Signor Presidente, le scrivo per raccontarle in breve la mia storia.
Sono fidanzata con un ragazzo tunisino che purtroppo è clandestino qui in Italia, una settimana fa è stato portato al CIE di Ponte Galeria a Roma, dopo una settimana circa, ieri sono stata a trovarlo, e le sue condizioni mi hanno lasciata senza parole, ha il volto tumefatto, graffi ovunque su gomiti e ginocchia, ha il volto spento e sta male là dentro.
Io aspetto un figlio da questo ragazzo, sono alla decima settimana di gravidanza, e rischio di dover crescere il nostro bambino da sola.
Lui è veramente un bravo ragazzo, non spaccia e non ruba, non ha nessun precedente penale e si ritrova in una situazione piena di ex galeotti, sono seriamente preoccupata per la sua salute, ieri sera è caduto e si è rotto un piede e nessuno l’ha portato all’ospedale, il suo piede è gonfio adesso e nessuno se ne occupa.
Lì dentro le persone sono veramente tenute come in un campo di concentramento, la polizia li tratta come animali e i diritti dell’uomo non esistono quando qualcuno varca quel cancello.
Io da parte mia mi sto seriamente impegnando con avvocati vari per fare qualcosa, ma la situazione non è così semplice purtroppo, e nella mia condizione una piccola cosa diventa per me uno stress enorme.
Questa è la mia storia Signor Presidente, se vorrà ne prenderà atto, non solo per il mio fidanzato, ma per come le persone vengono trattate al CIE di Ponte Galeria.
La ringrazio Arrivederci
Elisa
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Mi dispiace molto per te. I diritti umani sono la prima cosa in assoluto. Quindi lotta, la giustizia va presa con i denti.