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La nostra crisi

di 68634337

Immaginiamo una normale famiglia, formata da un padre che con il suo lavoro si procura le risorse finanziarie per mantenerla dignitosamente, da una madre che si occupa della casa e dei figli, dai figli adolescenti che studiano, praticano sport e vivono serenamente la loro giovane età. Ad un certo punto il padre perde il lavoro, e conseguentemente cessano le entrate finanziarie. Padre e madre, allora, decidono di ridurre le spese (è la loro “spending review”), cominciando da quelle meno essenziali, allungando così i tempi di resistenza della famiglia. Ma il vero problema è che il padre torni ad avere un lavoro, e con esso un reddito.
Ecco, la situazione del nostro Paese è riconducibile a questa immagine. La riduzione delle spese non essenziali che sta adottando il Governo Monti (anche se priva di oggettiva equità) tampona momentaneamente una situazione di grave e profonda crisi, ma se l’Italia non torna a creare ricchezza, cioè, essendo noi un Paese fondamentalmente manifatturiero, se non torna a produrre in termini competitivi, con rese del lavoro (prodotto per unità di tempo) più alte e con costi (dell’unità di prodotto) più bassi, gli attuali sacrifici, ed i prossimi, non porteranno mai alla soluzione del nostro vero problema ed alla ripresa della “crescita”.
Grazie della cortese attenzione e cordiali saluti.
Giovanni Cama — Siracusa

Lettera pubblicata il 19 Luglio 2012. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Cittadini - Riflessioni

La lettera ha ricevuto finora 2 commenti

  1. 1
    Artorius -

    Concordo con te. Il nostro paese deve ritornare a produrre: ciò vuole dire industria, artigianato ed agricoltura. I servizi e il turismo, da soli, non possono sostenere tutte le zone d’Italia (un conto è S.Maria di Leuca, un conto è un paesino dell’Emilia). Ma soprattutto gli italiani devono ritornare a sporcarsi le mani: da me accanto alle case ci sono tanti appezzamenti di terra su cui cresce solo l’erba, e i proprietari vanno a comprare le verdure surgelate; gli immigrati invece in un metro quadro di terreno ci piantano le patate per non andarle a comprare..

  2. 2
    Andrea74 -

    A me la “famiglia” che descrivi tu non sembra normale. A Milano le monoreddito non arrivano al 20 del mese. Non so magari a Siracusa è diverso in tal caso buon per voi…

    Sulla disamina invece sono d’accordissimo. Una delle miei migliori amiche è di Cavezzo, aveva un’aziendina ma il terremoto ha reso inagibile il capannone. Sai che cosa chiedevano i piccoli imprenditori modenesi INSIEME (una volta tanto!) ai loro dipendenti alle istituzioni, ed a gran voce? Di mandare aiuti per rimettere in senso i CAPANNONI, e NON le case. Ho la casa ma non ho un lavoro, cosa mangio?! Invece se ho un lavoro dormo in tenda, metto da parte i soldi e aggiusto la casa.

    Questo vuol dire che gli italiani sanno come uscire dai casini, ma c’è qualcuno che ha deciso scientemente di mantenerci sistematicamente sull’orlo del default, almeno fin quando saranno riusciti a smaltire le scorie della bolla finanziaria ed ha recuperare tutto il denaro che hanno perso. Di chi parlo? Ovvio, Bloomberg e compagnia bella. E non c’è niente di complottistico in tutto quesa teoria, è fin troppo palese anzi.

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