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Lettera pubblicata il 14 Ottobre 2010. L'autore, aleheavygrinder, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Grande LisKoop, hai già ingranato sulle lettere. Mi rende contento vedere spuntare i fiori. Vai così, al timone ora.
Caro Ale,
la tua ‘scena’ illustra piuttosto bene quale sia la tua visione – e forse la tua esperienza (?) – del tema amoroso e, piu in generale direi, della vita e dei valori che uno cerca e sceglie di seguire. Nell’insieme condivido a pieno questa tua visione, ma rimangono dei dettagli che percepisco come “stonati”, anche se non saprei indicarli con precisione. Rimane più che altro una sensazione, ma ancora confusa e che al momento non riesco a mettere a fuoco. Sarà per il momento che sto vivendo o forse per il fatto che al bistrot non mi sono mai veramente fermata a bere un intruglio tanto per stordirmi o per elettrizzrmi un po’.. 🙂 non lo so, forse avrei dovuto…
Sicuramente il fatto di essere stata per tanto tempo con qualcuno, mi ha fatto perdere di vista me stessa in quanto persona a sé stante, destinata ad un proprio cammino e ad una propria ricerca. Ogni giorno che passa mi appare piu’ chiaro quanto io abbia messo da parte me stessa per lei o per la coppia e a volte – quando sono più “razionale” e meno dolorante – penso che forse questa separazione porterà anche dei risvolti positivi.
Allo stesso tempo, tuttavia, il non condividere più con un’anima affine quello che mi viene incontro sul mio cammino, mi fa percepire un po’ tutto come se avesse un valore ed un peso diverso rispetto a prima. Gli eventi negativi sembrano amplificati, ma non piu’ pesanti di prima, come se da sola riuscissi a gestirli meglio; mentre quelli positivi li percepisco come meno coivolgenti e fonte di una gioia incompleta, in quanto non condivisa.
Magari tutto questo è solo un momento di passaggio, preliminare al compimento del famoso e sperato “capolavoro”, ma in questo momento, sono tante le cose che rimangono difficili o misteriose: bastare a se stessi e andare avanti per la propria strada, non badar piu’ a chi è rimasto indietro, ma soprattutto conoscere quale sia la propria missione!!
E tu, hai già chiara quale sia la tua?
Io non posso fare altro che navigare a vista, mentre la meta ed il motivo del viaggio restano ancora un mistero… mi dirai che non importa, che l’importante è il viaggio in sè, l’avventura, la scoperta… ma allora perchè mi sembra solo di andare alla deriva?
Un abbraccio anche a te.
forse riesco a risponderti io Liskoop, io è da poco che ho veramente compreso con chiarezza tutto quello che Ale ed altri dicevano in questa lettera, a livello razionale lo avevo capito anche da prima, ma a livello emotivo no, il bistrot a cui si riferiscono ed in cui tutti bevono, è il mirabolante mondo dei rapporti amorosi, purtroppo al mondo, riguardo a questo aspetto, molte persone bevono alla cieca, superficialmente, incontrano altre persone che offrono loro del vino, l’amore, e lo bevono chiedendone ancora, così chi lo offre ne versa di nuovo e così via, chi beve apprezza il vino e chi lo offre si sente appagato, così chi beve ne chiede di nuovo e chi offre, ne versa di più, ma chi lo chiede non lo fa perché ha capito che è vino buono e che vale la pena berlo, lo fa per spirt o perché in quel momento non c’è in giro di meglio, per noia, per traumi infantili mai risolti. Questo non è amore, è dipendenza, io dipendo da te perché tu mi ricopri di attenzioni, tu dipendi da me perché io ti permetto di riversare su di me il contenitore d’amore che hai e ti lusingo. A lungo andare però uno dei due, in genere chi riceve il vino, si stanca del solito gusto e cambia, spesso senza rimpianti e molto facilmente, per forza, lui non ha mai versato all’altro il suo vino, ha sempre e solo bevuto. Riuscire a spezzare questa catena non è facile per chi ha amato, per chi ha versato il vino. Il tempo ed il silenzio, il cambiare aria, voltare pagina, uscire dal bistrot, è l’unico modo per trovare