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Lettera pubblicata il 7 Maggio 2023. L'autore, Catwoman18, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Sí bé Golem, non è che nella vita tutto si valuti in termini di prestazioni performanti/fallimentari, soprattutto nella sfera dei rapporti umani. Non credo nella definizione un tantino ortodossa e cattolica di “amore per sempre”, non è sicuramente la durata di una relazione che ci dà la cifra del suo valore. Ci sono storie importanti, vissute con profondità e nella piena condivisione che valgono la pena di essere vissute indipendentemente dalla loro finitudine. Altrimenti, se si ragionasse cosí, nemmeno la vita varrebbe la pena se tanto dobbiamo crepare prima o poi. Credo che ciascuno dentro di sé sappia ciò che ha dato valore e arricchimento alla propria esistenza, senza la necessità di dover dimostrare niente a nessuno. È questione di onestà verso sé stessi innanzi tutto. Certo che ci deve essere un vissuto condiviso, altrimenti si parla di sogni o idealizzazioni. Certo è che in questo caso specifico di amore nemmeno l’ombra.
Giangi:”se tua moglie ti ha supportato quando magari economicamente non passavi un bel periodo non significa che tutte le donne fanno la stessa cosa”. Ma alcune sì, perchè il senso della coppia è quello, altrimenti perché si sta insieme pensando di restarci per sempre, come dicevi tu? E perchè poi più di qualcuno scopre invece che non lo vuole più? Quindi le cose sono due: ognuno ha una sua visione dell’amore, ma allora che ne parliamo a fa? Oppure ci sono amori che sembrano ma non lo sono?
Io da tempo sostengo che se un amore è vero, quindi maturo e secolatizzato dalle illusioni, non può finire, perchè entrambi sono talmente arricchiti e arricchendi reciprocamente da quella relazione che solo un pazzo butterebbe alle ortiche un patrimonio del genere. Poi intendiamoci, c’è anche che chi ha avuto talmente poco in quell’ambito sentimentale, che quel poco diventa tutto, per la legge della relatività. Ma qui credo si stia parlando di fattori che preludono a certi esiti, e questi fattori, per me, discriminano la differenza tra l’amore e l’ammore.
Io penso che nei limiti del possibile si debba essere onesti con sé stessi e con gli altri e cercare di aver chiaro su quali criteri si vogliono basare le proprie scelte. Perché se si crede nell’amore smart, volatile e non impegnativo non si può mettere in campo tutta una serie di iniziative che si basano sull’amore per sempre. Sposarsi, acquistare case, mettere al mondo figli sono azioni che impegnano noi stessi e chi ci sta vicino. Non si può pensare che una persona che ci sta a fianco e crede in noi possa investire tempo, energie e risorse nel costruire una vita con noi e poi dirle: Sai che c’è? Son cambiato/A, non son più quello/A di prima, non mi riconosco più in ciò che abbiamo creato e invece voglio altro, per cui gentilmente sii maturo/A, fatti dignitosamente da parte senza far tragedie, che siamo nel 2023 e non nel 1950. E già che ci sei, siccome io sono in condizioni più deboli e mi tengo i figli, fammi il piacere di lasciare a me la casa e di arrangiarti come puoi.
Poco importa, peraltro, se quella casa l’hai comprata tu e ci hanno aiutato i tuoi familiari, convinti di favorire per la prole un futuro felice. E poco importa se tu sei ancora innamorato o comunque ti senti affezionato a me. E ancor meno importa se all’inizio avevo giurato amore eterno, magari ho voluto il matrimonio in chiesa con la consueta formula Finché morte non ci separi. Se ne dicono tante di cose, ma poi… E poco importa se quei figli che ho tanto voluto, invece di trovarsi in una famiglia unita dovranno fare da pacchi postali, rimbalzati da un genitore all’altro. Ma dico io: c’era proprio bisogno di mettere in piedi tutto questo palco se non ci si credeva? Non era molto più onesto fin dal principio vivere il rapporto come capitava, senza obblighi e senza legami? Mi dispiace, ma se si mette in piedi tutto ciò, il senso di responsabilità verso noi stessi e verso chi ci sta a fianco richiede che quel che s’è creato si faccia di tutto per salvarlo.
Suzy, certo, la visione delle cose dipende dal soggettivo punto di vista, ma come ho scritto a Giangi, e rifacendomi al titolo di un noto libro di Raymond Carver, di cosa parliamo quando parliamo di amore? Perché se le cose stanno in un certo modo piuttosto che in un altro, che senso ha parlarne? Per dire, avrai letto la storia di Joseph, che da 40 anni si barcamena tra un matrimonio e il sogno del primo ammor, struggendosi e distruggendosi. Per lui quello è amore, ci scommetto, ma tutto quello struggimento che lo sta consumando, è compatibile con l’amore o è solo un succedano “endocrino”, che come una droga altera la percezione della realtà per la ricerca dello “sballo” che si nasconde nell’attesa e nella furtiva consumazione dell’incontro? E tra questi, tutti gli amorazzi immaginifici, col bello impossibile, l’artista incompreso, la fi.. che fa sangue e chi più ne ha più ne metta, potranno essere assimilati ad una storia di due che si sono “voluti” per quello che sono per un secolo? Per me no, altrimenti ripeto, di cosa parliamo?
