i tuoi, prima di tutto. I rapporti tra gli altri non devono interessarti, punto.
Per il resto, prenditi un manuale di elettrotecnica e studialo e comportati come ti ha detto Itto, che è ora.
Non ti interessa diventare capo di una ditta? Se il destino tuo è quello seguilo e non rompere a chi ti sta intorno.
E lascia perdere la scrittura, hai solo perso tempo. Piuttosto trovati una ragazza a max 3 km da casa che risparmi benza.
Gabriele, posso in parte capirti perché hai delineato una tipologia di padre che ricalca perfettamente il mio. Solo che io ho fatto tutto il contrario di quel che lui avrebbe voluto: studi umanistici e infruttuosi ( perlomeno su un piano pratico), ma soprattutto mi sono allontanata dal “nido” nefasto appena ho potuto. Non me ne sono mai pentita! Principalmente devi capire se questo tipo di mestiere, al di là di tuo padre, ti possa minimamente interessare, perché sicuramente avere una ditta avviata è una gran fortuna. Ma, sinceramente, se il prezzo da pagare è l’umiliazione e la frustrazione continua, bé allora meglio convogliare le proprie energie in qualche altro progetto. Anch’io per un periodo mi sono interessata per percorrere la strada del giornalismo; ho scoperto che ci sono anche corsi gratuiti di formazione, che però immagino siano più una sorta di hobby più che una possibilità concreta.
Inizia comunque ad opporti; soprattutto sul luogo di lavoro non sei più il figlioletto incapace, ma un lavoratore con le sue competenze e attitudini. Con certe personalità l’unica via possibile è non piegarsi mai, anche a costo di litigi continui.
In bocca al lupo!
tieni tu la contabilita’ ? ma allora quello stronzo di tuo padre ce l’hai in pugno : smetti di versare le imposte e di pagare i fornitori, intascandoti tu i soldi , poi quando hai un buon malloppo leva le tende … ti aspetto qui a Pattaya 🙂