chiarezza, trovare non solo pace ma anche ordine dentro di se. Man mano che il dolore si attenua si riesce a comprendere il valore dell’amore che si è in grado di dare ed a farne il giusto prezzo. Il prezzo è la cernita delle persone a cui darlo e le dosi. Io stesso ho imparato che la prima persona meritevole del mio vino sono io e che il mio vino è di ottima qualità. La regola secondo cui non si deve mangiare il proprio capitale, tipica di chi lavora nell’ambiente degli alimentari, pasticceria e ristorazione, qui non vale. I primi a mangiare il nostro capitale dobbiamo essere noi, successivamente potranno mangiarne i meritevoli, coloro che per primi ci hanno offerto il loro vino e solo se esso era buono. I non…
i non meritevoli invece saranno esclusi. In questo senso uscire dal bistrot e farsene uno per i cavoli nostri, in cui invitare i veri amici, è la cosa migliore che si possa fare. Riguardo alla mèta, ti stupirá sentirlo, ma per me non esiste una méta. Quando stavo con il mio compagno navigavo a motori al massimo convinto di percorrere una strada ben definita che portava ad un punto reale e sicuro. Una volta che lui mi ha abbandonato ho spento i motori ed alzato la vela, lasciandomi trasportare dal vento, alla deriva, la nave rallentata mi ha permesso di vedere isole, increspature sulle onde, animali marini, colori e tramonti che c’erano sempre stati e che non avevo mai visto. Ed è proprio questo il punto, non c’è una méta alla fine, la méta è come abbiamo vissuto la nostra vita, quanto abbiamo apprezzato i giorni, i momenti, le sensazioni. In tutto questo il fatto di avere qualcuno che le condivida con noi è superfluo. È così bello andare alla deriva. Andando ed andando alla fine ci si scontra con altre barche e magari su una di queste c’è proprio la persona che merita di bere il nostro vino.
Ale, non credo di aver ben capito il tuo post precedente…
Mi riferivo ai tuoi commenti di ieri in altre lettere, LisKoop, molto intensi e pronti.
Il mio percorso, e anche la mia storia (che non ho raccontato), non hanno utilità qui, nemmeno altrove. Non perché sono stati, in un certo senso, sui generis, ma perché so che qualsiasi storia è un pretesto. Lo butteremo a mare orima o dopo e tireremo fuori l’argenteria per dare un vero party che vada oltre i rifugi della mente. Allo stesso tempo penso che il sito stia dando buone risposte per affrontare diciamo l’immediato, si sente che è grande la componente dei non-contattisti, che resta la prima magia da fare, mantenere ed incentivare, senza indagare ragioni o salvare nessuno. Tagliare, smettere di avvelenarsi col proprio veleno o altrui veleno. Che è, nel sottile, No contact al proprio piccolo programma.
Soluzioni, se si parla di tenere a galla la fiaba, non ce ne possono essere. Anzi, due ci sono: una è continuare a rincorrersi, ondeggiare senza risposte, fremere e bramare e in generale sbattersi per tovare un altro essere, perché, se quel desiderio è sovrastante e non lo si asseconda non si avanza. Se c’è, bisogna farlo. Porterà fuori? Sì, forse dopo un giro, forse dopo mille, affastella prove su prove senza sapere bene dove ci si trova. L’altra è seguire il cuore, che sa che è un luna park ed è pronto ad uscire. Allora, dove siamo diretti? A completarci da soli. Fra due esseri frammentati si ha una relazione adeguata. Serve a capire, un giorno, che non serviva un’altra persona per completarci: ma scegliendo di averla con noi e di fare lo stesso quell’esperienza, era indispensabile. Che vada bene o che finisca nella cronaca nera o su L.a.D., è solo l’ennesima storia fra esseri in via di completamento che hanno sostato fra di loro. Due esseri completi non hanno bisogno di una relazione, divinazioni, ghirigori, né di bilance in cui fare calcoli. Per molti che leggono qua potrebbe sembrare una bestemmia, dato che tutti vorrebbero un’altra persona, migliore, con cui camminare insieme, e lo capisco. Ma quando sono ricomparso circa un anno fa è stato per aggiornare il tiro, per portare queste energie in modo visibile.