Spero che chi legge i miei due caustici invii precedenti non pensi che io condanni in blocco tutti coloro che si separano o divorziano. Queste scelte devono essere permesse ed è più che giusto che la legge le preveda, tant’è che la condanna del divorzio da parte della Chiesa è stato uno dei motivi che hanno soffocato quell’abbozzo di religiosità che in alcuni momenti della mia vita ho avuto. Però credo che soprattutto se l’unione non è stata messa in piedi a cuor leggero, debba essere sciolta con altrettanta cautela e senso di responsabilità, arrivando a questa decisione per motivi molto gravi e per un’effettiva impossibilità di vivere insieme, non semplicemente perché: Non è più come prima, voglio altro (non si sa poi cosa), non ho più le farfalle nello stomaco ecc. E comunque: è troppo comodo voler avere i soli vantaggi del modello tradizionale, per crearsi una sicurezza, e di quello sedicente moderno, per far ciò che pare e piace passando sopra alla vita e ai sentimenti altrui.
Venendo al caso che ha dato origine alla nostra discussione, credo che qui non c’entrino alcunché fattori come l’evoluzione sociale del rapporto di coppia o altro. Qui ci troviamo di fronte a una persona (lei) che manca, nei confronti dell’altra (lui) delle più elementari regole del rispetto e della decenza: non solo lo cornifica, ma ne dice male al prossimo, in termini che ne calpestano la dignità. Quanto a lui, si può vederlo come un “senzapalle”, ma io son più portato a considerarlo come uno che nonostante tutto è ancora affezionato a questa donna, e magari come uno che non ha voglia di ritrovarsi in mutande e di dover dormire in automobile (sempre che lei non riesca a portargli via anche quella). L’immaturità psicologica esiste, così come esistono i cambiamenti sociali, ma né l’una né l’altra cosa dovrebbero essere addotte a pretesto per giustificare comportamenti che definire spregevoli è ancora dir poco.
Questa volta Max non condivido per niente la tua posizione. Innanzi tutto non si rimane insieme per una promessa, bensí per la voglia di scegliersi giorno dopo giorno. Onestamente di un uomo che resta con me per dovere coniugale o senso di responsabilità non saprei proprio che farmene. Non credo nel matrimonio, meno che mai religioso, ma nemmeno civile, perché nessun sentimento può essere vincolato a contrattazione. Sulla faccenda trita e ritrita dell’uomo che rimane in mutande con il divorzio, bé direi che esistono tutti i modi per tutelarsi a priori, oltre al fatto che se non riesci nemmeno a comprendere se una donna è potenzialmente un’approfittatrice prima di sposartela, bé mi dispiace ma poi sconti le conseguenze della tua stupidità/superficialità. Da questo punto di vista bastano 5 minuti per inquadrare una persona. Il problema è che a tanti maschi piace sentire di avere potere economico sulla compagna e poi si beccano la fregatura.
Max, anni fa qui abbiamo condotto un feroce dibattito sull’argomento amore, e negli scontri che si verificava, il minimo comune multiplo che li caratterizzava era quello che ognuno difendeva ad oltranza le proprie variegate posizioni. Nessuno riconosceva le proprie colpe anche quando queste erano state la concausa del fallimento. Da questo si evince come la vita amorosa di ognuno di noi è un fenomeno soggettivo, anche se nei fatti è un evento che quando vede la convivenza e magari dei figli, ha fattori oggettivi che lo rendono “valido” o meno. In questo senso ritengo che la maturità, sentimentale e non solo, giochi un ruolo sostanziale per la riuscita di una relazione.
Non si può chiedere a chi ha fallito di credere che un rapporto può durare sino alla morte, perchè un esperienza negativa, condiziona il giudizio, e raramente si ha la capacità di comprendere quanto anche il proprio ruolo, sia attivo che passivo sia stato determinante per l’esito finale. Quindi esperienze e maturità fanno storia per ognuno di noi, ma l’amore vero ha solo un volto, e pochi lo vedono.
Suzie, cerco di spiegarmi meglio. Anzitutto non ho detto che bisogna stare insieme per senso di responsabilità benché senza amore, ma che prima di dichiarare finito l’amore bisogna pensarci non una ma mille volte, perché spesso si scambia per amore finito un amore che, semplicemente, si è trasformato. Inoltre si è poco abituati, soprattutto al giorno d’oggi, ad accettare il fatto che una rosa oltre che il profumo ha le spine. Si cerca la novità a ogni costo e la perfezione a ogni costo senza sapere che è la perseveranza che aiuta a costruire, perché aiuta a trovare il buono di fondo, che permane al di là degli inconvenienti e dell’usura del quotidiano. Inoltre se una persona mi dice che non crede nel matrimonio non la biasimo se vive i propri rapporti in modo smart. Ciò che contesto è chi all’inizio insiste per il matrimonio e per l’amore duraturo e poi, quando ciò no gli fa più comodo, si sintonizza con disinvoltura da acrobata sulla modalità “moderna”