“Io non posso fare altro che navigare a vista.” Puoi farlo, se senti che è il tuo ordine del giorno. Fallo per un po’, con il piglio nuovo, e non patirai come prima. Poi chiediti se ti completa di più ancora un po’ di ormeggio nella solita cartolina illustrata oppure la voglia di prendere il largo (non deriva) verso l’ignoto coi pirati. Forza.
“Allo stesso tempo, tuttavia, il non condividere più con un’anima affine quello che mi viene incontro sul mio cammino, mi fa percepire un po’ tutto come se avesse un valore ed un peso diverso rispetto a prima. Gli eventi negativi sembrano amplificati, ma non piu’ pesanti di prima, come se da sola riuscissi a gestirli meglio; mentre quelli positivi li percepisco come meno coivolgenti e fonte di una gioia incompleta, in quanto non condivisa” La trovo una grande osservazione, come avviene quando ci si sposta dal vecchio. Anche solo queste frasi potenti mostrano l’impegno speciale a cui hai fatto ricorso, e non è da tutti nelle circostanze e pressioni che hai conosciuto; hai diretto lo sguardo su quello che senti, sul modo in cui crei.
Bello questo, Angelo Azzurro. “È così bello andare alla deriva. Andando ed andando alla fine ci si scontra con altre barche”
1. Cerco di dare senso ad un pensiero solitario stasera, prima di uscire. Parlando dei famigerati ex, tornando per un attimo a loro ed evocandoli come spettri o carte tornasole, possiamo parlare anche del comportamento comune. Qui e in altri documenti abbiamo scoperto che non ci sono differenze fra il comportamento della ‘gente’ che svolge attività comuni e quello degli ex allampanati, compreso anche il nostro dell’epoca. Condividono tutti la stessa assenza. Cose brutte, tradimenti, bugie e recite, anche violenze, sono stati gesti estremi però e chi ha scritto sul sito ne è stato quasi sempre vittima. Altrettanto pesante e simmetrico credo è stato l’aver preferito rinnovare il patto con la mancanza di passione, con la programmazione consolidata, con le azioni automatiche di tutti, cioè di chi non ha una visione ed una passione vera ma agisce secondo un comando collaudato, piuttosto che creare insieme una cosa nuova ed inesplorata, piuttosto che fuggire insieme a noi, insieme ai veri protagonisti fuggiaschi di questa storia, cosa probabilmente nemica dell’andazzo usa e getta, ruba e scappa che contraddistingue questo pianeta.
Il goal lo abbiamo dovuto illuminare noi riscoprendo a nostra volta la passione, la corsa imbizzarrita della libertà e la reazione luminosa e superiore. Le mie considerazioni a riguardo si stanziano su questa lettera, che è quella che ho seguito di più, e a chi l’ha abbellita e approfondita, perché qui ho visto negli interventi una marcia diversa, una delusione composta e poi una reazione ragionata e costruttiva. Lo si sta costruendo, a varie velocità, all’inizio serve tempo, ma c’è la stoffa. La nostra passione per la vita al di là delle circostanze. Volevo cogliere questo aspetto nei commenti precedenti e fare vedere che c’è di più. Se non ci fosse, di cosa stiamo parlando? Basterebbero anche due persone si amano. Se non basta questo…bene, andiamo più a fondo. Poteva essere bellissimo, fatto insieme, ma non lo è stato. Va bene, ecco l’insegnamento: lo stavamo facendo da noi, comunque.
2. Se anche gli altri (non li sto usando come scusa, li chiamo in scena per un attimo) fossero stati animati con limpidezza e coscienza dallo stesso fuoco, dalla stessa passione e da un esempio inarrestabile, che in varie forme io penso di aver colto nelle parole di chi scrive qui, non dico che non sarebbe andata a finire e a finire così, ma oggi parleremmo di quelle storie finite come di una avventura che non sarà dimenticata in questa e in tutte le altre vite, parleremmo di una opportunità di vita, condotta da esseri animati da una ragione vera e sconosciuta che rompono uno schema nascosto e scalzano l’amore parassitario insegnato da una realtà che quasi sempre non è vita. Con quel coraggio, che porta anche alla distruzione di un rapporto e a varie conseguenze, avrebbero a loro modo fatto centro e regalato un soffio di eternità in questi tempi molto strani. Se qualcuno lo ha manifestato, io l’ho riconosciuto. Siccome in un buon numero di storie che conosco qui e altrove tale consapevolezza raramente era in atto in chi se n’è andato a farsi gli affari suoi, lo ha realizzato in prevalenza chi invece è rimasto, o ci ha provato e ci sta provando. Questo respiro io credo che tanti lo stanno ingrandendo e diffondendo ora, ora che in apparenza sono soli, e a loro va la mia ammirazione e incitamento e l’amore che non gli è stato mai portato via.
Hai colpito nel segno caro Angelo Azzurro, l’incertezza o le “stonature” che percepisco hanno piu a che fare col livello emotivo che non con quello razionale. Capisco e condivido la visione tua e di Ale del bistrot e dei suoi avventori, alcuni beceri e molesti, altri assetati e disposti a bere qualsiasi cosa, altri ancora appagati dalle lusinghe e gli apprezzamenti fatti al vino che dispensano. In questo mondo che vedo, osservo e riconosco quello che “stona” forse sono proprio io. Io, con la mia idea che per accettare di bere il vino altrui sia necessario averne da offrire a sua volta…
Nella mia idea di bistrot, chi dispensa vino deve conoscere profondamente quello che versa, quali sono gli ingredienti e i gesti che hanno permesso di formare quel raro ‘buquet’, il cui sapore e profumi sono unici e inebrianti. Chi versa il vino, inizialmente non conosce, o conosce molto poco degli avventori che gli si presentano davanti, e quindi versa il suo vino senza sapere se veramente sarà apprezzato. Ma dopo qualche bicchiere è presto evidente la differenza fra coloro che arrivano ad assaporare le note (magari non tutte, all’inizio…) del ‘buquet’ che hanno bevuto e gli altri che chiedono altro vino solo per elettrizzarsi, stordirsi o altro. Chi versa il vino dovrebbe quindi distinguere i sinceri complimenti dalle false lusinghe e non sprecare il proprio vino con chi non sa apprezzarlo e lo tracanna senza pensare a quanto quanto lavoro abbia richiesto e quanto sia prezioso.
Chi beve il vino, lo apprezza e ne chiede ancora, invece, dovrebbe sapere che, a lungo andare, il bere senza mai offrire, porta all’esaurimento dell’ottima bevanda. E per quanto chieda, faccia lusinghe o prometta, non potrà averne ancora.
Talvolta, ma molto meno spesso di quanto si pensi, chi beve vino e chi lo dispensa riescono alternarsi nei loro ruoli e allora avviene un vero scambio, una mutua e continua scoperta di profumi e sapori. Col tempo i due vini si trasformano, gli ingredienti si mescolano, il lavoro necessario alla produzione viene condiviso e da tutto cio’ si crea un nuovo e sorprendente ‘buquet’, che non si pensava nemmeno potesse esistere. L’intensità di questo “nettare degli dei” è sconvolgente, ineffabile e ti fa sentire BENE, nel senso piu ampio della parola.